Alle elezioni comunali e provinciali del 13 giugno
NELLE AMMINISTRATIVE PROSEGUE L'ASCESA DELL'ASTENSIONISMO
A NAPOLI E' AL 48,1%

D'Alema bara. I DS perdono anche alle amministrative e nelle loro roccaforti. Per la prima volta Bologna al ballottaggio. A Firenze l'astensionismo cresce del 13,5%, mentre i DS perdono l'8,8%. Il PRC tracolla e si offre al "centrosinistra". La Lega ai minimi termini. Il Polo se ne avvantaggia

Il 13 giugno, oltre che per le elezioni europee, si votava anche il rinnovo di numerosi consigli provinciali e comunali, fra cui 66 province e 28 comuni capoluogo. Complessivamente oltre 30 milioni di elettori sono stati coinvolti da queste elezioni. Purtroppo, come e più di sempre, è stato pressoché impossibile avere un quadro completo di questa tornata. Dal Ministero degli Interni i dati sono arrivati in ritardo e incompleti, nessun dato sull'astensionismo (non voto, voto nullo e bianco) è stato diffuso e soprattutto mancano completamente dati assoluti riassuntivi e i relativi raffronti con le passate elezioni. Anche la stampa di regime si è guardata bene dal pubblicare i risultati delle singole province e comuni con i voti assoluti e si è limitata a una parziale pubblicazione di dati in percentuale riferiti ai soli voti validi che, in presenza di un forte astensionismo, risultano così artificiosamente gonfiati.
Il Bolscevico ancora una volta ha dovuto impegnarsi notevolmente per elaborare autonomamente tabelle e dati che potessero in qualche modo consentire un'analisi quanto più reale e approfondita possibile. Per ora la nostra elaborazione si è occupata di 22 province su 66 e di 9 comuni capoluogo su 28 le cui tabelle ritroverete in questo stesso giornale. Un quadro ancora incompleto ma sufficiente per ottenere gli elementi fondamentali che emergono da questa tornata anche perché si tratta delle province e dei comuni capoluogo più importanti e rappresentativi.
Ciò che emerge a prima vista è che anche nelle amministrative prosegue inesorabile l'ascesa dell'astensionismo. Dalle precedenti provinciali e comunali del 1995, l'astensionismo aumenta mediamente del 7-8%. Eccezionale il dato di Napoli dove quasi un elettore su due non è andato a votare per il rinnovo del consiglio provinciale. L'astensionismo è infatti stato del 48,1% con un incremento del 10,7% rispetto alle precedenti provinciali. Sopra il 40% anche nelle provinciali a L'Aquila, Campobasso, Isernia e Bari.
L'elemento comunque più significativo è che i maggiori incrementi si registrano nelle regioni tradizionalmente egemonizzate dalla Quercia. In Toscana alle comunali di Firenze e Prato l'incremento è rispettivamente del 13,5% e 12,9%, mentre alle provinciali di Pistoia è dell'11,5%. In Emilia Romagna alle comunali di Bologna l'incremento è stato dell'8%, a Forlì del 9,0%, a Reggio Emilia dell'8,6%. In Umbria, l'astensionismo ha segnato +8,4% a Perugia e +6,5% a Terni. A Macerata, nelle Marche, è stato +8,1%. Significativi anche i dati di Milano e Torino dove l'astensionismo cresce alle provinciali rispettivamente del 7,2% e del 7,8%.
L'astensionismo sale soprattutto là dove più evidente è il calo dei DS che pagano anche a livello amministrativo l'appoggio alla guerra alla Jugoslavia e la loro politica sociale a livello governativo, ma anche le loro responsabilità storiche nei governi locali. Anzi in alcuni casi come Bologna, dove i DS hanno ottenuto meno voti alle comunali di quelli ottenuti a livello cittadino nelle contemporanee elezioni europee, risulta chiara la volontà dell'elettorato di punire precisamente la politica dell'amministrazione di "centro sinistra" del capoluogo emiliano.
D'Alema ha tentato di ridimensionare la batosta subita dal suo governo e dal suo partito alle elezioni europee sostenendo la tesi che i voti persi in quella consultazione sono stati "recuperati nelle amministrative". Sta barando sfacciatamente. Anche nelle amministrative i DS subiscono delle vere emorragie di voti tanto da ridurlo a un partito che naviga, a parte qualche sporadica punta, fra il 10 e il 20% degli elettori. Particolarmente cocenti sono i tracolli subiti nelle proprie roccaforti come Bologna dove i DS perdono il 14,2% alle provinciali e il 13,0% alle comunali e dove per la prima volta dal dopoguerra si dovrà andare al ballottaggio per eleggere il sindaco. A Firenze il calo dei DS alle provinciali è del 12,1% e alle comunali dell'8,8%. A Reggio Emilia è del 10,2% alle provinciali e del 10,4% alle comunali. A Forlì è calato del 7,9% alle provinciali e del 7,2% alle comunali.
