BIBLIOTECA COMUNALE
da: "La Biblioteca Comunale di Fermo" di Maria Chiara Leonori -  Firenze 1996.


    La civica Biblioteca di Fermo nasce nel 1688, alla fine di un secolo che in Europa fu segnato dalla nascita delle più grandi biblioteche pubbliche. Essa raccolse l'eredità della secolare tradizione dell'Università Fermana, l'antico Studium istituito nell'825 da Lotario I che nel Capitolare di Olona decretava che venissero istituiti luoghi di istruzione in località la cui posizione geografica permettesse l'affluenza di studenti da un vasto circondario; così il Capitolare di Olona stabiliva, ad esempio, che a Firenze dovevano confluire gli studenti della Tuscia, a Bologna quelli dell'Emilia e a Fermo quelli dell'antico Picenum, che nel VIII sec. d.C. corrispondeva al Ducato di Spoleto e la nascente Marca Fermana.

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Palazzo degli studi. A sinistra, in fondo ai portici, il più recente ingresso della Biblioteca Comunale.

Il Palazzo degli Studi, terminato agli inizi del Seicento, è dell'architetto romano Girolamo Rainaldi, tra gli artefici, assieme al figlio Carlo, della Roma barocca: Girolamo ha progetto il Palazzo Pamphili, Carlo le chiese gemelle di Piazza del Popolo.

    Interprete dell'esigenza di istituire a Fermo una pubblica biblioteca fu il cardinale Decio Azzolino Junior (1623 - 1689), fermano di origine, personaggio di respiro internazionale, consigliere della regina Cristina di Svezia, accorto politico e grande amante delle lettere. Egli nel 1671 chiese al Consiglio generale del Comune un locale dove collocare i propri volumi per metterli a disposizione del pubblico. L'ambiente adatto fu indivduato nel piano superiore del Palazzo dei Priori, ma poi la raccolta, alla morte del cardinale, passò all'erede, asieme a quella della regina Cristina di Svezia, che aveva scelto come erede universale l'Azzolino. salamappam02.1.jpg (16752 byte)
    Della raccolta libraria del cardinale non si è più avuta notizia, ma resta un atto di non secondaria importanza: Decio Azzolino nel 1688 fece allestire a proprie spese la ex "Sala delle Comedie", cioè la sala al secondo piano del Palazzo dei Priori all'epoca utilizzata per le rappresentazioni teatrali (odierna Sala del Mappamondo, foto a lato: ingresso) per ospitare la raccolta di libri donata dal patrizio fermano Paolo Ruffo ai Domenicani, raccolta che poi i frati cedettero al Comune nel 1688.
    Così a spese del cardinale l'architetto fermano Adamo Sacripante realizzò una imponente scaffalatura a doppio ordine, con ballatoio cinto da balaustra, tutto in noce, e il soffito ligeno, in abete, a cassettoni (foto in basso); il lacunare centrale e i due terminali alle estremità della sala sono incompiuti, non intagliati come non è stata eseguita la doratura delle volute e dei fregi: l'odierna sala del Mappamondo conserva il fondo più antico della Biblioteca comunale di Fermo.
    Le rappresentazioni teatrali si spostarono nella Gran Sala del Suffitto, l'odierna Sala dei Ritratti (il Teatro dell'Aquila fu costruito solo alla fine del Settecento).
   Nei primi tempi la Biblioteca fu intitolata alla regina Cristina di Svezia.

    Rispetto al nucleo originario costituito dal lascito di Paolo Ruffo, il patrimonio della Biblioteca si è arricchito molto nei secoli successivi grazie ad altre domazioni ed acquisizioni oculate, anche in occasione delle ottocentesche soppressioni di molti ordini religiosi le cui raccolte sono state incamerate, e che hanno permesso la costituzione di un preziosissimo fondo antico che sotto questo profilo fa della Comunale di Fermo una delle bilbliteche più prestigiose e patrimonialmente pià rilevanti d'Italia.

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    Nel 1691 il Comune acquistò la raccolta del cardinale Michelangelo Ricci, studioso di scienze fisiche e matematiche, ma legato da buona amicizia con Evangelista Torricelli.

