La Circolare della Regione Piemonte

Ai Signori Sindaci
dei Comuni piemontesi
Loro sedi
Alle Camere di Commercio
Industria, Artigianato
e Agricoltura
Loro sedi
Alle Associazioni di categoria
del commercio e dell'Artigianato
Loro sedi
All'Associazione Panificatori

Circolare n.

OGGETTO: decreto legge 4 luglio 2006 n. 223 "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", convertito con legge 4 agosto 2006 n. 248. Indicazioni inerenti la fase di prima applicazione, nella materia del commercio-artigianato.
Con il decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito con la legge 4 agosto 2006 n. 248 (cfr. G.U. n. 186 dell'11 agosto 2006), sono state emanate "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale".
Con particolare riferimento alla materia del commercio interno e dell'Artigianato, il citato decreto contiene alcune disposizioni destinate ad incidere sul quadro normativo regionale attualmente vigente e sulle conseguenti regolamentazioni a livello locale.
Trattasi di norme a "tutela della concorrenza" e di "determinazione dei livelli minimi essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale", funzioni di natura trasversale tali da legittimare l'intervento del legislatore statale anche in una materia, come quella del commercio, altrimenti attribuita in forza dell'art. 117 c. 4 del novellato titolo V della Costituzione, alla competenza legislativa regionale esclusiva.
A norma del comma 4 dell'art. 3 del decreto "Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai principi ed alle disposizioni di cui al comma 1 entro il 1° gennaio 2007".
In proposito la Regione provvederà, quanto prima, ad assumere le opportune iniziative normative, anzitutto a carattere legislativo, tali da garantire la piena attuazione delle intervenute norme statali e l'adeguato contemperamento con la vigente normativa regionale. 
Talune disposizioni del decreto legge, caratterizzate da immediata precettività, hanno peraltro prodotto, sin dalla sua entrata in vigore, effetti innovativi rispetto alla situazione preesistente, ponendo problemi pratici di applicazione ed imponendo, conseguentemente, la ricerca di tempestive, idonee soluzioni operative.  Con la presente circolare si forniscono, pertanto, in attesa dei successivi interventi normativi regionali, alcune indicazioni operative con il principale intento di:
* consentire l'immediata applicabilità delle disposizioni precettive del decreto legge, aventi effetti nella materia del commercio interno e artigianato;
* garantire la necessaria continuità nella fase transitoria di passaggio fra diverse normative;
* richiamare l'attenzione degli operatori pubblici e privati sulla portata di alcune disposizioni, chiarendo alcune questioni, rivelatesi, nel corso della fase di prima applicazione della riforma Bersani, particolarmente problematiche e fornendo una linea interpretativa univoca a livello regionale.
A tale fine si richiama l'attenzione degli Enti ed organismi in indirizzo sulle seguenti disposizioni :
ART. 3 Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale
Il comma primo attiene all'ambito di applicazione delle regole.
In proposito il testo originario ha subito in sede di conversione alcune modifiche, nel senso di restringere l'ambito di applicazione delle disposizioni alle attività commerciali come individuate dal d.lgs. 114/1998 ed all'attività di somministrazione di alimenti e bevande. 
