Le origini del Monte Serra sono sicuramente molto antiche e risalgono ad una delle tante eruzioni scaturite dai fianchi dell'Etna nel corso della sua storia millenaria. Molte di queste eruzioni hanno determinato la formazione dei coni avventizi, i piccoli edifici vulcanici che circondano a centinaia tutta la montagna. Anche il Monte Serra è un conetto avventizio, originatosi in seguito ad un'eruzione di probabile natura "eccentrica", detta così quando il condotto di risalita del magma è completamente indipendente da quello del cratere centrale. Mentre dalla bocca effusiva appena apertasi scaturiva una colata lavica che si riversò a valle (su di essa, secoli dopo, venne edificato il paese di Viagrande), dalla bocca esplosiva, l'apertura craterica posta più in alto, fuoriuscivano gas e lapilli. Dopo l'eruzione, quando il piccolo vulcano si spense, il condotto magmatico si svuotò e questo provocò il crollo della parte più alta del cratere e di un fianco del conetto, quello rivolto a nord-est. Ecco perché Monte Serra ha la tipica forma a ferro di cavallo che ritroviamo in tanti coni avventizi etnei. Il vuoto lasciato da questo crollo è divenuto nel tempo una piccola valle che si apre a ventaglio con dolci pendii verso i terreni pianeggianti. Questo versante del monte, comunemente chiamato "la conca", appare profondamente diverso da quelli esposti a sud e ovest, più ripidi e soleggiati.
Il Monte Serra è uno dei conetti più distanti dal cratere centrale dell'Etna ed in assoluto il più vicino al mare. Il suolo del monte, costituito da materiale piroclastico (sabbia, cenere e lapilli), si è evoluto piuttosto velocemente ed altrettanto velocemente è stato colonizzato dalle prime piante. Il clima particolarmente umido del versante orientale etneo e la vicinanza del mare hanno facilitato ancora di più l'insediamento di una rigogliosa vegetazione mediterranea, rappresentata principalmente da una boscaglia sempreverde a Leccio, Olivastro e Carrubo. Negli ultimi secoli il paesaggio del Monte Serra, con l'insediamento dell'uomo e le sue attività agricole, si è progressivamente modificato, e della vegetazione originaria sono rimasti solo alcuni lembi residui, distribuiti irregolarmente. Parti dell'antica boscaglia a Leccio sopravvivono nella "conca", costituita dalle pareti interne del cratere, più fresche ed ombreggiate rispetto agli altri pendii. In questa parte del monte la vegetazione arbustiva ed arborea è più sviluppata e vi troviamo anche una maggiore varietà di specie, tra cui quelle tipiche dell'originario paesaggio del Leccio e dell'Olivo. Distribuiti qua e là tra gli antichi terrazzamenti della "conca", si riprendono timidamente il loro spazio il Terebinto, l'Olivastro, il Lentisco. Esemplari isolati di Quercia e Castagno spiccano in altezza, mentre nel periodo della fioritura lo sguardo è maggiormente attratto dallo Sparzio spinoso, un denso arbusto dai fiori simili alla ginestra. Lasciato il paese ed il brusio del traffico dall'altro lato del monte, chi raggiunge l'interno della conca trova una particolare quiete che rende ancora più intenso il fascino di questo ambiente. Il silenzio che lo avvolge è a volte interrotto dal verso acuto degli uccelli rapaci che nel loro territorio di caccia includono questa parte del monte; in particolare potremo osservare il Gheppio, che frequenta abitualmente il parco e, più raramente, la Poiana. Inoltre, nelle serate primaverili ed estive non sarà difficile udire il canto dell'Assiolo, il malinconico "chiù" delle campagne mediterranee. Le pendici del Monte Serra esposte a Sud e a Ovest sono invece ricoperte in gran parte da una macchia arbustiva che ha colonizzato i vari versanti del monte dopo l'abbandono delle colture. Sui pendii più soleggiati, quelli esposti a Sud e a Ovest, la specie predominante è la Ginestra comune che in piena fioritura riempie di profumo e colori il parco. Tra le ginestre spiccano degli alberelli dalle foglie coriacee di un verde scuro e dalla chioma che sembra modellata dal vento: si tratta della Fillirea, specie tipica della macchia mediterranea che un tempo ricopriva il monte. Lungo le scalinate che ci portano sulla vetta potremo osservare anche specie erbacee legate a terreni sassosi e poco stabili, come la Ferula, la Valeriana rossa, il Romice. Questo tipo di vegetazione ha l'importante funzione di stabilizzare il suolo e prepararlo alla colonizzazione da parte degli arbusti della macchia. Durante l'inverno questi pendii caldi e soleggiati offrono ospitalità a varie specie animali, dal Coniglio selvatico ai piccoli passeriformi svernanti. Nelle mattinate di sole è un continuo andirivieni di uccelletti alla ricerca di cibo, dall' Occhiocotto al Saltimpalo, al Codirosso spazzacamino, alla più rara Averla capirossa la cui presenza è indice di un ambiente poco inquinato. In primavera ed estate la vetta del monte è animata dal volo radente dei Rondoni in cerca di prede. Gli Insetti sono infatti numerosi e non sono poche le specie interessanti, in particolare le farfalle, richiamate dalle abbondanti fioriture. Tra le più frequenti possiamo osservare il Macaone, l'Aurora, la Vanessa io, la Vanessa del cardo, la Cedronella, la Podalirio, gli Zigenidi.
(Foto di S. Caruso, E. Barbagallo, G. Sergi - Testo a cura di S. Caruso)
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