Fine del XV secolo: nasce la nuova Palena

 

SORGE LA TERRA NOVA DI PALENA

Dopo la capitolazione della munita roccaforte di Palena, avvenuta - per accordo - il 3 agosto 1464, ad opera delle milizie di Re Ferrante d'Aragona, larghi benefici e privilegi concesse il re ai Palenesi ribellatisi all'ambizioso castellano Caldora. Il Popolo esultante chiese fra l'altro al sovrano vittorioso che, " HAVUTO IPSA MAESTA' IN SUO POTERE LA FORTEZZA DI QUESTO LOCO, DE CONCEDERE DE MERCE' LA POSSIAMO ABBATTERE T' ROVINARE, E NE POSSIAMO FARE CASE PER HABITARE, PER QUILLI CHE NON HAVESSERO CASE... " ed il Re, corsiderando che cosa sarebbe stata eliminata una dolorosa spina su una importante località strategica del Regno, sicuro rifugio di ribelli alla Corona, accolse con entusiasto la richiesta dei Palenesi :

"REGIA MAIESTAS SUPER HOC OPTIME DELIBERAVIT ". Ben presto ebbe cosa l'iniziò graduale dell'estensione dell'Università oltre le sue antiche mura. Il nuovo BORGO, come veniva allora definito, LA TERRA NOVA doveva assumere l'aspetto di un nuovo centro da sorgere con criteri di edilizia più moderni: una bella piazza quadrangolare, ornata di porticato, sul terreno antistante, al di sotto del MASCHIO cioè della torre principale. La torre, il baluardo severo e invitto, l'opera più forte e sicura di tutto il sistema difensivo della roccaforte, che aveva sempre resistito e rigettato i disperati tentativi di armati, tesi a snidare il superbo castellano, venne abbattuta dai Palenesi dopo l'ultimo assedio del 1464, per non creare pericolo alle sottostanti nuove abitazioni che andavano sorgendo, ma anche per abbattere definitivamente l'emblema del duro e servile potere feudale. E Palena rifioriva. Sorse presto la "piazza del Borgo", nata intorno al suo perimetro di porticato medioevale con negozi vari, denominati "le poteche lorde dell'Università" ossia pizzicheria, macello, forno, taverna ed altri "fundaci" per comodità dei cittadini, ma sempre! sotto lo "jus prohibendi" del feudatario. Ivi sorse pure il nuovo Municipio, la Camera Comunale, che in sostituzione di quella vecchia della Valle, di cui si ricorda la sala consiliare con la volta artisticamente decorata di raffinati stucchi, esistente fino al novembre del 1943. La piazza, l'attuale " salotto di Palena ", ebbe quindi la funzione sociale di riunione del popolo per decidere e dibattere i problemi inerenti al buon funzionamento dell'Università e per eleggere annualmente il suo " Decurionato ". Degli antichi caratteristici portici, sono rimasti tuttora alcuni esemplari lungo un lato della piazza, che resistettero al disastroso terremoto del 3 novembre 1706. Sugli altri tre lati di essa furono ricostruite soltanto due arcate e ciò per dare maggior solidità ai nuovi edifici che ivi risorsero. Lungo l'estremità del lato sud, fu aperta la strada principale piana e rettilinea, l'antica " Via della Matonata ", pavimentata con mattoni di terracotta posti di taglio a spina di pesce. Dall'anno 1900 venne denominata "Corso Umberto I", in memoria del " Re Buono ". Questa arteria principale rasenta l'antica Chiesa di " Sancta Maria Nivea " che, nel 1596 fu intitolata alla Vergine del Rosario, a ricordo della famosa battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571, tra la flotta turca e quella della " Sacra Lega " promossa dal papa Pio V. I due locali a pianterreno furono adibiti a spezieria o bottega dell'aromatario, come risulta dall'Onciario di Palena del 1753.

A metà percorso di questo moderno " decumanus maior " fu costruito intorno all'anno 1750 il teatro: un piccolo gioiello d'arte, orgoglio dei palenesi, che si ammira per la sua struttura architettonica. L'antica facoltosa nobiltà di Palena ne attribuiva la progettazione al famoso architetto Vanvitelli ! E' noto che nella nostra Provincia, i primi teatri esistenti erano il Marrucino di Chieti, il Fenaroli di Lanciano e il piccolo teatro di Palena, con una capienza normale di circa 300 persone. Vi conveniva oltre all' " elite " dell'antica "noblesse" palenese, famiglie dell'agiata borghesia e la gaia gioventù cittadina che, unità a quella dei campi, assiepava l'allegro loggione, per asssitere al godimento degli spettacoli offerti per lo più dalle briose compagnie napoletane, che con le esibizioni delle " sciandose " partenopee mandavano in visibilio il pubblico. Oltre al " varieté " vi si davano commedie, melodrammi, recite varie e raffinati concerti della rinomata orchestra palenese. Nell'anno 1921, dopo pochi anni dal vittorioso epilogo del primo conflitto mondiale, il "Teatro Aventino" di Palena fu onorato dalla famosa compagnia di Eduardo Scarpetta, la cui insuperabile comicità è ancora viva nel ricordo dei palenesi anziani.

