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COMPLICANZE
POST-CHIRURGICHE NELLE PAZIENTI OPERATE PER CARCINOMA MAMMARIO
Dr. Gian Paolo
Andreoletti, specialista in Oncologia, Giornalista scientifico,
Bergamo
Il carcinoma mammario è oggi nella gran parte dei casi
diagnosticato, grazie alla maggiore informazione ed educazione
sanitaria delle donne, ai programmi di screening via via più
diffusi su tutto il territorio nazionale e alla sempre più
crescente consapevolezza dei medici, in uno stadio in cui la
malattia presenta clinicamente una diffusione loco-regionale,
senza apparenti localizzazioni metastatiche a distanza, che
controindicherebbero un intervento chirurgico e consentirebbero
unicamente lattuazione di un trattamento sistemico chemio e/o
ormonoterapico. Abitualmente quindi, alla diagnosi di carcinoma
della mammella, segue un intervento chirurgico, più o meno
esteso o mutilante a seconda delle dimensioni, delle
caratteristiche e del grado di infiltrazione della neoplasia.
E esperienza comune di ciascun medico di medicina
generale il dover confrontarsi nella quotidiana attività clinica
con i piccoli o grossi problemi fisici (oltre che naturalmente
psicologici) connessi inevitabilmente con un intervento
chirurgico per cancro mammario.
Tipi di
intervento chirurgico nel carcinoma mammario
- Resezione mammaria limitata (tumorectomia
o nodulectomia): asportazione di una piccola
porzione di tessuto mammario comprendente il tumore.
Viene in genere eseguita per finalità bioptiche.
- Resezione mammaria ampia:
asportazione di una porzione di tessuto mammario
comprendente il tumore, con un margine di parenchima
macroscopicamente sano non inferiore al centimetro. Non
è richiesta lescissione della cute, tranne nei
casi in cui la neoplasia sia molto superficiale. La
resezione mammaria ampia può trovare indicazione in caso
di carcinomi intraduttali (cioè in situ, non infiltranti),
o di carcinomi
lobulari in situ, di piccole dimensioni.
- Quadrantectomia:
asportazione di un ampio settore (quadrante) di ghiandola
mammaria, insieme con la cute soprastante e la fascia del
muscolo grande pettorale. Il margine di tessuto sano
circostante il nodulo non deve essere inferiore ai tre
centimetri. Lincisione a losanga della cute si
estende con asse maggiore radiale dalla base del
capezzolo o dalla regione areolare fino alla periferia
della mammella. Per lesioni retroareolari è necessario
asportare un cilindro di tessuto comprendente lareola.
La quadrantectomia è indicata per tumori di diametro
inferiore o uguale a tre centimetri.
- Mastectomia sottocutanea:
asportazione della sola ghiandola mammaria, rispettando
la cute soprastante ed il complesso areola-capezzolo. Può
trovare indicazione in caso di carcinomi duttali in situ
(cioè non infiltranti) multifocali.
- Mastectomia totale o semplice:
asportazione di tutta la ghiandola mammaria con la
porzione di cute sovrastante, comprendente areola e
capezzolo. Lincisione cutanea, a losanga, può
avere lasse maggiore orientato nella direzione
ritenuta più conveniente per la corretta exeresi del
tumore; sono tuttavia da privilegiare, per i migliori
risultati estetici, le incisioni orizzontali o oblique. E
indicata per carcinomi duttali non invasivi plurifocali o
per carcinomi invasivi di dimensioni superiori ai tre
centimetri.
- Mastectomia radicale
(secondo Halsted): mastectomia totale con
asportazione di entrambi i muscoli pettorali. Può
trovare indicazione nei tumori T4 (neoplasie di qualsiasi
dimensione con estensione diretta alla parete toracica e/
o alla cute), compreso il carcinoma
infiammatorio.
- Dissezione ascellare totale.
E associata in genere agli interventi di
quadrantectomia o mastectomia. Consiste nellasportazione
di tutti i linfonodi ascellari di I° (situati
lateralmente al margine laterale del muscolo piccolo
pettorale: sono una quindicina), II° (situati dietro al
muscolo piccolo pettorale: sono tre o quattro) e III°
livello (situati medialmente al muscolo piccolo pettorale:
sono due o tre). Negli interventi conservativi la
dissezione linfonodale viene praticata in continuità con
lexeresi mammaria solo quando il tumore è situato
al quadrante supero-esterno della mammella; in caso
contrario si ricorre ad una incisione separata. Quando
sia necessario ricorrere ad una incisione separata,
questa può seguire il margine esterno del muscolo grande
pettorale, oppure attraversare la cute dellascella
lungo le linee cutanee: questultima incisione
sembra preferibile, in quanto migliore è il risultato a
distanza sul piano funzionale ed estetico, residuando una
cicatrice pressochè invisibile.
