PALAZZO DEGLI STUDI
(da: "Fermo, la città tra Medioevo e Rinascimento" di Lucio Tomei e Silvia Catalino)


   Il rinascimentale palazzo degli Studi è posto in fondo alla piazza del Popolo, sul lato corto settetrionale, dove forma un angolo retto solo con la prima parte della facciata del palazzo dei Priori alla sua sinistra e un angolo maggiore di 90° con il fronte dei portici alla sua destra. Ospita la ricca Biblioteca comunale di Fermo ma è chiamato così perché fino al secolo scorso era la sede dell'Università che oggi è ospitata dal retrostante palazzo ex seminario e da altri palazzi gentilizi lungo il corso.
    Ha acquisito l'aspetto attuale nei primi anni del Seicento quando, per dotare l'Università (potenziata per volere di papa Sisto V) di una sede nuova e più prestigiosa, fu ristrutturato e ampliato. In precedenza era più piccolo e ad un solo piano; fu costruito nel 1238 per creare la sede e residenza del Podestà, destinazione che ha mantenuto fino alla metà del Cinquecento. Fu destinato anche a sede del Bargello (funzionario di Polizia), delle prigioni, dell'Ordine dei Notai e all'amministrazione della giustizia prima di passare allo Studium fermano e, infine, alla civica Biblioteca.

pal-studi04.1.jpg (31232 byte)

Palazzo degli studi e palazzo dei Priori: entrambi sono il risultato dell'accorpamento e ampliamento di più edifici preesistenti, ed entrambi terminati agli inizi del Seicento.
A sinistra, in fondo ai portici, il più recente ingresso della Biblioteca comunale.

Il palazzo degli Studi è dell'architetto romano Girolamo Rainaldi, tra gli artefici, assieme al figlio Carlo, della Roma barocca: Girolamo ha progetto il palazzo Pamphili, Carlo le chiese gemelle di piazza del Popolo.


 

VICENDE STORICHE ED EDILIZIE

    Sulle vicende politiche generali che portano alla nascita della forma comunale e, nei primi anni del XIII sec., anche alla comparsa del Podestà, rimandiamo alle notizie storiche sul palazzo dei Priori.

I - Comparsa del Podestà e costruzione del suo palazzo

    Il Podestà o "rettore" compare a Fermo dal 1208 in sostituzione dei consoli (che rappresentarono un secolo prima la prima forma comunale); inizialmente la carica è solo annuale poi diventa semestrale; esso deve essere super partes e pertanto forestiero, e ha funzioni di giudice, capo dell'esercito comunale e supremo moderatore dei sempre più forti contrasti dovuti all'affermarsi delle classi medie e della presa di coscienza dei nuovi ceti. Non poteva avere parenti in città e gli era proibito di consumare i pasti in compagnia di persone del luogo. I podestà erano una sorta di "professionisti" della pubblica amministrazione che giravano da una città all'altra; a Fermo provenivano spesso dal centro-nord Italia (Toscana, Emilia e Lombardia in particolare).

    Il Podestà doveva portare con sé una numerosa "famiglia" (corte) costituita da giudici, notai, scudieri, donzelli, cuochi e sguatteri che risiedevano con lui, pertanto aveva bisogno di un edificio apposito. Per un trentennio i podestà furono ospitati in abitazioni private prese in affito, fino a che nel 1238 fu completato il palazzo del podestà, la cui fabbrica era iniziata due anni prima, come attesta una iscrizione in eleganti versi ritmici, incisi in caratteri gotici lapidari su un architrave in marmo conservato nel Museo Archeologico.

    Per la costruzione del nuovo palazzo fu scelta un'area che fino al sec. XIII doveva essere libera e rappresentava il confine tra la Piazza di San Martino e le ultime propaggini del sistema difensivo del Girfalco.
    Questo edificio originario corrispondeva alla parte sinistra dell'attuale palazzo della Biblioteca, (quella tra l'arco e i porticati di piazza).
    Dai documenti dei Consigli di Cernita risulta che il palazzo del Podestà era a soli due livelli: a piano terreno c'era un porticato, a cui apparteneva il pilastro a pietra forte e a sezione ottagonale che nel 1988, durante gli ultimi lavori di manutenzione della facciata, è stato fortuitamente rinvenuto, inglobato nella muratura della parete esterna (lato occidentale, verso i portici), pilastro oggi visibile e che ha dato il nome ad una sala a pianterreno che si apre su piazza del Popolo ("sala della colonna"). 
Era un portico a due campate, che si sviluppava tra l'arco dell'attuale via dell'Università e l'inizio dei porticati di piazza, più basso dei portici della piazza e probabilmente simile a quello del coevo palazzo comunale del Girfalco.
    Le stanze dietro al loggiato erano destinate all'attività notarile e all'amministrazione della giustizia. Il primo piano, sopra la loggia, ospitava le stanze del Podestà.pal-studipriori01.1.jpg (24635 byte)
   
