Arrestato Cragnotti per bancarotta fraudolenta nel crac Cirio
Indagati per associazione a delinquere e truffa Geronzi (Capitalia) e altri grossi banchieri
Dopo Calisto Tanzi e la Parmalat anche per la Cirio del bancarottiere Sergio Cragnotti sembra sia finalmente arrivata la resa dei conti.
La svolta nell'inchiesta aperta dalla procura di Roma oltre un anno e due mesi fa (vedi Il Bolscevico n.1/2004) è arrivata il 10 febbraio con la firma da parte del Gip Andrea Vardaro dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere presentata nei mesi scorsi dai sostituti procuratori Tiziana Cugini, Rodolfo Sabelli e Gustavo Marinis, coordinati dal procuratore aggiunto Achille Toro, contro Sergio Cragnotti accusato di bancarotta fraudolenta.
Cragnotti era sotto indagine già da diversi mesi con l'ipotesi di reato di corruzione, truffa, false comunicazioni sociali e bancarotta pluriaggravata e reiterata nell'ambito dell'inchiesta Cirio, iniziata dopo il fallimento del gruppo alimentare nel novembre 2002.
Nelle 123 pagine del provvedimento con cui il gip ha dato il via libera all'arresto dell'ex padrone della Cirio e della Lazio Calcio, Cragnotti è identificato come "il dominus di tutte le operazioni distrattive o, comunque, dolose evidenziate nel capo di imputazione". E per questo è reputato un soggetto di "elevata pericolosità" per il quale l'arresto è "l'unica misura adeguata alla salvaguardia delle esigenze cautelari". In particolare i magistrati ritengono che "qualunque altra misura sarebbe inidonea ad evitare il diretto controllo delle società estere e la possibilità che continui ad utilizzarle per reiterare condotte delittuose". Il timore, insomma, è che se rimanesse libero Cragnotti potrebbe ostacolare l'acquisizione delle prove e "la localizzazione e il recupero di eventuali somme provenienti dalle attività distrattive e non ancora disperse".
Il mandato di arresto nei confronti dell'imprenditore romano è stato accompagnato da altri fermi e ingiunzioni ai suoi più stretti collaboratori. Il Gip ha infatti ordinato la custodia cautelare in carcere anche per il figlio di Sergio Cragnotti, Andrea, e per il genero Filippo Fucile e ha emesso un provvedimento di arresti domiciliari per Paolo Micolini, amministratore per più anni della Cirio, e ha stabilito l'interdizione temporanea dall'attività di impresa per la figlia di Sergio Cragnotti, Elisabetta, e per l'amministratore Ettore Quadrani.
Sergio Cragnotti è stato prelevato dagli investigatori del nucleo regionale della Guardia di finanza nella sua azienda vinicola in Toscana, vicino Montepulciano.
Per quanto riguarda gli altri inquisiti i provvedimenti sono stati eseguiti in diverse regioni d'Italia e sono state prese in considerazione le circostanze del caso. Andrea Cragnotti e Filippo Fucile sono stati arrestati nelle loro case a Roma. Ettore Micolini, ex amministratore di varie società del gruppo Cirio, è stato raggiunto dal provvedimento del gip nella sua casa di Udine. Il gip ha concesso a Ettore Quadrani gli arresti domiciliari in considerazione delle sue condizioni di salute. La figlia di Cragnotti, Elisabetta, ha evitato l'arresto perché mamma di bimbi piccoli.
Alla notizia dell'arresto di Sergio Cragnotti l'attuale vertice della Cirio ha fatto intendere che potrebbe costituirsi parte civile. La Cirio infatti è in amministrazione straordinaria e il commissario Luigi Farenga ha dichiarato: "Potremmo essere interessati al processo penale, se viene avviato, ai fini di eventuali azioni di responsabilità verso Cragnotti come amministratore della Cirio".
Sul piano tecnico-giudiziario va precisato a tal riguardo che la procura di Roma indaga solo sul filone della bancarotta, mentre il resto delle indagini investono le procure di mezza Italia (Avellino, Torino, Monza, Firenze e Milano) che indagano per il reato di truffa derivante dalla non corresponsione dei bond ed hanno aperto altrettante inchieste sulla base delle denunce presentate nelle singole procure da alcuni dei 35 mila azionisti truffati.
