Contro il G8, l'imperialismo e il governo del neoduce Berlusconi. Per la
libertà dei popoli. Per l'Italia unita, rossa e socialista
A GENOVA, CON
LA NOSTRA LINEA E CON LE NOSTRE INSEGNE
Dal 20 al 22
luglio si riunisce a Genova, sotto la presidenza italiana, il G8, il vertice dei
capi di Stato e di governo delle principali potenze industriali del mondo.
Al centro dell'agenda dei lavori del vertice vi sarà il tema della povertà nei
paesi dell'Africa e del Sud del mondo, il debito dei paesi poveri, la lotta
all'Aids.
Il capo dello stato, Carlo Azeglio Ciampi, e il neopremier italiano Silvio
Berlusconi stanno manovrando abilmente per conferire al vertice una patente di
legittimità, democraticità e universalità al fine di depotenziare il
movimento antiglobalizzazione, che si è dato appuntamento a Genova in quegli
stessi giorni e inglobarlo nel vertice imperialista stesso.
Il neoduce Berlusconi si è certamente spinto oltre ai suoi predecessori del
"centro-sinistra" che non avevano operato nessuna apertura nei
confronti del movimento e dei suoi rappresentanti. Al contrario egli ha mostrato
fin dal suo insediamento la massima apertura tattica al dialogo e al confronto
arrivando persino ad affermare, attraverso le parole del ministro degli esteri
Ruggiero, che "Noi e il movimento antiglobalizzazione perseguiamo gli
stessi obiettivi", a stanziare 3 miliardi per l'"accoglienza" dei
manifestanti e ad aprire un tavolo politico di discussione e trattativa con i
rappresentanti del Genoa social forum (GSF) - l'organismo che ha riunito circa
700 organizzazioni, associazioni, partiti, fra i quali il PMLI, per organizzare
la contestazione del vertice del G8 a Genova.
A dar man forte a questa strategia integrazionista del governo è sceso in campo
in prima persona anche Ciampi che a margine del vertice G8 ha organizzato a
sorpresa e per la prima volta nella storia del vertice, una cena con i
presidenti di alcuni Stati africani, come Nigeria e Sud Africa, il presidente
del Bangladesh nonché il leader dei paesi non allineati e il segretario
generale delle Nazioni unite. Una mossa per rimarcare la presunta volontà
dell'Italia di affrontare con i diretti interessati i problemi dell'Africa e dei
paesi poveri e dimostrare che quello di Genova non sarà "il vertice dei
paesi ricchi".
LA LINEA DEL GSF
Il peloso abbraccio del governo e del capo dello Stato non è stato respinto con
la dovuta fermezza da parte del Genoa social forum. Il GSF ha infatti accettato
di discutere con i rappresentanti istituzionali e governativi che rappresentano
in Italia il G8, non solo le questioni tecniche, logistiche e organizzative
della contestazione, ma anche i temi in discussione al vertice come la fame e la
povertà, il debito dei paesi poveri, la lotta all'Aids di fatto legittimando
ciò che si accusava di illegittimità, dando credito a un organismo
internazionale, il G8, che è l'espressione del dominio imperialista nel mondo,
e all'imperialismo nostrano rappresentato dal governo del neoduce Berlusconi.
Al termine degli incontri con il capo della polizia, Gianni De Gennaro, il
portavoce del GSF, Vittorio Agnoletto, ha detto che "il governo Berlusconi
è diventato finalmente un interlocutore. Che pare credibile".
