PALAZZO DEI PRIORI
parte prima: vicende storiche ed edilizie
(da: "Fermo, la città tra Medioevo e Rinascimento"  di Lucio Tomei e Silvia Catalino)


    Il Palazzo dei Priori è il più antico dei palazzi pubblici ancora esistenti a Fermo, e il più importante per le vicende civiche e istituzionali che si sono svolte, e si volgono, al suo interno.
    Da settecento anni esso è testimone e protagonista delle innumerevoli vicende della vita politica cittadina, come dimostra anche la sua evoluzione architettonica: l'originale angolazione del fronte prospicente Piazzza del Popolo, le fome irregolari della facciata posteriore e del tetto, fanno intuire che il Palazzo dei Priori altro non è che il risultato finale della fusione e delle numerose ristrutturazioni di più edifici, occorse in un arco di quasi quattrocento anni, dalla sua nascita fino al Seicento, necessarie per far fronte alle continue e sempre nuove esigenze pubbliche.
    La facciata, tipicamente rinascimentale nella sua regolarità geometrica, è l'ultimo intervento che chiude la lunga evoluzione del palazzo, con l'intenzione, ben riuscita, di essere un elemento unificante che raccorda in modo armonico preesistenti edifici costruiti con posizioni ed angolazioni diverse.

pal-priori09.1.jpg (37425 byte)

    La storia del Palazzo dei Priori comincia nel 1296 quando il Comune di Fermo acquistò una casa privata prospettante sulla piazza San Martino (odierna piazza del Popolo), per realizzarvi la residenza del Capitano del Popolo.
   
    L'esigenza di creare una residenza per il Capitano del Popolo segna un momento molto importante, cioè la comparsa a Fermo (con qualche anno di ritardo rispetto alle città italiane del centro-nord) del Comune di popolo, accanto, e contrapposto, al tradizionale comune aristocratico.
    Dal 1291 in poi, infatti, nei documenti figurano le tipiche strutture gestionali del popolo, cioè il Capitano, il Consiglio dei Trecento, i capitani delle Arti, espressione dell'emergere delle nuove famiglie signorili inurbatesi, oppure dei mercanti e delle classi professionali (giudici e notai).
   
    Il Duecento è il secolo in cui matura questo "passaggio di consegne" e in cui comincia per Fermo il periodo di maggior prosperità e splendore della sua storia e, a livello urbanistico, l'epoca moderna.pal-priori01.1.jpg (24729 byte)

    Per comprendere meglio come si arriva a questo momento, è utile fare un passo indietro cercando di ripercorrere le tappe della nascita del Comune, aristocratico prima, popolare poi, e aprendo una parentesi sui settecento anni precedenti.

 

A destra: particolare della facciata con la doppia scalinata con le due rampe che confluiscono nella loggia d'ingresso, sormontata dalla statua di papa Sisto V

 


VICENDE STORICHE CHE PORTANO ALLA NASCITA DEL COMUNE DI POPOLO

        Fino agli inizi del Duecento la gestione del potere era stata concentrata nelle mani della vecchia aristocrazia di derivazione episcopale, ultimo "strascico" della figura del vescovo-conte, ricco e potente proprietario terriero che ha guidato la città dalla caduta del dominio Romano (476 d.C.) fino a questo momento, rappresentando l'unica linea politica di continuità dall'epoca degli imperatori longobardi, attraverso la Marca Fermana, fino alle prime signorie, che è riuscita sapientemente a condurre la realtà locale tra le forze centrifughe dei primi comuni e i tentativi egemonici dello Stato della Chiesa e del Sacro Romano Impero.
    Con la disgregazione del potere centrale il vescovo andava acquistando sempre più competenze di carattere pubblico e laico accanto a quelle religiose, essendo l'unico organismo, per esperienza amministrativa e cultura, in grado di guidare una collettività.
    Così dal 700 d.C. circa fino al 1100 si afferma e si consolida l'egemonia politica dei vescovi sulla città di Fermo e sul "Comitato Fermano" (il territorio circostante), grazie anche agli enormi patrimoni terrieri accumulati (stimati tra i più vasti d'Italia) tra il fiume Potenza e il fiume Vomano, e ad una efficente struttura amministrativa.
    A livello urbanistico, il potere vescovile era ubicato nel suo palazzo, arroccato sulla sommità del colle, nell'ex acropoli romana: è dell'883 d.C. la prima prova incontrovertibile secondo la quale accanto alla cattedrale c'è il palazzo del vescovo, un "episcopatum in Castello Civitate Firmanae", come si legge in un atto di donazione. Il quartiere di "Castello" sorgeva sulla spianata in cima al colle (l'odierno piazzale del Duomo).
   