Allo stesso comma sono indicate le misure a tutela della concorrenza. A tale fine la disposizione recita:
"Le attività commerciali, come individuate dal d.lgs. 114/1998 e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:
a) l'iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande;
b) il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio;
c) le limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare;
d) il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale;
e) la fissazione di divieti ad effettuare vendite promozionali, a meno che non siano prescritti dal diritto comunitario;
f) l'ottenimento di autorizzazioni preventive e le limitazioni di ordine temporale o quantitativo allo svolgimento di vendite promozionali di prodotti, effettuate all'interno degli esercizi commerciali, tranne che nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti;
f-bis) il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
* Articolo 3, comma primo, lettera a)
1. attraverso il divieto di assoggettare l'esercizio dell' attività commerciale e di
somministrazione di alimenti e bevande all'iscrizione ad albi o registri, viene
sancita, in pratica, l'immediata chiusura del Registro degli esercenti il commercio, istituito dalla legge 426/1971, richiamato dalla legge 287/1991 e rimasto ancora in vita, per effetto dell'art. 26, c. 6 del d.lgs. 114/1998, quale abilitazione, nella materia della somministrazione di alimenti e bevande. Per contro la disposizione non tocca, nei fatti, il comparto della vendita del settore alimentare, in quanto il REC, per effetto del d.lgs. 114/1998, era già stato soppresso. La soppressione del Rec, già previsto da leggi statali, opera da subito per effetto del disposto di cui al c. 3 dell'art. 3 per il quale "a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali di disciplina del settore della distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1";
2. la formulazione legislativa, nel testo risultante dopo la conversione del decreto legge, secondo la quale "Le attività commerciali, come individuate dal d.lgs. 114/1998 e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte", tra l'altro, "senza il possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande" produce quale effetto il permanere in vita di tutte le disposizioni regionali o statali (nel caso in cui le regioni non abbiano ancora legiferato in via di legislazione esclusiva) relative ai requisiti professionali per l'esercizio dell'attività di vendita del settore alimentare e di somministrazione di alimenti e bevande, ad eccezione, per quanto osservato al precedente paragrafo, delle disposizioni relative alla esistenza ed alla tenuta del REC. L'intervento di riforma non ha pertanto sancito la piena deregolazione dei comparti del commercio di generi alimentari e della somministrazione di alimenti e bevande.
Ciò significa, in particolare, che:
* per l'esercizio dell' attività di commercio di generi alimentari si applicano a pieno regime le disposizioni di cui al decreto legislativo 114/1998 e le norme regionali di attuazione (legge regionale 28/1999 e smi e successivi atti normativi di attuazione consultabili al sito INTERNET della Regione al seguente indirizzo: www.regione.piemonte.it artigianato commercio industria - commercio - riforma del commercio e formazione professionale comparto alimentare); 
* per l'esercizio dell' attività di somministrazione di alimenti e bevande esiste allo stato attuale un vuoto normativo, tenuto conto dell'intervenuta soppressione del REC e della mancanza di una legge regionale di riordino del comparto in attuazione del dettato costituzionale. A tale proposito, in occasione dell'approvazione della legge regionale, attualmente all'esame del Consiglio regionale, saranno accuratamente definiti i requisiti professionali soggettivi ed i relativi percorsi formativi, per l'accesso e per l'aggiornamento in corso di attività. Con la presente circolare, a fronte dell'esigenza di garantire, a tutela della concorrenza, la libertà di iniziativa economica privata, senza soluzione di continuità e con immediatezza sin dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni statali, si forniscono pertanto le sole indicazioni operative che consentano, nell'immediato, di ovviare alla lacuna prodottasi a seguito dell'entrata in vigore del decreto legge.  Nell'attuale fase di transizione, l'avvio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande o il subentro nella stessa è consentito a coloro che, alternativamente:
2.1 sono stati iscritti, come persona fisica, come delegato e legale rappresentante abilitato tramite possesso del requisito professionale al registro degli esercenti il commercio, per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, ai sensi della legge 11 giugno 1971 n. 426 e dell'art. 2 della legge 287/1991 e non ne sono stati cancellati per perdita dei requisiti soggettivi; 
2.2 hanno superato l'esame già previsto, ai fini dell'iscrizione al REC, dall'art. 2, c. 2, lett. c) della legge 287/1991. A tale proposito :