Complicanze
acute post- chirurgiche
- Dolore locale post-chirurgico:
linevitabile comparsa di dolore in sede di
intervento nellimmediato decorso post-operatorio può
essere sufficientemente dominata dallutilizzo dei
comuni antalgici o antiflogistici.
- Disestesie allascella e
allarto superiore omolaterali: quasi
tutte le donne lamentano dopo lintervento la
sensazione "di avere un cuscinetto, un libro sotto lascella".
Questo fastidio scompare per lo più gradualmente in
alcuni giorni o settimane. Al fine di evitare posture
scorrette indotte da tali disestesie, si consiglia di
invitare la paziente ad una precoce mobilizzazione (dapprima
passiva, dopo pochi giorni attiva) dellarto
corrispondente alla dissezione ascellare: ciò consente
una rapida ripresa funzionale e permette una rapida
riattivazione del circolo linfo-venoso.
- Linfangite allarto
superiore omolaterale: un arrossamento allarto
superiore, uniforme o a chiazze, accompagnato da un
aumento della temperatura locale al termotatto e da
iperpiressia,è indicativo della presenza di una
linfangite. La terapia prevede lutilizzo di
antibiotici (amoxicillina) e Fans.
- Ematoma: allintervento
chirurgico può seguire la comparsa di un ematoma cutaneo
in corrispondenza e intorno alla ferita chirurgica; tale
ematoma si riassorbe spontaneamente in tempi rapidi e non
deve allarmare la paziente.
- Sieroma: al
termine di un intervento chirurgico di quadrantectomia o
di mastectomia con linfoadenectomia viene in genere
posizionato un drenaggio in sede ascellare, al fine di
raccogliere le secrezioni (inizialmente ematiche o
sieroematiche, successivamente sierose), che tendono a
raccogliersi in tale sede. Dopo la rimozione del
drenaggio (che viene lasciato per non più di 2-5 giorni,
per evitare infezioni), può rendersi necessario
procedere nei giorni successivi alla evacuazione,
attraverso agoaspirazione, del siero che si può
accumulare nella cavità ascellare (sieroma).
- Dermatosi purpurica della
regione mammaria: la dermatosi purpurica post-operatoria
è una rara (incidenza inferiore all1% dei casi) e
poco nota complicanza degli interventi sulla mammella che
comportino una linfoadenectomia ascellare completa. Essa
è caratterizzata clinicamente dalla comparsa di una
grossa macchia purpurica, di colore rosso scuro, non
pruriginosa, non rilevata, non ipertermica, sulla parete
toracica anteriore e in sede ascellare omolaterale. La
dermatosi purpurica post-chirurgica si manifesta in modo
piuttosto brusco (nellarco di pochi giorni) da uno
a tre mesi dopo lintervento chirurgico e, dopo una
fase di stabilizzazione, si risolve in maniera
completa e spontanea in 2-5 settimane; essa
regredisce secondo le modalità degli stravasi emorragici,
con chiazze che mutano di colore nel tempo fino alla
scomparsa definitiva. Nei casi biopsiati (ma la biopsia
non è necessaria!) si evidenzia una flogosi linfocitaria
prevalentemente perivascolare con zone di scleroialinosi
e modesta ectasia dei vasi linfatici del derma. Leziopatogenesi
della dermatosi purpurica mammaria non è ancora ben
chiarita: essa sembrerebbe comunque legata ad una
condizione di linfostasi e di ipertensione venulare
conseguenti alla linfoadenectomia, con formazione di
stravasi microemorragici che conferiscono alla affezione
cutanea laspetto purpurico. In genere questa
complicanza post-chirurgica allarma notevolmente la
paziente ed i familiari, per il timore di una
progressione locale della malattia neoplastica; sarà
compito del medico tranquillizzare sulla totale
benignità della dermatosi purpurica. La diagnosi
differenziale va posta non solo con le recidive
neoplastiche locali, ma anche con lerisipela (febbre,
calore al termotatto, bordi rilevati) e con lherpes
zoster (vescicole, dolore urente, distribuzione
radicolare).