    Possiamo tranquillamente considerare questa la più antica prova certa dell'esistenza di un palazzo pubblico (con funzioni non solo religiose) nella storia di Fermo.

    Dopo il Mille, accanto alla vecchia nobiltà di derivazione episcopale comincia a farsi largo un nuovo patriziato cittadino formato da mercanti, negozianti, avvocati, giudici e notai che comincia ad avere sempre maggior peso nella politica cittadina e che prepara le basi alla nascita del potere comunale.

   Nonostante le forti resistenze del partito imperiale, nel 1130 il Comune di Fermo è già una realtà: è di questa data la fonte certa più antica dell'esistenza in città della prima forma comunale (che potrebbe avere anche origine precedente, anche se di poco).
    È un atto in cui sono elencati i nomi di dieci consoli, i primi consoli medievali di Fermo di cui si abbia notizia. Però è un comune che nasce all'ombra dell'episcopato, e non in contrapposizione, anzi inizialmente è lo stesso vescovo che ne promuove lo sviluppo, allo scopo di costituire un'efficente struttura politica e militare con cui difendere meglio la sua giurisdizione politico-religioso-fondiaria dalle numerose minacce (signorie terriere, impero e Abbazia di Farfa, un'altra forte istituzione politico-religiosa).

    Questo comune consolare fortemente legato al potere vescovile si mantiene a Fermo fino ai primi anni del Duecento; non esisteva ancora un palazzo comunale vero e proprio: le riunioni dei consigli si svolgevano all'interno della Cattedrale oppure nei locali del vicino palazzo episcopale o nella chiesetta di San Martino, sita nell'omonima piazza.
   
    Nel corso del Duecento si completerà l'affrancamento del Comune dall'episcopato, allo scopo soprattutto di creare nuove strutture amministrative più rispondenti alle nuove realtà economiche e sociali.
    Nascono il Consiglio grande, il Consiglio Speciale e Consiglio di Cernita (detto anche di Credenza); poi dal 1208 i consoli scompaiono e al loro posto compare il podestà (o rettore), organo monocratico che aveva due importanti peculiarità che lo distinguevano dai consoli: doveva essere sempre forestiero e durava in carica pochissimo (all'inizio un anno, poi solo sei mesi).
    Il podestà era giudice, capo dell'esercito e del'esecutivo e, soprattutto, moderatore super partes tra le varie fazioni cittadine in conflitto tra loro.
Con l'avvento del podestà anche il potere esecutivo si svincola definitivamente dall'egida vescovile, pur rimanendo fortemente legato alle famiglie dell'aristocrazia tradizionale.
   

I - i primi palazzi pubblici (solo "laici") di Fermo:
il vecchio palazzo comunale sul Girfalco e il palazzo del Podestà in piazza


    ll processo di affrancamento rende necessaria la costruzione dei primi palazzi pubblici comunali: il palazzo del comune e il palazzo del podestà. Vengono realizzati entrambi nel 1238 e stanno quasi a simboleggiare la raggiunta autonomia delle istituzioni dall'episcopato.
   
    Questo palazzo comunale è il primo palazzo civico di Fermo con funzioni solo "laiche" e non ha nulla a che vedere con il nostro Palazzo dei Priori: esso infatti sorge sulla spianata dell'antica acropoli, accanto alla Cattedrale e al palazzo del Vescovo, quasi a voler dire che, sebbene affrancato dal Vescovo, esso resta un comune aristocratico e non ancora di popolo. All'edificio viene dato il nome di "Girfalco" (da "Girone", il nome dell'antica rocca), nome che poi si estenderà all'intera sommità della collina; viene chiamato anche palatium magnum.
    In questo palazzo si tengono le riunioni delle assemblee comunali, cioè il Consiglio grande, il Consiglio Speciale e Consiglio di Cernita (detto anche di Credenza).
    Dalle fonti si desume che esso sorgeva tra il palazzo episcopale (che era addossato, o comunque vicinissimo, al lato sud della cattedrale, verso la zona absidale) e l'antica chiesa di S. Alessandro (che sorgeva sul lato sud orientale della spianata, prospettante sulla parte sud di piazza del Popolo, dove, più in basso, oggi ci sono il loggiato di San Rocco e il cinema Helios).
In pratica, guardando verso il mare e con alle spalle l'odierna villa Vinci, un ipotetico osservatore dell'epoca vedeva, a partire da sinistra verso destra: il Duomo, il palazzo della canonica, una stretta stradina, quindi il nuovo palazzo comunale e più a destra di tutti la chiesetta di S. Alessandro (dedicata al primo vescovo di Fermo).
    Questi edifici delimitavano il lato orientale di una piazza (arengum Castelli) che aveva come lato nord il fianco meridionale della cattedrale, come lato sud un muraglione che si affacciava sull'odierna via Mazzini, mentre il lato ovest non era ancora occupato dalla futura villa Vinci ma da ruderi di fortificazioni risalenti all'epoca romana, riadattati alla meglio nel tempo e che occupavano tutto lo spazio dall'attuale parco di villa Vinci fino all'altezza, grosso modo, dell'attuale fontana. La "Piazza Arengo" quindi doveva svilupparsi tra l'odierna fontana e la metà della fiancata laterale del duomo, tra la chiesa e l'attuale chalet-pizzeria. Era un piazzale in cui si radunava spesso la folla, a volte pacificamente, a volte meno, in occasione di avvenimenti legati alla politica, alle guerre o alla vita cittadina: era quella infatti la sede dei poteri cittadini, religiosi e politici.
    Fatta eccezione per il duomo, queste costruzioni e tutte le altre che sorgevano sulla spianata del Girfalco, compresa la Rocca, saranno completamente demolite, e per sempre, tra il Trecento e il Quattrocento.

