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SUSCETTIBILITA’ GENETICA AL CARCINOMA MAMMARIO

Dr. Gian Paolo Andreoletti, specialista in Oncologia, giornalista scientifico, Bergamo

 

 

 

E’ un fatto ben noto, confermato dall’esperienza pratica di ogni medico, che il carcinoma della mammella rappresenta una patologia caratterizzata da una predisposizione ereditaria. Il rischio di sviluppare una neoplasia mammaria, nei familiari di primo grado delle donne affette, è circa doppio rispetto a quello presente nei soggetti senza familiari colpiti dal tumore.

Solo il riscontro di alcune relativamente rare mutazioni genetiche, tuttavia, definisce il viraggio da una condizione di generica predisposizione familiare ad una di franca ereditarietà. Si parla in questi casi di famiglie ad alto rischio genetico: in tali nuclei familiari la probabilità che una donna presenti un carcinoma mammario nel corso della vita può raggiungere l’80%, come conseguenza della trasmissione ereditaria di un carattere mendeliano autosomico dominante.

 

 

I GENI IMPLICATI NELL’EREDITARIETA’ PER CARCINOMA MAMMARIO

Si calcola che il 5-7% dei carcinomi mammari siano ereditari. Negli anni novanta sono stati identificati dai ricercatori due geni (chiamati BRCA-1 e BRCA-2), le cui mutazioni sono responsabili del 75% delle neoplasie mammarie ereditarie (i rimanenti casi di carcinoma mammario ereditario sono dovuti ad altri geni non ancora identificati).

Le mutazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2 predispongono all’insorgenza non solo di tumori della mammella, ma anche dell’ovaio.

I geni BRCA-1 e BRCA-2 codificano per due proteine che partecipano alla risposta riparativa cellulare ad un danno del DNA nucleare; l’inattivazione di questi geni predispone quindi all’insorgenza di neoplasie mammarie, maschili e femminili, ed ovariche (oltre che, seppur in misura molto minore, del pancreas, del colon e di altri organi, compresa la prostata).

La mutazione di un allele dei geni BRCA-1 o BRCA-2 viene ereditata, come detto, con trasmissione autosomica dominante. Le donne portatrici di una mutazione dei geni BRCA-1 e BRCA-2 presentano il 50% di possibilità di trasmettere la mutazione stessa alla prole.

Le donne portatrici di una mutazione dei geni BRCA-1 o BRCA-2 sviluppano nel corso dell’esistenza un carcinoma mammario nel 50-80% dei casi ed una neoplasia ovarica nel 20-40% dei casi (se portatrici di una mutazione di BRCA-1) o nel 10-20% dei casi (se portatrici di una mutazione di BRCA-2).

I carcinomi familiari, legati a mutazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2, tendono a manifestarsi ad una età più giovanile rispetto ai casi sporadici, anche se l’aumentato rischio connesso alla presenza di queste mutazioni persiste per tutta la vita. Sono frequenti le neoplasie mammarie bilaterali, sincrone o metacrone; le stesse pazienti, inoltre, presentano spesso contemporaneamente sia tumori mammari che tumori ovarici

 

QUANDO PORRE IL SOSPETTO DI EREDITARIETA’

L’American Society of Clinical Oncology ha individuato alcuni criteri necessari per porre il sospetto di ereditarietà del carcinoma mammario all’interno di una famiglia:

 

 

 

QUANTIFICAZIONE DEL RISCHIO DI PRESENZA DI MUTAZIONE GENETICA

Sono stati realizzati, dagli epidemiologi e dai genetisti, dei modelli statistici computerizzati, che consentono di calcolare la probabilità che un soggetto sia portatore di una mutazione a carico dei geni BRCA-1 e BRCA-2. Questi modelli quantificano la probabilità della presenza di una mutazione genetica analizzando, all’interno della famiglia della paziente in esame, la presenza di casi di neoplasie mammarie e/o ovariche, l’età alla diagnosi delle neoplasie, l’età dei parenti non affetti.

In sede di consulenza genetica, la raccolta, attraverso una scheda autocompilata, delle informazioni anamnestiche familiari, consente il calcolo della probabilità di presenza di mutazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2.

Il test genetico viene eseguito solo in presenza di una probabilità di mutazione uguale o superiore al 10%.

E’ bene sottolineare in questa sede che la consulenza genetica può essere attivata non solo per i familiari di pazienti affette da carcinoma mammario od ovarico, ma anche per le pazienti stesse, in considerazione del fatto che la presenza di una mutazione dei geni BRCA-1 e BRCA-2 determina un elevato rischio di seconda neoplasia e può quindi richiedere la messa in atto di adeguate misure preventive.

 

 

IL TEST GENETICO

Il test genetico per la ricerca delle mutazioni di BRCA-1 e BRCA-2 viene eseguito sul DNA dei linfociti prelevati dal sangue periferico.

Il risultato viene ottenuto nell’arco di quattro-sei settimane.

Il costo del test si aggira intorno ai 2500 dollari per il primo componente della famiglia, intorno ai 300 dollari per gli altri componenti, una volta evidenziata la mutazione.

 

 

GESTIONE DELLA PAZIENTE DOPO L’ESECUZIONE DEL TEST GENETICO

La negatività del test genetico per le mutazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2 non esclude completamente la possibilità che la paziente affetta da una neoplasia mammaria presenti una forma ereditaria, in considerazione del fatto che esiste un 25% di casi di carcinomi mammari familiari legati a geni non ancora identificati. Di fronte ad un test genetico negativo, in ogni caso, si può evitare di sottoporre all’esame stesso i familiari.

La positività del test genetico impone invece la necessità di sottoporre all’indagine anche i familiari, al fine di poter poi instaurare adeguate misure preventive.

A tal proposito, va sottolineato che non esiste ancora uniformità di opinioni e convincimenti riguardo alle opzioni profilattiche da utilizzare nelle pazienti portatrici di mutazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2. La scelta di tali opzioni, che verranno di seguito brevemente analizzate, non è al momento ancora indirizzata da linee guida definite, ma affidata a modalità di comportamento individuali.

 

 

 

 

 

 

 

CONCLUSIONI

La gestione delle pazienti con alta probabilità di sviluppare, nel corso della loro esistenza, un carcinoma mammario (e/o ovarico), in quanto portatrici di mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, presenta degli aspetti ancora controversi. La scelta di un atteggiamento di attesa vigile, con follow-up intensivo, piuttosto che il ricorso ad una chemioterapia profilattica con tamoxifene e/o ad una chirurgia preventiva (mastectomia e/o ovariectomia), dipendono ancora, per il momento, da scelte individuali, legate alle convinzioni del medico, all’orientamento della paziente e alla storia familiare della stessa.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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