STORIA DELL'ISOLA PIANA


APPROFONDIMENTI

SULLA TONNARA:
La tonnara dell'Isola Piana
La chiusura della tonnara
LUOGHI DELL'ISOLA:
Visita virtuale all'isola
La Piazza dei tonnarotti
Il Palazzotto
La Piazzetta
Il Rais
Il Parco
ALTRI LUOGHI:
L'Isola di San Pietro e Carloforte
L'arcipelago sulcitano
PERSONE:
Il Marchese Francesco Pes
Il Marchese Salvatore Pes

L'Isola Piana vista dal motoscafo


Il navigante che attraverso il Canale di San Pietro fa rotta ad Occidente, prima del mare aperto, incontra l'Isola Piana. L'Isola fa parte dell'Arcipelago sulcitano con le isole di San Pietro, Sant'Antioco, Toro, Vacca e Vitello.
La storia dell'Isola Piana è legata alla
Tonnara omonima, che da tempi antichi viene calata in mare nelle vicinanze.

La pesca del tonno avviene mediante un sistema di reti fisse in mare al quale è sempre connesso un complesso di attività terrestri per svolgere le quali, in passato, esisteva un vero e proprio villaggio completamente autonomo, ubicato nei pressi dell'impianto in mare, abitato stagionalmente dai pescatori. Sia l'impianto in mare, sia l'insediamento in terra sono chiamati "Tonnara".

La tonnara dell'Isola Piana è tonnara "Grande da costa". Del 1698 è il primo contratto di concessione a noi pervenuto, stipulato tra il Re di Spagna e un mercante cagliaritano che la tenne fino al 1711, anno in cui dal Re di Sardegna fu ceduta in assoluta proprietà a Don Francesco Pes. Al medesimo nel 1774 venne infeudata l'Isola Piana con l'attiguo isolotto dei Ratti con titolo di Marchese di Villamarina. Nel 1898 il Marchese Salvatore Pes di Villamarina e d'Azeglio, volle esercitare direttamente la pesca e con le possibilità tecniche dell'epoca e senza badare a spese si dedicò al rinnovamento delle attrezzature e dell'insediamento, dando all'Isola Piana Io stile e l'assetto che, salvo piccole modifiche, è giunto ai nostri giorni.

Nel 1964 il villaggio venne abbandonato, ma puntualmente tutti gli anni ai primi di maggio viene calata in mare la tonnara e fino alla fine di giugno è possibile assistere alle mattanze. Il pescato è sempre lavorato fresco sul posto allo stabilimento sito alla Punta sull'Isola di San Pietro.

Chi sbarca oggi, per la prima volta, al molo del porticciolo di Villamarina, ai piedi del rosso "Palazzotto" è colpito dalla semplice bellezza delle costruzioni, dall'armonia della piazza. Avviandosi per la leggera salita verso il centro della "Piazza Grande", le capriate della rimessa con gli scafi neri di pece coprono il profilo dell'lsolotto dell'Oglio, la fila delle grandi "paelle" di rame e i muri delle case sui tre lati si rivelano con un senso di accogliente protezione.

Ogni porta, ogni finestra ricorda l'attività che durante la stagione animava l'isola; con la fantasia è facile risentire i rumori del lavoro del fabbro nella fucina, del carpentiere nella rimessa, dei cuochi nelle cucine i ritmi meccanici della centrale elettrica, i brusii delle operaie e gli echi lontani della mattanza. Un ombroso viale costeggia il "Palazzotto" e, conduce nel vasto parco: un labirinto di vialetti tra macchie fitte di essenze spontanee e coltivate nel centro del quale sorge una civettuola chiesetta.

Il parco dirada alla "Piazza dei tonnarotti" sulla quale si affacciavano la basse abitazioni della ciurma di mare. L'alloggio di ogni equipaggio era contrassegnato sulla porta d'ingresso dal nome della propria barca: vascello, palischermotto, rimorchio, bastarda, musciara, barbariccio.

Nell'Agosto 1975 sono iniziati i lavori che si possono definire di restauro. Sono stati condotti con l'intenzione di recuperare non solo all'uso quotidiano volumi ed utensili ma anche i gesti ed i ritmi di un mondo che sarebbe destinato a perdersi. Lontani dalla vita della città su quest'isola ancora oggi si può vivere a contatto con la natura incontaminata in uno spazio ad un tempo selvaggio ed umano. Il mare attorno all'isola Piana è particolarmente adatto agli sport nautici, alle gite esplorative; le attività professionali sono diventate attività sportive: la voga, la vela, la pesca, il nuoto. Si riscopre il gusto delle attività manuali come valore culturale. Con facilità, in fase di progettazione, si trovarono nei bei volumi esistenti le antiche destinazioni di uso come gli alloggi, l'edificio di rappresentanza, le sale di riunione, i vani commerciali, i magazzini, e le rimesse; con la stessa facilità si ritrovano negli spazi all'aria aperta, nelle piazze, le strutture di una società con i suoi ritmi e i suoi nuclei sociali.

Il ricupero di questo microcosmo ha invece richiesto uno sforzo notevole per aggiornare quegli impianti che oggi risultavano insufficienti o per quelli che, assenti, oggi considerati indispensabili.

(informazioni tratte da depliant pubblicitario d'epoca)

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