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SPECIALE FITODEPURAZIONE   

a cura di Egle Mariella

 

- D.L. 152-99

- L.R. 60-01

   


Il problema ambientale

La salvaguardia qualitativa e quantitativa delle acque di falda costituisce un problema di grande attualità ecologica ed igienica a tutt’oggi male affrontato o addirittura volutamente ignorato. Una città europea di un milione di abitanti consuma ogni giorno 320.000 tn di acqua e produce 300.000 tn di scarichi idrici urbani.

E’ importante sottolineare che è fondamentale operare non più come se la risorsa acqua fosse illimitata e dunque ceduta a prezzo prossimo a zero, ma determinare tutte le procedure che tendano a risparmiare e tutelare la risorsa. In Svezia ad esempio la spesa è di 1,20 € al m3- di cui  0,95 € servono per pagare la depurazione, mentre in Italia l’acqua del rubinetto costa circa 0,30  € al m3, e questa apparente situazione favorevole per i consumatori italiani non ha certo incentivato forme di risparmio nell’uso. 

L’incidenza del settore  delle costruzioni sui consumi idrici, secondo uno studio mondiale del W.W.I. di Washington, è del 16% circa del prelievo totale dell’acqua da parte dei vari settori. I reflui provenienti dalle abitazioni non collegate a pubblica fognatura ed immessi in falda mediante pozzi assorbenti o sistemi di sub-irrigazione rappresentano una fonte di forte inquinamento a breve o a vasto raggio, a seconda della pressione umana esistente sul territorio che si considera.

Quasi sempre l’adozione di vasche Imhoff o di impianti ad ossidazione totale (fanghi attivi) non garantiscono un effluente sufficientemente depurato; nel primo caso per insufficienza di trattamento, nel secondo, per difficoltà gestionali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avvertito l’Italia, che nei prossimi cinquanta anni si potrebbero perdere migliaia di chilometri di costa per la trasgressione del mare dovuto ad un innalzamento della superficie di 50 cm.

Ciò comporterebbe un ingresso di acqua salmastra nelle falde acquifere costiere già fortemente depresse per emungimenti dissennati, portando alla sete migliaia di persone che sulle coste vivono e producono. D’altra parte sappiamo che anche l’emungimento di pozzi interni è maggiorato per sopperire alle disfunzionidelle reti che distribuiscono solo il 70% circa dell’acqua immessa e che l’acqua idropotabile, cioè quella di qualità migliore, è utilizzata correntemente per tutte quelle operazioni (irrigazione giardini, lavaggio auto, etc.) in cui sarebbe possibile anche l’uso di acque di qualità inferiore.

Esiste ed è ormai tecnicamente ed economicamente matura una famiglia di “tecnologie dolci” atte a gestire in un ottica di ciclo il miglioramento della qualità dell’acqua: tra queste vi è la fitodepurazione. In grande sintesi è una metodologia di depurazione che può essere anche integrata alla tecnologia esistente dei depuratori. In Italia solo da pochi anni sono stati realizzati sistemi naturali costruiti per la depurazione di acque reflue, dimensionati applicando modelli americani ed europei o, in alcuni casi, improvvisando; questo ha creato da una parte nuove prospettive di approccio al problema della depurazione delle acque, dall’altra ha generato alcune perplessità causate da malfunzionamenti o basse efficienze, rispetto a quelle stimate, di questo tipo di impianti.

 Da indagini effettuate su impianti realizzati in Italia, infatti, da un lato emerge l’assenza frequente di un approccio metodologico - scientifico in fase di progettazione, dall’altro i dati di monitoraggio degli impianti sono scarsamente documentati e, quando presenti, risultano, nella maggior parte dei casi, rilevati in modo saltuario. In questo quadro risulta maggiormente necessario, in fase di progettazione, affrontare le scelte impiantistiche attraverso un approccio pluridisciplinare (chimico, biologico, idraulico e paesaggista) evitando approssimazioni e standardizzazioni.

