Un flop del capitalismo. imprevidenza del governo Berlusconi
L'Italia al buio dal Trentino alla Sicilia per 14 ore consecutive
Respingere la campagna per nuove centrali elettriche e nucleari. Rinazionalizzare l'Enel e cancellare tutte le privatizzazioni nel settore energetico
PUNTARE SULLE ENERGIE RINNOVABILI

A distanza di 10 giorni dal criminale black out elettrico che a partire dalle 3:01 di domenica 28 settembre ha paralizzato la Penisola per 14 ore consecutive, il governo del neoduce Berlusconi non è ancora in grado di dare una spiegazione plausibile né sulle cause tecniche né tantomeno sulle responsabilità politiche che hanno provocato il disastroso evento senza precedenti nella storia del nostro Paese e procurato la morte di 3 persone, sia pur in modo indiretto, danni per centinaia di milioni di euro soprattutto nei settori agro alimentare e della grande distribuzione e gravi disagi negli ospedali e nei trasporti.
Al momento ci sono 8 inchieste avviate dalle procure di Roma e Torino, che indagano per disastro colposo, a cui si aggiungono le inchieste amministrative dell'Autorità italiana per l'energia e il gas, del ministero delle Attività produttive, del Grtn (Gestore della rete nazionale di trasporto), del ministero dell'energia svizzero, del gestore della rete elettrica francese (Rte) e quella della commissione Ue per l'energia e i trasporti, per cercare di capire cosa ha provocato il contemporaneo distacco delle due linee di trasmissione ad alta tensione che attraversano le Alpi e vengono utilizzate dall'Italia per importare energia elettrica dai versanti francese e svizzero. 8 inchieste che finora sono servite solo ad amplificare il rimpallo delle responsabilità e lo scambio di accuse fra le autorità italiane, svizzere e francesi al punto che ancora oggi tutte e tre le ipotesi: dolo, attentato o sabotaggio volontario avanzate al momento del black out restano valide.
Secondo la ricostruzione fatta dai tecnici dell'Entrans, il centro di coordinamento elvetico del sistema elettrico europeo, il black out è stato provocato da un acquazzone di fine estate abbattutosi sulle Alpi Occidentali e Centrali al confine con Francia e Svizzera che ha provocato il distacco contemporaneo delle due linee ad alta tensione, quella ordinaria e quella di emergenza, che alimentano l'Italia nelle ore notturne. La prima interruzione della linea ordinaria di 380 mila volt è avvenuta alle 3,01 a causa di un albero caduto su un traliccio nel versante svizzero. La seconda interruzione si è verificata invece sulla linea di emergenza alle 3,25 sul versante francese messa fuori uso per pochi secondi da un fulmine. Due banali incidenti insomma che gli stessi tecnici definiscono di "ordinaria amministrazione'' perché si verificano con una certa frequenza durante tutto l'anno, sono bastati per causare il distacco dell'Italia da tutta la rete europea interconnessa con Francia, Svizzera, Austria e Slovenia.
A partire dal Friuli, Trentino, Veneto e poi Lombardia, Emilia e Toscana, in pochi minuti, il black out ha oscurato l'intera penisola ad eccezione della Sardegna che è allacciata su una diversa linea elettrica sottomarina.
La prima domanda è: come mai fra tutti i Paesi europei interconnessi solo l'Italia è rimasta al buio?
Al momento del black out la rete italiana stava assorbendo appena 20.000 megawatt, cioè meno della metà del fabbisogno medio giornaliero che ammonta a circa 45 mila megawatt. Il problema è che oltre un terzo, circa 6.400 megawatt, della potenza in uso in quel momento veniva importata dalla Francia e dalla Svizzera mentre, per risparmiare sui costi, la quasi totalità delle centrali elettriche italiane in mano ai privati erano praticamente spente.
