SACE, ente pubblico. Rischi pubblici per profitti privati
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"La Sace, Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione, è nata nel 1977 con la legge "Ossola". Per oltre venti anni costola dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la Sace è diventata a pieno titolo ente pubblico nel 1999. Scopo istituzionale della Sace è di garantire le imprese italiane che decidono di esportare o di eseguire lavori
all'estero da tutti i rischi legati alle operazioni estere, sia di
natura commerciale che di natura politica."

"La Sace finanzia le imprese italiane che lavorano con il "terzo mondo": Fochi, De Lieto, Scarpellini, Vianini, Artemisia, Ansaldo, Gie, Astaldi, S.E.C., Impregilo ed altre: dal 1977 una media di 2.500 miliardi all'anno. E' stata una delle casseforti del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) e ha svolto un ruolo
di potere e di corruzione, ideato e gestito sino al 1985 da Ruggero Firrao, stretto collaboratore del ministro Gaetano Stammati e con lui associato alla loggia P2."

"Come se non bastasse, la Sace assicura anche le vendite di armamenti."

"Quello degli armamenti è un settore considerato di punta dal nostro Governo, che dopo aver condotto una guerra per tenere alto il prestigio internazionale dell'Italia, ora mira a rendere sempre più competitivo il nostro sistema militare-industriale, anche attraverso la Sace. Poiché non è vietato per legge (come accade in altri paesi), infatti, la Sace può assicurare l'esportazione di armamenti e di servizi connessi. Nel
1998 era stato stabilito un plafond di 600 miliardi per il 1999,
corrispondente a poco più di un terzo del totale delle nostre
esportazioni del settore. Per il 2000 non è ancora stato fissato alcun limite di impegno e tutto lascia presagire, nell'assenza di norme che regolino la materia, che le esportazioni di armamenti saranno assicurabili per importi illimitati, all'interno della dotazione della Sace, quest'anno di oltre 20.000 miliardi."

"Riassumendo, Sace: soldi pubblici per profitti privati, per strangolare di debiti i Paesi poveri, per vendere armi a più non posso."

"Chi si batte contro il neo-liberismo, contro le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), contro il proliferare del commercio delle armi, contro lo scempio ambientale deve assumere anche questo come terreno di iniziativa e di battaglia politica. Per questo va lanciata una campagna in Italia (come già esiste in campo internazionale) coinvolgendo le strutture sindacali, le campagne sul debito estero, le Ong, il mondo missionario, gli ambientalisti.

Che la Sace non sia più un Ufo dipende anche da noi."

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Buona lettura

Giorgio Ellero
------- Forwarded message follows -------
Date sent: Tue, 15 Feb 2000 11:33:32 +0100
From: Francesco Martone

Subject: [noomc-it] questa SACE non ci piace


Invio di seguito alcun articoli apparsi su Il Manifesto del 13
febbraio 2000 dove si spiega molto accuratamente cosa e' la
SACE e come funziona.

Francesco Martone


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ASSICURAZIONE CREDITO ALL'EXPORT

Il filtro tra l'impresa-Italia e il mondo

E' indispensabile fare chiarezza sulle attività e sui conti passati e
presenti della Sace

- MARCO CONSOLO* -

L a Sace è l'organismo che assicura lauti finanziamenti alle imprese
italiane, motivandoli anche con "obiettivi di sviluppo" locale. E così
tra i clienti della Sace c'è stato e c'è ancora il "gotha" delle imprese
italiane che lavora con il cosiddetto "terzo mondo": Fochi, De Lieto,
Scarpellini, Vianini, Artemisia, Ansaldo, Gie, Astaldi, S.E.C.,
Impregilo ed altre.

A tutte queste imprese la Sace ha dato soldi in abbondanza. Si valuta
che di indennizzi per sinistri la Sace abbia erogato dal 1977 una media
di 2.500 miliardi all'anno. Negli "anni d'oro" è stata una delle
casseforti del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani).La Sace ha svolto un ruolo
di potere e di corruzione, ideato e gestito sino al 1985 da Ruggero
Firrao, stretto collaboratore del ministro Gaetano Stammati e con lui
associato nella dimenticata loggia massonica P2, ancora in piena
attività.