Ed è proprio dalle indagini svolte in collaborazione fra le varie procure che giungono nuovi e inquietanti sviluppi sulla vicenda. I pm di Roma, Milano e Monza in particolare, ipotizzano che Sergio Cragnotti avesse in mente un progetto diabolico: partecipare come "socio occulto" a una cordata di imprenditori intenzionati a ricomprare società e aziende di Cirio al tribunale fallimentare di Roma utilizzando lo stesso denaro distratto illecitamente dal suo gruppo. Questo progetto architettato da Cragnotti, secondo i magistrati, era ancora in corso una settimana prima del suo arresto. Lo confermerebbero alcune conversazioni telefoniche intercettate, datate 5 e 6 febbraio 2004, in cui Cragnotti viene definito "l'uomo nero" e in cui si parla dell'iniziativa.
Inoltre dall'inchiesta svolta in collaborazione con i militari del nucleo regionale della Guardia di finanza della Lombardia è emerso che per architettare l'operazione ci furono numerosi incontri tra i componenti della cordata di imprenditori, "ai quali ha partecipato attivamente" anche Cragnotti non solo a Roma e in Francia a Cap Ferrat, ma anche nella tenuta di Montepulciano dell'ex presidente di Cirio, quella dove Cragnotti è stato arrestato.
Secondo gli accertamenti la cordata avrebbe impiegato i soldi del finanziere garantendogli, come si legge in un documento agli atti dell'inchiesta, "una remunerazione finale pari al 25% dell'utile sull'acquisto e la messa a frutto del gruppo Cirio".
Per questa operazione sono indagati, per impiego di denaro di provenienza illecita, Carlo Ronchi `advisor industriale' che avrebbe avuto il compito di mettere in piedi la cordata, il finanziere brasiliano Mario Garnero definito "portatore dell'interesse di Cragnotti" (del quale "gestisce i fondi"), e Marco Lippi, dirigente di Bnp Paribas di Milano, "consulente bancario" della stessa cordata.
Secondo gli inquirenti "questi soggetti rappresentano lo `zoccolo duro' dell'iniziativa nella quale, nel tempo, vengono chiamati in causa vari imprenditori italiani e stranieri", tra i quali un'industriale svedese del settore degli articoli sportivi che opera in Gran Bretagna, Johan Eliasch.
Nella vicenda è pesantemente coinvolto anche il Gotha dei banchieri italiani con alla testa il presidente del colosso bancario nazionale Capitalia (ex Banca di Roma), Cesare Geronzi, già iscritto il 5 dicembre scorso nel registro degli indagati della procura di Roma per bancarotta preferenziale e truffa e ora nuovamente inquisito a Milano per associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Insieme a Geronzi risultano indagati anche Rainer Masera e Luigi Maranzana, rispettivamente presidente e amministratore delegato del Sanpaolo Imi, Giovanni Benvenuto e Ganpiero Fiorani (presidente e amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi). Inoltre i pm milanesi Luigi Orsi, Laura Pedio e Gaetano Ruta hanno iscritto nel registro degli indagati per riciclaggio gli avvocati Paolo Sciumè e Roberto Gerosa.
Lo studio Sciumè, secondo gli inquirenti, è stato "l'advisor legale" della cordata di imprenditori capitanata da Carlo Ronchi, di cui Sergio Cragnotti era socio occulto, che aveva tentato di acquisire società o aziende Cirio con il denaro proveniente dalla bancarotta fraudolenta, in quanto distratto al Gruppo.
Nelle stesse ore in cui Cragnotti veniva arrestato, il sostituto procuratore di Monza, Walter Mapelli, ha iscritto nel registro degli indagati altri 27 dirigenti di vari gruppi bancari tra cui spiccano Paolo Rossi di Akros, Roberto Notarbartolo di Villarosa, di Ras Finanziaria, Fabio Arpe di Abaxbank e Raffaele Martino di Caboto. L'accusa per tutti è di concorso in truffa aggravata, con l'ipotesi che i titoli e i bond Cirio siano stati venduti ai risparmiatori privati nonostante il sistema bancario fosse a conoscenza della grave situazione finanziaria in cui versava il gruppo di Sergio Cragnotti.
Dalle indagini inoltre emerge sempre più chiaro un losco intreccio di interessi fra la Parmalat di Tanzi e la Cirio di Cragnotti le cui vicende politiche, economiche e giudiziarie sono legate da un lungo mercimonio. Infatti tra le "pendenze" di Cragnotti, ci sono anche l'affare della Centrale del Latte di Roma, poi ceduta alla Parmalat. E la vicenda Eurolat, "vaso di Pandora" del crac della Parmalat a partire dalla sede della controllata nel paradiso offshore delle isole Cayman e della lettera di credito falsificata di Bank of America.

3 marzo 2004