LA PRIMA ARTISTICA FONTANA PUBBLICA E' poco distante dalla piazza, sotto un porticato di due arcate, con quattro copiosi getti, dai quali fluisce acqua fresca e leggera delle vicine sorgenti montane, abbandonando così le vecchie cisterne esistenti nelle abitazioni dei cittadini più facoltosi. Nel 1812, ossia durante il Regno di Gioacchino Murat, questa bella fontana venne completata da ben cinque getti, con artistici mascheroni, di cui uno piccolo per dissetare, i viandanti. Sul muro sovrastante i quattro copiosi getti furono poste nello stesso periodo due lapidi: quella a destra in lingua nazionale e l'altra a sinistra in latino: Iscrizione a sinistra :

CAETERA SEMPER INFECTA ET NUNQUAM UTILIA AGENTIUM VEL CONSULENTIUM VITIO. HOC OPUS SOLUM FACTUM EST ATQUE PERFECTUM UNIVERSO PRORSUS POPULO CONSENTIENTI CUI NEC SILENTI UT SAEPE, NEC DECEPTO UT SEMPER ITA PLACUIT.

Iscrizione a destra: DEL VOTO UNIVERSAL L'OPERA E' QUESTA, SE IL CITTADIN NE GODE ALMEN PER POCO, TU PURE - OPASSEGGER - IL PASSO ARRESTA, LIMPIDA E' L'ACQUA ED OPPORTUNO IL LOCO; BEVI COME PUR VUOI PER DISSETARTI, MENTRE L'OMBRA T'INVITA A RISTORARTI.

IL MONTE FRUMENTARIO Al di sopra del porticato della fontana pubblica si provvide alla costruzione di un'Opera Pia: il MONTE FRUMENTARIO dell'Università, corrispondente presso a poco ad una Cassa di Prestanza Agraria. Senza dubbio un'opera altamente umana che accendeva e manteneva vivo il vincolo di solidarietà che univa il popolo palenese. Un'opera benefica per i piccoli lavoratori della terra, i quali vi si rivolgevano nei periodi di necessità quando cioè, in seguito a cattivo raccolto, scarseggiava il principale prodotto, di Madre Terra: il grano. Accadeva che nei tristi periodi di carestia, che si verificava in seguito, a guerre, a epidemie o a siccità, la povera gente era costretta a dar di mano al grano riservato per la semina . Sugli architravi di finestre e balconi di questo edificio fu scolpita la seguente memoria:

PIETATIS DOMUS CIVIUM SUMPTU EGENTIUM OPERA CONSTRUCTA EST (Casa della generosità - Fu edificata dai cittadini benevoli per gli indigenti).

Negli anni successivi la nuova Palena continuò ad estendersi verso sudovest arricchendosi dì sontuosi palazzi che suscitarono l'ammirazione del celebre botanico napoletano MICHELE TENORE, che la visitò nell'estate del 1831: "Presso gli spumeggianti flutti dell'Aventino, sopra ridente poggio siede la doviziosa Palena, facendo di sé bellissima mostra a chi dall'opposta sponda la mira. Dalle radici alla sommità, del colle che alle basse falde della Maiella si lega, quasi ad anfiteatro disposti ne sono i fabbricati, tra i quali rilevano non pochi cospicui edifici ai più facoltosi cittadini, alle diverse usanze e ad alcuni sacri luoghi appartenenti.

La cosa che fa collocar questo Comune fra i più significativi dell'Abruzzo Citeriore, si è la perfezione cui vi sono state portate le manifatture di panni i cui prodotti figurar possono tra i migliori della nostra industria. Molte sono le fabbriche a questi grandi lavori destinate I palazzi che suscitarono l'ammirazione del celebre naturalista napoletano erano quelli dei baroni Cocco, dei baroni Croce-Nanni, dei Baroni Perticone, dei Baroni Mari, dei Margadonna, dei Testa, dei Villa, dei Cajone, dei Coletti, dei Di Benedetto, dei Tilli, residenze della nobiltà palenese arricchite con l'industria laniera oltre alle signorili abitazioni dei tanti professionisti del paese, fiorente terra di medici, ingegneri, notai e giurisprudenti.

Agli inizi dell'anno 1900 l'arteria principale cittadina, il Corso Umberto I, venne abbellito con una pavimentazione di lastroni di pietra rettangolari (il nascosto), come pure Piazza Municipio. E' un vero peccato che lo scarso senso artistico di una breve Amministrazione Comunale del dopoguerra abbia fatto sovrapporre alla bella pavimentazione un comune strato incatramato, da ridurlo ad una semplice strada di paese e ciò fu un grave errore fra i tanti.