La peste del 1656-57 e il terremoto del 1706

 

In questi due anni Palena fu afflitta da grave peste bubbonica che falcidiò moltissime vittime, riducendo le famiglie da N. 310 a N. 142 nel 1670. La peste fu importata da un vascello carico di soldati spagnuoli, provenienti dalla Sardegna e approdato a Napoli. Il Viceré e le antorità napoletane non sì erano preoccupati affatto di adottare subito le misure profilattiche del caso, come la proibizione dell'esodo dalla città per impedire il dilagare del morbo ferale. Cosi accadde che da Napoli i cittadini più facoltosi abbandonarono la città per rifugiarsi nelle terre del Regno, portandovi il contagio che si propagò in tutto il Reame. Certamente in quei tempi non si disponeva di sicuri rimedi e mezzi di cura. La peste del Manzoni ne è la prova.

Dal quadro sinottico dei " Fuochi " nella Valle Aventina si nota un calo pauroso della popolazione delle " Terre ", dovuto proprio al dilagare della peste che raggiunse fino i recessi dei nostri alti monti della Maiella. Intere famiglie furono distrutte dall'ala gelida della morte. Appestati deceduti giacevano per giorni nei letti oppure lungo le vie o presso gli usci delle loro abitazioni, come si legge negli antichi libri parrocchiali. Le esequie erano poi sbrigative e senza il suffragio di un cero. Dinanzi allo spettro della morte ognuno correva in chiesa o in convento a " mettere a posto le cose dell'anima ", facendo lasciti di beni. Ben presto chiese e monasteri videro dilatati i loro patrimoni. Accadeva, come riferiscono le nere cronache del tempo, che suore appartenenti a famiglie nobili e facoltose, passata la ferale bufera, si videro costrette lasciare il velo di castità per intrecciare matrimonio anche con gente del più umile lignaggio per evitare la dispersione del loro patrimonio. La popolazione di Palena fu quasi dimezzata.

UNA DATA FUNESTA: GIORNO 3 NOVEMBRE 1706 ORE 15.30 - UN TERRIBILE TERREMOTO

E' una data nefasta molto nota. In questo triste giorno l'Abruzzo fu sconvolto da un tremendo terremoto che ebbe per epicentro il massiccio della Maiella, e che fu avvertito in gran parte dell'Italia centrale e meridionale. Tutti i centri abitati della Valle Peligna e dell'Aventino furono sconvolti da spaventose distruzioni che provocarono numerosissime vittime. Se si considera l'ora in cui avvenne il disastro ci vien da pensare che qualora si fosse verificato nelle ore notturne, il numero, delle vittime sarebbe più che triplicato ! Dai documenti rinvenuti recentemente nell'Archivio di Stato di Napoli si ha un quadro apocalittico dell'immane disastro! Fu proclamato giorno di lutto nazionale. "Per essere succeduto il terremoto non si fa lettura in questa giornata", ossia non vi fu alcuna udienza regia. 1 paesi di Taranta e Lama dei Peligni furono quasi spazzati via; di Lettopalena e Fara San Martino non restarono che poche e rovinate abitazioni in piedi. Palena subì anch'essa spaventose distruzioni: restarono in piedi pochi gruppi di abitazioni fuori le vecchie mura; il Castello Ducale e le abitazioni della vecchia Valle, poste tra Porta Sant'Antonino e lungo la gradonata, fino all'antico Municipio. Tutte le chiese del paese crollarono o subirono gravissimi danni. Si salvò soltanto il Santuario della Madonna dell'Altare !

L'Arciprete del tempo, Don Domenico Isacco, parlando di un librone sul quale erano riportati i miracoli di SAN FALCO e che andò distrutto sotto le rovine della chiesa, nel terremoto del 1706, ci dice in proposito: "Sono stati tali e tanti, que' che sono stati liberati da questi, e da altri malori, che in detta Capitolare Chiesa li antichi Arcipreti di essa ne avevano registrato de' più cospiqui un intiero librone de' miracoli operati da questo Santo, quale registro ha voluto Iddio, che restasse sepolto dalle rovine dell'accaduto terremoto alli 3 di novembre 1706 quando da fondamenta tutta la predetta Chiesa rovinò: nella quale rovina deve sapersi che assolutamente il luogo del deposito del Santo Corpo di questo particolar Protettore di Palena miracolosamente restò pendoIone, che per ogn'altra ragione avrebbe avuto da precipitare, di tal maniera che con grandissimo pericolo portarono li Cittadini animati solo da zelo, e dall'affetto delle Sante Reliquie, accorsi il dì seguente a salvarle, e trasportarle in luogo sicuro. Grazia fu questa particolare del misericordioso Iddio a' Palenesi che in tempo di rigorosissimo castigo, quando per si tremendissimo terremoto avendo perduto tanti cittadini, abitazioni e facultadi, si compiacesse non privarli anco di questo preziosissimo tesoro".

Quanta diversità tra i tempi passati e quelli recenti! Mentre prima, dinanzi a sì gravi calamità i superstiti, avviliti e sgomenti erano costretti, per risollevarsi. a fare appello soltanto alle proprie forze e ad implorare con la più mortificante espressione di servilismo le autorità competenti affinché adempissero ai doveri di solidarietà e di soccorso, oggi, invece, la società, mediante gli organi dello Stato, corre subito a lenire e a rimarginare le dolorose ferite prodotte da una calamità pubblica, per cui gli uomini si ritrovano in uno sforzo comune che esprime altri e diversi rapporti di concezione tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, tra Stato e cittadini; ciò deve dirsi soprattutto nei riguardi del Fisco di allora! Della medesima gravità ed entità luttuosa, in termini di rapporto, fu il quadro desolante di Lettopalena, in cui perirono ben sessantuno abitanti, senza tener conto dei feriti tratti dalle macerie che certamente dovettero essere più del doppio dei deceduti. E anche su questo piccolo centro il Fisco pretese circa duemila ducati di arretrati ... !