2.2.1 caso in cui il soggetto abbia presentato istanza di esame in data antecedente il 4 luglio 2006 Al fine di non pregiudicare gli interessi e le aspettative dei privati interessati, i relativi esami devono essere svolti come già avveniva in vigenza del sistema del REC ed il superamento deve essere ritenuto valido agli effetti del riconoscimento del requisito professionale per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande;
2.2.2 caso in cui il soggetto abbia l'esigenza di acquisire il requisito professionale dopo l'entrata in vigore del decreto Bersani e non sia in possesso di altro requisito alternativo A tale proposito al soggetto deve essere consentito di poter frequentare il corso già previsto in vigenza della legge 287 ai fini dell'iscrizione al REC. In analogia con i principi e le disposizioni enunciati all'art. 17 della legge regionale 28/1999 "Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del d.lgs. 114/1998" relativamente ai corsi per l'esercizio dell'attività di vendita del settore alimentare, non si potrà inoltre prescindere dal superamento dell'apposito esame finale. Una diversa conclusione porterebbe infatti a 
violare il principio di uguaglianza a danno del corretto dispiegarsi della concorrenza fra gli operatori dei due comparti del commercio di alimentari e della somministrazione. A tale fine, fatta salva la soppressione del REC, sarà mantenuto in vita, fino alla ridefinizione della materia con legge regionale di riordino del comparto, il sistema dei corsi già in vigore ai sensi della predetta disposizione della legge 287/1991 ed i relativi esami finali, che continueranno a svolgersi secondo le stesse precedenti modalità (ivi comprese le competenze all'accertamento dei requisiti di ammissione agli esami di fine corso); 
2.3 hanno frequentato un corso professionale per lo svolgimento dell'attività di somministrazione, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e Bolzano, in attuazione delle leggi regionali di settore ai sensi dell'art. 117 c. 4 del novellato titolo V Cost., avendone superato l'esame finale; 
2.4 hanno frequentato con esito positivo i corsi di una scuola alberghiera o di altra scuola a specifico indirizzo professionale, per tale intendendosi il caso dei diplomi di laurea in tecnologie agroalimentari, tecnologie per la ristorazione, scienza dell'alimentazione e titoli equipollenti;
2.5 hanno prestato servizio, per almeno due anni negli ultimi cinque, presso imprese esercenti attività somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendenti qualificati addetti alla somministrazione, alla produzione o all'amministrazione o, se trattasi di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell'imprenditore, in qualità di coadiutore. 
3. Il comune al quale vengono richiesti l'autorizzazione o il subingresso per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande accerta il possesso dei requisiti professionali, anche nel caso in cui si tratti di cittadini appartenenti all'Unione europea o già previsti dall'art. 2 della l. 287/1991, ai fini dell'iscrizione al REC. E' infatti da ritenersi che non sia possibile ipotizzare l'abrogazione dei requisiti morali per l'esercizio dell'attività, con ciò producendo una palese disparità di trattamento fra i due comparti del commercio e della somministrazione. Ai Comuni compete pertanto di attivare tutte le procedure necessarie alla verifica secondo le disposizioni vigenti, in caso di istanze, dichiarazioni, o comunicazioni che riguardino il settore della somministrazione di alimenti e bevande. Si rammenta infatti che, in via generale, secondo le vigenti normative in materia di semplificazione amministrativa, nel caso di avvio di attività di somministrazione di alimenti e bevande il possesso dei requisiti professionali e di onorabilità previsti può essere provato con dichiarazioni sottoscritte dal soggetto interessato, ferme 
restando in capo al comune competente per territorio, le opportune verifiche nei termini e secondo le modalità previste dalle norme vigenti (in particolare il DPR 28 dicembre 2000 n. 445).
4. Nel caso in cui, nella fase antecedente la legge di conversione del decreto legge, la norma nazionale sia stata interpretata dalle Amministrazioni locali nel senso dell'abolizione dei requisiti professionali per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande, e, conseguentemente, sia stato consentito l'esercizio dell'attività senza i requisiti professionali, i Comuni competenti per territorio dovranno assegnare agli operatori interessati un congruo termine per la regolarizzazione mediante l'acquisizione del requisito. 
5. Tenuto conto del venir meno della disposizione di cui all'art. 2, comma 1, parte prima della legge 287/1991, in quanto strettamente afferente al REC1 e dell'art. 9 della legge 426/1971 , concernente l'elenco speciale dei preposti annesso al REC2, sono da ritenere applicabili, in caso di società, le disposizioni di cui al comma 6 dell'art. 5 del d.lgs. 114/1998 secondo cui "In caso di società il possesso dei requisiti professionali soggettivi e' richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificatamente preposta all'attività" (che, nel caso specifico sarà di somministrazione e non di commercio).
