Corriere della Sera di domenica 25 marzo 2001
Pagine del Corriere Scienza
Il Paese che ha un mercato biotecnologico tra i più rilevanti del mondo
ritiene necessarie norme più restrittive per gli organismi geneticamente
manipolati

Allarme dal Canada: «Gli Ogm non sono sicuri»

La Royal Society ha riesaminato il problema e chiede 53 nuove precauzioni
ai produttori
I cibi transgenici sono sicuri per la salute dell'uomo e dell'ambiente
oppure sono pericolosi e vanno rifiutati in blocco? Di fronte a questo
interrogativo, fino a oggi la maggior parte degli scienziati si è schierata
a favore, gli ambientalisti contro. Ora, per la prima volta, un rapporto
scientifico commissionato a un gruppo di quindici personalità della ricerca
pubblica canadese dalla Royal Society of Canada ha risposto per tutti. E ha
bacchettato governi e istituzioni, giudicandoli troppo permissivi. Lo
studio, intitolato «Elementi di precauzione», contiene 53 raccomandazioni
per la regolamentazione degli alimenti biotecnologici in Canada, ma ha un
valore universale sia perché per l'Europa la ricerca d'oltreoceano è un
modello, sia perché le critiche canadesi non possono essere tacciate di
pregiudizialità: il Canada è infatti il terzo produttore al mondo di
colture transgeniche (mais, pomodori, soia, patate, cotone), con un giro
d'affari di 50 miliardi di dollari l'anno.
La critica più inquietante dei ricercatori canadesi riguarda il rigore.
Secondo il rapporto, nel concedere le autorizzazioni alle nuove colture e
alimenti transgenici ci vuole più rigore di quello applicato finora .
Critica inquietante, questa, anche per noi europei, che importiamo da
Canada e Stati Uniti mais e soia mescolati con semi transgenici autorizzati
in modo, dobbiamo dedurne, non abbastanza rigoroso.
Gli scienziati hanno anche richiamato a una maggiore attenzione riguardo ai
nuovi prodotti transgenici gli organismi pubblici addetti al controllo di
analisi e test . E, senza peli sulla lingua, hanno denunciato il fatto che
gli interessi commerciali che legano ricerca e industria scoraggiano le
ricerche scientifiche sulla sicurezza dei prodotti geneticamente
modificati. Il rapporto, inoltre, si schiera a fianco dell'Ue (e contro gli
Stati Uniti d'America), a favore del «principio di precauzione» per i
prodotti geneticamente modificati. «Quando si tratta della salute umana e
ambientale - ha dichiarato il professor Conrad Brunk, dell'Università di
Waterloo, uno dei due presidenti del comitato scientifico -, l'assenza di
eventuali rischi dovrebbe essere chiaramente provata. La semplice assenza
della prova del rischio non può essere sufficiente per la
commercializzazione dei prodotti».
La ricerca ha criticato anche la segretezza che circonda le analisi dei
nuovi prodotti transgenici e ha raccomandato un maggiore accesso ai
risultati e più trasparenza per il grande pubblico.
Brian Ellis, biotecnologo dell'università di British Columbia, l'altro
presidente della commissione, ha sottolineato che «l'ingegneria genetica è
una tecnologia potente e ormai ben radicata, ma occorre che il grande
pubblico sia sicuro che tutti i nuovi prodotti vengano immessi sul mercato
solo dopo valutazioni approfondite e obiettive e che lo scopo prioritario è
il pubblico interesse». Ma questo obbiettivo appare ancora lontano perché
sono sempre più numerosi i consumatori che temono di avere a che fare con
prodotti non sufficientemente garantiti.
Roberta Salvadori
AMBIENTE

