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IL LINFONODO SENTINELLA NEL CARCINOMA MAMMARIO

Dr. Gian Paolo Andreoletti, specialista in Oncologia, giornalista scientifico, Bergamo

 

 

 

Nella stadiazione e terapia chirurgica del carcinoma mammario, la tecnica del linfonodo sentinella sta acquisendo via via un ruolo sempre più importante, nell’ottica sia di una prevenzione delle complicanze post-chirurgiche (linfedema in particolare), che di una riduzione della durata degli interventi e delle degenze ospedaliere.

Si tratta di una tecnica messa a punto nel 1996 dagli studiosi del National Cancer Institute di Bethesda, rapidamente diffusasi a livello internazionale e ormai da considerare un cardine della terapia chirurgica conservativa senologica.

 

 

La linfoadenectomia ascellare

 

Fino al momento dell’introduzione della tecnica del linfonodo sentinella, gli interventi di quadrantectomia o mastectomia per carcinoma mammario erano di regola associati alla linfoadenectomia ascellare.

La linfoadenectomia ascellare consiste nell’asportazione di tutti i linfonodi ascellari di I° (situati lateralmente al margine laterale del muscolo piccolo pettorale: sono una quindicina), II° (situati dietro al muscolo piccolo pettorale: sono tre o quattro) e III° livello (situati medialmente al muscolo piccolo pettorale: sono due o tre). Negli interventi conservativi la dissezione linfonodale viene praticata in continuità con l’exeresi mammaria solo quando il tumore è situato al quadrante supero-esterno della mammella; in caso contrario si ricorre ad una incisione separata.

Il linfedema dell’arto superiore omolaterale, legato alla disconnessione e interruzione delle vie linfatiche per l’asportazione dei linfonodi, rappresenta ancora oggi, pur con l’avvento della chirurgia conservativa, una delle complicanze più frequenti e più temute dello svuotamento ascellare.

Attualmente l’incidenza del linfedema nelle pazienti sottoposte ai diversi tipi di chirurgia radicale e conservativa è del 10% circa.

Un linfedema non correttamente trattato (con terapie riabilitative precoci) può andare incontro da un processo di cronicizzazione per fenomeni di fibrosi tessutale.

 

 

Basi fisiopatologiche della tecnica del linfonodo sentinella

 

Al fine di evitare gli esiti invalidanti della linfoadenectomia ascellare (edema e parestesie dell’arto superiore omolaterale, difficoltà ai movimenti del cingolo scapolare) è dunque stata recentemente introdotta nella pratica clinica la tecnica chirurgica conservativa definita del "linfonodo sentinella", ormai validata a livello internazionale da numerosi studi clinici.

Questa tecnica trova la propria giustificazione fisiopatologica nell’osservazione che la diffusione metastatica delle cellule neoplastiche, dal focolaio tumorale primitivo ai linfonodi ascellari, avviene in modo regolare e progressivo, senza cioè di solito salti di livello, dal I° al II° e quindi al III° livello ascellare.

La negatività istologica del primo linfonodo di drenaggio che riceve il flusso linfatico proveniente dall’area della mammella interessata dalla neoplasia (il "linfonodo sentinella" appunto, identificato attraverso tecniche radioisotopiche), consente di escludere quindi, con ragionevole sicurezza, l’interessamento metastatico dell’intera catena linfonodale ascellare, evitando alla paziente una inutile dissezione ascellare completa.

La positività istologica del linfonodo sentinella è invece naturalmente indice di diffusione regionale della neoplasia e determina il ricorso obbligatorio alla linfoadenectomia ascellare totale.

 

 

Tecnica di identificazione del linfonodo sentinella

 

L’utilizzo della tecnica del linfonodo sentinella richiede necessariamente una stretta collaborazione tra chirurgo e medico nucleare, per cui può essere praticata solo in centri sufficientemente specializzati ed attrezzati.

Al fine di identificare il linfonodo sentinella, alcune ore prima dell’intervento operatorio si inietta, in prossimità del nodulo palpabile, ovvero, in caso di lesione non palpabile, intorno alla opacità neoplastica (sotto guida ecografica) o in corrispondenza di un aggregato di microcalcificazioni tumorali (sotto guida stereotassica mammografica), una soluzione salina contenente particelle colloidali di albumina umana coniugata con Tecnezio 99m, di dimensioni comprese tra 20 e 80 nanometri.

Esiste anche la possibilità di utilizzare coloranti vitali (ad esempio Patent Blue-V), ma l’uso di un tracciante radioattivo fornisce garanzie superiori.

La maggior parte degli autori predilige la sede di inoculazione peritumorale, rispetto a quella intratumorale, che molti protocolli sconsigliano. Dati recenti indicano che anche una iniezione intradermica, in corrispondenza della proiezione cutanea della lesione neoplastica, può rappresentare una valida opzione, in quanto consente di sfruttare la ricca vascolarizzazione linfatica del derma.

Alcune ore dopo l’inoculo del tracciante radioattivo, l’utilizzo di una sonda per chirurgia radioguidata, passata lentamente in corrispondenza dei linfonodi del cavo ascellare, consente di individuare la zona ascellare di maggiore emissione del segnale. In tale sede si esegue una piccola incisione cutanea, attraverso cui si inserisce la sonda, rivestita da una guaina sterile. Il primo linfonodo "caldo" (che ha filtrato il liquido linfatico e ha parzialmente trattenuto il radiocolloide, e che quindi emette il maggiore segnale di radioattività), rappresenta il primo linfonodo drenante l’area neoplastica (linfonodo sentinella). Esso viene perciò asportato in modo selettivo ed esaminato istologicamente, al fine di evidenziare la eventuale presenza di focolai tumorali metastatici.

