dal "manifesto" del 12 agosto 2000

Via dal Kosovo

Intervista a Jeroen Uytterschau, responsabile di Médecins sans Frontières per i Balcani: "Onu e Nato, autorizzando la nuova pulizia etnica, hanno fatto fallire il valore dell'impegno umanitario"


TOMMASO DI FRANCESCO
La denuncia è secca. Le Nazioni Unite permettono ancora la pulizia etnica in Kosovo. Con quest'accusa, otto mesi dopo la stessa decisione della organizzazione francese, l'organizzazione belga di Médecins Sans Frontiéres (Msf) - l'organismo che ha ricevuto alla fine del 1999 il Nobel per la pace - ha lasciato la provincia serba. "Msf non può più tollerare il grave e continuo deterioramento delle condizioni di vita delle minoranze etniche del Kosovo", è stata la prima nota diffusa dall'organizzazione. I medici e il personale sanitario belga sono quotidianamente "testimoni oculari dell'aggressione e del terrore" di cui sono vittime le minoranbze (serbi, rom, turchi, goranci, slavi islamizzati) di "Vucitrn, Srbica e Mitrovica". Di questo abbiamo voluto parlare con Jeroen Uytterschau, responsabile di Médecins Sans Frontières per le operazioni nei Balcani.

Perché questa decisione così grave, per un organismo che ha ricevuto per il suo impegno umanitario a fine del 1999 il Nobel per la pace?

La sua domanda sottolinea il rilievo della nostra posizione, i nostri obblighi umanitari, il nostro mandato verso le popolazioni di tutto il mondo. Il gradito Nobel per la pace ci ha spinto ancora di più a mantener fede a questo impegno di assistenza e protezione per il maggior numero di popolazioni. Perché Msf belga ha preso la decisione questa settimana di lasciare il Kosovo, ritirandosi in particolare dalle enclave del nord, ciè le regioni di Mitrovica, Vucitr e Srbica dove lavoriamo da più di un anno in diretto contatto con le minoranze albanesi nel nord e quelle serbe e rom nel sud? Abbiamo dovuto constatare, purtroppo che la Comunità internazionale non ha mantenuto la promessa di creare un Kosovo stabile e con condizioni di vita e strutture civili accettabili, un Kosovo sicuro per tutti cittadini. Questa constatazione grave purtroppo riguarda fatti concreti, un processo che abbiamo conosciuto in un anno di lavoro con le minoranze, con la nostra passione, i nostri mezzi tecnici, le conoscenze professionali, con interventi sanitari domiciliari con le nostre unità mobili di medici e psicologi. Tutto questo è stato messo a dura prova negli ultimi tre mesi. Siamo stati attaccati, minacciati verbalmente e fisicamente più volte: la situazione è diventata insostenibile. Impossibile a questo punto per noi accettare questo processo violento di nuova "omogeneizzazione" etnica silenziosa, portata avanti da gruppi ben individuabili nella regione. Abbiamo parlato e denunciato la situazione ai responsabili istituzionali del Kosovo, cioè l'Amministrazione dell'Onu (Unmik), l'Osce, la Kfor-Nato che dovrebbe garantire la sicurezza delle persone. Ma purtroppo nessuno ci ha dato reali risposte e garanzie di cambiamento. Mentre la condizione delle minoranze è andata via via peggiorando. Ci siamo chiesti allora che dovevamo fare, noi così coinvolti verso le popolazioni.

Avete denunciato pubblicamente quello che accadeva intorno a voi?

Alla fine abbiamo deciso di rendere pubblico il nostro punto di vista per denunciare le responsabilità e le mancanze della Comunità internazionale incapace di proteggere tutti i cittadini del Kosovo. Ricordando che la Comunità internazionale con la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'Onu si è impegnata in questo senso, e invece in realtà questo non avviene. Mancano mezzi, capacità e volontà. Una mancanza di volontà che non si spiega davvero. Noi, come organismo umanitario con un mandato di assistenza a tutte le popolazioni colpite dal disastro della guerra, ci siamo sentiti sempre di più messi in discussione da queste incertezze, pesanti per chi deve fare un intervento sanitario. I nostri medici hanno visto sparire la loro passione. Così abbiamo lanciato l'allarme all'opinione pubblica mondiale, perché la Comunità internazionale, responsabile in Kosovo attraverso le politiche dei più influenti governi occidentali democraticamente eletti, e la stampa internazionale premano su questi governi perché realizzino davvero quello che hanno promesso e che è istuzionalmente devono realizzare: la sicurezza per tutti i cittadini del Kosovo. Questa è la ragione generale perché ci siamo ritirati. Una scelta difficile, perché il nostro lavoro è fatto con passione e conoscenze mediche, entrambi hanno bisogno di una protezione e sicurezza per esplicarsi, non di false promesse umanitarie buone solo a dire che in Kosovo va tutto bene per le minoranze serbe e rom, goranci, turche.

E' una chiamata in causa diretta anche per l'Amministratore dell'Onu, Bernard Kouchner?

E' un'accusa alla Comunità internazionale che ha preso la responsabilità nel giugno 1999 di creare l'amministrazione dell'Unmik e d'inviare truppe Nato, la missione Kfor, per creare un Kosovo stabile, si diceva allora, per tutti i cittadini. Noi non vogliamo fare attacchi di natura personale a Bernard Kouchner ma denunciare questa responsabilità. Abbiamo verificato sul campo la realtà. E' tempo di fare un bilancio e accorgersi del fallimento, almeno parziale, di quello che la Comunità internazionale dichiarava di voler fare un anno fa. Ormai questo smacco umanitario ha, purtroppo, conseguenze politiche gravi.

Ma, nel clima che lei descrive è possibile fare elezioni amministrative ad ottobre, come vuole Kouchner?

Non sta a noi dire questo, Msf è un'organizzazione umanitaria. Ma certo sembra assai difficile fare elezioni con una parte della popolazione sottoposta quotidianamente ad uno stato di insicurezza permanente, fisica: non mi pare la condizione base per vere elezioni democratiche. E' la stessa mancanza che ci costringe a ritirarci.

Avete voluto mandare un segnale anche agli alle altre Ong impegnate umanitariamente in Kosovo?

La nostra decisione così radicale creerà problemi di coscienza a chi si pone davvero in termini umanitari in Kosovo. L'atto umanitario non è neutro, si rivolge a tutti, e se le minoranze sono colpite da una situazione grave a causa delle inadempienze della Comunità internazionale, bisogna reagire. Le Ong vogliono proteggere tutti, ma i governi che finanziano profumatamente la missione Onu e Nato mettono a repentaglio il valore di questo impegno. Il nostro gesto dovrebbe essere seguito da quello di altri organismi. Ma quanti sono quelli realmente indipendenti?