La chiesa di Palena

 

In relazione a "L'evangelizzazione nei Pallenenses " è noto il periodo paleocristiano della Valle dell'Aventino, lungo la quale rifulse viva la fiamma del Cristianesimo ad opera dei Benedettini Volturnesi i quali, passata la furia delle valanghe barbariche, vi fondarono una prima chiesa cristiana dedicandola a SANTA MARIA DE PALENA. Con l'arrivo dei Franchi di Pipino, la chiesa. riconfermata già da Carlo Magno cambiò nome: i palenesi vollero dedicarla a S. Antonino Martire, a ricordo del Martire francese che la tradizione vuole sia venuto a Palena intorno al secolo V. La scarsità delle fonti storiche documentarie non ci consente di avvalorare la certezza della presenza nella nostra contrada di questo giovane legionario di Cristo. E' certo però che il Martire, giunto in Italia dalla Borgogna, dimorò a Salerno per 18 anni, sotto il pontificato di papa Innocenzo I. (401-417) (Acta Sanctorum: 2 settembre). Durante questo periodo, il Santo si portò in molti centri del Regno di Napoli per diffondervi la nuova fiamma del Cristianesimo. Nulla tuttavia ci impedisce di affermare che egli raggiunse anche la nostra Palena. Su una rozza iscrizione latina, tuttora esistente nella vecchia contrada della Valle, si legge infatti una breve memoria che si riporta: " D. Martinus cangia domus, ecc. ". La data è inequivocabile: A. D. DCLXXXVI cioè Anno del Signore 686.

Chi poteva essere, dunque, Dopnus Martinus. un nobile del tempo oppure un religioso? Se si fosse trattato di un religioso, si dovrebbe dedurre che in quell'epoca remota a Palena doveva esservi già una chiesa. Altro interrogativo di non minore importanza è costituito dal fatto che nella Chiesa di San Falco, in uno, degli armadi del reliquario si conserva il "Corpus Sancti Marciani Martiris" oltre ad un'antichissima icone lignea del Santo che ostenta sulla mano destra la scritta: PRO FIDE VICIT. La presenza delle reliquie di San Marciano nell'antico reliquario, sormontato dallo stemma gentilizio dei D'Avalos ci spinge ad una profonda riflessione. Anzitutto balza alla nostra osservazione la differenza che si nota fra le ossa di San Falco, vissuto intorno al sec. X e San Marciano. Analizzando le prime vi si nota già un principio di fossilizzazione sulle estremità, mentre le altre appaiono all'occhio dell'osservatore appartenere ad epoca assai più remota. Chi era San Marciano? Ce lo dice il Ciarlante nelle sue " Memorie Istoriche del Sannio " (Lib. III, pag. 148, Cap. II), oltre ad essere citato, da Paolo Regio e Filippo Ferrario in " Catalogus SS. Italiae ". San Marciano con San Nicandro, sembra siano vissuti, secondo il " Martirologio " del Baronio, intorno al primo secolo e siano stati martirizzati sotto l'Imperatore Massimiliano. Ma Paolo Regio è d'altro parere, quando afferma che i due Martiri furono martirizzati nel tempo della seconda persecuzione mossa contro i Cristiani dall'Imperatore Domiziano, la quale, secondo il Baronio, per testimonianza di San Girolamo e di Tertulliano, cominciò nell'anno 91. Il martirio di questi Santi, secondo costoro avvenne nel 94.

I due Martiri erano nati da nobile famiglia; erano due cari amici. Si erano arruolati nelle lezioni romane, prendendo parte a guerre contro i Sarnati e contro, i Daci. Tornati in Italia, rinunziarono alla vita militare e ricevuto segretamente il battesimo, si diedero a predicare nelle contrade del Mezzogiorno la fede in Cristo. Vennero poi arrestati, processati e martirizzati col taglio della lingua e poi della testa. San Marciano fu sepolto a Venafro, dove anche oggi è venerato come Protettore. Ma come si spiega che le reliquie di questo martire si trovino tuttora conservate nella chiesa di San Falco? Le supposizioni sono molte. Possiamo azzardare l'ipotesi, considerando che nel sec. X in seguitò all'invasione dei Saraceni nel Mezzogiorno vennero per prima presi di mira chiese e conventi, il popolo di Venafro abbia pensato di mettere al riparo da sicura distruzione le reliquie del loro Santo, facendole trasportare nel Castelo di Palena, ove sarebbero state al sicuro. Questa è un'ipotesi che potrebbe rasentare l'attendibilità, altrimenti non si spiegherebbe la presenza delle reliquie di questo Martire nella Chiesa di Palena.

LA COLLEGIATA DI SANT'ANTONINO E SAN FALCO

Fu costruita originariamente intorno al sec. VIII dai Benedottini Volturnesi, sulle rovine di un tempio a Giove o ad Ercole e dedicata alla Vergine, come tutte le altre prime chiese cristiane. E' certo che questa prima chiesa venne distrutta varie volte e dalla furia barbarica e dai violenti terremoti, ma fu sempre ricostruita stillo stesso luogo, con la facciata rivolta verso il palazzo ducale. Intorno al secolo XI i Conti di Valva, feudatari di queste contrade, ebbero cura di abbellire chiese e monasteri. Ce lo confermano, fra l'altro, alcuni reperti rinvenuti nel 1950 fra le mura ciclopiche della vecchia chiesa, demolita dai massicci bombardamenti inglesi. Si tratta di alcuni capitelli che risalgono al periodo dell'arte protogotica del sec. XI. Nell'anno 1383, in una visita pastorale del Vescovo di Sulmona, in occasione della riunificazione di tutte le chiese dell'agro palenese a questa capitolare, per la malvagità propria dei tempi di guerre e di distruzioni, la chiesa disponeva fra l'altro di una comoda canonica adiacente al tempio, sul sito degli attuali ruderi dei Morriconi.

La chiesa, intitolata fino allora a Sant'Antonino Martire, cambiò nome. divenendo Chiesa di Sant'Antonino e Falco, con la traslazione del corpo del Santo Eremita dalla Chiesa di Sant'Egidio a questa di S. Antonino. Il violentissimo terremoto del 3 novembre 1706 (ore 15.30), che distrusse oltre i tre quarti del paese, non risparmiò questa chiesa in cui si salvarono per puro miracolo gli armadi del reliquario. La chiesa distrutta fu presto ricostruita dall'amore dei fedeli, e come riferiscono le cronache, in maniera veramente meravigliosa. Ma dovette essere abbattuta nel 1841, essendosi sentito il bisogno di avere un tempio proporzionato all'accresciuta popolazione. Non siamo in grado di esprimere il parere se tale abbattimento sia stato un bene o un male dal punto di vista artistico. In tre anni, con amore e con fede veramente encomiabile, i palenesi innalzarono il nuovo tempio maestoso su progetto, dell'ingegnere Architetto Raffaele Chiaverini con l'esecuzione del maestro De Pamphilis, ambedue di Palena.