Dunque la privatizzazione dell'Enel, delle centrali e di tutta la rete di distribuzione dell'energia elettrica avviata da Prodi e dai governi di "centro-sinistra'' con alla testa il rinnegato D'Alema e ora portata alle estreme conseguenze dal governo del neoduce Berlusconi è la causa principale del black out.
In tutti i paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, dove è stata adottata, la privatizzazione dell'energia ha prodotto solo danni: bollette alle stelle, servizio peggiore e meno affidabile e soprattutto più pericoloso e inquinante.
L'Italia produce l'83% dell'energia elettrica di cui ha bisogno e in teoria sarebbe già oggi immune da black out di queste proporzioni. La maggior parte di questa energia viene consumata dalle grandi industrie. Terziario e uso domestico si dividono il 38% e il rimanente 2% è per l'agricoltura.
In pratica però succede che i gestori privati per incrementare i loro già lauti profitti nelle ore in cui c'è una minore richiesta di potenza, specie nei fine settimana e nelle ore notturne, spengono le centrali italiane e importano energia dall'estero a costi molto vantaggiosi.
La Francia è uno dei paesi europei dove le centrali nucleari producono a ritmo continuo migliaia di megawatt al giorno. Nei fine settimana, quando i consumi dell'utenza interna calano, le linee francesi rischiano però di andare in sovraccarico. La potenza prodotta non può essere immagazzinata perché ciò avrebbe dei costi altissimi e pertanto essa viene smaltita svendendola ai gestori privati italiani e stranieri che ne fanno richiesta. Inoltre per risparmiare ancora di più sui costi i gestori privati italiani non hanno approntato nemmeno un piano di emergenza a livello nazionale per far fronte a incidenti come quello del 28 settembre e per giunta hanno ridotto il personale tecnico in servizio ai minimi termini.
In Italia le centrali termoelettriche, cioè quelle che producono energia bruciando gas, idrocarburi e carbone e che pertanto hanno un rendimento bassissimo, intorno al 50% e un tasso di inquinamento altissimo), forniscono il 70% di tutta l'energia elettrica di cui abbiamo bisogno. Per entrare in funzione, iniziare il processo di combustione e quindi la trasformazione di energia termica in energia elettrica, una centrale di questo tipo ha bisogno di diversi megawatt di potenza per "accendersi'' e di alcune ore di "riscaldamento'' prima di entrare in pieno regime di produzione.
Se al momento del black out queste centrali fossero state mantenute "calde'' facendole lavorare almeno a basso regime il problema poteva essere risolto in pochi minuti. Invece, sempre in nome della ricerca del massimo profitto, i gestori privati le avevano completamente spente e quindi non erano in grado di farle entrare in funzione tempestivamente.
Per rendersi conto della criminale gestione della rete elettrica nazionale, basti pensare che l'interruzione delle due linee sul versante francese e svizzero ha procurato una diminuizione di appena il 20% sul totale dell'energia elettrica che in quel momento l'Italia stava consumando. Ma ciò è stato sufficiente per mandare in black out l'intero sistema perché le poche centrali in funzione sono andate tutte in sovraccarico una dopo l'altra e poi ci sono volute ore e ore per reperire i megawatt necessari e far ripartire tutte le centrali termoelettriche e ripristinare il servizio su tutto il territorio nazionale.
A dir poco scandalosa è stata la gestione dell'emergenza da parte del governo e del Grtn nelle regioni del Sud. Qui infatti sono installate alcune delle più potenti centrali termoelettriche e il prezzo pagato in termini di danni ambientali per produrre migliaia di megawatt al giorno in parte convogliati e utilizzati nelle industrie del Nord è altissimo. Ma mentre al Nord il black out è durato alcune ore, al Sud l'emergenza è rientrata solo nella tarda serata di lunedì con le province di Enna e Catania che hanno riavuto la corrente solo 14 ore dopo il distacco.
