Cattedrale
metropolitana
e Girfalco
La Cattedrale di Fermo, dedicata a S. Maria,
patrona della città, sorge nel punto più alto, la sommità del colle Sàbulo, sulla
spianata, sistemata a giardini, chiamata Girfalco, dal nome dell'antica
rocca (Girone).
Sulla cima del colle, essenzialmente per motivi strategici e di difesa, si
formarono i primi insediamenti umani, preistorici prima, dei villanoviani e sabini poi
(come dimostrano i numerosi reperti). Questi ultimi presero il nome di piceni
perché - secondo la leggenda - erano guidati da un picchio oppure perché - più
realisticamente - facevano largo uso di ambra (in latino picea)
ritrovata in grande quantità anche nelle tombe picene.
CENNI STORICI
Elemento immancabile di ogni insediamento umano è
il luogo di culto, ecco perché nello stesso posto in cui oggi si trova il Duomo di Fermo,
nell'era precristiana era situato un tempio pagano, divenuto una vera e propria Acropoli
durante la dominazione romana, di cui si ha testimonianza solo in alcuni ritrovamenti.
Caduto l'impero romano, all'inizio del V secolo d.C., al posto
del vecchio tempio pagano fu eretta una piccola chiesa paleocristiana (14 per 22 metri)
dedicata a Sancta Maria in Castello, ampliata e risistemata dal vescovo
Lupo (826-844 d.C.) in stile romanico, ma poi distrutta nel 1176 da
Federico Barbarossa che assediò la città perché nella lotta tra Guelfi e Ghibellini
Fermo si era schierata contro l'Imperatore.
I resti della chiesa (fondazioni) di S. Maria in Castello oggi sono visibili nei
sotterranei del Duomo.
Cinquanta anni dopo (1227), sopra le rovine di S. Maria in
Castello, fu ricostruita una nuova chiesa nello stile di transizione con elementi romanici
e gotici, con prevalenza di questi ultimi, di cui si può avere un'idea da un dipinto su
tela ora conservato nella Pincatoteca di Fermo (immagine sopra), e come si deduce da ciò
che oggi resta di quella costruzione duecentesca, cioè la facciata, l'angolo sud-ovest,
la torre e l'atrio dell'attuale cattedrale.
Con bolla del 24 maggio 1589 di papa Sisto V, la
diocesi di Fermo fu elevata in arcidiocesi, e la cattedrale divenne Metropolitana.
Tra il 1781 e il 1789 l'arcivescovo Minnucci, seguendo un usanza del
tempo, per ingrandire il tempio, fece demolire tutta la parte retrostante della chiesa
duecentesca salvando solo facciata, ingresso e campanile. Il nuovo edificio venne
progettato dall'architetto dello Stato Pontificio, Cosimo Morelli (lo stesso autore del
Teatro dell'Aquila), e costruito dall'arch. Pagliuca di Fermo ed è molto
più grande, più alto e largo, rispetto al precedente: grazie al grandioso progetto del
Morelli oggi il Duomo di Fermo è tra i più imponenti d'Italia, ma ha perduto la
raffinata bellezza che caratterizza cattedrali come quella di Orvieto, come dimostra il
fatto che solo facciata e campanile (e non il resto) sono dichiarati Monumento
Nazionale.
Dalla foto aerea (a lato) si nota chiaramente la differenza di dimensioni tra la fabbrica romanico-gotica del Duecento e quella costruita dietro nel Settecento.
|
ELEMENTI ARCHITETTONICI
FACCIATA: asimmetrica, a tre
contrafforti con bordi di colonnine tortili; rivestimento in pietra bianca d'Istria.
Nel fastigio e nello spiovente laterale destro ornamenti di archetti ciechi inrecciati.
Al centro: grande portale a sguancio con archivolti a tutto sesto su
pilastri e colonnine alterne, che inquadrano porte in bronzo del 1980,
opera dello scultore Aldo Sergiacomi di Offida.
Il portale termina in una cuspide all'interno della quale, in una
nicchia, statuina bronzea della Vergine, Patrona di Fermo, del 1758 (foto
in basso).
Sopra la cuspide: rosone, scolpito nel 1348 dal fermano Giacomo Palmieri
e restaurato nel 1976, con dodici colonnine alternate a spina ed a tortiglione, in cui si
allacciano e si dipartono archetti a tutto sesto, archi trilobi,tortiglioni e fogliami,
tessere musive di vari colori.
Sopra: immagini del rosone.
Sotto al centro: lesena del
portale;
a destra :statuina bronzea della Vergine, Patrona di Fermo, del 1758.
|
A sinistra della facciata: torre quadrangolare con cella campanaria, restaurata nel 1898 da Giuseppe Sacconi, con otto bifore poste su due livelli sovrapposti con rivestimento esterno differente con quello della facciata e tra loro.
A destra: lunga e stretta monofora.
Girando verso il fianco superstite: piccolo portale secondario a strombo, cuspidato, con,
nella lunetta, Pietà trecentesca con un Cristo mutilo, Vergine
e S. Giovanni (foto più in basso a destra).
