Dal "manifesto" del 17 agosto 2001

Debolezze americane
Rallenta costantemente l'attività economica Usa. Cede di schianto anche il dollaro. Ne approfitta l'euro per risalire fino a quota 0,92; ma non è un segno di "forza" europea. Un'ondata di pessimismo attraversa i mercati e fa traballare le borse mondiali
FRANCESCO PICCIONI

Ormai è chiaro che il malato principale dell'economia mondiale si chiama Stati uniti. Le borse mondiali hanno vissuto l'ennesima giornata di ribassi generalizzati sull'onda dell'ammonimento lanciato dal Fondo monetario internazionale: il deficit della bilancia commerciale Usa è "insostenibile". Ma neppure il Fmi può pensare di "commissariare" la sua politica economica, come avviene in genere con i paesi deboli. In due soli giorni, però, il super-dollaro ha rapidamente perso terreno rispetto all'euro, risalito oltre quota 0,92. E a niente sono valse le dichiarazioni del ministro del tesoro, O' Neill, a favore di un "dollaro forte".
Ieri se ne è avuta la riprova. Prima ancora dell'apertura dei mercati, sono stati diffusi i dati relativi al tasso d'inflazione, alla costruzione di abitazioni e ai sussidi di disoccupazione. A sorpresa, l'inflazione Usa è calata dello 0,3% nel mese di luglio (dopo un +0,2% a giugno). E' il più drastico calo mensile degli ultimi 15 anni, la prima diminuzione in assoluto dall'aprile dell'anno scorso. La benzina è diminuita addirittura del 5,6% in un mese (in Italia no,chissà perché). Soprattutto, però, il dato arriva a pochi giorni dalla riunione della Federal reserve che dovrà decidere se diminuire i tassi di interesse per la settima volta da gennaio: un'inflazione che arretra, sgombra il campo da ogni ostacolo per una decisione positiva, attesa da Wall Street e dagli imprenditori. A costruire lo scenario per una giornata di "toro" si aggiungeva l'aumento del 2,8% dell'attività edilizia e la diminuzione di 8.000 unità nella richiesta di sussidio di disoccupazione. Ancora una volta erano dati macroeconomici che davano torto agli analisti (più pessimisti), ma sembravano in grado di mettere le ali al fin qui inesistente "rally estivo".
Invece Wall Street prendeva subito la strada del precipizio, per attenuarsi appena sul finale di seduta. L'attenzione degli operatori sembra ora tornata a concentrarsi rigidamente sui risultati aziendali; e bastava che Ciena - uno dei maggiori gruppi attivi nella realizzazione di tlc - annunciasse un profit warning per il terzo trimestre di quest'anno per far crollare il titolo del 33% e l'indice Nasdaq sotto i 1900 punti. Tutte le aziende del comparto seguivano infatti la sua sorte (Oni System perdeva oltre il 20%, Nortel e Lucent andavano abbondantemente sotto; e Brocade - autrice di un'altra revisione dei profitti al ribasso, perdeva oltre il 10%).
L'euro e tutte le altre monete avevano preso invece sul serio i dati americani, perdendo valore nei confronti del dollaro; l'euro perdeva valore per qualche ora (fino a 0.9130). Ma a metà giornata arrivava anche il dato relativo all'indice Filadelfia Fed, che analizza le attività economiche. A giugno aveva fatto segnare un depressivo -12, e i soliti analisti si erano preparati a una modesta risalita a -9. Niente. Sprofondato a -23,5 contribuiva a gettare sale sulle ferite degli azionisti americani. Di lì in poi era tutto un fioccare di pessime notizie. L'indicatore dello "scenario" atteso per i prossimi sei mesi scendeva da +35,8 a 33,1; l'indice delle scorte passava a -21,5 (da -18,9), quello dei nuovi ordini a -20,4 (da 5,7) e l'indice degli occupati a -12,2 da -7,8. Filadelfia è il terzo distretto americano in ordine di grandezza economica; i suoi dati sono perciò ritenuti fortemente indicativi della tendenza. Ed è nera.
Anche la Bundesbank, del resto, aveva aperto la giornata annunciando che "non c'è ancora nessun segnale di una ripresa dell'economia Usa". Gli immancabili analisti avevano rafforzato la linea interpretativa pessimista spostando al 2002 la data dell'ipotetica ripresa. Insomma, il tabù è stato infranto: gli Usa sono in crisi e si può dirlo apertamente. Il problema - per tutti - nasce dalla consapevolezza che nessuno è in grado di prender il posto come "locomotiva" mondiale. In questo contesto la risalita dell'euro è un semplice "brillare di luce riflessa", uno specchio della debolezza Usa più che un "rivelatore" di forza europea. Non a caso in tarda serata Vaciago - un economista di vaglia, editorialista di punta del confindustriale Sole 24 ore - già esortava a "aumentare la produttività" del lavoro, visto che "la moneta europea sta diventando meno competitiva". Cambia il clima dell'economia mondiale, ma non le ricette. Sempre infallibili, nonostante le smentite dei fatti.