Purtroppo, le poche inchieste della magistratura hanno solo sfiorato i
veri nodi del problema. Durante quelle inchieste, uno dei più eminenti
dirigenti Sace, Roberto Bonfigli, raccontò un po' di fatterelli che
coinvolgevano tutto il vertice Sace, dal vecchio direttore Firrao, che
continuava a comandare da un ufficio di consulenza di Lugano,
all'ex-direttore Ruberti ed altri ancora. Ma il sistema è ancora
sostanzialmente intatto.Più in generale, in Italia, il nodo è la
politica economica estera del nostro governo. Infatti, se da un lato non
ha senso parlare di libero commercio (visti i lauti sussidi alle
imprese), dall'altro bisogna tener conto che i crediti commerciali
rappresentano quasi un quinto del debito estero dei paesi poveri. Quote
di debito che sono già state vendute sul mercato secondario quando era
ministro Ciampi (1.400
miliardi) e che sembra siano oggetto di una prossima operazione di
"titolarizzazione" per altri 4.000 miliardi. Anche l'Italia quindi,
oltre a subordinare qualsiasi intervento di riduzione del debito
all'applicazione dei famigerati Piani di Aggiustamento Strutturale della
Banca Mondiale, continua ad incassare allegramente dai paesi poveri.

Come se non bastasse, la Sace assicura anche le vendite di armamenti.

Riassumendo: soldi pubblici per profitti privati, per strangolare di
debiti i Paesi poveri, per vendere armi a più non posso.

Alle numerose interrogazioni parlamentari di Rifondazione si è sempre
risposto in maniera vaga ed ambigua. Una nube di mistero copre le
attività della Sace, tanto che non è dato sapere neanche le imprese che
hanno goduto dei suoi servigi e soprattutto per che tipo di operazioni.
Ma ci tocca - a noi di Rifondazione comunista! - di invidiare
sinceramente la trasparenza della Sace statunitense (la Ex-im Bank) che
pubblica in Internet i verbali delle riunioni del consiglio di
amministrazione. Il parlamento deve poter controllare ogni singola
operazione, anche in corso di approvazione.

Sul versante del lavoro, appare urgente una valutazione di impatto
sull'occupazione, sia in Italia che all'estero, dove una volta spostati
gli impianti, le imprese pagano salari da fame, non rispettano alcun
diritto sindacale e così via. Fino ad oggi è stata fallace l'idea che la
politica di incentivi alle imprese ed al commercio abbia incentivato
l'occupazione. La stessa legge sugli incentivi pubblici alle imprese (da
cui è esclusa la Sace) che obbliga il governo alla presentazione di uno
studio di impatto occupazionale ed ambientale è carente su questo
versante. E' necessario che vi rientrino anche le
attività della Sace e che la concessione delle garanzie tenga conto dei
parametri occupazionali.I rientri degli interessi dei crediti d'aiuto e
dei crediti commerciali, attualmente gestiti dal Ministero del Tesoro
con logiche ragionieristiche e monetariste, devono confluire in un unico
fondo ed essere utilizzate per finanziare progetti di sviluppo e
cooperazione internazionale e non ulteriori profitti per poche imprese,
magari produttrici di armi.

Anche sul versante della tutela ambientale, ad oggi la Sace non prevede
linee guida da rispettare e la copertura assicurativa viene decisa in
base a valutazioni di impatto ambientale redatte dalle stesse imprese.
Un caso per tutti: la diga Ilisu nel Kurdistan turco, a cui partecipa
l'italiana Impregilo, di cui la Sace assicura l'8%, un progetto da cui
si è ritirata la stessa Banca Mondiale nel 1984, in quanto viola le sue
politiche operative in materia ambientale e sociale.

Qual è la coerenza con le "politiche di sviluppo" attraverso altri
strumenti come la "cooperazione internazionale" ? Chi garantisce che la
Sace non contribuisca alle delocalizzazioni industriali ? Quali garanzie
vengono richieste per il rientro dei lauti profitti realizzati
all'estero o attraverso gli indennizzi Sace in termini di investimenti
produttivi in Italia?