Complicanze
croniche post-chirurgiche
- Sindrome della "mammella
fantasma": analogamente ai soggetti
affetti dalla sindrome dell"arto fantasma"
dopo amputazione di un arto, le pazienti mastectomizzate
talora riferiscono, fin dai primi giorni dopo lintervento,
dolore alla mammella (che in realtà non cè più),
accompagnato da formicolii, bruciori, tensione mammaria
simil-premestruale. Questa sindrome è particolarmente
frequente, per motivi non completamente chiariti, nelle
donne giovani. I provvedimenti terapeutici devono
contemplare terapie farmacologiche (Fans, antidepressivi),
fisiche (TENS, magnetoterapia, massaggi) e psicologiche.
- Deficit motorio della spalla e
dellarto superiore omolaterali: allintervento
chirurgico per carcinoma mammario possono residuare (spesso
associati ad ipoestesia, a causa dellinteressamento
delle fibre sensitive) deficit motori della spalla e dellarto
superiore omolaterali, per lesioni dei nervi toracici
anteriori, del nervo toracico lungo o del nervo
toracodorsale. Di frequente riscontro sono deficit di
abduzione e di flessione dellarto e di flessione
dellavambraccio sul braccio; tipicamente nei casi
di scapola alata risulta limitato il movimento di
elevazione dellarto sopra la testa. Deficit motori
della spalla (con talora quadri di "frozen shoulder")
possono talora conseguire a borsiti sottoacromiali o a
periiartriti scapolo-omerali dovute alliperabduzione
e alla extrarotazione dellarto durante lintervento
chirurgico. Un precoce intervento riabilitativo, come
successivamente sottolineato, riveste un ruolo
fondamentale per una buona ripresa funzionale.
- Scapola alata: la
scapola alata, riscontrabile inizialmente in circa il 20%
delle donne operate (anche con tecnica conservativa) e
conseguente ad una lesione del nervo toracico lungo con
deficit secondario del muscolo dentato anteriore (che si
inserisce anteriormente sulle coste e posteriormente sul
margine mediale della scapola: ha la funzione di tirare
la scapola lateralmente ed in avanti ), consiste in una
extrarotazione della scapola, con avvicinamento dellangolo
inferiore scapolare alla colonna; tale rotazione, dovuta
allazione incontrastata del muscolo romboide (che
si inserisce medialmente sui processi spinosi delle prime
quattro vertebre toraciche e lateralmente sul margine
mediale della scapola, al di sotto della spina scapulae:
ha la funzione di trarre la scapola verso la colonna
vertebrale e in alto) diviene particolarmente pronunciata
quando larto superiore viene proteso in avanti.. La
scapola alata può essere infatti solo lievemente
percepita nelle pazienti in posizione ortostatica con
arto abbassato e addotto, mentre si evidenzia
gradualmente durante la flessione dellarto fino a
90°. Il deficit risulta ancora più evidente durante i
movimenti contro resistenza (pressione in avanti con la
mano, contro una superficie piana).. La donna con
sofferenza del nervo toracico lungo, e quindi con scapola
alata, in ortostatismo riesce con difficoltà ad elevare
larto sopra la testa, soprattutto a gomito esteso;
in posizione supina invece la scapola può fissarsi sul
torace grazie al peso del corpo e ciò consente di
eseguire con facilità tutti i movimenti.. Un corretto
trattamento riabilitativo, con attivazione dei muscoli
funzionalmente invalidi, è in grado per lo più di
risolvere nellarco di sei mesi il deficit
neuromuscolare, a meno di lesioni complete e
irreversibili del tronco nervoso.
- Linfedema: il
linfedema, legato alla sconnessione e interruzione delle
vie linfatiche per lasportazione dei linfonodi,
rappresenta ancora oggi, pur con lavvento della
chirurgia conservativa, una delle complicanze più
frequenti e più temute dello svuotamento ascellare.