è peraltro inconcepibile che i rappresentanti del GSF abbiano accettato
limitazioni al sacro diritto di manifestazione e si sia ceduto sull'obiettivo
della cancellazione delle zone rossa e gialla dove è proibito manifestare,
vantando come una vittoria la semplice riduzione della "zona gialla"
di Levante. Non è accettabile in nessun caso che si pongano limiti e
restrizioni al diritto delle masse a svolgere cortei, dibattiti, propaganda in
ogni parte della città, specie lungo i percorsi tradizionali del movimento
operaio italiano. Per di più annunciando in partenza che i divieti non verranno
violati dai manifestanti e che al massimo si terranno azioni di
"disobbedienza civile" di singoli individui e gruppi a ridosso delle
zone "proibite", e che comunque il GSF, pur di fronte a un
provocatorio dispiegamento di forze repressive e persino dell'esercito in difesa
del Summit, si impegna "ad agire nel pieno rispetto della città e di non
compiere attacchi contro alcuna persona, anche se in divisa".
D'altro canto non ha senso politico la "dichiarazione di guerra"
pronunciata dalle cosiddette "tute bianche" che è un modo piccolo
borghese, individualistico, anarchico e provocatorio di contrapporsi e
danneggiare le masse e in particolare le masse in lotta, perché mettono in
stato di allarme le forze repressive, alimentano un clima di tensione e di
terrore e impediscono la crescita della coscienza politica delle masse. Non è
infatti concepibile che da una parte si accetti e si teorizzi il pacifismo e la
non violenza a livello di massa e dall'altra ci si addestri pubblicamente
all'azione di guerriglia di piccolo gruppo di stampo militaristico, staccato e
in sostituzione all'azione di massa.
La risposta assecondante del GSF nei confronti del governo è il frutto
dell'attuale direzione e linea politica del movimento antiglobalizzazione e
delle varie componenti che vi confluiscono: ambientalisti, ecopacifisti,
femministe, movimenti per i diritti civili, associazioni culturali, ricreative e
del volontariato, organizzazioni non governative, anarchici, socialdemocratici,
revisionisti, neorevisionisti e trotzkisti, operaisti e anarcosindacalisti e la
forte componente cristiana e in particolare cattolica che fa capo direttamente
al papa e in Italia alla Cei, ma anche a tutto il variegato mondo
dell'associazionismo cattolico e missionario.
Tutte queste componenti sono accomunate sostanzialmente da una visione
idealista, pacifista e riformista, e quindi borghese, del mondo. Nessuna di esse
mette in discussione l'esistenza dell'imperialismo che viene per lo più
ignorato, a cominciare da quello del proprio paese, o quello europeo e, in
sostanza, anche quello americano. Ma a ben guardare nessuna mette in discussione
nemmeno la "globalizzazione", accettandola di fatto come un processo
inesorabile, e ponendosi solo l'obiettivo di eliminarne gli effetti più vistosi
e devastanti, di renderla più "umana", regolata secondo principi
"equi" ed "etici".
La parola d'ordine del GSF, "Un mondo diverso è possibile", ripresa
dal primo Forum sociale mondiale di Porto Alegre, in Brasile, del gennaio 2001 e
alla quale verrà aggiunto al secondo appuntamento che si terrà nel febbraio
2002 nello stesso luogo "Stiamo cominciando a costruirlo" sintetizza
tutta la concezione idealista e riformista che attualmente egemonizza il
movimento antiglobalizzazione.
Si tratta infatti di un "mondo diverso" di cui non si definisce né
tratti né caratteristiche e che al massimo coincide con un ecumenico,
interclassista e impossibile mondo che metta al centro l'"uomo" e non
il denaro.
Un mondo che sarebbe possibile costruire non combattendo e distruggendo il
capitalismo e l'imperialismo, ma nell'ambito del capitalismo stesso. La via
sarebbe quella della cosiddetta "democrazia partecipata", che ha la
sua espressione nel "Bilancio partecipato" già introdotto dalle
amministrazioni di "centro-sinistra" a Roma e Napoli, ossia del
controllo della "società civile" sull'operato degli Stati, delle
imprese e sul funzionamento del mercato da realizzarsi essenzialmente col
dialogo e la partecipazione alle istituzioni borghesi e alle organizzazioni e
alleanze imperialiste appositamente "riformate" e "cambiate"
dall'interno.