Chi si batte contro il neo-liberismo, contro le regole
dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), contro il proliferare
del commercio delle armi, contro lo scempio ambientale deve assumere
anche questo come terreno di iniziativa e di battaglia politica. Per
questo va lanciata una campagna in Italia (come già esiste in campo
internazionale) coinvolgendo le strutture sindacali, le campagne sul
debito estero, le Ong, il mondo missionario, gli ambientalisti.

Che la Sace non sia più un Ufo dipende anche da noi.

*Dipartimento Esteri Prc


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SACE

Trasparenza scacciapensieri

GALAPAGOS

Cosa fa la Sace? "Il comitato esecutivo di Sace - è scritto in un
lancio Radiocor di venerdì 11 - ha rilasciato garanzie assicurative per
operazioni di esportazioni che ammontano globalmente a circa 39,6
milioni di euro". Insomma, la Sace aiuta le imprese italiane a
esportare: merci, ma anche infrastrutture. I tempi del pagamento negli
scambi commerciali, infatti, non coincidono mai con i tempi della
consegna dei prodotti o delle opere pubbliche. Così, soprattutto i paesi
in via di sviluppo, chiedono alle imprese di reperire i capitali per
ultimare i lavori. Il ruolo della Sace è di offrire garanzie
assicurative agli esportatori per consentire loro di trovare i soldi
necessari. E subentra ai debitori se questi non mantengono i propri
impegni.

La Sace, quindi, è importante per il "made in Italy", al pari di Coface
in Francia, Hermes in Germania, la spagnola Cesce o l'Olandese Nmc. Se
non ci fosse, bisognerebbe inventarla; e cercando - questa volta - di
costruire un'agenzia più rispettosa del principio di trasparenza, a
partire dal sito internet (www.isace.it).

Su quel sito non c'è praticamente nulla. Inutile cercare dati di
bilancio, crediti inesigibili, aree geografiche e settori merceologici
assicurati, dimensioni delle imprese beneficiarie. Visto che si tratta
di soldi pubblici che costano moltissimo ai contribuenti, non credo che
il garante della privacy (e ancor meno la Corte dei conti che da anni
spara bordate contro la Sace) avrebbe da ridire se la Sace ci informasse
sulle garanzie fornite a Breda o a Vianini, ammesso che ne abbiano
ricevute. Invece nulla. La Sace tace su tutto, costringendo chi si è
visto rifiutare le garanzie per poter esportare a rivolgersi alla
magistratura per sapere i motivi del rifiuto. Di più: come si legge
nella circolare rprodotta in queste pagine, la Sace "invita", modello
Los Alamos, i dipendenti a tenere la bocca chiusa. Anche i segreti
atomici, tuttavia, furono trafugati. E la bomba esplose.

Sul sito Internet le uniche informazioni accessibili sono quelle
"esterne" alla Sace: il testo della legge di riforma, le condizioni per
accedere al credito rispetto ai vari paesi, l'organigramma. Tutto il
potere nella Sace è concentrato in una persona. Questo almeno capiamo
dalla piramide dell'organigramma, ma anche dalla sua retribuzione che
sfiora (lo dice la Corte dei Conti) i 600 milioni annui. Non so se siano
tanti, forse sono in linea con le retribuzioni del mercato (ma credo che
il governatore di Bankitalia percepisca meno) per chi assume incarichi
di forte responsabilità.