L'intervenuta soppressione del REC e dell'elenco speciale dei preposti, non comporta il venir meno dell' istituto del preposto, che é istituto di natura privatistica, essendone l'individuazione frutto di accordi intercorrenti fra i privati, che hanno l'esclusivo onere di comunicare la scelta effettuata ai fini della verifica del requisito professionale.
L'istituto della delega, della quale il soggetto preposto è destinatario, è regolato in modo del tutto simile a quanto già consolidato in sede di applicazione del d.lgs. 114/1998, che già prevede, come sopra evidenziato, l'istituto del preposto. 
* Articolo 3, comma primo, lettere b), c) e d). 
La disposizione di cui alla lett. c), stante il suo contenuto testuale, ed in particolare l'utilizzo dei termini "esercizi commerciali" e "settore alimentare e non alimentare" è
da intendersi riferita ai soli esercizi di vendita. La disposizione sancisce l'incompatibilità con il principio di tutela della concorrenza della prescrizione di limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione fra settore alimentare e non alimentare.
Le disposizioni di cui alle lett. b) e d), relative a principi ed indirizzi riferiti all'azione di programmazione, si ritiene possano valere, con i dovuti adattamenti, anche nella materia dei pubblici esercizi. 
In particolare, la disposizione di cui alla lett. b) sancisce l'incompatibilità con il principio di tutela della concorrenza della prescrizione del rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizi. 
Nel caso dei pubblici esercizi ciò significa che il divieto opera all'interno di ciascuna delle tipologie (A, B, C, D) previste dalla l. 287/1991, fino a diversa definizione legislativa della materia. Nel caso in cui la definizione legislativa superasse la classificazione tipologica, il divieto opererà fra singoli esercizi, indistintamente. 
Con riferimento specifico al comparto del commercio al dettaglio in sede fissa si evidenzia in particolare che gli "indirizzi generali e criteri di programmazione urbanistica per l'insediamento del commercio al dettaglio in sede fissa" approvati dalla Regione con DCR 563-13414/1999 e smi non confliggono con la previsione normativa nella parte in cui prevedono -art. 13 e 14- per il riconoscimento delle zone di insediamento commerciale -addensamenti e localizzazioni- criteri di tipo spaziale- distanziometrico. 
Si tratta infatti di relazioni fra aree e non fra singoli esercizi.
Problemi di compatibilità rispetto alla normativa in tema di concorrenza potrebbe invece presentare la definizione, in sede comunale, delle zone di insediamento commerciale in modo tale da consentire, nei fatti, l'attivazione di un unico insediamento commerciale, con impossibilità , per eventuali concorrenti, di accedere al mercato. 
La disposizione di cui alla lett. d) sancisce l'incompatibilità con il principio di tutela della concorrenza della prescrizione del rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale.
Con particolare riferimento alla materia dei pubblici esercizi, i contenuti delle disposizioni citate dovranno certamente essere tenuti in considerazione in occasione dell'adozione della legge regionale di riordino del comparto e dei successivi provvedimenti di attuazione a livello regionale e comunale. A tale proposito si richiama il disposto dell'art. 3, c. 4 del decreto legge che fissa al 1° gennaio 2007 il termine per l'adeguamento delle normative regionali e comunali alle intervenute modifiche legislative. 
Nell'attuale fase restano in vita i parametri, così come già individuati in sede comunale ai sensi dell'art. 2 della legge 25 gennaio 1996, n. 25 "Differimento di termini previsti da disposizioni legislative nel settore delle attività produttive ed altre disposizioni urgenti in materia". 
I comuni potranno inoltre procedere ad eventuali aggiornamenti, senza più dover acquisire il parere delle commissioni, nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza indicati alle citate lett. b) e d) dell'art. 3.
* Articolo 3, comma 1, lettere e) ed f) 
Si tratta di due disposizioni che, in combinato disposto, intendono sancire la libertà , da parte degli esercenti, di effettuare le vendite promozionali, senza che in proposito siano stabiliti divieti di ordine generale, o siano richiesti atti amministrativi preventivi di assenso da parte della p. a. . 