    Il vecchio palazzo del Comune era solo a due livelli (pianterreno e primo piano); i documenti descrivono spesso, a pianterreno, un portico a colonne; l'edificio aveva all'interno due saloni (audientiae) uno sovrapposto all'altro per le riunioni dei consigli.
   Nel corso del secolo successivo, dopo ristrutturazioni e ampliamenti, esso risulta svilupparsi attorno ad un cortile centrale, porticato, con al centro, sotto al pavimento del cortile, la stessa piccola cisterna romana che esiste ancora oggi, interrata nel sottosuolo del Girfalco, elemento che ci dà la certezza dell'ubicazione del palazzo sulla spianata del duomo (più o meno sul punto dell'attuale bambinopoli).
    Possiamo avere una vaga idea di come fosse fatto questo palazzo dal dipinto di tela conservato nella pinacoteca comunale (immagine in basso), che però è sicuramente una libera interpretazione di un anonimo autore di qualche secolo più tardi.
    Difatti nella realtà il palazzo comunale non sorgeva dietro alla cattedrale, come invece lo ha ritratto l'autore (probabilmente per rendere visibile nel quadro tutta la facciata meridionale del duomo); esso in realtà sorgeva a fianco della basilica. Nel quadro inoltre non sono presenti né il palazzo episcopale, né la chiesetta di S. Alessandro, mentre la rocca, nella realtà, aveva un aspetto molto più semplice e spartano di quella raffigurata dal nostro anonimo.

rocca01.11.jpg (64161 byte)


    L'altro palazzo, quello del podestà, fu costruito nello stesso anno (1238), ma non in cima al colle, bensì in fondo a piazza San Martino, dove oggi sorge il Palazzo degli Studi (Biblioteca comunale), ma su questo ci dilungheremo nella pagina espressamente dedicata ad esso.

    Fino a questo momento, l'area della Piazza San Martino (attuale Piazza del Popolo), aveva solo funzione commerciale e di residenza popolare, con le sue botteghe, i fondachi, i forni, le beccherie nonché i postriboli.
Fino al 1238, determinato dalla particolare conformazione orografica del centro di Fermo, si ravvisa un chiaro "bipolarismo urbanistico" : in alto, sul Girfalco, è arroccato tutto il potere politico e religioso; in basso l'area della piazza, fulcro della vita cittadina.
    Dal 1238, con la costruzione del palazzo del Podestà sulla piazza, questo bipolarismo potere/popolo viene meno, il potere politico "scende" in piazza da dove mancava probabilmente dall'epoca romana (il foro con gli edifici pubblici sorgevano nei pressi dell'area nord-est dell'odierna piazza).
Ma poiché il podestà (forestiero e super partes) sostitisce i consoli (locali e di parte) ed è eletto sempre dai vari consigli che restavano in ogni caso espressione delle famiglie più facoltose (le uniche ad avere diritto di voto), è ancora troppo presto per parlare di comune di popolo; però il mezzo secolo che va dal 1238 al 1291 è una importante fase di transizione verso la nascita di un vero e proprio comune di popolo.

    In questo periodo si affacciano sulla scena politica con sempre maggiore irruenza le nuove classi professionali e soprattutto le famiglie mercantili, arricchite dallo sviluppo del porto e dalle rinnovate relazioni con Venezia dopo il trattato commerciale stipulato tra le due città nel 1260.
Questa borghesia arricchita nel 1291 fa nascere le tipiche istituzioni del comune di popolo di cui parlavamo all'inizio. Per i primi quattro anni i vari capitani che si susseguono al governo del popolo sono ospitati in case prese in affitto da privati mentre le riunioni del Consiglio dei Trecento del popolo si tenevano generalmente nella chiesa di San Domenico.