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Riferimenti normativi

Il D.Lgs. 11/05/99 n.152 di recepimento della Direttiva CEE 91/271 (trattamento delle acque reflue urbane) e della Direttiva CEE 91/676 (protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati di origine agricola) ha modificato l’impostazione della precedente normativa di settore.  L’emanazione di un Testo Unico che si integrasse e coordinasse il complesso quadro normativo vigente, ha comportato l’abrogazione di diversi testi di legge; tra i più importanti segnaliamo:

  • La Legge 319/76 (Legge Merli) e la Legge 172/95 di modifica alla Legge Merli in materia di scarichi in pubbliche fognature;
  • Il D.Lgs. 132 del 1992 in materia di protezione delle acque sotterranee;
  • Il D.Lgs. 133 del 1992 in materia di scarichi industriali contenenti sostanze pericolose;
  • Il DPR 236/1988 in materia di acque destinate al consumo umano;
  • La Legge 36/94 (Legge Galli)in materia di tutela delle risorse idriche.

Particolare rilievo è dato alla tutela qualitativa della risorsa idrica, che si realizza attraverso una serie di disposizioni in materia di reti fognarie e di criteri generali di disciplina agli scarichi. Queste disposizioni sono rese operative dalle indicazioni tecniche contenute nell’Allegato V del decreto, compresi i limiti imposti agli scarichi per i vari parametri e le efficienze depurative che devono essere garantite dagli impianti.

Lo stesso decreto, all’art. 2, definisce “trattamento primario”, un trattamento in grado di garantire una riduzione del carico inquinante presente nel refluo pari ad almeno il 20% per il BOD5 ed il 50% per i solidi sospesi; implicitamente indica quindi che tali trattamenti non garantiscono il rispetto dei limiti tabellari, come si evince dalla tabella comparativa riportata nel seguito. 

Gli impianti dovranno conformarsi alle indicazioni dell’Allegato V entro il 31/12/2005 (art.31). La norma precisa che il sistema prescelto di trattamento dei reflui deve anche:

  • rendere semplice manutenzione e gestione,
  • essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico,
  • minimizzare i costi di gestione.

La Regione Abruzzo, con la Legge Regionale n°60 del 22.11.01 ha dato attuazione a quanto previsto dal D.lvo 11/05/99 n.152. In linea con i contenuti del decreto, la norma regionale prevede che tutti gli scarichi di acque reflue domestiche siano allacciati a pubblica fognatura (entro due anni dall’entrata in vigore della L.R.), e che possano essere autorizzati scarichi recapitanti in corsi d’acqua superficiali purché dotati di sistemi depurativi che assicurino il rispetto dei limiti previsti dall’Allegato V del TUA. Tali limiti sono da applicarsi a tutti gli scarichi, anche al di sotto dei 2000 abitanti (art.4).

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Che cos'è la fitodepurazione

La fitodepurazione è un naturale processo di depurazione che si riscontra nelle aree umide naturali, e che sfrutta le capacità depuranti dei suoli attraverso processi fisici, chimici e biologici (filtrazione, assorbimento, assimilazione da parte degli organismi vegetali e degradazione batterica): il refluo, già sottoposto ad un trattamento primario (vasche di decantazione o vasche Imhoff), viene distribuito, mediante una tubazione disperdente che rilascia il liquame in prossimità dell’apparato radicale delle piante, sul fondo di un terreno sul quale sono presenti specie vegetali scelte a secondo del loro potere depurativo.

La vegetazione, attraverso l’apparato radicale, apporta ossigeno in profondità (permette quindi lo svolgersi dei processi degradativi ossidativi), assorbe nutrienti dal terreno, riducendone la concentrazione nelle acque in uscita, e, attraverso i meccanismi di evapotraspirazione, riduce il quantitativo totale delle acque che comunque vengono scaricate nell’ambiente esterno.

Il suolo, oltre a costituire il supporto della vegetazione, svolge attivamente un’azione di filtrazione meccanica e chimica. Infatti rappresenta un complesso sistema di competizione biologica nei confronti delle cariche batteriche presenti nei reflui; inoltre componenti quali le argille hanno una grande capacità di assorbimento di alcuni composti quali il fosforo e l’azoto ammoniacale.

La microfauna del terreno degrada il carico organico presente nel refluo (processi quali rimozione del carbonio, nitrificazione dell’azoto ammoniacale, denitrificazione dell’azoto nitrico) trasformandolo in nutrienti disponibili per le specie vegetali del sistema. Gli inquinanti vengono quindi trasformati in nutrienti e infine in biomassa vegetale. Lo scopo è quello di ottenere la stabilizzazione della sostanza organica e la rimozione dei nutrienti per condurre il refluo depurato verso riutilizzazioni secondarie.

