Da RaiNews24

Roma, 26 gennaio


"Due casi positivi di Bse su circa 9.000 test rappresentano un dato preoccupante, è inutile nasconderlo. E' un dato superiore a quello che ci si poteva attendere, anche se rispetto ad altri Paesi siamo in una situazione molto più tranquilla". Il ministro della Sanità Umberto Veronesi, a margine del suo intervento alla Prima conferenza internazionale sul tema "La lotta contro il cancro nei Paesi emergenti", è tornato ieri a parlare della crisi dell'encefalopatia spongiforme bovina. Nel comparto agricolo legato ai bovini, intanto, l'agitazione degliallevatori diventa ora protesta dei macellai: a Cuneo la prima serrata dei 'maestri della fettina'.

In attesa

Sulle decisioni da prendere in merito all' eliminazione della colonna vertebrale dei bovini, ha ammesso Veronesi, c'è ancora molta incertezza, solo lunedì arriverà una risposta. I rappresentanti dei dipartimenti veterinari riuniti in Svezia, d'altra parte, non hanno ancora concluso espresso un orientamento chiaro. "Non possiamo ancora tirare conclusioni, è necessario attendere il responso dei massimi esperti scientifici in materia", ha detto Veronesi. Le posizioni, ha aggiunto il ministro, sono differenti: c'è chi ha un atteggiamento più prudente come l' Italia, mentre altri sono restii ad eliminare la colonna vertebrale perché il rischio è remoto e un eventuale provvedimento sproporzionato.



Uniformità europea

Lunedì, ha ricordato Veronesi, ci sarà la relazione finale. "Credo ragionevole che tutti si comportino nello stesso modo - ha detto Veronesi - altrimenti si favorirebbe un mercato che sfugge. L' Europa deve darsi una linea comune".

Il ministro ha parlato anche dei 170 animali di Cascina Malpensata di Pontevico, nel bresciano, dove è stato individuato il primo caso Bse in Italia, "condannati" per questo a morte, mentre per altri 20 è stato deciso di tenerli in vita a scopo di ricerca. Se tra i "condannati" non dovesse essere trovato nessun altro contagiato, "allora scopriremmo che non c'è trasmissione tra animali della stessa stalla, e in tal caso si potrebbe quindi ridurre la drasticità dell'intervento, selezionando gli animali per età o per altro che verrebbe stabilito in seguito".


Altrimenti...
Se invece si dovesse accertare la presenza di altri capi infetti, "allora significa che c'è contagiosità e di questo non si può non tener conto quando si dovrà decidere di altri allevamenti a rischio". L'abbattimento per ora è quindi obbligato, "altrimenti navigheremmo nel buio, senza possibilità di saperne di più". Si distrugge quindi "per sapere di piu', non per proteggere il consumatore che e' gia' protetto perche' l'animale macellato è testato e gli organi a rischio sono stati eliminati".

Un altro quesito importante riguarda il modo in cui si trasmette il prione se l'animale mangia solo erba. In questo caso, ha detto Veronesi, le ipotesi non possono che essere due: da una parte l'infezione è trasmessa, o l'animale è nato da madre già contagiata, dall'altra potrebbe invece essere dipeso dall'alimentazione, "nel senso che l'allevatore è certo di non aver usato farine animali ma in realtà in quello che ha comprato a scatola chiusa c'era anche altro. E questo e' un grosso interrogativo".


Nel Cuneese

Sono quattrocento, e minacciano un'inziativa clamorosa. Le macellerie di Cuneo e provincia sciopereranno a oltranza dal 5 febbraio: il calo delle vendite, d'altra parte, supera ormai il 50%. E' il primo caso in Italia di "serranda abbassata" da parte dei venditori di carne bovina, collegata alla psciocsi del morbo della "mucca pazza".

L'esempio cuneese potrebbe ben presto essere imitato in altre province, diventando nazionale.



Chiarezza per ottenere fiducia

Mancano ancora punti fermi per quanto riguarda la sicurezza alimentare nel consumo di carni bovine e, di conseguenza, aumentano i timori per il possibile contagio. Disertare le macellerie, insomma, per molti è l'unica soluzione possibile, o almeno quella più istintiva. Nello Dalmasso, presidente del sindacato aderente alla Confcommercio, chiede più chiarezza. "Occorre fugare ogni dubbio dei consumatori, con i quali anche noi siamo solidali. Si spieghi allora una volta per tutte che il pericolo Bse può essere collegato solo ai capi bovini che hanno compiuto i due anni e mezzo di età. Se invece esistono altri rischi, di cui neppure noi siamo al corrente, si svelino anche quelli, in modo da essere tutti informati".


I conti della crisi

L'emergenza mucca pazza costa al settore agricolo 4 miliardi di lire al giorno, per un importo stimato di 1.500 miliardi su base annua. In Italia, prima dell'emergenza Bse erano macellati ogni settimana circa 90 mila capi di bovini, per un peso vicino alle 25 mila tonnellate.

La riduzione del prezzo della carne, il ritardo nelle macellazioni ed i costi relativi all'eliminazione del materiale a rischio e allo smaltimento delle carcasse degli animali sono le principale cause di danno per gli allevatori con perdite settimanali per oltre 28 miliardi di lire.