 

II - Sorge in piazza il palazzo per il Capitano del Popolo

    Finalmente nel gennaio 1296 il Comune di Fermo acquistò dal nobile Rinaldo di Giorgio una casa con torre prospettante sulla piazza San Martino, confinante a sud (col muro in comune), con la chiesa di San Martino, per realizzarvi la residenza del Capitano del Popolo che risulta abitarvi (con la famiglia e la sua corte) già un anno dopo.
   
    Tale edificio rappresenta il primo nucleo del palazzo del Capitano e corrisponde solo alla parte nord dell'attuale palazzo dei Priori, cioè quella in corrispondenza della quale, a pian terreno, oggi sono ubicati gli uffici della Polizia Municipale (a sinistra guardando).
La chiesa di S. Martino occupava la parte sud, in cui nel Seicento, eliminando la chiesa, il palazzo è stato ampliato, cioè l'ala in cui si trova oggi la Sala dei Ritratti (a destra guardando).
    Per renderla idonea alle riunioni dei consigli, l'ex abitazione di Rinaldo da Giorgio viene ampliata e ristrutturata. Di questo edificio originario non si hanno tracce certe, anche per i numerosi, succesivi rimaneggiamenti che ha subito l'intera struttura; però forse nelle fondamenta sotto gli odierni uffici dei Vigili urbani si possono individuare tracce delle originarie fondazioni della casa di Rinaldo e dell'embrionale palazzo del Popolo (parti colorate in giallo nella immagine del piano terra, più in basso).
    La costruzione del palazzo del Popolo in piazza San Martino ripropone un nuovo bipolarismo urbanistico che coincide con la nascita anche di un nuovo bipolarismo amministrativo: sul colle, comune aristocratico-podestarile e centro religioso / in piazza, comune di popolo.
È un passaggio molto importante perché la piazza diventa per la prima volta, e per sempre fino ad oggi, sede delle istituzioni politiche popolari uscite dall'ombra delle botteghe e dei fondachi che da secoli la caraterizzavano.

 

III - L'alba dei Priori: l'ex palazzo del Capitano diventa palazzo dei Priori

    L'alba del nuovo comune popolare porta contemporaneamente alla nascita della nuova magistratura dei Priori delle Arti del Popolo, organo esecutivo dei vari consigli, già diffuso nelle città del centro nord.
    Dal 1292 fino al 1295 i Priori occupano una posizione secondaria, ma a partire dal 1296 acquistano sempre di più potere decisionale, i Consigli risultano essere convocati per loro iniziativa (anziché del podestà o del capitano) fino a quella che il prof. Lucio Tomei ha definito una autentica "rivoluzione costituzionale": nell'ottobre 1297, con una procedura che non aveva precedenti, l'assemblea popolare dichiara decaduto dalle sue funzioni il vicario del podestà e attribuisce ai priori la capacità di giudicare per direttissima e in maniera discrezionale l'azione politica del podestà e del suo vicario, finora massimi esponenti del governo, che invece in questa maniera venivano a decadere da organo esecutivo a funzionari di second'ordine.

    Il Collegio dei Priori diventa il massimo organo esecutivo della piccola città-stato e lo resterà, pur tra tante peripezie, per cinquecento anni, fino alla caduta dell'ancien regime avvenuta in Europa alla fine del Settecento.

    È la definitiva vittoria delle classi artigiane, borghesi e mercantili sulla vecchia classe dirigente aristocratica, conservatrice e di lontana derivazione episcopale.
Fino al 1297 i Priori si riunivano nella chiesa di San Martino, confinante col palazzo del capitano del popolo; dall'ottobre dello stesso anno invece nel palazzo del popolo, che non a caso tre mesi più tardi subisce un assalto da parte della milizia del podestà, testimonianza delle tensioni interne che la rivoluzione aveva provocato.
    Nella prima metà del Trecento i priori si trasferiscono nel Palazzo del Girfalco, dove si riuniscono anche i tre consigli (grande, speciale e di cernita) del comune tradizionale e per questo rendono necessari ampliamenti al vecchio palazzo comunale.
    Ma nella seconda metà del Trecento sono costretti ad abbandonarlo per l'arrivo del cardinale Albornoz, che nel 1353 il papa, da Avignone, ha inviato in Italia per recupare il dominio sullo stato pontifico.
L'Albornoz fissa la sua residenza proprio a Fermo, requisendo il palazzo del Girfalco, scacciando i priori e il gonfaloniere di giustizia. Anche Giovanni Visconti d'Oleggio, a cui l'Abornoz, pochi anni dopo, cedette il vicariato sulla città e sullo stato di Fermo, confermò la sua residenza sul Girfalco che da adesso diventa residenza ufficiale di tutti i signori che domineranno Fermo.
   
