Un progetto targato P2, Craxi
Berlusconi deciso a separare le carriere dei magistrati
Come sotto la dittatura fascista di Mussolini
Vuole assoggettare i pubblici ministeri al governo

Non c'è nulla da fare, l'appetito vien mangiando: vista la facilità con cui ha ottenuto la legge che lo salva dai processi finché resta in carica, Berlusconi vuole fare il bis e realizzare con lo stesso metodo fraudolento (emendamento inserito in una legge ordinaria per far passare una modifica costituzionale) la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici.
Lo ha annunciato lui stesso l'8 luglio in una conferenza stampa alla presenza del presidente svizzero, e riconfermato poco dopo davanti al vertice dell'Unione delle camere penali, ricevuti a Palazzo Chigi: molto presto, entro l'ultima settimana di luglio, ha detto Berlusconi, il governo presenterà un emendamento alla sua stessa legge di "riforma" dell'ordinamento giudiziario attualmente in discussione alla Commissione giustizia del Senato, per stabilire l'"assoluta separazione delle carriere" dei magistrati. Operazione secondo lui legittimata dal suo stesso documento sul semestre europeo, che prevede "sia la riforma dell'ordinamento giudiziario, sia la riforma della procedura penale". E poiché "dentro c'è l'assoluta separazione delle carriere - ha concluso il neoduce con logica da gioco dei bussolotti - la presenteremo come emendamento rispetto al disegno di legge che è già in parlamento".
Poche ore prima, parlando ad un convegno sul diritto fallimentare, il ministro della Giustizia, il leghista Castelli, aveva battuto sullo stesso tasto caro al neoduce annunciando che entro due mesi "il ministro Bossi presenterà un disegno di legge costituzionale che prevede la separazione delle carriere, l'elezione diretta dei pm e possibilmente la loro regionalizzazione". Cioè un progetto perfettamente in sintonia con quello berlusconiano, ma se possibile ancor più radicale e fascista, puntando scopertamente ad ottenere una "magistratura padana" al servizio dei caporioni neofascisti, razzisti e secessionisti della Lega, come ha confermato ai giornalisti lo stesso Castelli: "Se voi leggete La Padania - ha detto il ministro - vedrete che quello della separazione delle carriere è uno dei dieci punti che ci siamo prefissati. Anche il presidente del Consiglio Berlusconi è d'accordo, solo che lui preferisce parlare di un emendamento al testo di riforma dell'ordinamento giudiziario".

CONTRADDIZIONI NELLA MAGGIORANZA
Più fredda e cauta, invece, la posizione degli altri due componenti della maggioranza, AN e UDC, nei confronti della nuova offensiva del neoduce e della Lega contro la magistratura, a conferma che le contraddizioni nella Casa del fascio sono tutt'altro che "risolte", malgrado le ripetute affermazioni di Berlusconi sulla "salute" della sua compagine di governo dopo la "verifica". Il fascista La Russa, che pure insieme a Vietti (UDC), Gargani (FI) e Castelli fa parte del "comitato di saggi" che ha redatto il maxiemendamento per la "riforma" dell'ordinamento giudiziario in discussione al Senato, ha dichiarato infatti: "Noi di questa storia della separazione delle carriere non sappiamo nulla. è sicuramente un equivoco". E ha ribadito che i patti sottoscritti nella maggioranza prevedono la separazione delle "funzioni" e non delle carriere dei magistrati. Anche il centrista Vietti, sottosegretario alla Giustizia, non ha voluto commentare le sortite di Berlusconi e Castelli e ha ribadito che oltre il maxiemendamento sulla separazione delle "funzioni" è impossibile andare, in quanto "è il massimo punto di equilibrio tra innovazione e Costituzione".
In che cosa consiste esattamente questa distinzione tra separazione delle "funzioni" e delle carriere, messa in evidenza dalle contraddizioni interne alla Casa del fascio? Il ddl sulla "riforma" dell'ordinamento giudiziario era stato presentato nel marzo 2002 dal ministro Castelli. Dopo il clamoroso sciopero di protesta dei magistrati, proclamato dall'Anm per la prima volta dopo ben 11 anni, aveva subito una prima serie di emendamenti che ne avevano attenuato gli aspetti più sfacciatamente anticostituzionali. Ma nel marzo scorso il governo era tornato alla carica, con un maxiemendamento sulla separazione delle "funzioni" tra pm e giudici basato su un meccanismo di concorsi a ostacoli che rende praticamente impossibile il passaggio da una carriera all'altra. L'obiettivo, come ha denunciato il presidente dell'Anm, Bruti Liberati, era quello di erodere i poteri del Csm e gerarchizzare la magistratura per renderla comunque succube dell'esecutivo. Una separazione delle carriere di fatto, insomma, anche se formalmente chiamata in modo diverso.

METODI PRESIDENZIALISTI
Ma ora il neoduce, galvanizzato dal successo ottenuto col "lodo Maccanico", e per mettersi al riparo per sempre dai processi, non si accontenta più neanche del maxiemendamento voluto dalla sua stessa maggioranza, e vuole un'"assoluta" e dichiarata separazione delle carriere, da attuare neanche con una modifica alla Costituzione, ma addirittura per legge ordinaria con un emendamento al maxiemendamento governativo. Con ciò violando doppiamente la Costituzione, nel merito e nel metodo, dato che ormai sta facendo diventare prassi ordinaria la pratica presidenzialista di far passare leggi di peso costituzionale attraverso emendamenti a leggi ordinarie già in discussione, per bruciare i tempi saltando le complesse procedure previste dall'art. 138 della Costituzione per le modifiche alla stessa.
Nel merito, la separazione delle carriere tra pm e giudici, stravolge completamente gli articoli 104 ("La magistratura costituisce un organo autonomo e indipendente da ogni altro potere") e 107 ("I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni") della Costituzione. E perciò, specie se accompagnata, come nei piani del neoduce, dall'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale (art. 112 della Costituzione) e dalla trasformazione della polizia giudiziaria in un corpo separato e non più alle dipendenze della magistratura inquirente, la separazione delle carriere è lo strumento più efficace per assoggettare completamente la magistratura al potere esecutivo: come accadeva durante la dittatura fascista mussoliniana e come era previsto nel "piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli e nel disegno di "grande riforma" di Craxi.
Con la separazione delle carriere, infatti, il pm diventerebbe, come ammette tranquillamente il ministro Castelli accampando l'adeguamento a un presunto standard europeo, "un funzionario del governo". La forte gerarchizzazione introdotta nella magistratura lo relegherebbe al gradino più basso della scala delle carriere, quello dei principianti, i più facilmente ricattabili e controllabili dal potere esecutivo. Privato del supporto della polizia giudiziaria e costretto a indagare da solo. E soggetto oltretutto alla tentazione di lasciar perdere le inchieste più "scomode", dal momento che non sarà più obbligato ad aprirle anche di fronte all'evidenza del reato. Gli basterebbe appunto tirare a campare aspettando le inchieste "prioritarie" accuratamente selezionate dal governo o dai suoi superiori.
Se a tutto questo si aggiungesse anche, come nel disegno berlusconiano, il potere di avocazione quasi illimitato delle inchieste da parte dei procuratori generali, il cerchio sarebbe praticamente chiuso, dato che per il governo sarebbe più facile controllare un pg piuttosto di alcune centinaia di pm.