    Il fondo più prestigioso è quello intitolato a Romolo Spezioli (1642-1723). La ricchezza della sua biblioteca si lega al ruolo che egli ebbe - grazie all'amicizia col cardinale Azzolino - presso la corte della regina Cristina di Svezia della quale divenne medico personale di corte, prima di diventralo di papa Alessandro VIII. Trattasi di migliaia di volumi di storia, teologia, filosofia, lettere, grammatica, retorica, tecnica poetica, ma soprattutto di medicina, botanica, geomteria, aritmetica, astronomia, architettura, muscia, nonchè culinaria.
    La varierà degli argomenti trattati, l'abbondanza del materiale nonché la sua qualità, derivanti dalle frequentazioni romane dello Spezioli, costituiscono uno spaccato di prim'ordine sulla culutra italiana sei-setecentesca, ma il fondo oggi è conosciuto e appezzato come tra i più rilevanti a livello internazionale per la sola parte medica, e questo grazie anche all'opera dello Studio Firmano, il centro di studi della storia della medicina che - sorto per iniziativa del prof. mario Santoro, illustre pediatra - organizza dal 1955 congressi biennali, tematici, valorizzando in particolare il patrimonio locale.
    L'attività dello Studio è ampiamente documentata dalla pubblicazione regolare degli atti dei convegni, ottimi strumenti di ricerca del fondo, assieme ai cataloghi ottocenteschi manoscritti, in corso di riversamento su supporto informatico. Nel fondo sono rappresentati autori come Avicenna, Casseri, Guidi, Vallisneri, Spiegel, Veale, Bartolomeo Eustachio e Antonio Porti.

    Dopo oltre un secolo di inattività, l'Ottocento segnò la ripresa delle acquisizioni: nel 1805 il conte Michele Catalani donò tutta la sua collezione, non tipizzata tematicamente, confluita nel fondo generale.
    Il flusso di acquisizioni diventa imponente subito dopo l'Unità d'Italia, grazie soprattutto all'interessamento dell'allora sindaco di Fermo, Giuseppe Ignazio Trevisani, che riuscì a far incamerare al patrimonio della Biblioteca le raccolte librarie delle sedi fermane dei numerosi istituti e ordini religiosi soppressi dal nuovo governo unitario (Decreto Valerio), gli Agostiniani, Domenicani, Filippini, Francescani che, per prestigio e ricchezza, andarono a costituire un punto di forza del fondo.
    Sempre grazie al Trevisani (che ristrutturò anche il palazzo) si acquisirono: la libreria del defunto sottoprefetto di Fermo, Pietro Moberet de Villars, la raccolta del conte Serafino de' duchi d'Altemps, appartenente ad una delle famiglie più antiche della nobiltà fermana, quella dei fratelli Gaetano e Raffaele De Minicis, il fondo più rilevante acquisito nell'Ottocento e che conteneva non solo una ricca collezione libraria di oltre quindicimila volumi ma anche una preziosa archeologica, epigrafica, numismatica, artistica ecc.. che stava per essere dispersa dagli eredi, che l'avevano messa in vendita, e che invece adesso è conservata nell'Antiquarium comunale.
    Quelle del conte Alessandro Evangelista, del conte Lorenzo Maggiori e gli oltre duemila volumi donati dall'avvocato Giuseppe Ottaviani sono le ultime acquisizioni ottocentesche.

    Il forte incremento del patrimonio librario rese necessario il primo ampliamento degli spazi utilizzati dalla biblioteca: essa finora occupava solo l'odierna Sala del Mappamondo, all'ultimo piano del Palazzo dei Priori, mentre negli ultimi anni dell'Ottocento, grazie all'interessamento del sindaco Giusepe Ignazio Trevisani, si allargò fino ad occupare tutto il piano nobile del palazzo fino ad allora utilizzato dall'Università che, dopo l'Unità d'Italia e la privazione della sede del capoluogo di provincia, era stato necessario chiudere subito per mancanza di fondi. La sala originaria nel Palazzo dei Priori era - ed è tuttora - collegata al piano nobile del palazzo degli Studi con una loggetta pensile a tre fornici. L'ambiente più grande del'attuale primo piano del palazzo degli Studi, ottocentesco, che si affaccia su piazza del Popolo, è interamente scaffalato, e conserva parte del fondo antico.