    Scacciati dal palazzo comunale del Girfalco, i Priori si trasferiscono in un edificio che gli storici non sono stati ancora in grado di identificare, ma il testo di una fonte: "...iuxta plateam Communis, domos Sancte Catharine, vias publicas a duobus lateribus...", cioè "accanto alla piazza del Comune, nella casa di Santa Caterina con vie pubbliche ai due lati" fa ritenere che si tratti di un edificio posto vicino al palazzo precedente: solo la piazza del Girfalco poteva essere chiamata all'epoca "piazza del Comune", in quanto quella più in basso era normalmente definita piazza San Martino ed inoltre in essa non c'era il Comune; e forse si trattava di una casa di proprietà della congrega di Santa Caterina, già presente a Fermo nella omonima chiesa (la stessa di oggi) sin dal secolo precedente.
Il Gonfaloniere di Giustizia, invece, prende residenza probabilmente nel palazzo in fondo alla piazza (odierno palazzo della Biblioteca) che era stato liberato dal Podestà che si era momentaneamente trasferito nell'ex palazzo del Capitano.

    I Priori restano in cima al colle fino al 5 settembre 1396; negli intervalli tra l'una e l'altra signoria tornano a risiedere nel palazzo del Girfalco. In quel giorno di settembre il vicegovernatore della Marca, inviato da Roma per sedare le lotte tra guelfi e ghibellini che stavano dilaniando Fermo, riesce ad ottenere dal Consiglio di Cernita l'ordine di evacuazione del Girfalco da parte dei Priori e di sessantotto famiglie che abitavano sul lato occidentale della spianata, per rendere più sicure le fortificazioni del Girfalco. i Priori sono costretti a scendere di nuovo (e per sempre) in Piazza.
    Così si perpetua di nuovo l'antico bipolarismo urbanistico, ma con la fondamentale differenza che non esprimerà più il dualismo, finora convergente, di comune aristocratico sul colle / comune di popolo in piazza, bensì quello, divergente di potere centrale / potere locale oppure potere dispotico / potere popolare.
pal-priori14.jpg (29331 byte)
    Per questa ragione, cento anni dopo, durante una sollevazione, si arriverà alla distruzione di tutti gli edifici posti sul Girfalco e della rocca (escluso il duomo e la chiesetta di San Lorenzo, ad ovest, dove oggi si trova villa Vinci) da parte del popolo infuriato, al termine dell'ultima signoria, quella dello Sforza.

    I priori e il gonfaloniere di giustizia nel 1396 fisseranno definitivamente la loro residenza in piazza nell'ex palazzo del capitano del popolo (che alcuni anni prima aveva ospitato temporaneamente il podestà) che diventa palazzo dei Priori, e vi resteranno per quattrocento anni, fino a quando la rivoluzione francese, il primo tentativo di repubblica romana e l'inizio della dominazione napolenica, daranno una svolta alla politica italiana ed europea, facendo cadere per sempre tutte le vecchie istituzioni.

 


VICENDE EDILIZIE DEL PALAZZO DEI PRIORI

    Fino al primo trentennio del XIV sec. il palazzo dei Priori non subisce sostanziali modifiche rispetto alla prima ristrutturazione compiuta sulla ex casa di Rinaldo da Giorgio per adattarla a palazzo pubblico. Da un inventario dell'epoca, citato dal prof. Tomei, si deduce che esso si presentava come un edificio a tre livelli: a piano terra una sala per riunioni e sul retro stanze di servizio; il primo piano con la sala grande per la convocazione dei Consigli in cui si conservava un'aquila, donata al Comune da Gentile Migliorati, che era il simbolo della città e poi diede il nome alla sala consiliare; al secondo piano uffici e residenza del gonfaloniere di giustizia. Le finestre del piano terreno erano rettangolari e munite di inferriate; quelle del primo e secondo piano a bifora, come nella maggior parte dei palazzi pubblici dell'epoca nel centro-nord Italia.
    L'edificio corrisponde alla sola ala nord dell'attuale palazzo ma era meno profondo dell'odierno, nel senso che la facciata era di qualche metro arretrata rispetto all'attuale facciata che è stata costruita tra Cinquecento e Seicento per unificare le varie parti di cui era costituito l'edificio. Davanti alla facciata c'era probabilmente un loggiato.pal-priori08.1.jpg (22825 byte)

    Esso aveva anche una torre civica con campana che, a giudicare dalla fondazioni conservatesi nei sotterranei, si affiancava all'edificio sul lato in questo si attaccava alla cappella di San Martino. Uno dei pochi documenti dell'esistenza della torre civica lo abbiamo nella stampa a lato (sei-settecentesca) secondo la quale la torre esisteva ancora quando il palazzo aveva già raggiunto l'assetto definitivo, anche se su questo non c'e' certezza assoluta, in quanto la torre civica potrebbe essere scomparsa verso la fine del Quattrocento.