   Il podestà con la sua corte vi abitò fino al 1352 quando, per comodità, si trasferì nel vicino e più ampio palazzo del Popolo (vuoto in quanto i Priori erano saliti nel vecchio palazzo comunale sul Girfalco). Qui il podestà risiedette fino al 1396 quando i Priori, scacciati dal Girfalco assieme a molti residenti (per volontà del vicegovernatore generale della Marca intenzionato a potenziare le fortificazioni sull'acropoli) vi ripresero definitivamente dimora fino alla fine del Settecento, mentre il Podestà tornava nel suo palazzo originario che nel frattempo, tra il 1352 e il 1396, probabilmente era stato destinato a sede del Gonfaloniere di giustizia (scacciato dal Girfalco dall'arrivo dell'Albornoz nel 1353) e a sede del Bargello, un nuovo magistrato sorto da poco che sovrintendeva all'ordine pubblico cittadino.


II - La ristrutturazione di fine Quattrocento

    Il palazzo del podestà (che nel 1446 aveva subìto lesioni durante i bombardamenti a cui era stato sottoposto dagli Sforza arroccati sul Girone), nel 1494 subisce una profonda ristrutturazione: viene completamente ricostruito e nella nuova fabbrica viene reimpiegato il nostro pilastro ottagonale del precedente portico; al termine esso si presenta ancora a due soli livelli con un portico aperto sulla piazza e le stanze retrostanti destinati alla Corporazione dei Notai (Collegium Notariorum) e all'amministrazione della giustizia (locus iuridicus secondo un decreto consiliare del 1528) e un unico piano superiore contenente un salone per le udienze, le stanze per l'abitazione del podestà e della sua "famiglia", più una torre campanaria. Esso non occupava più solo la parte sinistra del'attuale palazzo, ma probabilmente è proprio in questa occasione che incorpora gli edifici alla sua sinistra (destra per chi guarda), e per non chiudere completamente anche l'accesso a via dell'Università, la sorpassa con un cavalcavia con l'imbocco ad arco, assumendo peranto le dimensioni (ma non ancora l'altezza) dell'odierna fabbrica.

    Sulla collocazione urbanistica del palazzo del Podestà e dei Notai al posto dell'odierno palazzo della Biblioteca, ogni eventuale dubbio viene spazzato, oltre che dal recente ritrovamento dell'antico pilastro all'interno della facciata e da molti altri indizi, soprattuto dal testo di una collazione del 1556 che fu rogata "... in civitate Firmi, in logia notariorum sita subtus palactium Potestatis, in pede platee magne Sancti Martini ante Girifalgum...".


III - La scomparsa del Podestà e l'arrivo del Governatore pontificio

   Il podestà vi abitò fino a metà Cinquecento quando, con i mutamenti istituzionali dovuti alla creazione del governatorato della Santa Sede, scomparve la figura del podestà e il primo piano dell'edificio fu destinato, sebbene provvisoriamente, a sede ed abitazione del governatore pontificio.
      Il primo governatore "di breve" si chiamava Ascanio Veterani e si insediò a Fermo nel 1531 (come deduce Tomei dalla lettura dei verbali dei consigli di Cernita, e non nel 1550 come aveva sostenuto in passato il Fracassetti e tutti gli storici locali seguenti).
I governatori detti "di breve" erano nominati dal pontefice e direttamente responsabili davanti alla S. Sede della gestione politica e giudiziaria periferica per assicurare un più capillare controllo del potere centrale in periferia. La data del 1550 a cui si riferiva il Fracassetti corrisponde invece all'inizo della serie di governatori che, su richiesta della città, erano nominati tra i parenti prossimi, spesso nipoti, del papa regnante.