    Nel Novecento la crescita del patrimonio della Biblioteca è proseguita senza battute d'arresto, salvo i periodi bellici, grazie a mirate politiche di acquisto e a nuove donazioni.
    La più rilevante a cavallo dei due secoli comprende le opere a stampa e i disegni di proprietà dell'architetto fermano Giovanni Battista Carducci (1806 - 1878) che costituiscono oggi la quasi totalità del ricco fondo speciale Stampe e Disegni della civica biblioteca. Tra gli oltre quattromila disegni appartenuti all'architetto si segnalano i gruppi di fogli di autori bolognesi e romani di Settecento e Ottocento, più di mille studi del Duranti e numerosi disegni di vari protagonisti di fama internazionale della stagione neoclassica (Mengs, von Maron, Cades, Giani, Pinelli, Minardi) raccolti a Roma dal Duranti. Tra le stampe da segnalare derivazioni da Michelangelo, Raffaello e Tiziano e poi la ricca raccolta archeologica dell'arch. Carducci.

    Gli oltre mille opuscoli di argomento religioso o letterario, di diritto canonico, di arte, storia e vita fermane di don Gabriele Filoni che ci aiuta a conoscere anche la vivace attività editoriale fermana di fine Ottocento e le millesessanta opere della collezione Maranesi di arte, antichità filologia e soprattutto di geografia segnano le acquisizioni della prima metà del Novecento, mentre la Biblioteca assume la fisionamia umanistica che oggi la caratterizza grazie all'ultima donazione, quella della famiglia dei conti Gigliucci (1958), ricca di opere letterarie italiane, francesi e latine pubblicate tra Cinquecento e Ottocento, raccolte soprattutto grazie alla passione di Giovan Battista Gigliucci (1815-1893), deputato, senatore e uomo di grande cultura.
    Con l'acquisizione della collezione Gigliucci si può dire cessato lo sviluppo del Fondo Antico della Biblioteca che dagli anni Sessanta lacia spazio all'incremento del fondo moderno e contemporaneo.

    Oggi il fondo antico della Biblioteca vanta un patrimonio librario di circa tremila manoscritti (tra cui centoventisette codici), di oltre trecentomila volumi a stampa (tra cui seicentottantuno incunaboli), di circa quindicimila cinquecentine, di opere del Seicento e Settecento non ancora quantificate, stampati musicali, ventitremila opuscoli in miscellanea. Inoltre sono disponibili più di novecento periodici (oltre cento correnti), quotidiani, tesi di laurea, letteratura grigia, oltre quattromila disegni, seimila incisioni, cinquantasette microfilm, mille monete e cimeli di vario genere.

    Il fondo moderno comprende tutte le importanti opere enciclopediche (tra cui la prima edizione dell'Eniclopedia Italiana Treccani), speciali e generali, dizionari, manuali e repertori di tutte le materie, in varie lingue straniere e opere locali.
    C'è anche una sezione per ragazzi, in via di ampliamento per la realizzazione di una biblioteca per utenti in età anche prescolare.
    Di recente istituzione una fornita emeroteca e infine una sala multimediale per il collegamento alla rete internet e la fruizione di numerose opere su supporti informatici (cd-rom, DVD e floppy disk).

    La difficile sfida alle nuove esigenze della cultura e della comunicazione non lascia in secondo piano quella che resta una delle principali finalità dell'Istituzione, cioè la valorizzazione della vera ricchezza della biblioteca femana, cioè il patrimonio storico, a cui si tende con l'organizzazione di mostre bibliografiche tematiche, con la produzione di cataloghi e pubblicazioni.


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    Il codice manoscritto numero 16 è uno dei pezzi più significativi delle collezioni fermane: è il documento più antico di esse. E' un insieme di trattati di retorica del 900 d.C., membranaceo e scritto in una carolina (scritura mediavale diffusa nell'Impero Carolingio) ben leggibile.

    Di massimo pregio bibliografico anche un incunabolo (libro stampato alle origini dell'arte tipografica, cioè non prima della metà del Quattrocento): l'editio princeps della lettera scritta nel 1493 da Cristoforo Colombo al regio tesoriere di Spagna Sanchez per informarlo di aver scoperto nuove terre. Di questa lettera si conoscono soltanto sei esemplari. L'incunabolo di Fermo fu trafugato nel 1986 e recuperato nel 1992 preso la casa d'aste Sothesby's di New York dove era stato battuto al prezzo di 440.00 dollari (quasi 800 milioni di lire). Della lettera esistono al mondo solo sette edizioni, nessuna delle quali in spagnolo; Cristoforo Colombo la fece tradurre anche in latino.

