dal "manifesto" del 7 febbraio 2002
BOVINI INFETTI
Sono 182.181 i casi di encefalopatia spongiforme bovina riscontrati nei Paesi Ue, in
larghissima maggioranza (180.149) in Gran Bretagna. Le cifre, aggiornate al 30 settembre
2001, sono fornite dalla Coldiretti. Tra i Paesi più colpiti l'Irlanda (738 casi di Bse),
il Portogallo (578), la Francia (426) e la Germania (117). In Italia al 5 febbraio scorso
erano stati registrati 53 bovini affetti dal morbo. Nel nostro Paese la produzione
complessiva di carne bovina è rimasta sostanzialmente stabile tra il 2000 e il 2001, da
879.500 a 874.200 tonnellate. In calo invece i consumi alimentari (da 1.411.000 a
1.277.000 tonnellate (-9,5%).
"Il trucco è nei mangimi"
Ambientalisti, verdi e consumatori accusano: "Le frodi? Nelle mangiatoie"
LUCA FAZIO
Dimmi cosa mangiano e ti dirò dove andremo a finire. Date per buone le perentorie
rassicurazioni ministeriali sulla carne bovina che mai come ora sarebbe
"estremamente" sicura, il primo caso sospetto della variante umana di Bse in
Italia riporta nuovamente l'attenzione su quello che potrebbe essere l'anello debole del
sistema dei controlli: la composizione dei mangimi zootecnici. Che fine hanno fatto le 300
mila tonnellate di farine animali che prima di "mucca pazza" ingrassavano i
bovini nostrani? E adesso, chi controlla le mangiatoie? Gli interrogativi, cui è
complicato dare risposte, se non altro perché in Italia si consumano 18 milioni di
tonnellate di mangime all'anno, sono riproposti da ambientalisti, verdi e associazioni dei
consumatori.
Il sospetto di nuove frodi è più che legittimo - le farine animali costano poco e hanno
una buona resa... - e del resto, come ricorda Legambiente, ci sono già stati diversi casi
clamorosi in cui la criminalità si è arricchita sfruttando l'emergenza sanitaria per
infiltrarsi in tutte le fasi della filiera alimentare. Da nord a sud, i carabinieri dei
Nas hanno sequestrato interi mangimifici, anche abusivi, che producevano tonnellate di
farine animali al di fuori di qualunque controllo: su 1846 perquisizioni effettuate, 34
tonnellate di mangimi sono state sequestrate e 61 imprenditori sono finiti sotto
inchiesta. Per non parlare poi delle clamorose contraffazioni (da Padova a Ragusa) dei
documenti di identità e dei marchi dei capi da portare al macello: 372 ispezioni negli
stabilimenti per la lavorazione della carne hanno portato alla denuncia di 41 persone. E
una volta sul banco vendita, puntualizza Legambiente, le illegalità continuavano, dalla
semplice menzogna circa il paese di provenienza della carne fino al riciclo degli avanzi
riutilizzati come mangime. E adesso? "Resta ancora molto da fare", ha ammesso
Gennaro Niglio, generale dei Nas.
Federconsumatori, oltre a pretendere informazioni sul programma di distruzione delle
farine animali, chiede l'aumento dei controlli per garantirne l'assenza sul territorio, la
sospensione del ritorno della carne con l'osso e il superamento dei "vergognosi"
ritardi nel completamento dell'anagrafe bovina. Loredana De Petris, senatrice verde e
capogruppo nella commissione Agricoltura del Senato, sostiene che "secondo i dati
diffusi dall'Istituto nazionale per la repressione delle frodi, il 4,7% dei campioni
prelevati sui mangimi zootecnici ha rivelato la presenza di farine e sottoprodotti di
origine animale nonostante il divieto assoluto vigente". Per De Petris, la strada per
uscire dalle emergenze è una sola. "Le modalità di alimentazione e l'allevamento
intensivo rendono gli animali vulnerabili - dice - e non a caso in Francia e Olanda il
governo ha avviato una forte promozione dell'allevamento biologico e del pascolo semi
brado". L'Associazione per i diritti dei consumatori (Aduc) sostiene senza mezzi
termini che la carne italiana è ancora insicura: "Continuano a circolare farine
animali e esiste un mercato nero delle carni". E c'è anche chi di fronte ai tanto
sbandierati 541.233 test effettuati sui bovini fa notare che tutto ciò servirebbe solo
per tranquillizzare i consumatori. "Quel test serve per rilevare gli animali già
malati - spiega Enrico Moriconi, veterinario di Torino che da tempo segue la vicenda - ma
non ci dice nulla della malattia quando è in fase di incubazione, un periodo che può
andare dai 3 ai 5 anni. La vera garanzia ci sarà solo quando si arriverà a diagnosticare
l'animale infetto".