    Per la residenza del governatore, della sua corte e per l'espletamento delle sue funzioni il pontefice si fece cedere dalle autorità comunali l'ex convento dei padri Apostoliti (odierno palazzo del comune in via Mazzini) che si erano trasferiti sin dal 1502 nella chiesa di Santa Croce (odierno convento delle monache del Bambin Gesù).
    Esso aveva egualmente bisogno di una grossa ristrutturazione (comprensiva probabilmente anche di modifiche interne) per poter assolvere alla sua nuova destinazione. I lavori cominciarono subito, e tra il 1532 e il 1538, in attesa del loro completamento, il funzionario abitava provvisoriamente nell'ex palazzo del Podestà (decisione che fu presa dopo aver scartato l'ipotesi di far risiedere il governatore nel palazzo del Priori, con il trasferimento di questi ultimi nel retrostante nuovo palazzo episcopale, lo stesso di oggi).loggetta1.1.jpg (12771 byte)
   
    Attorno al 1530 la figura del Podestà scompare definitivamente e il palazzo in fondo alla piazza resta tutto per il Bargello e la sua corte, i Notai e i Giudici; le autorità comunali da tempo chiedevano la restituzione del palazzo allo scopo di sistemarvi nuovi uffici o spazi di rappresentanza, e adesso sembrava giunto il momento buono per ottenerlo, così nel 1579 il comune delibera la costruzione di un cavalcavia all'inizio della strada dei fondachi (odierno corso Cefalonia) per mettere in comunicazione il palazzo dei Priori con quello del Bargello; l'anno dopo si decide di realizzarlo a mo' di un arco di trionfo in onore di papa Boncompagni (Gregorio XIII) e del figlio, Giacomo Boncompagni, governatore di Fermo, in base ad un progetto del l'architetto locale Girolamo Morale e di servirsi per gli ornamenti delle colonne provenienti dal teatro romano, conservate nel cortile vecchio del palazzo del governatore.
A lavori già avanzati, però, si decise di cambiare progetto perché quello del Morale da Fermo restringeva troppo l'imbocco della strada dei fondachi che era percorsa dai veicoli che trasportavano merci nella piazza San Martino, così nel 1583 si adottò un nuovo progetto di un architetto di Macerata (di cui non conosciamo il nome) che portò a conclusione l'opera (immagini sopra e sotto).loggetta03.jpg (22467 byte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


    pal-studi01.1.jpg (39664 byte)

IV - L'Università e la Biblioteca

    Nel 1585 l'elezione al soglio pontificio di Felice Peretti (Sisto V), già vescovo di Fermo e concittadino, portò, tra le tante novità, il potenziamento dello Studium Universitario per il quale, nel 1586, viene deliberata la ristrutturazione del quattrocentesco palazzo del Bargello. Progetto e opera furono affidati all'architetto romano Girolamo Rainaldi, protetto del papa: dopo una ventina d'anni di lavori (prolungatisi oltremodo anche a causa della prematura scomparsa di Sisto V, appena cinque anni dopo l'elezione), l'antico palazzo del Bargello venne portato definitivamente all'aspetto attuale, con la realizzazione del piano nobile con la grande sala allungata al centro, delle belle finestre, del portale e del tabernacolo centrale (a lato).

    Esso per oltre duecento anni ha ospitato la sede principale dell'Università fermana, l'antichissimo Studium Piceno, uno dei primni dieci in Italia, fondati da re Lotario I nell'825 d.C.
   
    Oggi, trasferitasi l'Università nei palazzi retrostanti del corso, esso è sede della ricchissima Biblioteca comunale, che, grazie ai moltissimi lasciti, nonché ai tanti beni incamerati dal comune in occasione delle ottocentesche soppressioni dei numerosi ordini monastici e religiosi presenti a Fermo, è tra le prime dieci in Italia per materiale conservato.

 


REGOLARITÀ E MONUMENTALITÀ RINASCIMENTALI DEL PALAZZO

    Oggi il palazzo, nel suo ultimo rifacimento "sistino" di fine Cinquecento - inizi Seicento, chiude il lato nord della piazza ed è collegato a sinistra ai portici e a destra fa angolo con l'inizio di corso Martiri di Cefalonia. Dai lati dell'edificio originario, invece, partivano le strade di ingresso alla rocca lato nord-est. Piantine del Settecento mostrano con chiarezza ancora esistente un passaggio (introitus) dalla piazza verso il Girfalco al posto degli attuali ingresso e scala della biblioteca. Il completamento del palazzo e del porticato di piazza, che si sono uniti, ha chiuso definitivamente questo imbocco.pal-studi02.1.jpg (33545 byte)

    La pianta interna del palazzo è regolare e il fronte è unitario e compatto, nonostante anche questo palazzo sia il risultato di rifacimenti e accorpamenti. Anche in questo caso si è unita la necessità di ampliare il palazzo per le creciute esigenze pubbliche (quando, ai primi del Seicento, l'ex palazzo del Podestà e del Bargello diventa sede della rinnovata e potenziata Università) con l'esigenza, tipicamente rinascimentale, di chiudere il fondo della piazza con una quinta regolare.