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Principali tipologie di sistemi di fitodepurazione

Nei trattamenti di fitodepurazione vengono ricostruiti artificialmente degli Habitat naturali dove hanno modo di svilupparsi piante che a seconda della specie e delle caratteristiche permettono di realizzare un sistema completo di depurazione.Per ottimizzare i rendimenti di depurazione e per limitare l’impegno di superficie, si ricorre a pre-trattamenti che consistono generalmente in un sedimentatore primario(grigliatura, degrassatore, deoliatore ove necessario,vasca Imhoff).

 

I sistemi di fitodepurazione possono essere suddivisi in base alla direzione di scorrimento dell’acqua in: 

  • SISTEMI A FLUSSO SUPERFICIALE  (FWS - Free Water System).

Consistono in vasche o canali dove la superficie dell’acqua è esposta all’atmosfera ed il suolo, costantemente sommerso, costituisce il supporto per le radici delle piante emergenti. Un esempio sono alcuni tipi di lagunaggi  o constructed wetlands inglesi. I sistemi a  lagunaggio sono costituiti da vasti bacini al cui interno viene immesso periodicamente il liquame da trattare; questo subisce nel corso del tempo una biodegradazione da parte di una comunità microbica la cui composizione dipende principalmente dal sistema adottato. Ci possono essere diversi tipi di lagune: aerobiche, nelle quali l’ossigeno atmosferico viene immesso artificialmente tramite delle turbine o compressori; anaerobiche,nelle quali si instaura un metabolismo di tipo anaerobico; ossidative, nelle quali l’ossigeno necessario per la biomassa chemiotrofa è prodotto da alghe ed altri microrganismi fotosintetici.

 

   

  • SISTEMI A FLUSSO SUB-SUPERFICIALE (SFS – Subsurfey Flow System).

In essi la superficie dell’acqua non è mai esposta a contatto diretto con l’atmosfera.

A loro volta si distinguono in :

- orizzontali (SFS-h o HF) in cui l’acqua si depura in una o più vasche contenenti materiale inerte con granulometria prescelta al fine di assicurare una adeguata conducibilità idraulica ( i mezzi di riempimento comunemente usati sono la sabbia, ghiaia, pietrisco);tali materiali inerti costituiscono il supporto su cui si sviluppano le radici delle piante emergenti ( sono comunemente utilizzate le Phragmites australis ovvero cannuccia di palude); il fondo delle vasche deve essere opportunamente impermeabilizzato facendo uso di uno strato di argilla, possibilmente reperibile in loco, in idonee condizioni idrogeologiche, o, come più comunemente accade, di membrane sintetiche (HDPE o LDPE 2mm di spessore); il flusso di acqua rimane costantemente al di sotto della superficie del vassoio assorbente e scorre in senso orizzontale grazie ad una leggera pendenza del fondo del letto (circa 1%) ottenuta con uno strato di sabbia sottostante il manto impermeabilizzante.Durante il passaggio dei reflui attraverso la rizosfera delle macrofite (piante emergenti), la materia organica viene decomposta dall’azione microbica, l’azoto viene denitrificato, se in presenza di sufficiente contenuto organico, il fosforo e i metalli pesanti vengono fissati per adsorbimento sul materiale di riempimento; i contributi della vegetazione al processo depurativo possono essere ricondotti sia allo sviluppo di una efficiente popolazione microbica aerobica nella rizosfera sia all’azione di pompaggio di ossigeno atmosferico dalla parte emersa dell’apparato radicale e quindi alla porzione di suolo circostante, con conseguente migliore ossidazione del refluo e creazione di una alternanza di zone aerobiche, atossiche ed anaerobiche con conseguente sviluppo di diverse famiglie di microrganismi specializzati e scomparsa pressoché totale dei patogeni, particolarmente sensibili ai rapidi cambiamenti nel tenore di ossigeno disciolto (Brix,1993).I sistemi a flusso sommerso assicurano una buona protezione termica dei liquami nella stagione invernale, specie nel caso si possano prevedere frequenti periodi di copertura nevosa.

- verticali  (SFS-v o VF) dove il refluo da trattare scorre verticalmente nel medium di riempimento (percolazione)  e viene immesso nelle vasche con carico alternato discontinuo, mentre nei sistemi SFS-h si ha un flusso a pistone, con alimentazione continua.