La migrazione dei geni è sempre possibile
Le colture geneticamente modificate sono malviste dagli ambientalisti
soprattutto per tre timori: 1) che le piante manipolate possano diventare
invasive; 2) che le colture resistenti agli erbicidi possano favorire la
diffusione di super erbacce indistruttibili; 3) che la biodiversità possa
ridursi drammaticamente. A tali preoccupazioni, gran parte degli scienziati
rispondeva in modo tranquillizzante. La commissione canadese invece
sottolinea diversi problemi per tre aspetti fondamentali: invasività, fuga
di geni, biodiversità. Invasività - Le colture transgeniche possono
rivelarsi invasive, eccome. Ma non tanto quelle derivate da colture
tradizionali di riso, mais, grano, soia, che sono il risultato di una
lunghissima selezione. Questa infatti ha portato alla produzione di semi
che non hanno più la forza di riprodursi senza cure agronomiche.
L'invasività, invece, può riguardare molte specie coltivate da poco e non
abbastanza «addomesticate». Un esempio. Il Canada è il maggior produttore
di una colza transgenica, erbicida- resistente. Dopo la raccolta, molti dei
suoi semi restano nel suolo e rigermogliano indisturbati l'anno dopo,
creando piante spontanee resistenti agli erbicidi. La commissione riferisce
che secondo l'industria dei semi transgenici la buona pratica agricola
azzererebbe il rischio dell'invasività. Ma obietta che non si può azzerare
l'errore umano.
Fuga di geni - Il passaggio di geni dalle colture transgeniche alle erbe
selvatiche è in effetti possibile e può davvero provocare la potenziale
nascita di erbacce aggressive. La commissione riporta i risultati di un
gran numero di indagini in proposito e non drammatizza, ma sottolinea il
rischio.
Biodiversità - La migrazione di transgeni su altre erbe e piante più o meno
aggressive può non essere dannosa per l'agricoltura, ma può danneggiare
anche la biodiversità se queste super-piante vincono la competizione con
quelle naturali e finiscono con il prenderne il posto nell'ecosistema. La
commissione sottolinea che questo problema è particolarmente sentito (e a
ragione) in Europa, dove i campi coltivati confinano da millenni con
terreni a vegetazione spontanea, dove la biodiversità potrebbe essere
danneggiata dalla diffusione di colture Ogm erbicida-resistenti.
ANIMALI
Gli animali modificati risultano poco sani
Ecco, secondo la commissione canadese, quali sono i possibili danni sugli
animali documentati dal mondo della ricerca. Pesce - La maggior parte degli
esperimenti è stata effettuata su salmoni dell'Oceano Pacifico e Atlantico
modificati perché producessero una maggior quantità di ormone della
crescita e crescessero quindi più alla svelta. Possibili conseguenze
negative: sono nati pesci con particolari deformità che impediscono la
normale ossigenazione e nutrizione e non sono nemmeno più capaci di nuotare
normalmente. In altri casi, invece, è stato notato che i pesci si muovevano
molto più svelti ma stavano meno attenti ai predatori, finendo così nelle
loro fauci. Problemi anche per l'uomo che mangia questi pesci: alcune
ricerche documentano infatti il pericoloso aumento nella carne dei pesci di
una proteina fortemente allergenica.
Bestiame e polli - Negli ultimi 5-10 anni sono stati fatti esperimenti
soprattutto su vacche da latte, maiali e polli tutti geneticamente
modificati per aumentare e accelerare la loro crescita, migliorare la
resistenza alle malattie, accrescere la resa di carne, cambiare la
composizione di latte e uova. Nei maiali, il provocato aumento della
produzione di ormone della crescita ha dato risultati deludenti: non causa
gigantismo e può alterare la struttura muscolare dell'animale. La
modificazione genetica che influisce sulla produzione di proteine di tutti
gli animali sperimentati può inoltre alterarne la capacità di sintetizzare
sostanze (enzimi) indispensabili per il metabolismo e può interferire con
lo stato di nutrizione. A loro volta, anche gli animali transgenici
programmati per resistere alle malattie hanno creato guai. Prodotti per
risparmiare sui vaccini e sui farmaci, anche se non si ammalano continuano
a essere portatori di agenti infettivi e, se non ostacolati dalle terapie,
possono finire col diffondere proprio le stesse malattie che si volevano
sconfiggere.
Ormoni della crescita - A bestiame «normale» è stato somministrato ormone
della crescita ottenuto con l'ingegneria genetica, che stimola anche la
produzione di latte del 10-20 per cento. Ma ci si è accorti che questo
provoca alcuni inconvenienti sulla salute degli animali che possono
incorrere in disturbi del metabolismo, ammalarsi di più e finire col morire
prima.
SALUTE

A tavola rischio allergie, anche se minimo
Gli alimenti modificati possono provocare allergie? L'incidenza di questi
disturbi è cresciuta del 30-50 per cento negli ultimi 15 anni. L'allergia
alimentare colpisce dallo 0,3 all'8 per cento dei bambini e l'1-2 per cento
degli adulti. Le reazioni allergiche alimentari si manifestano in genere
dopo pochi minuti dall'ingestione dei cibi o di loro componenti e possono
provocare ipersensibilità nelle persone che ne soffrono. Di solito durano
meno di 24 ore, ma in alcuni rari casi può manifestarsi crisi anafilattica,
una reazione gravissima che può mettere a repentaglio la vita. Chi soffre
di allergia alimentare deve stare molto attento. L'unica cura consiste
nell'evitare i componenti dei cibi che scatenano disturbi. Si tratta di
proteine di vario tipo, potenzialmente allergeniche. Ma l'ingegneria
genetica comporta appunto l'inserimento negli alimenti trattati di proteine
estranee, seppure in dosi piccolissime, meno dello 0,4% delle proteine
totali nell'alimento stesso. Secondo i critici, questa presenza estranea
potrebbe essere pericolosa per gli allergici. Secondo i fautori degli Ogm,
invece, questa quantità sarebbe così piccola da non produrre conseguenze
negative.
Il comitato canadese ha concluso che l'argomento della minima quantità «non
è del tutto valido». Dicono infatti che il trasferimento in una pianta
commestibile o in un animale anche di un solo gene che ordini la produzione
di proteine capaci di provocare allergie potrebbe causare disturbi nelle
persone sensibili, anche se le loro quantità sono minime. Lo dimostra il
fatto che chi non tollera, ad esempio, le noccioline americane può iniziare
a sentirsi prudere la gola anche dopo aver ingerito solo da 0,01 a 1
milligrammo di noccioline.
Ma la scienza è in grado di garantire che uno specifico alimento
transgenico sia del tutto privo di sostanze capaci di causare allergie nei
consumatori? Gli scienziati dicono: «Non sempre». Soprattutto se il gene
trasferito nel nuovo alimento (una fragola) proviene da un organismo
vivente (un pesce) che non vi sarebbe mai finito per vie naturali e che
l'uomo può non avere mai mangiato prima. Perciò gli esperti, oltre a
raccomandare più ricerche sulla potenzialità allergenica delle proteine
alimentari e maggiore sorveglianza sulla salute dei consumatori, chiedono
perlomeno d'etichettare con chiarezza i prodotti in commercio