Il Cristianesimo e i Peligni

L'evangelizzazione nei Pallenenses

 

GLI ALBORI DEL CRISTIANESIMO A PALENA

 

Il cristianesimo dovette penetrare assai presto nella Conca Peligna e subito dopo nella Valle dell'Aventino, facilitato dalle comunicazioni della Via Claudio-Valeria, che univa direttamente i Peligni a Roma. Una tradizione parla di Sant'Antimo di Antiochia, discepolo di San Pietro, che l'avrebbe evangelizzata pel primo secolo; un'altra parla dei Santi Domiziano e Legunziano, che vi subirono il martirio per la fede. Certamente l'assetto della diocesi di Valva e Sulmona si ebbe solo intorno al IV secolo.

La diffusione del Cristianesimo dové diffondersi presto anche a Palena e i paesi limitrofi, data la brevità della distanza che divide il nostro paese da Sulmona, attraverso il valico di Coccia. Inoltre, un'antichissima tradizione ci tramanda che Sant'Antonino Martire sia venuto a Palena intorno all'anno 482, durante il pontificato di papa Innocenzo I. Era il giovane, figlio del re pagano di APAMIA, distretto della Borgogna, in Francia. Bello di aspetto e ardente di fede cristiana. Dopo aver ricevuto segretamente il battesimo, venne in Italia. A Roma fu presentato a papa Innocenzo I e il pontefice restò profondamente ammirato dalla celestiale figura di questo eroe della fede. A Salerno fissò la sua sede; vi rimase per un periodo di diciotto anni, con San Paolino da Nola, suo conterraneo, per diffondere la Buona Novella nel Regno di Napoli.

Si vuole che sia venuto anche a Palena e la tradizione ci dice che il cavallo che lo portava in sella cadde, mentre egli si accingeva ad attraversare la porta principale del paese. I Palenesi, avendo appreso de quei soldati " franchi " dell'atroce martirio toccato a S. Antonino, loro conterraneo, ardente divulgatore del Cristianesimo il quale quattro secoli prima aveva infiammato di fede i loro avi, intitolarono la loro chiesa di Santa Maria al giovane martire Sant'Antonino. L'"Ager Sacrum" del PALLENIO pagano si illuminò in centro in cui rifulse ardore di fede cristiana, trasformandosi in montagna sacra che con l'espressione del Petrarca diventò "nido di santi eremiti".

Nel primo volume della pubblicazione del Celidonio: "La Diocesi di Valva e Sulmona" riportata una bolla di papa Clemente 111 (1080-1100) contenente " La minuta descrizione della Diocesi Valvense ".

In questa descrizione sono riportate fra l'altro le numerose chiese che sorgevano nel vasto comprensorio di Palena in quell'epoca: " Ecclesia Sanctí Johannis, Sancti Blasii que sunt in Furca; Ecclesía Sancti Antonini, Sancte Crucis, Sancti Egidij, Sancti Cristintíani, Sancti Cataldi, Sancti Thome et Sancti Johannis que sunt in Palena, Ecclesia Sancti Nicolaí et Sancti Christofori que sunt in Castra Johanni Alberici. Ecclesía Sancti Bartolomei que est in Castello Ceco, Ecclesia Sancte Marie, Sacti Angeli, Sancti Johannis, Sancti Agnetis, Sanctí Nícolai, Sancte Marie et Sancti Salvatoris, que sunt in Rocca De Pizi, Ecclesía Sancte Marie et Sancti Erasmi que sunt in Petra Habundantis ". In questa antica bolla, però, non sono riportati i due famosi monasteri di San Nicola de Cotia e di Sant'Antonio Abate, eretti dai Benedettini di San Vincenzo al Volturno intorno al sec. X, come storicamente accertato e come lo testimoniano ancora i ruderi tuttora visibili, sui quali non cadeva la giurisdizione vescovile valvense.

In un manoscritto di ignoto autore palenese del sec. XVIII trovo che questi due monasteri sorsero ad opera dei padri Cistercensi. Sicché ai delubri pagani si sovrappose l'alto segno della cristianità che rifulse fra le balze selvose di questi luoghi. Così fu della chiesa eretta in onore di SAN CRISTOFORO, sul colle di CASTRA JOHANNIS ALBERICI (Castelletta), sul sito ove prima sorgeva un tempio dedicato a Giove o ad Ercole. Alle falde della maestosa mole del Monte Porrara, storico Mons Pallenium, a circa cento metri dalle spumo e sorgenti dell'Aventino, lungo la Statale 84 Frentana nelle vicinanze di Palena, il turista o transitante è attratto a ristorarsi presso la "Fonte di San Cataldo". L'acqua salutare sgorgante dal massiccio della Porrara oggi attraverso tre copiosi getti di una bella fontana a semicerchio che sembra invitare i transitanti a sostarvi " Siste viator! Sancti Cataldí gratia uberrimus gelídis acquis et sacris híc fons ". Sul colle che sovrasta la fontana, a breve distanza dalla strada, sorge l'antichissimo tempietto dedicato a San Cataldo, che la tradizione locale ha elevato a -protettore contro le febbri maligne.