Da "Liberazione" del 21 gennaio 2001

Anche il settimanale tedesco “Der Spiegel” pubblica il documento inviato dal Pentagono nel ’93 alle truppe in Africa. L’atto di accusa dei proiettili Du
Uranio, Somalia contaminata

Liberazione lo aveva scritto a chiare lettere nel numero dello scorso 14 novembre: gli Stati Uniti usarono uranio impoverito anche in Somalia nel 1993, durante la cosiddetta missione umanitaria “Restore Hope” cui partecipò anche l’Italia con il contingente “Ibis” (dicembre ’92-marzo ’94). Il nostro quotidiano, infatti, era riuscito ad entrare in possesso di un telex ufficiale del Pentagono - datato ottobre ’93 - che istruiva le truppe americane in Africa sui gravi pericoli connessi all’utilizzo del “metallo del disonore”. Un testo inviato a Mogadiscio proprio nei giorni in cui veniva scatenata la battaglia contro il presidente Aidid: con oltre mille somali uccisi ed anche due elicotteri abbattuti. Ieri la nostra denuncia è rimbalzata in Germania grazie al settimanale tedesco “Der Spiegel”, che riprende appunto quel “prontuario anti-uranio” preparato dall’Operation Support Directorate di Washington. L’articolo giunge mentre va inasprendosi la polemica fra il governo di Berlino e le autorità Usa: con la lettera di Schroeder al neopresidente Bush, in cui si esprimono dubbi sulla sicurezza dei proiettili; e con le dichiarazioni del ministro della Difesa Sharping: «In Germania vi sono stati nove incidenti con armi Usa all’uranio». Casi che risalgono agli anni Ottanta e che coinvolgono due grandi aziende del complesso militare industriale - la Rheinmetall e la Eads - e l’allora primo ministro Kohl. Ma torniamo al documento Usa del ’93, che ha per oggetto «il controllo medico di insolite esposizioni all’uranio impoverito». Almeno tre le conclusioni che se ne traggono. La prima e già evidenziata: in Somalia gli americani testarono nuovamente le armi già entrate in azione in Iraq nel ’91; la seconda: mentre le unità Usa venivano avvertite, come in Bosnia e Kosovo, a rimanere all’oscuro era l’Onu e i contingenti degli altri partecipanti alla missione; la terza: il prontuario dimostra tutta la pericolosità dell’esposizione al “depleted uranium”. Tant’è che è lunghissima la lista di rapporti medici e analisi da compiersi, fino alla richiesta di prelevare il muco nasale dei soldati e di conservare urine e maschere antigas in appositi contenitori con la scritta: «Attenzione, campione clinico, prodotti biologici - biorischio». Nella nota si specifica che vanno sottoposti a trattamento tutti i soldati che hanno «respirato polvere di uranio impoverito» o le cui «ferite» sono state «contaminate da polveri di uranio o da frammenti» del medesimo. In particolare per i militari «soffermati in mezzo al fumo» di veicoli incendiati o di depositi con munizioni all’uranio impoverito; come pure per chiunque ha «messo piede in un edificio o su un veicolo» colpiti sempre con uranio. Ecco perché ha ragione oggi l’Organizzazione mondiale della Sanità a chiedere test generalizzati per la popolazione civile. Mentre diventa urgente ottenere dalla Nato la moratoria di queste armi, il cui utilizzo si configura come un crimine contro l’umanità.

G. D’A.