Proprio al fine soprattutto di ridurre limpatto di
tale complicanza nelle donne sottoposte ad intervento per
carcinoma della mammella, si è sviluppata recentemente
una tecnica chirurgica (detta del "linfonodo
sentinella"), che si propone di evitare, nelle donne
a basso rischio di metastasi linfonodali (tumori con
diametro inferiore ad un centimetro), la dissezione
linfonodale ascellare completa. Attualmente lincidenza
del linfedema nelle pazienti sottoposte ai diversi tipi
di chirurgia radicale e conservativa e che seguono
correttamente le terapie motorie riabilitative è del 10%
circa; lentità media del linfedema è ridotta
mediamente rispetto al passato di circa il 50%. Un
linfedema non correttamente trattato può andare incontro
da un processo di cronicizzazione. Allesame
clinico la consistenza delledema fornisce
informazioni riguardo al grado di fibrotizzazione del
tessuto interstiziale e quindi al grado di
cronicizzazione. Una consistenza morbida con impronta
dopo pressione del dito (fovea) indica la presenza di
liquido ancora drenabile nel tessuto interstiziale; una
consistenza dura senza impronta dopo digitopressione
indica invece con ogni probabilità lavvenuta
fibrotizzazione del tessuto interstiziale, con
cronicizzazione delledema. Il confronto nel tempo
delle dimensioni dellarto (con misurazioni delle
sue circonferenze eseguite periodicamente in punti di
repere precisi : polso, gomito, ascella e a metà tra
polso e gomito e tra gomito e ascella) consente di avere
informazioni sullaumento, sulla riduzione o sulla
stazionarietà delledema. Le terapie fisiche e
motorie successive all'intervento, se correttamente
impostate ed eseguite, sono in grado di ridurre l'entità
del linfedema. Utile, nei linfedemi clinicamente
rilevanti, è il ricorso al linfodrenaggio
manuale (tecnica
di massaggio molto dolce , che comprende manovre di
svuotamento delle stazioni linfonodali a valle dellascella
e di drenaggio della linfa stagnante dai tessuti
intertstiziali dellarto verso eventuali circoli
collaterali) o al linfodrenaggio meccanico
(con applicazione sugli arti edematosi di manicotti che
vengono gonfiati a pressioni variabili e che alternano
periodi di insufflazione a periodi di svuotamento).
Talora può risultare utile anche ricorrere a bendaggi o
supporti elastici contenitivi (in genere preconfezionati
e acquistabili in negozi di articoli sanitari), da
indossare durante lattività fisica e durante il
riposo. Di scarsa utilità nel trattamento del linfedema,
si sono rivelate le terapie farmacologiche (vasodilatatori
e vasoattivi, proteolitici, antiaggreganti piastrinici,
diuretici). In caso di linfangiti vanno prescritti
antibiotici a largo spettro (amoxicillina). Qualora si
verifichino linfangiti ricorrenti può essere utile
prescrivere una terapia antibiotica preventiva con
somministrazioni periodiche (una fiala intramuscolo ogni
tre settimane) di penicillina ritardo. Si raccomanda di
non eseguire mai iniezioni o prelievi ematici nel braccio
con linfedema, né di eseguire in tale sede misurazioni
della pressione arteriosa.
Programma
di riabilitazione post- chirurgica
Una corretta terapia motoria impostata dopo lintervento
chirurgico è in grado, come detto, di ridurre lincidenza e
lentità delledema, di ridurre i blocchi articolari
scapolo-omerali, di ridurre le flogosi locali, di stimolare il
sistema circolatorio e linfatico a raggiungere un nuovo
equilibrio.
Illustreremo in questo paragrafo una serie di quattordici
esercizi (figura a e figura b), utili per consentire alla
donna un adeguato recupero funzionale. Tutti gli esercizi
andrebbero ripetuti più volte al giorno per pochi minuti, con
lentezza, concentrazione, armonia e ricerca della simmetria,
seguendo il ritmo del respiro. I primi tre esercizi possono
essere eseguiti già dal primo giorno dopo lintervento;
gradualmente si può poi passare agli esercizi successivi,
ripetendoli sistematicamente fino al recupero totale della
funzionalità. Occorre sottolineare che il trattamento va
continuato con insistenza anche per tutto il periodo di una
eventuale terapia radiante.
- Esercizio 1 : paziente distesa a letto. Braccia
rilassate lungo i fianchi. Incrociare le dita. Sollevare
ed abbassare lentamente le braccia a gomiti estesi.
- Esercizio 2 : paziente distesa a letto. Braccia
rilassate lungo i fianchi. Sollevare ed abbassare
lentamente le braccia cercando di mantenerle parallele, a
gomiti estesi, aprendo (A) e chiudendo (B)
alternativamente le mani.
