Dibattito alla Camera sulla politica estera dell'Italia
BERLUSCONI: IL VERO
EUROPEISTA SONO IO E FACCIO COME MI PARE
Fassino rivendica al
"centro-sinistra'' la primogenitura europea
BERTINOTTI REGGICODA DEGLI EUROPEISTI IMPERIALISTI
Dopo aver licenziato il ministro
degli Esteri Ruggiero e assunto personalmente la guida della Farnesina il neoduce
Berlusconi si è recato alla Camera per una "informativa urgente'' sulla politica
estera del governo. L'intervento era stato sollecitato da Ciampi, preoccupato di
rassicurare i partner europei sulla continuità della politica europeistica dell'Italia.
Berlusconi l'ha accontentato, ma senza cedere di un millimetro dalla linea di stampo
mussoliniano che sta mostrando ormai apertamente anche in politica estera, e che si
esprime nel rivendicare più spazio per l'imperialismo italiano all'interno dell'Unione
europea. Infatti ha iniziato il suo intervento ribadendo che "la posizione
dell'Italia in Europa è salda, come sempre e forse più di sempre'', e minimizzando come
una "febbriciattola mediatica'' il caso Ruggiero e come una commedia tipo "molto
rumore per nulla'' le accuse di antieuropeismo rivolte al suo governo dal
"centro-sinistra'' e da alcuni esponenti di governi socialdemocratici europei.
Quella di Ruggiero non è stata una defenestrazione ma, a detta del neoduce, una
"cessazione di comune accordo della collaborazione'', e del resto l'ex ministro degli
Esteri aveva assunto il mandato "a tempo limitato per ragioni e per impegni
personali''. Quindi non c'è nessun cambiamento di rotta nella politica dell'Italia di
adesione all'Unione europea, ha rassicurato il neoduce, "ma nessuno - ha sottolineato
alzando la voce con piglio ducesco e scatenando gli applausi dei deputati di Forza Italia,
AN e Lega - può pensare di metterci sotto tutela o, peggio, di considerarci, o trattarci
come soggetti a sovranità limitata. E se un politico un po' gigione (allusione al
ministro degli esteri belga, ndr) ci dà le pagelle, solo perché si sente rafforzato
dalla presidenza di turno, ci limitiamo a sorridere come sempre facciamo di fronte alle
battute goffe e fuori posto''.
Al "centro-sinistra'' che lo attacca ha ricordato di aver proposto Giuliano Amato,
"al quale portiamo da sempre una sincera stima personale'', alla presidenza della
Convenzione che dovrà stilare la Costituzione europea, poi eletto vice presidente
avendogli il Consiglio europeo preferito il francese Giscard D'Estaing. E ha citato a
sostegno delle sue posizioni uno scritto del DS Napolitano, socialdemocratico ed
europeista di antica fede, secondo cui "non bisogna mai cadere in un acritico
ossequio al culto di un'Europa ancora, per tanti aspetti, da riformare e da costruire''.
EUROPEISMO E NAZIONALISMO
"Noi, da parte nostra - ha quindi continuato Berlusconi ribadendo il concetto che la
difesa degli interessi nazionali non è incompatibile con l'integrazione imperialista
europea - continueremo a lavorare contro ogni visione dirigistica, centralistica e
burocratica del processo di integrazione...l'Italia saprà far sentire la propria voce per
tutelare l'interesse nazionale di pari passo con l'interesse comune a un'integrazione
spedita ed efficiente, ma solidamente legittimata passo dopo passo''.
A questo proposito ha aggiunto con sarcasmo, rivolto ai banchi di sinistra, che il suo
europeismo non ha "niente da spartire con l'eurofurore dei nuovi convertiti'', ma
affonda le radici nell'europeismo di matrice degasperiana, e cioè cristiano, occidentale,
anticomunista e atlantico. Per poi vaticinare, come Mussolini, un ruolo speciale
dell'Italia nel processo storico di integrazione europea, ricollegandolo non a caso
all'impero romano, che ha "creato quel diritto e quella cultura che ha fatto delle
differenti etnie europee dei cives romani'', e al "Cristianesimo che fuse Ellenismo e
Romanità'' e che sta alla base dell'idea d'Europa prima ancora della politica.
Dopo aver piantato saldamente questi paletti il neoduce ha invitato la "sinistra
italiana'' a compiere fino in fondo la sua "riforma liberale'', come ha già fatto la
"sinistra più avanzata'' europea, ironizzando sull'"imbarazzo in cui devono
trovarsi certi dirigenti sindacali, impegnati in un ciclo di scioperi dalla incerta
caratterizzazione sociale e dalla sicura impronta politica, nell'apprendere che l'Europa
da loro tanto sbandierata chiederà apertamente, domani a Strasburgo e per bocca della
Commissione presieduta da Romano Prodi, politiche di innalzamento dell'effettiva età
pensionabile e di decremento della pressione fiscale''.