L'attuale direttore generale, Tellini, però sembra abituato alle
responsabilità: prima di approdare alla Sace era direttore del
Mediocredito centrale, un istituto che di fatto era il braccio
finanziario della Sace. Con la privatizzazione del Mediocredito, Tellini
si è trasferito alla Sace, mentre l'ex direttore della Sace, Mauro, si è
trasferito al Mediocredito. Anche Mauro è un tecnico esperto, ma "il
gioco delle tre carte" non è un bel gioco, soprattutto per far trionfare
la trasparenza. Anche perché certe decisioni della Sace non sono di poco
conto. Pensate alle esportazioni di armi, anche se "così fan tutti",
fino alla garanzie del finanziamento di opere pubbliche (dighe ad
esempio) che forse esaltano la tecnologia italiana, ma rischiano ancora
di più di esaltare, anzi far saltare i rapporti tra stati assetati di
acqua. Insomma, c'è bisogno di trasparenza, soprattutto politica. Sapere
ad esempio quanti soldi è costata la Sace nella sua ventennale
esperienza o quanti sono i crediti "incagliati o in sofferenza" e verso
quali paesi (ma soprattutto per cosa sono stati utilizzati) può servire
a fare chiarezza anche sugli anni non certo trasparenti degli aiuti alla
cooperazione.


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CORTE DEI CONTI 98

LA SACE E LE ALTRE UN CONFRONTO INSICURO

Nella relazione del 28/12/98 si legge: "Ai fini di una valutazione
dell'efficienza e della economicità dell'attività dell'ente nella
gestione assicurativa, si riportano i dati relativi al raffronto degli
indennizzi in percentuale premi dell'ultimo decennio, riferiti agli
omologhi enti stranieri

Sace (Italia).........100

Coface (Francia) ......42,2

Ecgd (Uk) .............35,4

Hermes (Germania) .....35,8

Cesce (Spagna) ........58,9

Nmc (Olanda) ..........27

Tali dati evidenziano una situazione nettamente deteriore della Sace
anche se, come evidenziato dalla stessa, le gestioni delle varie agenzie
assicurative sono caratterizzate da importanti differenze (attinenti sia
al volume dei contratti assicurati sia alla natura del rischio) talché
il raffronto si opera tra realtà non omogenee".


SEGRETO DI SACE

COME SI PROTEGGE LA CARTOLARIZZAZIONE

15 gennaio 1988

ORDINE DI SERVIZIO N.282

"Come è noto, è in corso di finalizzazione un operazione di
titolarizzazione che si caratterizza, tra le altre cose, per l'assoluta
riservatezza sui paesi i cui debiti sono inseriti nel portafoglio
oggetto della transazione.

Si fa divieto a chiunque sia a conoscenza di informazioni relative ai
crediti Sace titolarizzati di divulgare sia all'interno che all'esterno
qualsiasi informazione che direttamente o indiretttamente possa
consentire l'individuazione dei paesi debitori inseriti nel pacchetto
dei crediti titolarizzati.

L'accertata violazione di tale divieto, integrando violazione del
segreto di ufficio, comporterà l'applicazione delle relative sanzioni."

Sede, 15 gennaio 1998

Il direttore Illeggibile



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13 Febbraio 2000

Invio di seguito alcuni ottimi articoli pubblicati sul numero di
domenica scorsa 13 febbraio del Il Manifesto, nei quali con dovizia di
particolari si spiega come funziona e cosa fa la SACE.
Francesco Martone


Sace, e l'Italia è insicura

Errori, segreti, favori, del sistema nazionale per finanziare le
esportazioni

- SARA FORNABAIO -

Pochissimi, al di fuori del mondo delle grandi imprese italiane,
conoscono la Sace, Sezione speciale per
l'Assicurazione del Credito all'Esportazione. Nata nel 1977 con la legge
"Ossola" e per oltre venti anni costola dell'Istituto Nazionale delle
Asssicurazioni, la Sace è diventata a pieno titolo ente pubblico nel
1999, in seguito alla riforma dell'intero comparto del commercio con
l'estero varata nel 1998. Scopo istituzionale della Sace è di garantire
le imprese italiane che decidono di esportare o di eseguire lavori
all'estero da tutti i rischi legati alle operazioni estere, sia di
natura commerciale che di natura politica. La Sace funziona come una
vera e propria assicurazione: l'imprenditore che decide di intervenire
su un mercato estero sottoscrive una polizza che, dietro pagamento di un
premio, garantisce l'indennizzo in caso si verifichi un "sinistro", cioè
nel caso in cui il paese destinatario della fornitura non provveda al
pagamento corrispondente.