    Tutti gli edifici che circondavano la piazza, fino al Quattrocento avevano (tranne la torre civica del palazzo dei Priori e la torre campanaria del palazzo del Podestà) l'altezza inferiore di almeno un piano rispetto ad oggi. La sopraelevazione successiva seguì il criterio di monumentalità e quello di livellamento dei fronti. Il primo palazzo che fu portato a tre livelli fu probabilmente il palazzo dei Priori, attorno alla metà del Quattrocento.

    Il primo piano, sede dell'antica Università, realizzato alla fine del Cinquecento insieme con la facciata, ha la partizione interna dei locali che segue l'impianto degli edifici presistenti ad eccezione della sala Studi che rispecchia il tema della "grande sala" allungata nella direzione del fronte. La parte destra del palazzo (tra via dell'Università, cioè l'arco al centro della facciata, e l'imbocco di corso Cefalonia) era anch'essa un edificio autonomo, con destinazione residenziale al primo piano e botteghe al piano terra (quest'ultima destinazione si è conservata fino ad oggi).
    Il prospetto è a quattro livelli: al piano terra le aperture mercantili, oggi ben diverse dalle originali, che avevano un aspetto analogo alle "apotecae" che si aprono al piano terra di palazzo Azzolino; il piano nobile caratterizzato da finestre di dimensioni maggiori delle altre con cornici e stipiti in pietra lavorata e con incastonate le teste dei pontefici che potenziarono l'Università e che fecero eseguire i lavori del palazzo. Dal prospetto si rileva l'esistenza, tra il piano nobile e le botteghe, di un piano nella sola ala destra del palazzo, probabilmente testimonianza del fatto che l'attuale palazzo è il risultato della fusione di due edifici con strutture diverse, oppure dell'utilizzo del maggiore spazio sottotetto della parte destra il cui piano stradale è più basso; infine le piccole finestre visibili sopra al piano nobile formano un coronamento e appartengono al piano sottotetto.
    Al centro della facciata un portale monumentale, sormontato da un basamento di un tabernacolo in pietra con la statua dell'Assunta, costruiti alla fine del Cinquecento, immettono in un sottopasso ad arco che costituisce l'imbocco di via dell'Università che prosegue oltre il palazzo e da essa è scavalcata da quando i due edifici preesistenti, in origine separati tra loro dalla strada, alla fine del Cinquecento furono uniti.
pal-studi03.1.jpg (26946 byte)
    Dai tracciati regolatori (immagine a lato) si desume l'intenzione di dare regolarità ad un impianto costituito dalla fusione di fabbriche preesistenti; il portale con il tabernacolo non è perfettamente sull'assedell'edificio, tuttavia esso è l'elemento d'ordine delle aperture diposte ai suoi lati e restituisce regolarità e simmetria.

    Il palazzo degli Studi si eleva più alto della linea dei portici e anche del cornicione del palazzo dei Priori, seguendo un autonomo rapporto tra altezza ed estensione della facciata, indipendente dalla rigida applicazione delle regole rinacimentali di allineamento ed omogeneità dei fronti prospicenti sullo stesso spazio.


BIBLIOGRAFIA

"La piazza del popolo tra Romanità, Medioevo e Rinascimento" di Lucio Tomei (hanno collaborato i proff. Pompilio Bonvicini, Delio Pacini, Alvaro Valentini e Carlo Ferrari) in: 
"Fermo, la città tra Medioevo e Rinascimento" a cura dell'arch. Manuela Vitali;
© Editoriale Amilcare Pizzi S.p.A. - Cinisello Balsamo (Milano) - Comune di Fermo - 1989

"I Caratteri architettonici della Piazza" di Silvia Catalino in: 
"Fermo, la città tra Medioevo e Rinascimento" a cura dell'arch. Manuela Vitali;
© Editoriale Amilcare Pizzi S.p.A. - Cinisello Balsamo (Milano) - Comune di Fermo - 1989


Back