In ciò viene superato in parte il disposto, già liberista, dell'art. 15 c. 4 del d.lgs 114/1998 secondo cui erano invece implicitamente ammesse le limitazioni temporali. 3 Con l'attuale formulazione non sono più possibili neppure le limitazioni di ordine temporale, oltre a quelle, già vietate, di ordine quantitativo. Fa eccezione il limite temporale eventualmente posto per i periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione. 
Pertanto resta in vigore il disposto dell'art. 14 bis della l. r. 28/1999 smi secondo il quale "Nei trenta giorni che precedono la data di inizio delle vendite di fine stagione non è consentito lo svolgimento delle vendite promozionali aventi ad oggetto articoli di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo". Non é pertanto da ritenersi illegittima la richiesta all'esercente, da parte dei regolamenti comunali, di una comunicazione del periodo di effettuazione delle vendite promozionali, tenuto conto del divieto previsto per i periodi che precedono l'inizio dei saldi di fine stagione, nella quale risulti anche l'indicazione dei prezzi e delle percentuali di sconto, a garanzia di una informazione trasparente al consumatore. A tale proposito , tenuto conto che ogni forma di promozione deve essere svolta in modo corretto , con particolare riguardo alla chiarezza e alla veridicità delle informazioni da fornire all'acquirente , resta ferma la disposizioni di cui all'art. 15, c. 5 del d.lgs. 114/1998 che prevede che "lo sconto o il ribasso effettuato deve essere espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che deve essere comunque esposto". Allo stesso art. 15 non è contenuto l'obbligo di indicazione del prezzo scontato o ribassato: è evidente , comunque, che per l'assolvimento degli obblighi li legge in materia di pubblicità dei prezzi, conseguentemente al combinato disposto degli artt. 14 e 15 del d.lgs. 114/1998, è
necessario indicare in caso di vendita promozionale, oltre al prezzo di vendita 
originario e alla percentuale di sconto, anche il prezzo di vendita realmente praticato, cioè scontato.
Articolo 3, comma 1, lettera f) bis
Questa disposizione, per la quale non è consentito prevedere "l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie" esplicita ulteriormente, superandone parzialmente i contenuti, il comma 3 dell'art. 7 del d.lgs. 114/1998 secondo il quale " Fermi restando i requisiti igienico-sanitari, negli esercizi di vicinato autorizzati alla vendita dei prodotti di cui all'articolo 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, e' consentito il consumo immediato dei medesimi a condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzati". Con la nuova formulazione viene chiarito che il regime del vicinato (cioè la deregolazione e la conseguente mancanza di autorizzazione preventiva) vale anche nel caso in cui il consumo dei prodotti di gastronomia avvenga nel locali dell'esercizio, avvalendosi degli arredi dell'azienda. 
La disposizione introduce il principio in base al quale negli esercizi di vicinato, ovviamente nel solo caso in cui siano l legittimati alla vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, il consumo sul posto dei prodotto di gastronomia può essere consentito alle condizioni espressamente previste dalla nuova disposizione.
Le condizioni concernono la presenza di arredi nei locali dell'azienda e l'esclusione del servizio assistito di somministrazione. Per quanto concerne gli arredi, richiamati nella disposizione, è di tutta evidenza che i medesimi devono essere correlati all'attività consentita , che nel caso di specie è principalmente la vendita per asporto dei prodotti alimentari.
In ogni caso però la norma che consente negli esercizi di vicinato il consumo sul posto non prevede una modalità analoga a quella consentita negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla legge 287/1991. Detta legge infatti, nel definire l'attività di somministrazione, stabilisce all'art. 1, comma 1 che "per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto" che si esplicita in "tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotto nei locali dell'esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all'uopo attrezzati". Nei locali degli esercizi di vicinato quindi gli arredi richiamati dalla disposizione non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione né può essere ammesso, in quanto espressamente vietato dalla norma, il servizio assistito. 