L'intera materia era oggetto, fino al 1998, della Legge 227 del 1977, la
cosiddetta "legge Ossola", che elencava tutti i rischi che potevano
essere coperti dall'intervento assicurativo pubblico della Sace. Con la
riforma introdotta dal decreto Fantozzi del marzo 1998, i rischi
assicurabili sono stati "delegificati" e la loro definizione è stata
demandata al Cipe.
Questo con l'obiettivo di rendere l'intervento Sace più "flessibile"
rispetto alle esigenze del mercato. Il risultato è che sono assicurabili
praticamente tutti i rischi ipotizzabili, dall'insolvenza del paese
acquirente alla guerra civile, dalle variazioni dei cambi alle sommosse,
e così via. Ma in cosa si traduce la copertura assicurativa da parte
della Sace? Nel caso in cui si verifichi uno dei "sinistri" coperti
dalla polizza, l'imprenditore chiede il pagamento dell'indennizzo
corrispondente all'ammontare assicurato (fino al 95% della fornitura) da
parte della Sace, che diventa così titolare del credito nei confronti
del Paese inadempiente. E' in questo modo che i rischi connessi ad
un'attività privata (esportazione
di merci o esecuzione di lavori all'estero) assumono natura pubblica,
mentre i profitti derivanti dalla suddetta attività rimangono privati.
"Rischi pubblici per profitti privati", così si potrebbe sintetizzare
l'intervento della Sace. Rischi che non sono di poco conto, se si tiene
presente che alla fine del 1998, dopo venti anni di attività, la Sace
aveva accumulato 52.670 miliardi di esposizione complessiva (parliamo
solo di capitale, dal momento che nessuno conosce l'entità degli
interessi corrispondenti), di cui circa 21.200 miliardi già indennizzati
alle imprese, per il 99% legati a rischi politici.

Queste cifre indicano che la Sace, in venti anni ha indennizzato il 40%
delle polizze sottoscritte. Una percentuale di sinistri che avrebbe
fatto chiudere qualunque assicurazione e licenziarne i dirigenti, ma che
invece induce il nostro governo, ed in particolare il Ministro per il
Commercio con l'Estero cui fa capo la Sace, a parlare in ogni occasione
della necessità di "rilanciare" e di "estendere" la copertura
assicurativa pubblica. Ci si obietterà che, trattandosi di
un'assicurazione, i rischi coperti sono bilanciati da premi assicurativi
commisurati. Ebbene, i premi non superano il 3% delle operazioni
garantite e, in base alle nuove norme, da ora in poi sarà possibile
persino includere il premio nella copertura. Come se la prassi
decisionale di tipo verticistico non fosse sufficiente, la nuova
normativa ha stabilito che per
operazioni al di sotto dei 5 miliardi a decidere sia il singolo
dirigente, per "snellire" tempi e procedure.

Tutto questo in un organismo che è stto oggetto, negli anni scorsi, di
numerose inchieste giudiziarie, legate anche alla "malacooperazione".
Nel marzo 1998, la Corte dei Conti ha condannato cinque dirigenti e
funzionari della Sace e un ex ambasciatore in Tunisia al pagamento di 93
miliardi di danni patrimoniali e morali allo Stato, in seguito a
"deviazioni amministrative" riscontrate in disinvolte coperture
assicurative concesse ad imprese operanti in Paesi in via di sviluppo.

Un'altra obiezione tipica a queste osservazioni è che il "sistema
Italia" va sostenuto nella competizione globale, a maggior ragione dal
momento che è composto per lo più da piccole e medie imprese. Ebbene, il
60% delle imprese assistite dalla Sace è di grandi dimensioni, il 96%
delle garanzie concesse è diretto ad imprese dell'Italia settentrionale
(e solo lo 0,1% al Sud); l'86% alla sola Lombardia. Dimensioni e origine
sono gli unici elementi noti sui clienti della Sace, mentre i nomi e il
quantum sono segreti.

