Con la controriforma iperliberista Maroni-Brambilla
AFFOSSATA LA PREVIDENZA PUBBLICA A FAVORE DI QUELLA PRIVATA
Dal 1996 al 2000 la spesa pensionistica è calata di oltre 24mila miliardi di lire
Volano le entrate tributarie dello Stato: 400mila miliardi nei primi 8 mesi dell'anno (più 4-5%). Cala la spesa pensionistica secondo le previsioni delle controriforme previdenziali Dini e Prodi, anzi di più!
"Gli andamenti della cassa Inps - ha dichiarato il direttore generale, Fabio Trizzino - nei primi otto mesi dell'anno, stanno andando meglio di quanto fosse previsto in sede di originaria previsione. C'è un aumento delle entrate di circa 2.000 miliardi a tutto agosto. La riduzione del fabbisogno, sul fronte delle uscite, invece, si attesta sui 900 miliardi''. Dello stesso tenore le risposte elaborate dalla Commissione Brambilla, istituita presso il ministero del Lavoro, circa la spesa previdenziale. Le cifre fornite sono relative al periodo 1996-2000. Esse mettono in evidenza che i risparmi (sarebbe meglio dire tagli) ottenuti sulle pensioni di anzianità sono risultati 24.380 miliardi, cioè più 240 miliardi rispetto ai 24.140 previsti. Nel 1990 l'aumento medio annuo della spesa previdenziale si aggirava sul 12,2%, poi sceso al 7,3% nel 1993-1997 e al 3,1% nel triennio 1998-2000.
Ciò nonostante, il governo del neoduce Berlusconi e i suoi ministri per l'economia, Tremonti, e per il Welfare, Maroni, con la Finanziaria e in particolare con una legge delega intendono tagliare la spesa pubblica e sociale e rimettere le mani sulle pensioni ancora in modo più pesante del passato, con lo scopo di ridurre fortemente le tasse e gli oneri sociali alle imprese e privatizzare totalmente la previdenza, seguendo il modello iperliberista statunitense.
Circa quest'ultimo aspetto, nell'incontro del 4 ottobre scorso con i sindacati e le associazioni padronali, il ministro leghista Maroni, oltre ad illustrare il "Libro bianco'' sul "mercato del lavoro'' e le relazioni sindacali (vedi Il Bolscevico n.38/2001) ha presentato l'ennesima "riforma'' previdenziale elaborata dalla suddetta Commissione Brambilla che va oltre la stessa "riforma'' Dini nella demolizione del sistema pensionistico pubblico da sostituire quasi interamente con i fondi di pensione privati.

SISTEMA CONTRIBUTIVO ED ETA' PENSIONABILE
Tanto per incominciare la proposta Maroni-Brambilla torna a riproporre l'entrata in vigore subito e per tutti del sistema contributivo per il calcolo della pensione; cioè anche per coloro che nella fase transitoria della "riforma'' Dini beneficiavano ancora del sistema di calcolo retributivo più favorevole.
Un'altra misura proposta sarebbe quella della liberalizzazione dell'età pensionabile, oltre una soglia di anzianità di lavoro non ancora ben specificata, sulla base dei contributi versati (che, come vedremo più sotto sono ridotti all'osso). Ovviamente prevedendo forti penalizzazioni per i pensionamenti "precoci'' e con pochi anni di lavoro e "incentivando'' la permanenza in attività eliminando il divieto di cumulo pensione-lavoro.

CONTRIBUTI E FONDI PRIVATI
Ma la misura proposta più grave e pericolosa di Maroni è senz'altro quella di ridurre di 10 punti (dal 33 al 23%) per i nuovi assunti l'aliquota dell'imposta contributiva previdenziale, quasi un terzo dell'importo attuale provocando le seguenti conseguenze: regalare alle imprese un cospicuo taglio del "costo del lavoro''; diminuire drasticamente nel tempo le entrate Inps (Istituto nazionale della previdenza sociale); ridurre la copertura pensionistica per le nuove generazioni a non più del 30-40 per cento del salario percepito in attività lavorativa; spostare parte di questi sgravi fiscali sui fondi di pensione privati, da aggiungere all'utilizzazione del Tfr (l'indennità di fine rapporto lavoro).
Infatti, nel progetto governativo il Tfr dovrebbe essere liberalizzato, inducendo il lavoratore ad investirlo in un fondo pensione con una tassa al 9% invece che all'11%.

ROVESCIATO IL SISTEMA PENSIONISTICO: DA PUBBLICO A PRIVATO
Ricapitolando, con la controriforma Maroni-Brambilla si ha dunque: l'accelerazione dell'entrata in vigore del sistema contributivo che riduce l'importo della pensione di coloro che ancora potevano beneficiare del sistema retributivo; una sorta di (truffaldina) liberalizzazione dell'età pensionabile che ha lo scopo di pagare meno chi esce e di rinviare l'erogazione della stessa pensione per chi rimane al lavoro; ridurre drasticamente i versamenti obbligatori previdenziali per i nuovi assunti, abbattendo così il "costo del lavoro'' alle aziende, affossando le entrate degli enti previdenziali, riducendo il valore complessivo dei contributi versati dalle imprese e dai lavoratori e di conseguenza la copertura pensionistica; favorire il trasferimento in tutto o in parte di questi sgravi contributivi nei fondi di pensione privati a contribuzione definita, da aggiungere all'utilizzazione del Tfr; ciò a rischio e pericolo del lavoratore in caso di crack finanziari e fallimenti.
A conclusione di questo processo controriformatore il sistema pensionistico italiano uscirà rovesciato: come accade negli Usa e in Inghilterra, i fondi pensione privati invece di essere "pilastro complementare'' diverranno, ridimensionando l'importanza delle pensioni pubbliche, "pilastro principale''. In altre parole, un affare di migliaia di miliardi per il capitale finanziario.
Un epilogo questo, da tempo apertamente rivendicato dai potenti sostenitori del governo Berlusconi, il padrone della Fiat Agnelli, il presidente della Confindustria D'Amato e il governatore di Bankitalia Fazio.

24 ottobre 2001