                                 Il medium di riempimento si differenzia invece dai sistemi a flusso orizzontale in quanto non si utilizza una granulometria costante per tutto il letto, ma si dispongono alcuni strati di ghiaie di dimensioni variabili, partendo da uno strato di sabbia alla superficie per arrivare allo strato di pietrame posto sopra al sistema di drenaggio sul fondo. Questi sistemi, ancora relativamente nuovi nel panorama della fitodepurazione ma già sufficientemente validati, hanno la prerogativa di consentire una notevole diffusione dell'ossigeno anche negli strati più profondi delle vasche, giacché la diffusione di questo elemento è circa 10.000 volte più veloce nell'aria che nell'acqua, e di alternare periodi di condizioni ossidanti a periodi di condizioni riducenti.

                                 I fenomeni di intasamento superficiale, dovuti al continuo apporto di solidi sospesi, sono auspicati per un primo periodo, in quanto favoriscono la diffusione omogenea dei reflui su tutta la superficie del letto, mentre devono essere tenuti sotto controllo nel lungo periodo onde evitare formazioni stagnanti nel sistema. Le esperienze estere (de Maeseneer, 1997) su tali sistemi mostrano comunque che non si rilevano fenomeni di intasamento quando si utilizza una alimentazione discontinua inferiore al carico idraulico massimo del sistema con frequenza costante e quando si ha adeguato sviluppo della vegetazione (l’azione del vento provoca infatti sommovimenti della sabbia nella zona delle radici e intorno al fusto, contrastando i fenomeni occlusivi).

Recentemente le nuove configurazioni impiantistiche prevedono spesso l’utilizzo di sistemi combinati e propongono l’abbinamento di sistemi HF a sistemi VF, sia per la riduzione delle aree superficiali necessarie al raggiungimento degli obbiettivi della depurazione, sia per migliorare alcuni processi depurativi come l’abbattimento dell’azoto e del fosforo.  

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Le soluzioni impiantistiche

Spesso i depuratori tradizionali non sono in grado di far fronte a picchi stagionali di carico organico e di portata, in relazione anche agli inadeguati sistemi di raccolta delle reti fognarie poste a monte, e di conseguenza il refluo in uscita non rispetta le tabelle di legge relative agli standard di scarico. Inoltre, per risolvere il problema della depurazione dei reflui prodotti dalle piccole comunità, solitamente si favorisce il trattamento delle acque in impianti di depurazione centralizzati di medio-grandi dimensioni al fine di ottenere economie di scala e consentire una costante e corretta manutenzione e gestione dell’impianto stesso.

In realtà questa soluzione non sempre si dimostra tecnicamente fattibile o economicamente conveniente. Il problema della depurazione delle acque negli insediamenti con meno di 2.000 ab, in Italia, è stato risolto ricorrendo soprattutto a piccoli impianti di depurazione, la maggior parte dei quali di semplice sedimentazione primaria. Il livello di depurazione così raggiunto, lungi dall'essere accettabile, non è sufficiente - in base alla normativa vigente- a restituire l'acqua trattata all'ambiente.

Infatti, gli impianti primari (fosse settiche tipo Imhoff) assicurano solamente una parziale rimozione degli inquinanti presenti. Le soluzioni impiantistiche che possono essere adottate e la loro scelta dipende da diversi fattori quali:

  • la natura dei reflui da trattare in termini chimici e fisici;
  • obiettivi di depurazione prescelti;
  • disponibilità di suolo;
  • inserimento ambientale;

Per il dimensionamento si tiene conto di una dotazione idrica pro capite e del carico organico in entrata. Per quanto riguarda la quantità di suolo a livello progettuale si parla in genere di:

  • 15-20 m2/AE[1] per un sistema FWS
  • 5-10 m2/AE per un sistema SFS-h
  • 1-5 m2/AE per un sistema SFS-v

Per la scelta delle piante negli impianti a flusso superficiale sono maggiormente utilizzate

  • macrofite liberamente natanti (pleustofite) come il giacinto d’acqua (Eichornia crassipes), la lenticchia d’acqua (Lemna spp), etc.;
  •  macrofite sommerse ancorate al fondo (rizofite) come Potamogeton crispus e Ceratophyllum spp

negli impianti a flusso sub-superficiale orizzontale e verticale sono maggiormente utilizzate

  • macrofite radicate emergenti (elofite) quali la canna di palude (Phragmites australis), la mazza sorda (Tipha latifoglia), il giunco di palude (Scirpus lacustris) e carici (Carex spp);

Alcune elofite come  la Phragmites australis e la Tipha latifoglia, mediando il trasferimento di ossigeno dalle parti aeree alla rizosfera attraverso la perdita di ossigeno dalle radici stesse, incrementano la degradazione aerobica delle sostanze organiche e la nitrificazione. Particolarmente importante è la Phragmites australis che non solo funziona come pompa di ossigeno, ma è anche in grado di costruire intorno ai suoi fusti un microecosistema molto efficiente in grado di eliminare gli elementi estranei come i microrganismi patogeni.(Brix.1994;Vietare,2000).