Nella nuova normativa non esiste alcuna procedura di controllo
parlamentare sull'operato della Sace, che continua ad operare nella più
assoluta mancanza di trasparenza (vedi la circolare pubblicata a
fianco). A fronte di ogni richiesta di informazioni, la Sace ha sempre
invocato la necessità di tutelare la privacy delle imprese che ad essa
si rivolgono. Ma il Consiglio di Stato (decisione 1137/98 che ha
ingiunto alla Sace di consegnare a una società di costruzioni la copia
integrale del verbale di un'assemblea del Comitato di gestione) ha
stabilito che, trattandosi di un Ente pubblico, la Sace deve rispondere
in primo luogo alla normativa sulla trasparenza amministrativa (legge
241/90). Sullo stesso tema è intervenuto anche il Garante della privacy,
che nel 1997 ha chiarito che le norme sulla riservatezza non hanno
abrogato
quelle "in materia di accesso ai documenti amministrativi". In Italia è
stato dunque necessario fare ben due ricorsi (uno al Tar e l'altro al
Consiglio di Stato) per ottenere informazioni dalla Sace. In Usa,
almeno, l'Ex-Im Bank, che corrisponde alla Sace, pubblica sul sito
Internet le minute delle riunioni in cui si decidono le garanzie,
scusandosi persino per il ritardo di una settimana
(exim.gov/summary/summary.html)

L'arbitrarietà delle decisioni di Sace è tanto più grave in quanto si
traduce in veri e propri disastri per i paesi terzi dove le nostre
imprese operano, sia dal punto di vista dei progetti realizzati, sia per
le questioni legate all'aumento del debito estero. Non bisogna
dimenticare, infatti, che le operazioni garantite dalla Sace godono
anche di una garanzia sovrana del Paese destinatario. Se cioè
l'acquirente non paga, è lo stato a divenire debitore nei confronti
dell'Italia. A livello globale, le Agenzie di credito all'esportazione
dei vari paesi sono responsabili del 24% del debito estero totale dei
Paesi poveri, percentuale che arriva fino al 50% in paesi come l'Algeria
e il Lesotho. Solo tra il 1990 ed il 1995 i crediti commerciali sono
aumentati dell'11% annuo. Questi incrementi testimoniano la tendenza in
atto dal 1989, che vede il
declino costante degli aiuti per la cooperazione allo sviluppo e
l'accresciuta aggressività nella promozione delle esportazioni da parte
dei paesi più sviluppati. L'Italia non fa eccezione, come testimoniano
gli ultimi provvedimenti che hanno riguardato il finanziamento della
cooperazione. Un anno fa denunciammo su questo giornale il "colpo di
mano" del Ministero del Commercio con l'Estero, che mirava a spostare
fondi dalla cooperazione alla promozione del commercio con l'estero.
Colpo di mano andato a segno nel luglio del 1999, quando un articolo
contenuto in un decreto di riordino delle carriere diplomatiche e
prefettizie ha sottratto 210 miliardi al già magro bilancio della
cooperazione per destinarli alla Simest Spa, di pertinenza del Mincomes
per la creazione di imprese miste all'estero. E' recente il tentativo,
per il momento bloccato, di spostare altri fondi dalla cooperazione alla
Difesa.

Quello degli armamenti è un settore considerato di punta dal nostro
Governo, che dopo aver condotto una guerra per tenere alto il prestigio
internazionale dell'Italia, ora mira a rendere sempre più competitivo il
nostro sistema militare-industriale, anche attraverso la Sace. Poiché
non è vietato per legge (come accade in altri paesi), infatti, la Sace
può assicurare l'esportazione di armamenti e di servizi connessi. Nel
1998 era stato stabilito un plafond di 600 miliardi per il 1999,
corrispondente a poco più di un terzo del totale delle nostre
esportazioni del settore. Per il 2000 non è ancora stato fissato alcun
limite di impegno e tutto lascia presagire, nell'assenza di norme che
regolino la materia, che le esportazioni di armamenti saranno
assicurabili per importi illimitati, all'interno della dotazione della
Sace, quest'anno di oltre 20.000 miliardi.


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