Foto a lato: una laurea dell'Università fermana, conservata nella Biblioteca

    Più di trecento edizioni "aldine" stampate dal veneziano Aldo Manuzio (tipografo ed editore tra i primi in Italia) e dai suoi eredi, tra cui le Terze Rime di Dante (Venetiis, in aedib. Aldi, 1502; [244] c., 8°). Trattasi della prima edizione dell'Alighieri in formato "da mano", dato che le precedenti erano in folio; è stata realizzata utilizzando un manoscritto segnalato da Aldo dal Bembo.
    Altre rarità della stamperia di Aldo conservate nella Comunale di Fermo sono l'edizione del Petrarca del 1501, in cui viene impiegato per la prima volta in un testo volgare il celebre carattere corsivo ideato dal Manuzio, e l'ultima fatica dello stampatore veneziano, il Lucrezio del 1515.

    Trentuno volumi stampati alla fine del Settecento contengono l'edizione delle Antichità Picene dell'abate Giuseppe Colucci che impiantò una stamperia a Fermo; parte della storia del Colucci è rimasta inedita e venti volumi manoscritti sono oggi conservati nella Biblioteca Comunale di Macerata. Trattasi nel complesso di un'opera monumentale che abbraccia un periodo di storia che va dall'epoca preromana a al tardo medioevo, ricca di una messe di notizie geografiche, artistiche, culturali ed economiche della regione e che recemtemente è stata ristampata a cura della Regione Marche e della Cassa di Risparmio di Fermo.

    Passando dai libri agli oggetti d'arte, il più celebre è il Mappamondo conservato nela grande sala seicentesca in cui si è originata la Biblioteca. Si tratta di un globo terrestre di grandi dimensioni (5,68 metri di criconferenza e 1,85 di diametro) montato su un castello di legno, opera di Filippo Morroni di Fermo, imperniato su un robusto asse di ferro e cinto a protezione da una fascia metallica, datato 1713. La cartografia è di Silvestro Moroncelli di Fabriano, cosmografo della regina Cristina di Svezia, che ha rappresentato nella carta tutto il mondo allora conosciuto con dovizia di particolari e impreziosito da riproduzioni mitologiche, di navi, di stemmi e altro. Il mappamondo, conservato nella casa di Ignazio Morroni, fu donato al Comune nel 1782.

    Oltre al globo, si conservano nella Biblioteca anche numerose carte nautiche, un celebre "portolano" (carta nautica e marittima) del Seicento, piante e tavole geografiche, nonché celebri edizioni geografiche.

    Allo scopo di promuovere il proprio patrimonio, il Comune ha realizzato numerose pubblicazioni, tra cui:

- L'arte di Albrecht Dürer. 1981.

- Natale 1989: Natività, Adorazione dei Pastori e dei Magi, Fuga e riposo in Egitto. 1989.

- Tiziano negli occhi degli incisori. 1990.

- Giovanni Francesco Barbieri (il Guercino) negli occhi degli incisori - 1981

- Passio Christi nell'incisione. 1992.

- L'arte medica nelle opere a stampa della Biblioteca Comunale. 1994

- Antichi globi terrestri e celesti delle Macrche (a cura di Francesco Bonasera). 1994

- La Natività delle raccolte della Biblioteca Comunale. 1994

- La Biblioteca. 1994

- Memoria e cultura: alla riscoperta del patrimonio fermano. 1996.

    È dedicato alla civica Biblioteca di Fermo anche un libro, curato da Maria Chiara Leonori (attuale direttrice della Comunale di Fermo), della collana "Le Grandi Biblioteche d'Italia",   riservato alle Biblioteche Vaticane, di Firenze, Milano e di poche altre importanti città d'Italia. Edizioni Nardini - Firenze - 1996.

 

    LUDOVICO MENIN professore di storia universale e delle scienze storico - ausiliarie presso l'Università di Padova.
    È una delle produzioni più voluminose uscite dalle tipografie moderne: tre atlanti geografici, con la descrizione attenta dei costumi e della storia del popolo.
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    La tavola "Veneziani, sec. XIV, XV", (immagine a lato) mostra il bucintoro, la masestosa imbarcazioine usata dal doge nella cerimonia della Sposalizio del mare che galleggia sullo sfondo del Palazzo Ducale.

    Lungo più di cento piedi, si divide in due piani; nell'inferiore si vedono gli scanni dei rematori, nel superiore quelli della Signoria. Un drappo di velluto color cremisi con frange dorate ricopre la parte superiore, formando una lunghissima sala che si conclude, sollevandosi leggermente, nel trono ducale, a sua volta ornato da una conchiglia sostenuta da due putti alati.
    La prua è abbellita dalla colossale statua dela Giustizia e nella punta estrema da un leone col muso proteso e la zampa alzata a dettar legge al mare. Ondeggia al vento il grande stendardo della Repoubblica, mentre a poppa uno strascico di raso cremisi lambisce l'acqua. Tutt'intorno fanno da pompa una miriade di imbarcazioni, lane e numerose gondole, abbellite per l'occasione.
    Provenienza: Fondo De Minicis.

