Dal "manifesto"

La tragedia dei rom, cacciati da tutti
Sotto tiro dagli albanesi, respinti dai serbi
- GUIDO RUOTOLO - INVIATO A KOSOVO POLJE

Tophane è un quartiere alla periferia di Pristina. E' uno dei tanti ghetti
del Kosovo d'oggi: qui vivevano gli zingari, i rom. Vivevano, perché oggi
anche contro gli zingari (oltre che contro i serbi) si è scatenata la
vendetta albanese. E i rom stanno scappando. Accusati di essere
"collaborazionisti" dei serbi, oggi le loro case vengono bruciate, come
vengono bruciate le case dei serbi.

Ieri mattina Tophane era deserta. Un posto di blocco inglese all'ingresso.
Passiamo. Tophane in realtà è un triangolo di case concentrate tra ruga
Krajina e ruga Shengjergji. Tre donne anziane e un grappolo di bambini, un
uomo in bicicletta. Arriva un vecchio. Basco in testa, baffetti, pullover e
giacca: dice di chiamarsi Ibrahim Alishami e di avere 70 anni. E' l'unico
zingaro che si ferma ed è disposto a parlare anche se il colloquio è
difficoltoso per via che è un po' sordo. "Siamo rimasti solo in 20" -
racconta Ibrahim Alishami. "Prima in questo quartiere la nostra comunità
poteva contare su 420 persone. Ma in questi giorni gli albanesi sono venuti
e hanno rubato in parecchie case, soprattutto televisori. Io resto qui, non
me ne vado, sono nato qui e non saprei dove andare. Esco per cercare di
comprar da mangiare e ho paura. Poi torno a casa e ho paura. Ma mi dico di
aver coraggio perché loro, per ora, non mi hanno detto di andarmene. Sono
pensionato, lavoravo in un albergo e non ho mai fatto male a nessuno".

Passa un carro armato. Si ferma. Il militare inglese si volta e ci chiede
cosa facciamo: "Lavoriamo", gli rispondiamo mostrando il pass della Kfor.
"Okay", il carro armato riprende la sua ronda.

Quattro lingue
Il vecchio Ibrahim guarda i "liberatori": "Io parlo quattro lingue: il rom,
l'albanese, il turco e il serbo. Loro non li capisco. Che ti posso dire sul
futuro? A noi interessa solo mangiare e lavorare. Non c'importa chi lascia e
chi va al potere. Dove sono gli altri del mio quartiere? Sono scappati".
Dove sono andati? Il vecchio Ibrahim è reticente. Dice che molti sono in
Italia, in Germania e in Svizzera e forse altri rom si sono rifugiati a
Kosovo Polje.

Kosovo Polje, a pochi chilometri dalla capitale. Paese simbolo per i serbi,
per Slobodan Milosevic (che qui dieci anni fa tenne il famoso discorso che
esortava i serbi a rialzare la testa). Qui i popoli slavi dei Balcani,
giusto 610 anni fa (il 28 giugno del 1389) furono sconfitti dai turchi: ma
con i turchi, tre anni dopo, arrivarono proprio loro, i rom horakhanè
shisptarya. E oggi in questo paese simbolo si sono nascosti proprio i rom, i
majup. Ma anche i serbi sono nascosti a Kosovo Polje. C'è una famiglia che
si è rintanata a casa: "Siamo scappati dalla Croazia nel '95 e siamo venuti
qui. Oggi dobbiamo ripartire. Per Belgrado".

Chiediamo dove sono ospitati i rom. Nessuno che ci aiuti. Finalmente li
troviamo. Proprio accanto alla stazione, un cancello, un vialetto e una
scuola in mattoni rossi, quattro piani. E' la scuola intitolata a un
partigiano della Jugoslavia di Tito, "Aca Marovic". E' qui che si sono
rifugiati i rom. L'ingresso della scuola è un formicaio che all'improvviso
porta allo scoperto ragazzi, bambini, donne, uomini e vecchi. Panni stesi,
aiuole pulite.