E dopo aver ribadito con puntiglio che egli resterà alla Farnesina "tutto il tempo
necessario'' a darle una nuova impronta per promuovere adeguatamente il capitalismo
italiano nel mondo "con tutta la forza e tutto il peso politico, economico e
culturale che esprime la nazione'', Berlusconi ha voluto chiudere il suo intervento
rivendicando con arroganza per il suo governo la legittimità dei suoi attacchi
all'indipendenza della magistratura e per condizionare i processi in cui è implicato.
"Che l'Europa possa diventare la nuova frontiera del giustizialismo o di altre forme
di intolleranza verso la dignità della persona è per noi escluso in linea di
principio'', ha detto infatti il neoduce tra gli applausi scroscianti dei banchi della
Casa del fascio. E rivolto idealmente con aria di sfida a chiunque intenda sbarrargli la
strada, ha così concluso il suo discorso: "Noi siamo sempre stati aperti al dialogo,
e lo siamo ancora oggi. Ma, abbiatelo ben chiaro, devono saperlo tutti, non ci lasceremo
intimidire per nessuna, nessuna ragione al mondo''.
Un proclama, il suo, che rimanda direttamente al suo maestro Craxi, e in particolare a
quel "non mi farò piegare dalla piazza'' che coniò in occasione del decreto
fascista con cui abolì la scala mobile. E, prima ancora, al suo più antico maestro
Mussolini, e al suo famigerato "noi tireremo diritto'', con cui il duce del fascismo
sfidò la politica di sanzioni della "Società delle nazioni'' per l'aggressione
colonialista all'Etiopia.
IMPOTENZA DEL "CENTRO-SINISTRA''
Come al solito, all'arroganza mussoliniana del neoduce di Arcore, ha fatto riscontro una
manifestazione di totale impotenza dei leader rimbambiti e codardi
dell'"opposizione''. Questo per la semplice ragione che non possono smascherare
l'imperialismo europeo e italiano, così inoppugnabilmente rivendicato da Berlusconi, in
quanto anch'essi ne sono da tempo dei convinti sostenitori. E così non resta loro altro
che mettersi in concorrenza sul suo stesso piano, per cercare di dimostrare che il loro
europeismo (leggi sostegno all'imperialismo europeo) è più convinto e genuino del suo.
Ecco allora il leader dell'ulivo, Rutelli, accusare Berlusconi di aver fatto uscire
l'Italia "dal solco che ha tenuto per cinquant'anni'', e rivendicare invece senza
alcun ritegno alla sua compagine la continuità storica della politica europeistica
italiana portata avanti da De Gasperi, Spinelli, Moro, e perfino da Craxi e Andreotti. Ed
ecco il neo segretario DS, Fassino, rivendicare ai governi di "centro-sinistra'' i
meriti di aver portato l'Italia nella Ue, con l'euro, il trattato di Schengen, la politica
agricola comune ecc., "varando manovre con i sacrifici necessari ad agganciare
l'Europa mentre voi del Polo scieglievate l'Aventino''. Arrivando addirittura a proclamare
che "noi non abbandoneremo la scelta europea: se sarete un governo che tutela gli
interessi europei, bene. Altrimenti noi ci assumeremo le nostre responsabilità per far
sì che l'Italia non esca dall'Europa''.
Nemmeno l'imbroglione trotzkista Bertinotti, che pure ne avrebbe avuto un'ottima
occasione, è uscito da questo ambito di corale filoeuropeismo. Anziché attaccare e
smascherare l'imperialismo europeo e italiano, ha sviluppato il suo intervento unicamente
nella critica alla mancanza di "autonomia'' dell'Unione europea rispetto agli Usa,
dando per scontato che l'Europa di Maastricht, fino a ieri l'altro accusata dal PRC di
essere l'Europa dei ricchi e dei monopoli contro i lavoratori, sia ormai "una cosa
molto importante ed un obiettivo'' (testuale, ndr) per il movimento operaio; e che
"la moneta unica è certamente buona cosa'', tanto che "in tanta parte del mondo
si guarda ad essa con interesse''.
Per l'imbroglione trotzkista, però, l'integrazione monetaria non basta, occorre
evidentemente che la Ue si rafforzi anche sul piano politico e militare per fare
concorrenza all'imperialismo Usa, perché, dice Bertinotti, "senza autonomia rispetto
alla globalizzazione capitalistica, senza autonomia rispetto agli Stati Uniti d'America;
senza autonomia, sotto la moneta niente. Infatti, l'Europa, come soggetto politico, non
c'è''. In questo modo, quindi, Bertinotti si appiattisce pari pari sulla posizione
dell'altro falso comunista, Cossutta, collocandosi alla "sinistra'' dello
schieramento europeista, che abbraccia a questo punto l'intero parlamento nero, dalla casa
del fascio al PRC.
Non a caso, a dibattito concluso, fonti del Quirinale hanno espresso tutta la
soddisfazione di Ciampi perché "il passaggio parlamentare - obbligato dopo le
dimissioni di Ruggiero - ha posto in evidenza pur con diverse sfumature che il 90 per
cento del parlamento è per l'Europa. Unanimità peraltro già dimostrata in occasione del
voto del 28 novembre sulla partecipazione dell'Italia al conflitto in Afghanistan''.
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