   

I - Chiesa di San Martino

    La chiesa di San Martino era antichissima, risaliva senz'altro all'Alto Medioevo (5-700 d.C.), anche se la prima notizia certa nei documenti locali risale al 1154 quando essa apparteneva al monastero di San Savino. Poi appartiene ai canonici della Cattedrale dal 1488 fino al 1601, anno in cui, avendo il Comune deciso di ampliare verso sud il palazzo dei Priori, viene acquistata, sconsacrata, parzialmente demolita e parzialmente incorporata nell'ampliamento del palazzo (zona dell'attuale sala dei ritratti).
    Fu conservata l'intera zona presbiteriale per adibirla a cappella privata del palazzo e di essa sono visibili i resti  nella facciata posteriore del palazzo all'altezza proprio della parete lato mare della sala dei ritratti; ad essi oggi si addossano i garages dell'Arcivescovado (immagine in basso, presa dal parcheggio dell'Arcivescovado: i tre finestroni che si vedono a sinistra sono quelli che stanno in fondo alla sala dei ritratti).
    Tali resti hanno subìto un rifacimento attorno al Quattrocento ed una successiva sopraelevazione.

    San Martino di Tours (316 - 397), alla fine del IV sec. è stato un grande fondatore di parrocchie e, quindi, di villaggi. La parrocchia di San Martino di Fermo (sorta comunque qualche secolo più tardi) ha avuto un ruolo fondamentale nel ripopolamento della città di Fermo dopo la caduta dell'impero romano e le scorrerie barbariche; ad essa è stata intitolata la piazza su cui si affacciava la chiesa fino agli inizi del Milleseicento, quando la chiesa scomparve e la piazza cominciò ad essere chiamata piazza grande.

pal-priori10.1.jpg (27558 byte)

pal-priori03.1.jpg (29972 byte)

    Lungo i fianchi laterali del corpo sporgente dietro al palazzo, sotto l'antica linea di gronda, corrono archetti pensili a tutto sesto che, nel rifacimento (particolare nell'immagine a lato), imitano analoghe decorazioni del precedente edificio romanico.

    L'edificio ecclesiale quattrocentesco non era fornito di abside.

    La facciata della chiesa San Martino, prospettante sulla omonima piazza, aveva davanti, fin dal Duecento, un portico che costituiva quella che i fermani chiamavano "la loggia di San Martino", spesso menzionata nei documenti perché d'estate, nei giorni di gran caldo, vi si svolgevano le udienze e i consigli.

    Facciata e loggia si trovavano all'incirca in corrispondenza degli odierni ingressi dell'ex Azienda di Soggiorno, ma come per la facciata dell'ex palazzo del capitano (quando esso corrispondeva solo all'ala sinistra dell'attuale palazzo dei priori), essa stava più indietro di qualche metro rispetto all'attuale facciata; inoltre il piano stradale davanti al palazzo era di circa tre metri più basso.

    Nella seconda metà del Quattrocento il palazzo subisce la prima grossa ondata di ristrutturazioni e ampliamenti. pal-priori04.1.jpg (31509 byte)Vengono costruite le due aule consiliari odierne, ricavate nell'ampliamento dell'edificio nella parte posteriore, prospicente su via Recanati (all'altezza della fonte di Solàno, detta oggi "fonte delle Pisciarelle"). Nelle immagini delle planimetrie, l'ampliamento datato seconda metà XIV sec. è evidenziato con il colore verde.
    L'aula consiliare posta al pianterreno era utilizzata fino ad una ventina di anni fa come uffici della Polizia Municipale (oggi trasferitisi nella parte antistante, dove fino a una ventina d'anni fa era ubicato il vecchio Ente Comunale di Assistenza); oggi essa è la "sala degli incontri". Sopra di essa, al primo piano, c'è l'odierna Sala del Consiglio Comunale (in origine detta sala dell'aquila per i motivi sopra esposti), la cui volta arriva a coincidere con il secondo piano del palazzo, infatti sopra alla sala consiliare non ci sono altri locali.

    A lato un particolare della facciata sud dell'ala sporgente in cui è realizzata la sala consiliare: si notano i resti di un'enorme canna fumaria (e infatti nei documenti dell'epoca la fabbrica era denominata anche "caminata"). A destra il lato est che reca una mostra di finestra quattrocenetesca sormontata da un arco a tutto sesto.  