Dietro alla facciata si eleva addossata la parte più moderna, fatta costruire alla fine
del Settecento.
Il nuovo edificio è in laterizio, con lesene, capitelli, fasce in pietra bianca d'Istria,
grande abside poligonale e ampie finestre semicircolari.
INTERNO di notevoli
dimensioni che richiama lo stile neoclassico.
Pianta basilicale a tre navate con archi a tutto sesto, volte e cupole di
particolare effetto scenografico, grossi pilastri compositi quadrangolari, lacunari, finte
cupole e calotte, campate con motivi biblici o relativi alla Vergine. Il tutto opera di Pio
Panfili di Porto San Giorgio (1787).
Altare maggiore, in marmi pregiati; coro in legno pregiato; cattedra episcopale, già trono; due cantorie: in quella di sinistra organo del 1406, ricostruito nel 1792, ammodernato ed elettrificato nel 1914.
Nella grande Abside poligonale (foto a lato tratta da "Chiese aperte 2001"), tra le due monofore: Vergine che tende verso l'alto in atteggiamento d'estatsi, verso una pioggia di raggi d'oro che le viene incontro dal cielo, su nubi argentee sollevate da angeli. Grandiosa opera d'oro e argento, con accenni di barocco, del romano Gioacchino Varlè (1734-1806).
Altare con pala della Vergine e Santi. Nella nicchia busto in argento di San Savino, compatrono di Fermo. Sul pilastro antistante, lapide e medaglione in onore dell'arcivescovo Norberto Perini che ha retto l'arcidiocesi di Fermo per ben 38 anni dal 1941 al 1979.
Foto in basso: monumento funebre a
Giovani Visconti d'Oleggio (sec. XIV), nipote e vicario dell'arcivescovo di
Milano, già signore di Bologna, poi signore a vita di Fermo e del suo Stato, infine
Rettore Generale della Marca, operò esclusivamente per il bene di Fermo e la prosperità
dei cittadini. Monumento funebre a Giuseppe Colucci (XIX sec.), giurista
e storico. Ai lati dell'entrata, medaglioni dei vescovi di Fermo Piccolomini e Peretti,
poi diventati papi (Pio III e Sisto V). Altare di San Carlo
Borromeo, di cui si conservano reliquie; numerosi altri altari e monumenti
funebri.
|
A sinistra guardando dall'entrata: Cappella del SS. Sacramento:
nei pilastri esterni lapidi in marmo di Carrara; una lapide in onore del Card.
Bernetti, arcivescovo di Fermo, segretario di stato di Leone XII, di Gregorio XVI
e Governatore di Roma. Un'altra lapide in onore del Card. De Angelis,
arcivescovo di Fermo dal 1841 al 1877, Presidente del Concilio Ecumenico Vaticano I,
Arcicancelliere dell'Università di Roma con numerosi altri incarichi. Semibusti
dell'acrivescovo Minnucci (fece ricostruire il Duomo nel 1789) e del
Card. De Angelis. Nella Cappella da notare: la pala d'altare (dipinto a
olio su tela del Cinquecento manieristico), il tabernacolo (in bronzo con
vari ormamenti), il Ciborio (in stile rinascimentale, con decorazioni di
marmi pregiati e d'oro).
Sempre nella stessa Cappella: Altare raffigurante il Transito di S. Giuseppe col
Bambino; busto in marmo di Carlo Castelli, arcivescovo fino al 1933, quadro di S. Anna. S.
Gioacchino e Maria Bambina;
elegante monumento all'eroe fermano Orazio Brancadoro (foto a
sinistra) dello scultore Vittoria di Trento, inserito in un altare con trabeazione
sostenuta da colonne doriche e arco a tutto sesto tra due volute laterali con il
Padreterno che tende le braccia dalle nubi.
IPOGEO E CRIPTA
Scendendo nell'Ipogeo (attraverso la scaletta presso il primo pilastro di destra, entrando) si notano i resti delle tre cattedrali precedenti (paleocristiana del V sec., romanica del IX sec. e gotica del XIII sec.) tutte a tre navate, nonché una base marmorea di colonna classica appartenente al preesistente edificio pagano. Della chiesa gotica del Duecento si conservano le basi degli archi a sesto acuto, che si aggiunge a quello superstite nell'atrio.
L'ipogeo è ricco di oltre 400 pezzi
archeologici piceni, romani, romanici e gotici ritrovati negli scavi del 1937,
tra cui: tombe italiche, avanzi della piscina dell'Imperatore Antonino Pio (161 d.C.),
teste orientali, busto di imperatore romano, sarcofagi cristiani, più numerose sculture,
trabeazioni, capitelli e lapidi che saranno presto tutte ammirabili nel Museo del
Duomo, ora in allestimento.
Tornando davanti all'altare, fra le due scalee, chiuso dalla balaustra di marmo: mosaico
paleocristiano, circondato da antichi basamenti di mura.
Scendendo: belissima Cripta duecentesca, rimaneggiata
successivamente fino all'Ottocento.