In partenza il "centro sinistra" governava 56 province su 66 e 23 comuni capoluogo su 28. Alle provinciali, è riuscito a conquistare al primo turno solo 30 province ed è in vantaggio al ballottaggio solo in altre 14. Nei comuni capoluogo ha conquistato al primo turno 13 sindaci ed è in vantaggio al ballottaggio solo per altri 6. Anche là dove è riuscito a confermare il sindaco o il presidente della provincia al primo turno ciò è avvenuto con percentuali assai al di sotto di quelle ottenute appena quattro anni fa. Altro che "recupero".
Anche al PRC le cose non sono andate meglio. Ovunque ha pressoché dimezzato i propri consensi. A Vercelli, nonostante si fosse presentato coi Verdi, ha perso il 7,0% degli elettori, a Pistoia ha perso il 5%, a Prato il 4,8%, a Torino il 4,5%, a Macerata il 4,3%, a Napoli, 3,5%. Inutile cercarne una ragione nei voti presi dal PdCI di Cossutta. Non solo perché questi ultimi non bastano a coprire le perdite ben superiori del PRC, ma soprattutto perché è ben più credibile che i voti a Cossutta provengano dalla sinistra dei DS. Lo stesso vertice di Rifondazione peraltro ha ammesso che gran parte dei voti persi sono andati all'astensionismo nella misura almeno del 56%, come alcuni rilevatori statistici quantificano.
Tanto è bastato agli imbroglioni e opportunisti dirigenti di Rifondazione per calarsi le brache speranzosi di esser riaccolti a braccia aperte nel governo, cominciando con la tappa di riavvicinamento nei governi locali. La segreteria del PRC ha infatti immediatamente invitato le proprie strutture di partito "ad aprire un confronto in occasione dei ballottaggi con le forze del centro sinistra per giungere a formali accordi di apparentamento sulla base di convergenze programmatiche e di pari dignità fra le forze politiche". Non si sa ancora se, in che misura e a quali condizioni il "centro sinistra" accoglierà le profferte di Bertinotti. Resta il fatto che l'elettorato di Rifondazione in gran parte manda un segnale da sinistra astenendosi e questo partito coglie l'occasione per virare ancora più a destra preoccupandosi soprattutto di non uscire definitivamente dal gioco governativo.
Queste elezioni segnano anche la frana della Lega di Bossi. Perde 3 province su 4 e solo a Bergamo va al ballottaggio.
Il Polo risulta avvantaggiato, dal punto di vista dei governi che andrà a conquistare, dal calo del "centro sinistra", dal crollo della Lega e dall'assenza della Lista Bonino alle amministrative. Ciononostante sia Forza Italia e soprattutto AN perdono generalmente cospicui voti rispetto alle passate amministrative. A ulteriore dimostrazione che non si tratta di spostamento a destra dell'elettorato, ma di una delegittimazione complessiva attraverso l'astensionismo dei partiti del regime.
Una delegittimazione ancor più vistosa nei riguardi dei DS e del PRC che sono visti dall'elettorato di sinistra come i responsabili diretti e principali o corresponsabili, ormai senza più alcuna attenuante, della politica neoliberista, affamatrice e interventista del governo dal centro alla periferia.
L'astensionismo non solo è un fenomeno in continua crescita, ma è dimostrato che l'elettorato lo usa in modo sempre più cosciente e consapevole. Gli elettori ormai non esprimono più un voto di appartenenza. E' risultato particolarmente chiaro in queste elezioni dove si è potuto mettere a confronto in alcune città i voti espressi in tre diverse consultazioni: europee, provinciali e comunali. Ebbene gli elettori hanno espresso un voto diversificato e articolato. Hanno scelto l'astensione in un tipo di consultazione e il voto a un partito in un'altra; hanno scelto un partito alle elezioni amministrative e un altro per quelle europee. Insomma, hanno valutato, vagliato, hanno scelto con cognizione di causa e là dove hanno scelto di astenersi erano consapevoli di punire così i partiti del regime, il governo centrale o locale, l'Ue.
Per l'elettorato di sinistra si tratta ora di proseguire nella qualificazione dell'astensionismo facendogli assumere un chiaro e inequivocabile carattere anticapitalista e antimperialista, inquadrando questa scelta elettorale nella lotta di classe per il socialismo che resta il terreno decisivo per combattere il governo guerrafondaio del rinnegato D'Alema e i governi locali, la seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista e realizzare l'Italia unita, rossa e socialista.