    Nel 1589 il consiglio di Cernita decideva per la ristrutturazione della facciata per collocarvi la statuta in onore di Sisto V, già vescovo di Fermo che cinque anni prima era stato eletto papa. Allora si colse l'occasione per una ristrutturazione più radicale dell'edificio e per il suo ampliamento verso sud con l'aggiunta di una nuova ala (attuale sala dei Ritratti e locali al piano superiore e inferiore).
    Nel 1593 i lavori erano già iniziati; nel 1601 venne sconsacrata, acquistata e demolita dal comune l'antica chiesa di San Martino, che, come sostiene il prof. Tomei "era stata teatro di tanti avvenimenti importanti nella storia della città e forse, con i resti degli edifici romani, il monumento, anche se modesto, più significativo".

    Essa, come accennato sopra, venne in parte inglobata nella nuova costruzione; tracce restano nelle fondamenta (parte colorata in giallo nelle planimetrie in basso) e soprattutto nel piccolo corpo sporgente dietro al palazzo dei priori, di cui abbiamo accennato (foto sopra), che è il risultato del rimaneggiamento e sopraelevazione dell'antica area presbiteriale.
    I lavori terminarono verso la metà del Seicento e il Palazzo dei Priori acquisì l'aspetto definitivo, lo stesso che ammiriamo noi oggi.

II - La facciata

pal-priori05.1.jpg (18367 byte)    La faccaiata, iniziata alla fine del Cinquecento e completata nella prima metà del Seicento, è l'elemento unificante della complessa fabbrica (costituita da differenti edifici di origine medievale) e palesa la ricerca compositiva, impostata sulla proporzione di elementi ordinati simmetricamente rispetto alle scale centrali, che confluiscono nella loggia d'ingresso, sormontata dalla statua di Sisto V (immagine a destra).
   
    sistoV-01.1.jpg (15361 byte)

    I tracciati regolatori (immagine a sinistra) mettono in evidenza la geometria del fronte: la parte centrale della facciata è un quadrato, le cui parti laterali sono ancora ripartiti in due quadrati, così come le ali laterali rettangolari.
   
    Elementi decorativi sono il cornicione davanzale posto fra i due piani superiori, il bugnato agli angoli e le decorazioni delle finestre. La differente forma e le cornici in travertino delle aperture sottolineano le partizioni del prospetto.

    La grande statua bronzea di Sisto V è stata realizzata nel 1588 dallo scultore toscano Accursio Baldi, detto il Sansovino, e voluta dal Comune di Fermo per riconoscenza verso Sisto V (Felice Peretti) che, fermano e già vescovo di Fermo, appena salito sul soglio pontificio nel 1584, concesse alla sua città molti privilegi tra cui la ristrutturazione e il potenziamento dell'Università, che torna al suo antico splendore, e l'elevazione della diocesi in Arcidiocesi e della chiesa cattedrale in Metropolitana. All'inizio dell'Ottocento si salvò dai saccheggi dei francesci, che la volevano fondere per ricavarne cannoni, perché i fermani la nascosero nel palazzo comunale.

 

pal-priori15.jpg (22885 byte)
III - L'angolazione del fronte

    Interessante la soluzione architettonica dello stabile verso la piazza, sia in pianta che in prospetto, ove, attraverso l'angolazione delle ali, con articolazione planimetrica a ventaglio e la compostezza della facciata, viene risolto il problema di raccordare in un'unica fabbrica parti edificate in posizioni e con angolazioni diverse.
    Le semplici e frammentarie costruzioni medievali (ex casa di Rinaldo di Giorgio divenuto palazzo del popolo, torre civica con la campana, chiesa di San Martino), rimangono tuttavia separate e ben visibili nel fronte retrostante.
    Gli edifici originari (preceduti da un porticato) erano orientati diversamente perché contornavano la curva di livello, che proprio all'altezza del palazzo dei Priori presenta una svolta rispetto all'andamento del corso Cefalonia e di via Paccarone, che altro non sono che il percorso dell'antico cardo romano.

 

 

IV - Il livello stradale

priori2.jpg (20350 byte)     Il livello stradale davanti al palazzo, in origine (fino alla seconda metà del Quattrocento) doveva essere di alcuni metri (circa 3) più basso. Lo si può dedurre da diversi indizi.
    La strada che gli passava davanti (che ripercorreva il tracciato dell'antico cardo romano, che ovviamente attraversava il foro, localizzato sull'area dell'odierno piazzale Matteotti e, probabilmente, sul posto dove si trovano palazzo dei Priori ed episcopato), non aveva gli odierni dislivelli che si superano andando sia da Corso cefalonia che da via Paccarone (ex B.n.a.) verso il palazzo: in pratica la strada era quasi in pianura o con pendenze poco pronunciate, restando a livello dell'odierno piazzale Matteotti, sia prima che dopo (verso corso Cefalonia).