Altro che "errore umano'' come tentano di giustificarsi governo e Grtn! Le responsabilità maggiori ricadono invece proprio sul governo e sul gestore della rete che non hanno fatto niente per prevenire il pericolo mantenendo attive alcune centrali di riserva pronte a intervenire in tempi rapidi per evitare il disastro. Una situazione a dir poco drammatica confermata fra l'altro anche dal fatto che molti ospedali e sale operatorie di grandi città, come ad esempio Napoli, sono sprovviste di generatori e quelle che ce l'hanno erano a secco di gasolio o mal funzionanti.
La colpa del black out dunque non è degli italiani che, secondo il ministro forzista Antonio Marzano, hanno sbagliato a votare a favore del referendum contro le centrali nucleari nel 1987. E non è nemmeno vero che l'Italia ha urgente bisogno di costruire nuove centrali come ha dichiarato a Napoli il capo dello Stato Ciampi. Bisogna respingere con forza questa nuova campagna a favore del nucleare e per la costruzione di nuove centrali termoelettriche altamente inquinanti e dannose per l'ambiente e poco redditizie sostenuta da Marzano e dalla Confindustria che invece di riconoscere le proprie responsabilità minacciano e ricattano un intero Paese con lo spauracchio del rischio black out permanente per far passare la loro criminale politica energetica.
"La questione energetica è diventata ormai emergenza nazionale - ha sentenziato in un documento Confindustria -. è indispensabile che il governo Berlusconi la affronti in maniera decisa e definitiva. Il black out è il frutto drammatico di una lunga serie di errori, che da più di vent'anni il nostro paese compie, e nella mancanza di una chiara e precisa politica energetica nazionale''.
L'inquietante sequela di black out elettrici che hanno colpito nel corso degli ultimi mesi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Danimarca; lo spauracchio dei cosiddetti "distacchi programmati'' effettuati a fine giugno in Italia dal Grtn sembrano fatti ad arte proprio per alimentare la campagna dei sostenitori per il ritorno al nucleare e per la costruzione di nuove centrali termoelettriche altamente inquinanti.
L'attuale sistema energetico italiano basato quasi esclusivamente sui combustibili fossili ha già prodotto danni incalcolabili all'ambiente, ha favorito le speculazioni e riempito le tasche dei gestori privati ed è obsoleto e dannoso per le masse popolari sotto tutti i punti di vista. Ma la soluzione non può e non deve essere il ritorno al nucleare. Sarebbe come cadere dalla padella nella brace.
La via da seguire invece deve essere quella dello sfruttamento delle energie rinnovabili: il solare, l'eolica, la geotermia e potenziare anche l'idroelettrica che hanno un impatto ambientale minimo, non inquinano, hanno un rendimento molto più alto della termoelettrica e costi molto più bassi.
Ad esempio la Germania ha in programma la chiusura di 19 centrali nucleari che attualmente generano il 30% del fabbisogno nazionale e conta entro breve tempo di sostituirle interamente con l'eolico. Mentre in Italia, che secondo uno studio dell'European Wind Energy Association sarebbe il paese ideale per l'installazione di questo tipo di impianti in quanto ha un potenziale di circa 5 Mtep (dove per Mtep si intende un'unità di energia equivalente a quella che si può ottenere bruciando 1 milione di tonnellate di petrolio) l'eolico è praticamente inesistente.
Bisogna battersi per rinazionalizzare l'Enel e cancellare tutte le privatizzazioni relative al settore energetico e rivendicare investimenti più consistenti per lo sviluppo della ricerca e favorire l'impiego di nuove tecnologie già disponibili. Investire di più in risorse umane per avviare una seria e radicale manutenzione di tutta la rete di distribuzione nazionale che accusa perdite gigantesche quantificabili intorno ai 19.000 gigawatt/ora. Bisogna costringere l'industria e il terziario a dotarsi di sistemi a basso consumo energetico ed educare attraverso efficaci campagne informative la popolazione al risparmio energetico, a razionalizzare i consumi e nel contempo favorire l'acquisto di elettrodomestici e l'impiego di corpi illuminanti a risparmio energetico diminuendo i prezzi di costi e tariffe.