Dichiarazioni arroganti e belliciste nel primo discorso ufficiale della sua visita di Stato a Londra
Bush: Useremo la forza per portare la democrazia ovunque"
Il nuovo Hitler difende la guerra all'Iraq e la nuova politica estera interventista degli Usa
I pacifisti bloccano Londra: "Bush tornatene a casa e portati via Blair"
In una Londra sotto stretto controllo militare si è tenuta a Buckingham Palace il 19 novembre la cerimonia di benvenuto per la visita di Stato del presidente americano Bush. Nel primo discorso ufficiale dalla residenza inglese, blindata per i due giorni del vertice Usa-Gran Bretagna, il nuovo Hitler della Casa Bianca ha difeso l'aggressione imperialista all'Iraq che con quella dell'Afghanistan è divenuta un modello per la nuova politica estera interventista degli Stati Uniti; un modello che nell'ambito della "lunga guerra al terrorismo" dimostra la volontà dell'imperialismo americano di usare la forza per "portare la democrazia ovunque".
Bush ha paragonato il "terrorismo internazionale" col nazismo per sostenere la necessità di combatterlo con la forza ma in fin dei conti la sua posizione di portare la "democrazia" in tutto il mondo "anche con la forza quando è necessario" lo rende uguale a Hitler. Le armate naziste imponevano il modello del Terzo Reich, quelle americane vogliono imporre il modello della democrazia borghese, in entrambi i casi sono lo strumento per allargare il dominio dei paesi capitalisti più forti. L'esportazione con la forza della "democrazia" è una posizione imperialista, inaccettabile, quantunque Bush tenti di camuffarla come una "missione" nobile.
In Iraq, ad esempio, ciò ha voluto dire una guerra di aggressione decisa dalla Casa Bianca financo contro il consenso dell'Onu, arrivato a legittimarla a posteriori, l'occupazione militare, l'imposizione di un consiglio iracheno nominato da Washington e comunque subordinato al governatore Bremer, l'imposizione dei tempi (entro il 2005) nei quali il popolo iracheno potrà decidere "liberamente" di una propria Costituzione e governo costruiti sotto l'egida dell'imperialismo.
D'altro canto oramai il pretesto delle armi di distruzione di massa possedute da Saddam che ha portato all'occupazione dell'Iraq sotto l'egida anglo-americana è un'arma spuntata nelle mani di Bush: le "prove inconfutabili" si sono rivelate palesemente false, costruite a Washington e Londra. Perciò il presidente americano non le usa nell'intervento londinese e punta diritto alla questione della necessità di imporre la "demo-crazia".
Con toni arroganti e bellicisti, che fanno a cozzi con la realtà dell'occupazione militare del paese, Bush da Buckingham Palace ha affermato: "abbiamo deciso di usare la forza soltanto quando tutti i nostri tentativi diplomatici hanno fallito. Senza una democrazia l'Iraq precipiterebbe nel caos, la popolazione sarebbe destinata a vivere in miseria e questo paese verrebbe restituito a quei terroristi che vogliono distruggerci". Il ricorso alla forza è necessario, ha sostenuto, perché "è quanto talora ci separa da un mondo caotico governato dalla violenza". Dall'Iraq, ha concluso questo passaggio del discorso, gli Usa non si ritireranno se non da vincitori, "non abbiamo pagato un alto costo di vite umane e liberato 25 milioni di persone solo per ritirarci di fronte a una banda di assassini".
Lo stesso concetto imperialista dell'uso della forza Bush lo ritiene necessario per far rispettare le decisioni dell'Onu. Chiamando a raccolta gli alleati recalcitranti che non lo hanno seguito e sostenuto a spada tratta come hanno fatto Blair, Berlusconi e Aznar, ha sostenuto che le Nazioni Unite e la Nato "devono lavorare insieme" per contrastare la "minaccia del terrorismo globale". Con i metodi scelti dagli Usa perché "affrontare i pericoli del mondo con le risoluzioni Onu non basta, occorre anche la determinazione nel farle rispettare".
Non è mancato nel discorso bellicista di Bush un omaggio al fedele alleato imperialista Blair quando ha sostenuto che "l'America è fortunata a poter definire questo paese il suo amico più caro nel mondo". L'alfiere della "democrazia" nel mondo ha però nei colloqui del giorno successivo respinto la richiesta di Blair di rispedire in Gran Bretagna i cittadini inglesi detenuti illegalmente a Guantanamo.
Nello stesso momento in Trafalgar Square migliaia di dimostranti manifestavano contro la visita del presidente americano con numerosi cartelli e slogan fra i quali "Bush tornatene a casa e portati via Blair". Il giorno successivo, il 20 novembre, erano in almeno 200 mila al corteo che ha bloccato Londra sfilando con cartelli, trombe e tamburi dal quartiere universitario fino a Trafalgar square e passando nei pressi di Downing street dove era in corso l'incontro tra Bush e Blair.
Al termine dei comizi che hanno concluso la manifestazione i dimostranti hanno abbattuto una statua di cartapesta alta 6 metri raffigurante Bush con un missile in mano, e con una foto di Blair nel taschino al posto del fazzoletto; con una coreografia simile a quella organizzata dai soldati americani a Baghdad per abbattere una statua di Saddam, i dimostranti hanno tirato giù il Bush di cartapesta con una corda legata al collo e l'hanno schiacciata sotto i piedi. Altre manifestazioni contro la visita di Bush si sono svolte a Manchester, Edimburgo e nelle altre principali città britanniche.