ART. 4: disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attivita' di produzione di pane
Abrogazioni leggi
A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto 223/2006 ed in particolare per quanto attiene all'articolo 4 dettante disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attività di produzione di pane sono abrogate (comma 1):
* la legge 31 luglio 1956, n. 1002 che prevedeva un limite quantitativo alla produzione di pane e al numero dei panifici nei singoli Comuni prevedendo, inoltre, un regime autorizzatorio in capo alle Camere di Commercio
* la lettera b), del comma 2 dell'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 dove si prevedeva che l'esercizio dei nuovi panifici i trasferimenti le trasformazioni di panifici esistenti di cui articolo 3 della legge 31 luglio 1956, n. 1002 soggiacevano alla disciplina di cui articolo 20 della legge n. 241/90 (silenzio assenso).
Pertanto decade il vecchio sistema autorizzatorio in capo alle Camere di Commercio: le competenze sui panifici passano dalle Camere di Commercio ai Comuni.
D'ora in poi per aprire un panificio basta presentare al Comune una dichiarazione di inizio attività ai sensi dell'articolo 19 della legge 241/1990. 
Dichiarazione di inizio attività (articolo 19 della legge 241/90)
Ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto l'impianto di nuovo panificio e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al Comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 241/90.
La dichiarazione deve essere corredata da:
a. Autorizzazione della competente Azienda Sanitaria locale in merito ai requisiti igienico sanitari
b. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera 
c. Titolo abilitativo edilizio
d. Permesso di agibilità dei locali
e. Indicazione del nominativo del responsabile dell'attività produttiva che assicura l'utilizzo delle materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico - sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro e la qualità del prodotto finito.
A tal fine il responsabile dell'attività autocertifica ai sensi del D.P.R. 445/2000 l'osservanza di quanto previsto dalla citata lett. e).
In applicazione delle disposizioni del nuovo articolo 19 della legge 241/90, l'interessato prima di aprire l'esercizio, deve attendere 30 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione e quando ritiene di aprire deve inviare una ulteriore comunicazione al Comune informandolo dell'avvio dell'attività.
Il Comune entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione effettua una verifica circa il possesso di tutti i requisiti richiesti. In caso di mancanza dei requisiti adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che ove possibile l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente l'attività stessa. 
Attività di vendita dei prodotti di produzione per il consumo immediato
In sede di conversione del decreto legge è stata aggiunta la disposizione di cui articolo 4 comma 2 bis del decreto che consente ai titolari degli impianti di panificazione l'attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato utilizzando locali e arredi dell'azienda, con esclusione del servizio di somministrazione, nell'osservanza delle norma igienico - sanitarie.
Funzioni di Viglianza Spetta ai Comuni e alle ASL esercitare le rispettive funzioni di vigilanza.
                                Sanzioni : Le violazioni delle prescrizioni dell' articolo 4 del presente decreto sono punite ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 ( commi 1, 2, 5, lettera c) e 7).
Definizione di panificio, pane fresco e pane conservato
In sede di conversione del decreto legge è stato aggiunto il comma 2 ter dell'articolo 4 nel quale si stabilisce che entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione il Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della Salute, previa intesa con la Conferenza Stato Regioni, emana un decreto con il quale devono essere disciplinate le denominazioni di "panificio, pane fresco e pane conservato".
In attesa dell'emanazione del provvedimento il Comune rilascia l'autorizzazione sulla base delle prime indicazioni contenute nel decreto Legge 223/06.
In particolare la denominazione di "Panificio" deve essere riservata esclusivamente "alle imprese che svolgono l'intero ciclo di produzione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale".
Il procedimento autorizzativo, così come disciplinato dal decreto, sarà oggetto di ulteriori approfondimenti operativi a cui faranno seguito indicazioni ai Comuni.

ART. 5 Interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci
Il comma 1 dell'articolo consente a tutti gli esercizi commerciali previsti dall'art. 4 lett. d), e) ed f) del d.lgs. 114/1998, di effettuare attività di vendita di farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l'esercizio e secondo le modalità previste nei commi successivi.
In attesa di ulteriori disposizioni regionali la prevista comunicazione alla Regione, deve essere indirizzata all'Assessorato regionale alla Tutela della Salute e Sanità, Direzione Controllo Attività sanitarie, Settore Assistenza farmaceutica (c.so Regina Margherita n. 153 bis -Torino).