 

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ANDREA CELLARIUS
: Harmonia Macrocosmica.
  
  Andrea Cellarius è la forma latinizzata di A. Keller, geografo, cosmografo e matematico del XVII secolo, professore all'Università di Amsterdam.

    L' Harmonia Macrocosmica costituisce l'undicesimo volume dell'Atlas Maior, opera di Giovanni Blaeu, che con i suoi 14 volumi è tra i più grandi atlanti che siano mai stati pubblicati.
   
Illustra l'evoluzione dell'astromomia a partire dall'ipotesi geocentrica di Tolomeo, fino a metterla in discussione e superarla con gli studi Copernicani.
   
L'Harmonia Macrocosmica fu stampata per la prima volta nel 1661; rilegatura in pergamena e incisioni in oro.
    La tavola 4 (immagine sopra) descrive compiutamente il sistema sostenuto da Copernico, per il quale i vari pianeti e le costellazioni, indicate utilizzando una ricca simbologia, ruotano attorno al Sole.

 

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    PIO PANFILI
(1723 - 1812), pittore, illustratore ed incisore nato a Porto San Giorgio, è cresciuto e ha operato a Bologna, ma soprattutto a Fermo dove ha realizzato la decorazione delle volte e delle finte cupole dell'interno della parte settecentesca del Duomo e le pitture allegoriche di grande effetto prospettico nel soffitto della Sala del Consiglio del Palazzo dei Priori.

    Le tre immagini a fianco e sotto riproducono tre capilettera realizzati dal Panfili e inseriti nelle pagine di testo de "Il claustro di San Michele in Bosco di Bologna de' Monaci Olivetani", dipinto dal famoso Ludovico Carracci (Bologna, 1776), opera di grande pregio bibliografico e ricca di incisioni realizzati da autori prestigiosi.
I tre capilettera realizzati dal Panfili illustrano tre vedute di Piazza del Popolo con il Palazzo dei Priori e il Palazzo degli Studi

 

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terrasanta01.1.jpg (37730 byte)    Il Theatrum Terrae Sanctae è l'opera maggiore del palestinologo olandese CHRISTIAN KRIUICK VAN ADRICHUM, nato nel 1533: contiene la geografia della Palestina, e un compendio distoria sacra.

    La carta con la descrizione di Gerusalemme (sotto) è acquerellata, si distingue per vivacità di colori, l'uso ricercato dell'oro e una straordinaria ricchezza di particolari, la mette in evidenza i luoghi più importanti della Cristianità.
    Sulla carta, in alto: cartiglio giallo col titolo e il nome dell'autore; a sinistra lo stemma dell'arcivescovo di Colonia cui l'opera è dedicata e a destra lo stemma gentilizio dell'autore.
    La città di Gerusalemme è racchiusa tra mura di color rosso tenue con tutte le porte in evidenza; al centro della carta risalta anche per il color giallo intenso il tempio, con i cherubini che sorvegliano l'arca con le tavole dell'Alleanza.
    A destra del tempio il palazzo e il trono di Salomone, a sinistra un ponte collega il tempio al palazzo di Pilato con il tribunale e il Pretorium; in tutta la carta Cristo è raffigurato nei luoghi legati agli episodi più salienti della vita, con in particolare evidenza tuto il percorso della passione che culmina sul monte del Calvario a sinistra in basso. Da notare a destra nell'angolo inferiore della carta una dedicatoria al lettore, incorniciata da un rosso vivo, datata "coloniae Agrippinae 1584".

    Il frontespizio (sopra) è acquerellato, inciso e incorniciato in una complessa struttura architettonica in azzurro, ornata nella parte superiore dalla raffigurazione della chiamata di Mosè mentre pascola le pecore, nella parte centrale da due personaggi biblici, tra cui Mosè con in mano le tavole della legge, mentre nella scena in basso due sacerdoti sorreggono l'arca dell'Alleanza.

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BIBLIOGRAFIA

"La Biblioteca Comunale di Fermo" a cura di Maria Chiara Leonori;
collana "Le Grandi Biblioteche d'Italia".
© Edizioni Nardini - Firenze - 1996.


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