Esistono sistemi che utilizzano esclusivamente una sola essenza vegetale come i “lemna system” (FWS). Essi sfruttano il rapidissimo rateo di crescita della lenticchia d’acqua (Lemna spp) per l’abbattimento del BOD3 e dei solidi sospesi; la ridotta estensione delle radici non permette però l’adesione dei microrganismi utili alla depurazione e quindi il ruolo fondamentale della Lemna è quello di formare uno strato vegetale che copra totalmente la superficie del bacino e induca altri fenomeni anaerobici tra cui la riduzione della crescita algale, la stabilizzazione del pH e il miglioramento del processo di sedimentazione.Ciò comporta però la formazione di fenomeni di anossia al di sotto del manto vegetale e quindi processi di degradazione anaerobica della sostanza organica che non permettono un abbattimento dell’azoto e creano spesso cattivi odori.

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Rendimenti dei sistemi di fitodepurazione 

Il meccanismo di funzionamento dei sistemi a flusso sub-superficiale verticale (SFS-v) si differenzia quindi da quello dei sistemi sub-superficiali orizzontali per il vassoio assorbente in cui il ruolo fondamentale è svolto dall’evapotraspirazione delle piante che “eliminano” l’acqua in entrata. L’alimentazione alternata, la presenza di microrganismi sia aerobici che anaerobici, e gli accorgimenti progettuali fanno si che con i sistemi a flusso sub-superficiale verticale (SFS-v) si ottengano ottimi rendimenti di depurazione. Ciò rende l’acqua in uscita incolore e inodore, idonea ad essere immessa in acque superficiali o ad essere utilizzata per vari scopi come acqua non potabile. Le esperienze sui sistemi di  fitodepurazione a flusso verticale svolte dal CETA: 

1° fase: relativa alle sperimentazioni di affinamento dei reflui effluenti dall’impianto di depurazione

 

RENDIMENTI DI DEPURAZIONE

 

TRATTAMENTO DI AFFINAMENTO

MEDIANTE SISTEMA DI FITODEPURAZIONE A FLUSSO VERTICALE

POTENZIALITA’ 1000 A.E. (ABITANTI EQUIVALENTI)

Parametri

ENTRATA

USCITA

Limiti di emissione

Allegato 5 del D.Lgs. n.152

 

 

Valori medi

Valori medi

Rimozione

Tabella 1

Tabella 2

Tabella 3

Colore

1:20

Incolore

 

 

 

1:20

Odore

 

Inodore

 

 

 

Non molesto

BOD5 mgO2/l

80

4

95%

25

 

40

COD mgO2

293

61

79%

125

 

160

Fosforo tot. mg/l

4.6

0.8

83%

 

2

10

Azoto tot. mg/l

28.6

13.0

54%

 

15

-

Azoto amm. mg/L

9.6

9.4

 

 

-

15

Azoto nitroso mg/l

0.09

0.3

 

 

-

0.6

Azoto nitrico mg/l

2.3

0.26

 

 

-

20

Centro di Ecologia Teorica ed Applicata (CETA)

 

 

 

2° fase: relativa all’utilizzo dell’impianto di fitodepurazione come stadio di trattamento secondario dei reflui affluenti dalla sedimentazione  primaria del depuratore

 

RENDIMENTI DI DEPURAZIONE

TRATTAMENTO SECONDARIO

MEDIANTE SISTEMA DI FITODEPURAZIONE A FLUSSO VERTICALE

POTENZIALITA’ 250 A.E. (ABITANTI EQUIVALENTI)



 

Parametri



 

ENTRATA


 

 

USCITA

Limiti di emissione

Allegato 5 del D.Lgs. n.152


 

Valori medi

Valori medi

Rimozione

Tab. 1

Tab. 2

Tab. 4

Tab. 3

 

min

medi

max

 

 

 

 

 

 

Colore

 

1:20

 

Incolore

 

 

 

 

1:20

Odore

 

 

 

Inodore

 

 

 

 

