Pedagogia interculturale
a.a. 1997/'98
  Prof.ssa R. Frasca


Studi e ricerche
per la preparazione agli esami universitari
 

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Il ragazzo selvaggio. Alcune riflessioni e considerazioni



Il ragazzo selvaggio
L'Enfant sauvage di F. Truffaut
Francia, 1970

"Estate 1793: all'Istituto nazionale sordomuti di Parigi arriva un ragazzo selvaggio ritrovato allo stato primitivo nella foresta dell'Aveyron. Contro il parere dei colleghi, il dottor J. Itard lo porta a casa sua e con l'aiuto della governante cerca di educarlo al linguaggio. Ispirato ad un fatto vero, raccontato nel rapporto che il dottor Jean Itard stilò per la Societè des observateurs alla fine del Settecento, Il ragazzo selvaggio è un film-saggio di grande ed intensa poeticità, sceneggiato e strutturato attorno alla particolare relazione tra medico e paziente".
Il Mereghetti. Dizionario dei Film 2000, Baldini &Castoldi, Milano 1999.
 

Chiave di lettura del film è la bipolarità identità-alterità, la scoperta del sè e dell'altro da sè.
Secondo i dati della psicologia moderna, l'Io si genera nel rapporto con gli altri, attraverso la funzione di specchio che coloro che sono per noi affettivamente significativi svolgono fin dalla nascita. Nel corso dell'esistenza, poi, siamo sempre rispecchiati nel giudizio degli altri attraverso il quale noi impariamo come siamo e chi siamo, in uno scambio che è affettivo e cognitivo al tempo stesso.
In particolare, è proprio l'appartenenza al gruppo famiglia e alla comunità che risulta indispensabile alla formazione dell'identità (sia personale sia culturale) che è costruita e difesa dai singoli soggetti e dai diversi gruppi componenti una comunità.
Nel film Il ragazzo selvaggio, il dialettico rapporto tra identità-alterità è costantemente presente, soprattutto perchè da esso emerge chiaramente l'ostinazione alla difesa della propria cultura, la paura del diverso e il rifiuto della diversità. Infatti, è questo che provano gli abitanti dell'Aveyron nell'estate del 1793, quando, nella foresta , alcuni cacciatori incontrano e prendono un bambino dell'apparente età di 11-12 anni, completamente nudo, solo ed incapace di parlare, vissuto nella più completa e selvaggia solitudine.
Il "selvaggio dell'Aveyron" era strato abbandonato dai suoi genitori in tenera età e qualche straordinaria vicenda gli aveva consentito di sopravvivere. la sua vita si era sviluppata tutta fuori della comunità umana; la sua era stata una vita naturale.
La vicenda del "selvaggio dell'Aveyron" desta grandi interrogativi e curiosità nella cultura del secolo dei Lumi, particolarmente interessata allo studio dell'uomo e della società.
Non è difficile immaginare l'interesse che questo ragazzo suscita nei vari ambienti della Capitale francese.
A Parigi, affidato alle cure dell'Istituto per sordomuti, il "selvaggio" viene esibito come fosse un mostro da fiera: innumerevoli persone lo assediano nella sua stanza ed osservano con stupore il comportamento e l'aspetto esteriore del ragazzo, facendo attenzione soprattutto alle cicatrici che "la brutta bestiaccia" porta sul collo. I visitatori sono colpiti dalla disgustosa sporcizia del "selvaggio", dalla sua diffidenza e dall' incapacità di camminare e di compiere movimenti armoniosi. Ciò che colpisce l'ambiente parigino è che il ragazzo dell'Aveyron è diverso dai suoi coetanei e non si sente a proprio agio nel suo nuovo stato.
Questa diversità, afferma il medico J. Itard, non è frutto di malformazioni, ma è conseguenza delle abitudini antisociali nelle quali egli era vissuto.
I sensi del "selvaggio", infatti, rispecchiano ampliamente quelli degli animali: egli annusa tutto quello che gli viene presentato, è poco sensibile alle sensazioni di caldo e di freddo, morde e mangia in modo bestiale ed è incapace di assumere una posizione eretta.
J. Itard trasmette a Victor (nome dato al ragazzo per la sua particolare reattività dinanzi al suono "o") nozioni ed esperienze, ma, soprattutto, cerca di eliminare i bisogni e le abitudini che caratterizzavano la sua vita precedente per instaurarne di nuove.
Almeno in certi momenti, il medico J. Itard non sviluppa la natura del ragazzo, ma la violenta per reintegrarlo nella vita associata, per risvegliare i suoi organi sensoriali e per fargli comprendere ed articolare la parola.
Nonostante l'impegno del medico, Victor non segue con interesse l'insegnamento del suo "maestro". Tuttavia, il breve ed intenso periodo trascorso in casa Itard risulta essere di estrema importanza per i cambiamenti che trasformano Victor; il ragazzo impara progressivamente ad usare tutti i sensi, a dare prove di attenzione e di memoria e ad avvalersi dell'uso della lingua parlata e scritta per indicare oggetti e per esprimere desideri.
Dopo questi, Itard propone a Victor di raggiungere anche altri obiettivi; egli intende educare le capacità di Victor a rapportarsi con gli altri esseri umani, ad avviarsi verso uno sviluppo rapido ed equilibrato della sua personalità e, quindi, a passare dalla condizione di "selvaggio" a quella di civile.
Sorge un interrogativo: ma cosa pensa Victor di tutto ciò? Qual è l'esito dell'identità che egli sta sviluppando?
Sicuramente Victor non si sente accettato per quello che è e non ha un rapporto positivo con se stesso e con gli altri; probabilmente la sua personalità è dipendente in modo esasperato dagli altri e dall'ambiente circostante.