Nessuno straniero
Non ci portiamo neppure l'interprete albanese, confidando nel popolo
cosmopolita dei rom. E ci va bene. Basta dire che siamo giornalisti
italiani, si aspettano pochi minuti e arrivano tre rom che parlano la nostra
lingua.

Si rompe il ghiaccio. Come va? "Siamo in 3.000 nella scuola. Veniamo da
Pristina, da Obilic, da Mitrovica, da Vucitrn...". Le voci si accavallano.
Siamo scappati dall'Uck, dagli albanesi che ci accusano di aver lavorato
negli squadroni dei paramilitari serbi. Qualcuno di noi l'ha anche fatto, ma
noi che colpa abbiamo? Noi non siamo zingari, majup, siamo rom musulmani".

Involontariamente diventiamo un parafulmine dove si scaricano tutte le
tensioni, i rancori, le richieste, di questo popolo di disperati, di prigion
ieri nella loro terra. "Abbiamo paura di uscire dalla scuola per andare a
fare la spesa". Ma chi vi assiste, chi vi porta da mangiare? "La Caritas
viene la mattina e ci porta da mangiare, ma siamo in troppi e non basta".

C'è un ragazzo che parla perfettamente l'italiano: "Lavoro a Firenze, in un
tacchificio di Fucecchio. Sono in Italia da 8 anni. Il 16 giugno sono venuto
per prendere la mia famiglia e portarla a Firenze. Ma non possiamo uscire,
gli albanesi ci dicono che questa non è la nostra terra, che la nostra non è
la nostra casa. E se ci azzardiamo ad andare a casa, ci sparano. E molte
nostre case le hanno già bruciate".

Un altro rom va a chiamare suo figlio. E' un bambino di 5 anni. Il padre gli
alza la cannottiera e sulla pancia fa vedere un bozzo e una cicatrice:
"Vorrei portarlo in ospedale per farlo vedere. Si è operato, ma non sta
bene. Ho paura di andare all'ospedale di Pristina. Voi italiani potete fare
qualcosa?". Siamo ormai circondati da una folla che aspetta il suo turno per
dire la sua, per fare domande. "Avevo comprato un'auto in Italia. Mi hanno
bloccato, puntato una pistola alla tempia e mi hanno fatto scendere. Mi
hanno rubato la macchina. Qui non c'è sicurezza. Non ci rimane che andare in
Serbia, visto che qui ormai ci sono solo gli albanesi".

Un gruppo interviene a voce alta. La rabbia si mischia alla rassegnazione:
"Noi ci abbiamo provato ad andare in Serbia. Ma a Nis - ed altri hanno
raggiunto Belgrado - ci hanno bloccati, ci hanno detto di tornare in Kosovo,
che è Serbia".

E sì, prigionieri, ricercati e maledetti dagli albanesi. Sono con le spalle
al muro i 100.000 rom che vivono in Kosovo. "Mia nonna è morta in questa
scuola tre giorni fa per paura. E non sono riuscito a farla seppellire nel
nostro paese, a Obelic". Un vecchio: "Noi non siamo né con i serbi né con
gli albanesi. Siamo nati qui e qui vogliamo vivere e lavorare in pace". Il
loro presente è già così oscuro che pensare al futuro è un lusso che non si
possono permettere. "Amico - ci salutano i rom che si sono rifugiati nella
scuola - gli italiani non ci possono venire a salvare?".

Ieri sera la vendetta albanese èarrivata a Pristina, nel quartiere Moravska,
abitato da rom edeserto da alcuni giorni: sono state incendiate due case
rom. Sul muro della prima, abbandonata mentre bruciata, una scritta:
"Collaborazionista". La seconda, dicono i militari inglesi, è stata
incendiata dall'Uck dopo una sparatoria con un vecchio che l'abitava.