Non molesto

BOD5 mgO2/l

160

260

420

12.1

95%

25

 

20

40

COD mgO2

418

633

999

33.6

94%

125

 

100

160

Fosforo tot. mg/l

3.15

4.75

5.76

0.1

98%

 

2

2

10

Azoto tot. mg/l

25

43.9

127

11.22

71%

 

15

15

-

Azoto amm. mg/L

6.9

13.3

17.7

0.85

94%

 

-

5

15

Azoto nitroso mg/l

0.12

0.35

1.5

0.18

48%

 

-

-

0.6

Azoto nitrico mg/l

0.36

1.4

5.74

5.83

-

 

-

-

20

Min.: valori minimi riscontrati,

Max.: valori massimi riscontrati

Centro di Ecologia Teorica ed Applicata (CETA)

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Costi dei sistemi di fitodepurazione 

Per quel che riguarda i costi, è difficile calcolare una spesa standard per un impianto di fitodepurazione dato che a seconda della tipologia dell’impianto e delle dimensioni i fattori in gioco e le variabili sono molteplici. Le principali voci che incidono sul costo di un impianto di fitodepurazione a flusso verticale e le percentuali di incidenza delle stesse sul costo totale sono frutto delle esperienze maturate da esperti nel settore.

I costi di alcune operazioni possono infatti apparire notevolmente diversi da regione a regione, talvolta anche da provincia a provincia, perché influenzati da fattori economici strettamente legati a variabili locali: ciò si verifica in particolare per gli scavi e movimentazioni terra e per i substrati di riempimento. Le voci di costo maggiormente significative si riferiscono,appunto, alle operazioni di scavo e movimentazione terra, ai substrati di riempimento nonché alle opere di impermeabilizzazione.

Negli impianti a flusso verticale riveste, inoltre, un peso rilevante la realizzazione delle reti tecnologiche, ovvero, principalmente delle opere di distribuzione e drenaggio del refluo; la complessità di tali opere aumenta con il crescere delle dimensioni dell’impianto e ciò spiega l’aumento dell’incidenza di questa voce sul costo totale. Economie di scala si registrano invece in relazione alle opere elettromeccaniche ed alle operazioni di impermeabilizzazione, mentre rimangono sostanzialmente invariate le restanti voci di costo.

 

 

VOCI DI COSTO

100 a.e.

500 a.e.

Scavi e movimentazioni terra

17%

16%

Impermeabilizzazione

27%

20%

Substrati di riempimento

18%

18%

Reti tecnologiche

17%

29%

Opere elettromeccaniche

13%

9%

Piante e pacciamanti

8%

8%

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Gestione e manutenzione di un impianto 

La gestione risulta particolarmente agevole in quanto: 

  • non vengono prodotti fanghi di depurazione che dovrebbero essere a loro volta smaltiti o trattati, con maggiori costi del servizio;
  • viene garantita una buona situazione igienico sanitaria, in quanto non si ha scorrimento dei liquami da depurare in superficie e non sono quindi presenti i problemi legati alla presenza di odori e allo sviluppo di insetti;
  • viene garantita un’elevata efficienza depurativa anche nei mesi invernali, grazie alla protezione termica offerta dalla vegetazione;
  • la richiesta di energia elettrica è molto modesta, in quanto l’intero processo è garantito dai sistemi naturali che sfruttano l’energia solare, a parte minimi consumi per le pompe di rilancio e ricircolo dei reflui nel sistema;
  • la gestione ordinaria dell’impianto è limitata a semplici operazioni di sfalcio della vegetazione;
  • presentano un ottimale inserimento ambientale, essendo possibile utilizzare specie vegetali già presenti nell’ambiente in cui si opera.

Per quanto riguarda la manutenzione dell’impianto si precisa che per operazioni di manutenzione ordinaria, sono da considerarsi la manutenzione tecnica e programmata delle componenti meccaniche (pompe), comunque limitate, le analisi di laboratorio dei principali parametri di inquinamento, la manutenzione dell’area verde. Le operazioni di manutenzione straordinaria sono riconducibili alla sostituzione del substrato di riempimento dopo il 10°-15° anno e la sostituzione delle componenti elettromeccaniche ogni 5-10 anni.

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Impianto a fanghi attivi o fitodepurazione? 

 Il costo di un impianto di fitodepurazione a flusso verticale è generalmente più contenuto rispetto al costo dei sistemi di fitodepurazione alternativi, ma mediamente più elevato se confrontato al costo di impianti biologici tradizionali (ad esempio impianti a fanghi attivi).