CRIPTA: INTERNO
Nella cripta: Altare del S. Crocifisso, sopra la tomba del beato
Adamo abate, più altri altari con corpi di santi e moltissime reliquie, tra cui
le ossa di S. Filippo in un sarcofago paleocristiano in arte romana del
III-IV secolo, scolpito in marmo, adorno di bassorilievi e figurazioni sacre con San
Pietro, il Cristo e soldati romani (foto in basso).
Ai lati dell'altare: statue della Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza;
sculture dei Santi Pietro e Paolo, di S. Giorgio;
reliquie di S. Carlo Borromeo; ossa di San Fermo
provenienti dalle catacombe; vesti del Beato Antonio Grassi; lastre
tombali degli arcivescovi Castelli e Borgia e molto altro.
CRIPTA: IL SARCOFAGO PALEOCRISTIANO
(III - IV sec.)
Per maggiori notizie sulla cattedrale paleocristiana: vedi pagine "Firmum Picenum"
IL TESORO DEL DUOMO
La Cattedrale di Fermo custodisce un tesoro di
notevole valore.
Di massima importanza è la Casula di San Tommaso di Canterbury:
trattasi di un mantello sacro di eccezionale bellezza con medaglioni ricamati in seta ed
oro. Il manto regale fu eseguito, come attesta una iscrizione in arabo, nell'anno 510
dell'Egira (1116 dell'Era Cristiana). Venne ceduto alla Cattedrale di Fermo da Presbitero,
vescovo di Fermo (1184-1201) che lo aveva avuto in dono da Tommaso Becket: entrambi erano
studenti allo Studium di Bologna.
Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury, dopo l'esilio per il suo pensiero
intransigente, nel 1170 fu martirizzato nella cattedrale di Canterbury, forse su mandato
di Enrico II re d'Inghilterra: la sua morte ispirò Eliot nel dramma "assasinio nella
cattedrale".
.
Il manto misura m. 1,60 con circonferenza di m. 5.20 ed è custodito in una cassetta lignea con decorazioni in oro e pietre preziose. Il prof. David Rice dell'Università di Londra l'ha studiata a lungo e ha potuto leggere la dicitura ricamata che recita una formula "in nome di Allah". Il prof. Rice ritiene si tratti del più antico ricamo arabo che si conosca in tutto il mondo. Nel 1925 il Cardinale Merry del Val chiese che fosse estratta dalla preziosa cassa. Nel 1937 costituì una delle opere di maggiore importanza nell'esposizione di Roma; nel 1951 in quella di Parigi. Nel 1973 la Tv inglese ne parlò ampiamente e la mostrò al pubblico quando fu esposta in una importante mostra di Londra: la regina Elisabetta si soffermò a lungo ad ammirare la casula (nella foto in alto).
Foto in alto: tesoro del
Duomo.
Da destra: pastorale in tartaruga intarsiata in avorio e madreperla donata da sisto V alla
cattedrale; reliquiario donato da Vittoria Della Rovere al Card. Rinuccini; stauroteca
donata da Pio II.
Di non secondario valore, il Tesoro
del Duomo comprende anche:
Croce Astile in argento dorato;
Pastorale di tartaruga intarsiato di madreperla con ornamenti in argento
e cristallo, di Sisto V ( vescovo di Fermo);
Pastorale in argento dorato (arcivescovo Borgia);
Razionale d'argento dorato con pietre preziose;
Breviario Francescano, in pergamena, con lettere miniate, del 1260;
Bacolo di pastorale, scolpito in avorio e decorato;
Bacolo e canna di pastorale, scolpiti in avorio e decorati;
Faldistorio in ottone con pomi dorati e stemmi;
Vaso reliquiario in cristallo, sbalzato con decorazioni;
Tempietto reliquiario;
Calice in argento con coppa dorata, adorno di medaglioni a smalto;
Calice in argento dorato, fregiato;
Semibusti d'argento;
Tovaglia policroma ricamata dalle Benedettine di Fermo;
Mitria preziosa con ricami cinquecenteschi in oro e gemme incastonate;
Ostensorio d'oro con grossi brillanti incastonati;
Ostensorio di grandi dimensioni con decorazioni dorate;
Utensili per pontificale in argento dorato;
Croce di ebano in argento con pietre preziose;
Sette grandi candelabri argentati, casellati;
Numerosissimi paramenti sacri e altri accessori, laminate in broccato;
Piviali ricamate in oro provenienti dalla Spagna;
Busto di imperatore romano dei Severi;
e molto altro.
Nel Museo del Duomo (in allestimento accanto
alla Cattedrale), verranno esposti il Tesoro e tutti i reperti archeologici rinvenuti
nell'area del Girfalco.
Tovaglia policroma (raffigurante la Cavalcata) finemente ricamata
nel 1917
dalle suore Benedettine di Fermo.
Foto a destra in alto (all'ingresso del Girfalco): Monumento a San Savino
vescovo, martirizzato nel 301 d.C., compatrono di Fermo.
Statua settecentesca di Stefano Interlenghi; prospetto architettonico di Piero
Augustoni da Como.