    In questo modo gli ingressi nella parte frontale del palazzo erano più in basso: infatti oggi si deve scendere per alcuni scalini per andare nella attuale sala degli incontri, posta in fondo al pian terreno del palazzo dei priori, con il pavimento molto più in basso dell'attuale piano stradale, ma allo stesso livello del vecchio piano stradale). pal-priori16.1.jpg (32603 byte)
    Idem entrando negli odierni uffici della Polizia Municipale: si deve scendere ad un livello più basso dell'attuale piano stradale, seppur di poco.
    Per non parlare della chiesa di San Martino, che (a giudicare da quel che resta dell'area presbiteriale dietro al palazzo dei Priori), aveva il pavimento allo stesso livello dell'attuale garage della polizia Municipale (accanto al cancello del vescovo).
    La chiesa, a sua volta, si trovava ad un livello più basso (2-3 metri) dell'adiacente casa di Rinaldo di Giorgio, poi diventata palazzo del Capitano.
    Il piano stradale è stato innalzato durante i lavori di livellamento e sistemazione della piazza effettuati dallo Sforza nel 1442 (vedi): fino ad allora la piazza presentava sicuramente una accentuata pendenza est- ovest verso il Girfalco, seguendo la stessa curva di livello della collina. Per rendere più pianeggiante la piazza, con lavori di sbancamento essa è stata abbassata sul lato ovest (verso il duomo) e alzata un po' dall'altro (lato sud, tra cui davanti al nostro palazzo).
    Nel corso dei primi lavori di ristrutturazione del palazzo, effettuati verso la metà del Quattrocento (e quindi nello stesso periodo di quelli della piazza), le entrate a piano terra devono aver subìto un primo adattamento al nuovo e più alto piano stradale.
    Nel Seicento (ultima ristrutturazione) l'aspetto della facciata è stato completamente regolarizzato.pal-priori12.1.jpg (31023 byte)

    La soluzione generale della facciata, rispondente all'idea urbana rinascimentale, funge da fondale prospettico della doppia fuga laterale delle logge della piazza e risolve contemporaneamente i problemi della irregolarità della sagoma, dell'attacco con il corso e del raccordo con il lato est dei portici.

 


Nella foto aerea a lato si distinguono bene i volumi dei differenti edifici accorpati per la realizzazione del massimo palazzo civico e la singolare planimetria dell'edificio

 


 

pal-priori06.1.jpg (31409 byte)

pal-priori11.1.jpg (26768 byte)

pal-priori07.1.jpg (21611 byte)

Nelle tre planimetrie a lato, con i colori si è cercato di ricostruire le varie fasi storiche dello sviluppo edilizio del palazzo dei Priori.

GIALLO: strutture murarie più vecchie, risalenti ad un periodo databile attorno all'800-1000, e sono la casa di Rinaldo (a sinistra) e la chiesa di S. Martino (a destra, con il rifacimento della zona presbiteriale ancora oggi sporgente sul retro).

ROSSO: dopo la prima fase di lavori; l'abitazione privata di Rinaldo, acquistata dal comune, viene ampliata per adattarla a palazzo pubblico (1296)

VERDE: ristrutturazioni della metà del Quattrocento di cui risultato più evidente è la comparsa delle due aule odierne (degli incontri al piano terreno e consiliare al primo), in una struttura fortemente sporgente nel retro.
Si verificano anche altri rimanegiamenti, probabilmente alle sale verso il corso e alla facciata, poi inglobati nella maggiore ristrutturazione cinque-seicentesca.

BLU: ultima, grande ondata di lavori (1590 - 1640 circa): viene costruita l'ala sud (sala dei Ritratti) inglobando la chiesa di San Martino e viene costruita tutta la nuova parte frontale del palazzo, posta più avanti della vecchia di alcuni metri, ricavando così nuovi locali, e realizzando la monumentale scalinata d'accesso.
Sull'ala vecchia, la sala del Mappamondo viene impostata certamente sulla vecchia struttura dell'ex palazzo del Capitano, ma probabilmente subisce una sopraelevazione effettuata contemporaneamente all'ultimo periodo di lavori.

 


Palazzo dei Priori - parte seconda (sale interne)


BIBLIOGRAFIA

"La piazza del popolo tra Romanità, Medioevo e Rinascimento" di Lucio Tomei (hanno collaborato i proff. Pompilio Bonvicini, Delio Pacini, Alvaro Valentini e Carlo Ferrari) in: 
"Fermo, la città tra Medioevo e Rinascimento" a cura dell'arch. Manuela Vitali;
© Editoriale Amilcare Pizzi S.p.A. - Cinisello Balsamo (Milano) - Comune di Fermo - 1989

"I Caratteri architettonici della Piazza" di Silvia Catalino in: 
"Fermo, la città tra Medioevo e Rinascimento" a cura dell'arch. Manuela Vitali;
© Editoriale Amilcare Pizzi S.p.A. - Cinisello Balsamo (Milano) - Comune di Fermo - 1989


Back