Allo stesso tempo la limitata complessità tecnologica riduce, rispetto agli impianti tradizionali, i costi di gestione: non si rendono necessari infatti interventi finalizzati alla regolarizzazione del processo depurativo, si semplificano le operazioni di manutenzione, si conseguono risparmi energetici ed il sistema, nel suo complesso, risulta più affidabile; inoltre un sistema di fitodepurazione non produce fanghi di supero (costi evitati di smaltimento). Nonostante i maggiori costi iniziali, un impianto di fitodepurazione, nel medio e lungo periodo, consente di realizzare un risparmio complessivo di risorse finanziarie.

Ciò può essere dimostrato calcolando il costo per metro cubo di acqua depurata che consente, dopo un periodo di 20 anni, periodo stimato di funzionamento ottimale delle opere (De Fraja Frangipane e Pastorelli, 1999 ), di rientrare degli investimenti complessivamente effettuati. Il costo della depurazione secondaria di un metro cubo di refluo è stato calcolato tenendo conto della ripartizione su base annua del capitale investito (remunerazione finanziaria con tasso del 7%) e dell’entità dei costi annuali di gestione ordinaria.

 

INDICATORI *

Esempio1:IMPIANTO da 100 a.e.

Esempio2:IMPIANTO da 500 a.e.

 

Fitodepurazione

Fanghi Attivi

Fitodepurazione

Fanghi Attivi

Costo di investimento

22-25.000,00

10-15.000,00

50-60.000,00

40-45.000,00

Costo annuale di gestione ordinaria

2.000,00

4.500,00

3.000,00

7.500,00

Costo per metro cubo

di refluo trattato

0,47-0,5

0,64-0,67

0,18-0,20

0,25-0,27

 

* I prezzi sono convertiti in Euro, dal testo di Tomasinsig E., Vecchiet M., Marangon F, Ceccon L. (2000) Valutazione economica delle tecniche di depurazione delle acque reflue per piccole utenze civili, in “Estimo e territorio”, n.6, pp.15-25.

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Campi di impiego

Gli impianti di fitodepurazione possono essere utilizzati come trattamenti secondari per scarichi civili o misti, oppure come trattamenti terziari per scarichi industriali, percolati di discarica o per acque di dilavamento di strade e autostrade. Per quanto riguarda i reflui civili i campi di impiego sono molteplici: 

  • fabbricati rurali, ville o edifici abitati periodicamente dove non sia possibile o sia troppo costoso il collegamento con la fognatura pubblica.
  • edifici e complessi residenziali., centri abitati o comunità fino a 100 abitanti equivalenti.
  • strutture ricettive e ricreative stagionali come agriturismo, campeggi, alberghi etc.
  • attività produttive, centri direzionali, strutture pubbliche di non residenti.

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  Vantaggi

·         Depurazione assicurata anche per piccolissime comunità.

·         Insensibilità alle variazioni di carico.

·         Impianti funzionanti anche per brevi periodi all'anno.

·         Ridotta  energia aggiunta: assoluto risparmio economico ed energetico.

·         Modesto utilizzo di parti elettromeccaniche: nessuna manutenzione specializzata.

·         Assenza di insetti molesti e di cattivi odori.

·         Possibilità di realizzare un'area verde di piacevole aspetto.

·         Possibilità di riciclaggio delle acque di scarico, così depurate, ancora ricche di nutrienti per innaffiare l’orto ed il giardino, oppure come acqua non potabile all’interno della casa (nello scarico del w.c.).

che nell'insieme permettono di definire l'impianto di depurazione realmente ECOCOMPATIBILE

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Bibliografia di riferimento

¨    MORONI F., PERGETTI M., GHETTI P.F., "La fitodepurazione con il sistema a flusso sub-superficiale: principi di funziona­mento ed aspetti progettuali di un impianto per il tratta­mento dei reflui civili", Atti del convegno scientifico "Fito­depurazione: metodologie ed applicazione", Finale Emilia (MO), 1994

¨   TREVISIOL E.R., PARANCOLA S., "Manuale di biofitodepurazio­ne: risanamento delle acque e processi di rinaturalizzazio­ne", ANAB ed., 1995

¨   PASTORELLI G., DE FRAIA FRANGIPANE E., "Impianti di depura­zione di piccole dimensioni", Cipa ed., 1993

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