La sonda per chirurgia radioguidata, dotata di una elevata sensibilità, al fine di poter rilevare anche attività radioattive gamma molto basse, è costituita da un piccolo cilindro metallico, all’interno del quale è posizionato in genere un cristallo di ioduro di sodio. Essa è collegata ad un apparecchio che elabora il segnale captato, che viene trasformato sia in un segnale analogico, evidenziato su un display, sia in un segnale acustico. L’intensità e la frequenza del segnale acustico sono direttamente proporzionali all’attività radiante riscontrata nella zona esaminata.

 

 

Aspetti di radioprotezione

 

L’applicazione della tecnica del linfonodo sentinella non determina problemi significativi di radioprotezione, in quanto le dosi di radioattività somministrate ed assorbite sono molto modeste.

 

L’esame istologico del linfonodo sentinella

 

Al fine di ottimizzare l’efficacia di questa tecnica conservativa, il linfonodo sentinella, una volta asportato chirurgicamente, deve essere analizzato in modo molto attento da un anatomo patologo esperto in ambito senologico.

Esistono a questo proposito due modalità operative:

 

in questo caso l’esame istologico viene eseguito intraoperatoriamente su sezioni criostatiche. Ovviamente tale metodica ha il vantaggio di prevedere una unica seduta chirurgica, ma può comportare problemi logistici e limitazioni legate alla brevità del tempo a disposizione dell’anatomopatologo per l’analisi accurata delle sezioni istologiche linfoghiandolari.

 

 

 

Indicazioni alla applicazione della tecnica del linfonodo sentinella

 

La tecnica del linfonodo sentinella è indicata:

In questa categoria di pazienti l’interessamento linfoghiandolare ascellare è presente nel 30-35% dei casi, per cui il rilievo di un linfonodo sentinella negativo consente di evitare nel 65-70% delle donne una inutile linfoadenectomia ascellare completa.

 

 

 

Controindicazioni alla applicazione della tecnica del linfonodo sentinella

 

La tecnica del linfonodo sentinella è controindicata:

In questi casi il rischio di metastasi ascellari è elevato (60-65%), per cui il non ricorso alla linfoadenectomia ascellare completa può rivelarsi più spesso non corretto

 

 

Affidabilità della tecnica del linfonodo sentinella

 

Numerosi studi clinici randomizzati, che hanno confrontato pazienti trattate con linfoadenectomia ascellare completa e pazienti operate con la tecnica del linfonodo sentinella, hanno evidenziato la quasi sovrapponibilità delle due metodiche in termini di predittività dell’interessamento metastatico ascellare.

La negatività istologica del linfonodo sentinella ha un valore predittivo negativo superiore al 96%. Ciò significa che la non evidenziazione di focolai metastatici tumorali a livello del linfonodo sentinella è fortemente indicativa della negatività istologica di tutti gli altri linfonodi ascellari e consente quindi di evitare la dissezione ascellare completa, con le inevitabili complicanze precoci e tardive connesse con questa procedura.

 

 

Trattamento delle pazienti con falsa negatività del linfonodo sentinella

 

Si intendono per falsi negativi i casi in cui il linfonodo sentinella risulti intraoperatoriamente negativo (esame estemporaneo al congelatore), ma successivamente positivo ad un più attento esame istopatologico. Ciò accade in meno del 3% dei casi.

In presenza di positività istologica del linfonodo sentinella, dopo esame intraoperatorio falsamente positivo, si raccomanda di completare l’intervento chirurgico, in seconda seduta, con la linfoadenectomia ascellare completa.

 

 

Complicanze della tecnica del linfonodo sentinella

 

La tecnica del linfonodo sentinella consente come detto di ridurre l’incidenza di linfedemi all’arto superiore, rispetto alla dissezione ascellare completa.

Il tasso di linfedemi dopo biopsia del linfonodo sentinella è di circa il 3%.

Va tuttavia rilevato che l’incidenza di linfedemi, dopo linfoadenectomia differita (per linfonodi sentinella falsamente negativi o per ripresa di malattia a livello ascellare), è di circa il 17%, superiore quindi a quella riscontrata dopo linfoadenectomia primaria (probabilmente perché si reinterviene su un’area già chirurgicamente manipolata).

 

 

Follow up delle pazienti trattate con tecnica del linfonodo sentinella

 

Le pazienti sottoposte ad intervento conservativo con biopsia del linfonodo sentinella devono essere sottoposte ad un follow-up standard, cioè con visita inizialmente ogni sei mesi, quindi ogni anno, e con mammografia annuale.

La visita periodica deve comprendere un accurato esame clinico delle stazioni linfoghiandolari ascellari. Qualora si rilevi l’ingrossamento di uno o più linfonodi, può essere utile l’esecuzione di una ecografia ascellare e di un eventuale agoaspirato.

In caso di ripresa di malattia a livello ascellare (3-4 % dei casi), è necessario ricorrere alla linfoadenectomia ascellare completa differita.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

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