Tenuto conto che il decreto nulla dispone circa eventuali comunicazioni al Comune sede dell'esercizio, l'esercente non è tenuto ad alcun adempimento in aggiunta a quanto espressamente previsto, fatto salvo, sul piano commerciale, il rispetto delle disposizioni relative al settore merceologico alimentare ed extralimentare. 
ART. 11 Disposizioni urgenti in materia di soppressione di commissioni
Al comma 1 è disposta la soppressione delle "commissioni istituite dall'art. 6 della legge 25 agosto 1991, n. 287. Le relative funzioni sono svolte dalle amministrazioni titolari dei relativi procedimenti amministrativi".
La norma sopprime le commissioni previste dalla legge 287/1991, comunali nel caso di comune con popolazione superiore a diecimila abitanti, provinciali nel caso di comune con popolazione inferiore a tale soglia demografica che, per effetto dell'art. 2 della legge 5 gennaio 1996, n. 25 erano chiamate ad esprimere parere conforme sulla fissazione dei parametri numerici per tipologia di esercizio di somministrazione delle autorizzazioni rilasciabili con riferimento all'intero territorio comunale o a singole zone.
Conseguentemente, fino all'approvazione della legge regionale di riordino del comparto, in attuazione del novellato titolo V Cost., le funzioni svolte dalle commissioni saranno svolte dai comuni, enti competenti alle funzioni amministrative nella materia dei pubblici esercizi, sulla base delle disposizioni di cui alla legge 287/1991. 
In particolare permangono in capo ai Comuni le competenze di cui all'art. 2 della legge 25 gennaio 1996, n. 25 per le quali "Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione della legge 287/1991 l'autorizzazione di cui ai commi 1 e 4 dell'articolo 3 
della medesima legge è rilasciata dai sindaci, previa fissazione, da parte degli stessi, su conforme parere delle commissioni previste dall'articolo 6 della legge stessa, di un parametro numerico che assicuri, in relazione alla tipologia degli esercizi, la migliore funzionalità e produttività del servizio da rendere al consumatore ed il più equilibrato rapporto tra gli esercizi e la popolazione residente e fluttuante, tenuto conto anche del reddito di tale popolazione, dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico". 
Tali competenze andranno opportunamente rivisitate alla luce delle modifiche introdotte dall'art. 3, c. 1, lett. b) e d) del decreto. Ciò significa in particolare che da un lato rimangono in vita i parametri già fissati prima dell'entrata in vigore del decreto legge; dall'altro i comuni che avranno l'esigenza di aggiornare i contenuti dei parametri già individuati, potranno procedervi prescindendo dal parere delle commissioni, ed integrando i contenuti dell'art. 2 della legge 25/1996 con i nuovi principi introdotti, a tutela della concorrenza , dall'art. 3 del D.L., lett. b), e d) .
In proposito si richiamano le considerazioni svolte al precedente punto relativo alle lett. b), c), d).

La Presidente della Giunta regionale
Prof. ssa Mercedes Bresso

Visto: 
L'Assessore al Commercio 
Giovanni Caracciolo 

Il Vicepresidente
Assessore alle Attività produttive
Paolo Peveraro
1 "l'esercizio delle attività di cui all'art. 1, comma 1, è subordinato alla iscrizione del titolare dell'impresa individuale o del legale rappresentante della società, ovvero di un suo delegato, nel registro degli esercenti il commercio di cui all'articolo 1 della legge 11 giugno 1971 n. 426". 
2 [Sono iscritti in uno speciale elenco annesso al registro con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 6 e 7 coloro: 
1) che siano preposti dal titolare dell'impresa, esercente una delle attività indicate nell'articolo 1, alla gestione di ciascun punto di vendita o di esercizio pubblico, o che, in qualità di institori, siano preposti all'esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare ai sensi dell'articolo 2203 del codice civile; 

3" Le vendite promozionali sono effettuate dall'esercente dettagliante per tutti o una parte dei prodotti merceologici e per periodi di tempo limitati."