From: "Chierico Navigante"

In Kosovo una Nato borderline
L'Alleanza pronta a manovre di guerra A Mitrovica mina contro autobus serbo
- ROBERTO LANDUCCI -  dal "manifesto" del 29/2

La violenza in Kosovo non è concentrata nella città di Mitrovica, abitata
in parte da serbi. Se ne è accorta anche la missione dell'Onu, Umnik, che
nelle scorse settimane mostrava i grafici con la curva degli omicidi in
netta discesa. Contrordine: in tutto il Kosovo aumentano gli attacchi contro
i serbi e altre minoranze, dice una portavoce dell'Umnik, mentra la Kfor -
la "forza di pace" dominata dalla Nato - sostiene di "monitorare e
controllare i confini con la Serbia", da dove partono, e non da ieri, armi e
guerriglieri albanesi pronti a "liberare" alcuni comuni del sud serbo a
maggioranza albanese. E presto l'Alleanza farà una grande esercitazione
nella provincia, a cui parteciperà un'"unità di reazione rapida".

Bombe e raffiche di mitra, dunque, esplodono in tutto il Kosovo. Ha fatto
molta impressione ieri l'attentato contro un bus serbo poco a nord di
Mitrovica. Una mina l'ha completamente distrutto, lasciando un ampio cratere
nel terreno. Per fortuna autista e bigliettaio ne sono usciti illesi e
l'autobus, che il mattino era solito portare i bambini a scuola e i
lavoratori a casa la sera, era vuoto. Per quella strada passano di frequente
mezzi della Kfor, ha rilevato un portavoce del contingente francese della
Nato. Più chiaro Oliver Ivanovic, portavoce del Consiglio nazionale serbo di
Mitrovica: "Gli albanesi stanno alzando la tensione e nel loro mirino ora
c'è anche la Kfor".

Ucciso un medico serbo
Tanta impressione ha provocato anche l'omicidio, domenica, di un medico
serbo, Josef Vasic - membro del Consiglio nazionale serbo - a Gnjilane, nel
sud-est del Kosovo. Vasic era uno dei cinque medici serbi che resistevano
nella cittadina. E' morto sulla strada per l'ospedale, situato nella vicina
base americana di Bondsteel.

Anche la regione attorno a Gnjilane, sotto il controllo del contingente
americano, sta diventando "zona calda", perché confinante con il profondo
sud della Serbia, abitato da un folto numero di albanesi e teatro di un
numero sempre crescente di attentati contro la polizia serba. L'ultimo
domenica che è costato la vita a un ufficiale di polizia lungo la strada che
lega Bujanovac (Serbia) a Gnjilane (Kosovo). La temperatura si sta alzando
pericolosamente nella zona; lo dimostra il numero crescente di albanesi dei
comuni serbi di Presevo, Bujanovac e Medveda che scappano in Kosovo davanti
alle retate della polizia. E' per contrastare il movimento secessionista
dell'Uck nella zona, spiega Belgrado. E che non si tratti di fobie lo
ammettono anche diplomatici e militari occidentali in Kosovo. In quei tre
comuni serbi da mesi entrano armi e guerriglieri ex Uck che vanno a
rafforzare le cosiddette "unità di autodifesa" dei villaggi albanesi.

Sembra di rivedere il Kosovo di due anni fa. A un funerale di due albanesi
uccisi recentemente dalla polizia serba sono comparsi uomini armati e in
uniforme. Al braccio un distintivo: "Esercito di liberazione di Presevo,
Bujanovac e Medveda". Sono fatti noti. Anche il presidente della commissione
esteri del Senato italiano, Giangiacomo Migone, in un'intervista alla Stampa
ha ricordato che "la Nato non è stata in grado di sigillare quella frontiera
(...). Forse qualcuno dell'Uck spera di riprodurre in piccolo la dinamica
del Kosovo e magari un nuovo intervento dell'Occidente". Gli americani che
pattugliano il confine hanno ricevuto dal Pentagono l'ordine di entrare
nella "fascia di sicurezza" di un miglio e hanno creato un punto
d'osservazione a pochi metri dalla frontiera con la Serbia. Per arginare il
flusso di armi verso la Serbia o per controllare meglio i movimenti
dell'esercito serbo?

Sale alto l'odore di polvere da sparo. Più di 2000 soldati Nato
parteciperanno dal 19 marzo al 10 aprile a Dynamic Response 2000,
esercitazioni nel cuore del Kosovo, che coinvolgeranno la Forza di riserva
strategica (Srf), una unità di "reazione rapida". Le manovre saranno in
pieno svolgimento il 24 marzo, anniversario dell'inizio dei bombardamenti.
"E' solo una coincidenza", dice un portavoce della Nato; "si vuole
dimostrare la determinazione dell'Alleanza a mantenere un ambiente sicuro
per il Kosovo e i suoi abitanti e a rafforzare la Kfor se necessario".

E' questa una stagione di rimembranze oltre che di agitazione. A Likosane
una gran folla di albanesi ha ricordato i due anni dai primi grossi scontri
tra guerriglieri e polizia serba, in cui morirono 9 poliziotti e 24
albanesi - tra i quali donne e bambini, le cui foto fecero il giro del mondo
e per la prima volta fecero conoscere al grande pubblico il Kosovo. Alla
cerimonia ha presenziato Sadik Halitjahaj, un luogotetente dell'ex
comandante dell'Uck, Agim Ceku. "Ora giuriamo che le aspirazioni per cui
hanno combattuto i nostri martiri saranno realizzate e che il Kosovo sarà
libero e indipendente", ha detto. Questo nel giorno in cui il nostro
sottosegretario agli esteri, Umberto Ranieri, è arrivato a Pristina per
affermare di fronte al leader albanese Hashim Thaqi il no dell'Italia "alla
cantonalizzazione e all'indipendenza del Kosovo". E a tre giorni dal
siluramento del generale Silvio Mazzaroli per un'intervista molto critica
verso l'azione del governo in Kosovo, il ministro degli esteri Lamberto
Dini, non nasconde la sua irritazione: fortunatamente non sono i militari a
fare la politica estera, ha detto Dini, il quale ha annunciato l'imminente
apertura di un ufficio diplomatico a Pristina collegato all'ambasciata di
Belgrado.