- Esercizio 3 : paziente distesa a letto. Braccia
rilassate lungo i fianchi. Portare lentamente le mani
alle spalle e quindi ritornare alla posizione di partenza.
- Esercizio 4: paziente seduta, con piedi ben
appoggiati al pavimento, gambe divaricate, braccia
rilassate lungo i fianchi. Alzare le spalle verso le
orecchie e lasciarle tornare alla posizione di partenza (A).
Ruotare le spalle dallavanti allindietro e
viceversa (B). Spingere indietro le spalle, tentando di
avvicinare le scapole, quindi ritornare alla posizione di
partenza (C).
- Esercizio 5 : paziente seduta, nella stessa
posizione dellesercizio 4. Contrarre tutta la
muscolatura del braccio chiudendo con energia a pugno le
mani (A). Rilassare la muscolatura aprendo le mani (B).
- Esercizio 6 : paziente seduta, nella stessa
posizione dellesercizio 4. Appoggiare le mani ai
fianchi con i pollici rivolti allinterno. Spingere
i gomiti avanti e indietro senza spostare le mani.
- Esercizio 7 : paziente seduta, nella stessa
posizione dellesercizio 4. Mani ai fianchi con i
pollici rivolti allindietro. Fare scivolare le mani
attorno alla vita avanti e indietro.
- Esercizio 8: paziente in piedi, di fronte ad una
parete, con il corpo a pochi centimetri da essa.
Appoggiare le mani alla parete allaltezza delle
spalle, con i gomiti piegati. Far camminare le dita verso
lalto estendendo le braccia (A). Tornare lentamente
allaltezza delle spalle.
- Esercizio 9: paziente in piedi, con le braccia
rilassate lungo i fianchi. Intrecciare le dita sul
davanti. Alzare lentamente le braccia a gomiti estesi al
di sopra della testa (A). In questa posizione ruotare le
palme delle mani e spingere il più possibile verso lalto.
- Esercizio 10 : paziente in piedi, con le braccia
rilassate lungo i fianchi. Alzare lentamente le braccia,
tenute parallele e a gomiti estesi, al disopra della
testa (A). Allungarsi verso lalto con le braccia e
tutta la colonna, tenendo ben appoggiati i piedi per
terra (B).
- Esercizio 11: paziente in piedi e seduta, con le
braccia rilassate lungo i fianchi. Intrecciare le dita
dietro la schiena. A braccia tese spingere le mani il più
lontano possibile dalla schiena e ritornare.
- Esercizio 12 : paziente in piedi o seduta, con le
braccia in fuori ed i gomiti estesi. Portare le mani alle
spalle piegando i gomiti. Far ruotare contemporaneamente
i gomiti con ampi movimenti prima avanti e poi indietro.
- Esercizio 13: paziente in piedi, con le braccia in
fuori, i gomiti estesi, il palmo delle mani rivolto verso
lalto. Avvicinare il palmo delle mani sopra il capo.
Ripetere lesercizio con il palmo delle mani rivolto
verso il basso, avvicinando questa volta il dorso delle
mani sopra il capo.
- Esercizio 14: paziente in piedi, con le braccia
rilassate lungo i fianchi. A gomiti estesi battere le
mani alternativamente davanti e dietro la schiena.
Conclusioni
La paziente sottoposta ad intervento, anche conservativo, per
carcinoma della mammella, va incontro spesso a piccole o grandi
complicanze post-chirurgiche, legate soprattutto (anche se non
solo) alla dissezione ascellare. Solo un precoce, attento e
appropriato trattamento riabilitativo è in grado di assicurare
alla donna operata una ripresa funzionale soddisfacente,
limitando fortemente i danni permanenti, che un intervento
chirurgico in sedi critiche quasi inevitabilmente comporta.
BIBLIOGRAFIA
- Forza Operativa Nazionale sul Carcinoma Mammario: I
tumori della mammella. Protocollo di Diagnosi,
Trattamento, Riabilitazione. Marzo 1997.
- A.M. Pluchinotta et al.: Dermatosi purpurica della
regione mammaria. Una complicanza minore degli interventi
per carcinoma mammario. Argomenti di Oncologia1993, vol.14.
numero 3, pag. 299-301.
- U. Veronesi: Manuale di Senologia Oncologica. Masson
1995.
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