Noi non condividiamo né l'analisi, né la linea e la strategia dell'attuale
direzione del movimento antiglobalizzazione. La nostra adesione al GSF è il
frutto della politica di fronte unito che da sempre il nostro Partito attua sui
problemi che interessano e investono le masse e i popoli sfruttati e oppressi e
nasce dalla consapevolezza che il movimento antiglobalizzazione è
oggettivamente un movimento antimperialista anche se non ne è consapevole
perché privo di una ideologia, di una linea e di una direzione proletaria
rivoluzionaria.
Siamo consapevoli che attualmente il rapporto di forze all'interno di questo
movimento è sfavorevole al proletariato e al suo Partito, ma ciò non ci
impedisce di portare al suo interno la nostra analisi e la nostra linea
strategica e tattica, così come hanno fatto i compagni Denis Branzanti a Forlì
e Vincenzo Compositore a Firenze, nelle rispettive assemblee cittadine del
movimento, e come faremo a Genova dove andremo con la nostra linea e le nostre
insegne, suscitando contraddizioni e contrasti al fine di far assumere anche
soggettivamente al movimento una linea e una direzione autenticamente proletarie
rivoluzionarie.
LA NOSTRA LINEA
Per noi è infatti chiaro che proporre di lottare contro il neoliberismo e la
"globalizzazione" al di fuori del contesto generale della lotta contro
il capitalismo e l'imperialismo, che è la sua ultima fase, vuol dire attaccare
solo la politica economica dell'imperialismo e quindi deviare la lotta dei
popoli sul piano dell'economicismo e dell'anarco-sindacalismo.
Per noi è chiaro che non si può condurre una lotta "per l'umanità",
che, comprendendo tutto il genere umano, quindi anche gli imperialisti e i
governi che praticano il neoliberismo, non traccia alcun confine tra amici e
nemici, tra paesi che opprimono e paesi oppressi, e non stabilisce qual è il
nemico di classe e statale da combattere e abbattere.
Per noi è chiaro che con gli imperialisti non si può scendere a patti, non ci
si può illudere che essi si "umanizzino" e rinuncino al predominio,
allo sfruttamento e all'oppressione ma che vanno combattuti su tutti i piani la
loro strategia, i loro atti nonché i loro Stati, governi, alleanze e
istituzioni e organismi internazionali e che vanno spazzati via la Nato, la Ue,
l'Ueo, l'Osce e anche l'Onu.
è vero che certe organizzazioni e istituzioni internazionali, economiche e
finanziarie hanno un peso rilevantissimo negli affari dell'imperialismo e nel
mercato mondiale e che condizionano enormemente le politiche degli Stati
nazionali, non però fino al punto di annullare o ridurre al minimo il potere
politico ed economico dei singoli Stati, specie se questi Stati si chiamano Usa,
Ue, Giappone che anzi servono con diligenza.
Attaccare l'imperialismo da tutti i lati e in ogni parte del mondo, anche nelle
sue roccaforti, vuol dire indebolirlo, fiaccarlo, demonizzarlo, dividerlo e
disperdere le forze. Ma ci è anche chiaro che ciascun popolo deve mettere nel
mirino in primo luogo il "proprio" imperialismo.
Per questo riteniamo che il contributo più grande, più concreto e più
efficace che noi possiamo dare alla lotta contro l'imperialismo è quello di
combattere con tutte le nostre forze l'imperialismo italiano e il governo del
neoduce Berlusconi che ne regge le sorti, fino alla loro caduta e distruzione,
per l'Italia unita, rossa e socialista.
Per noi l'unico mondo diverso possibile è un mondo socialista, un mondo che
nasce dalle macerie dell'imperialismo e dalla conquista del potere politico da
parte del proletariato. Senza di che è impossibile emancipare l'umanità.
|