Discorso del capo della Casa Bianca sullo Stato dell'Unione
Bush: "rimarremo ancora in Iraq''
"Dobbiamo difendere la santità del matrimonio"
"Dio, patria e famiglia'' è il motto del nuovo Hitler

Il discorso di Bush di fronte al Congresso americano sullo Stato dell'Unione è stato letto da molti osservatori come un manifesto elettorale che apre la campagna repubblicana delle presidenziali del prossimo 2 novembre per la riconferma del mandato all'attuale capo della Casa Bianca. Un discorso, quello pronunciato da Bush il 20 gennaio a Washington, per metà dedicato a ribadire la giustezza della guerra e dell'occupazione imperialiste in Iraq e per l'altra metà a suonare la grancassa delle promesse a favore dei grandi capitalisti e degli ambienti più reazionari.
Nel discorso del 2003 Bush si era ampiamente dilungato sul "pericolo'' rappresentato dalle armi di distruzione di massa e dagli arsenali di Saddam e dei legami del governo di Baghdad con l'organizzazione terroristica di Bin Laden per motivare l'avvio a breve dell'aggressione all'Iraq; un discorso pieno di falsità tanto che a quasi un anno dall'occupazione militare del paese gli Usa non hanno raccolto nemmeno uno straccio a conferma delle sbandierate "prove inconfutabili'' che dicevano di possedere. Una ulteriore conferma che a Bush interessava soprattutto mettere le mani sul petrolio iracheno è la recente rivelazione di un ex ministro repubblicano che alla Casa Bianca avevano programmato l'invasione dell'Iraq subito dopo la vittoria nelle presidenziali del 2000, ovvero molto prima dell'attacco terroristico dell'11 settembre 2001.
Nel discorso del 2004 Bush si limita a dire che gli Usa hanno "scoperto molte attività collegate ai programmi per le armi di distruzione di massa'' in Iraq, mentendo di nuovo ma tanto gli basta per ribadire che gli Usa resteranno in Iraq. Che non è affatto come sostiene Bush un paese più libero e democratico ma sotto occupazione imperialista. Questa sarebbe la maniera degli Usa di "difendere la propria sicurezza'' senza chiedere il permesso a nessuno, Onu compreso, e per continuare la cosiddetta "guerra al terrorismo''; "non è questo il momento per fermarsi e tornare indietro'' ha chiosato Bush rivendicando un altro mandato presidenziale per completare l'opera.
Che anche gli stessi Usa siano più sicuri e liberi, come sostiene il capo della Casa Bianca, è tutto da dimostrare; anzi l'introduzione delle nuove leggi di polizia emanate dopo l'11 settembre, il Patriot Act, ha portato a pesanti restrizioni ai diritti civili del popolo americano, degli immigrati di religione islamica, per non parlare dell'illegale regime carcerario del lager di Guantanamo.
Nella parte dedicata ai temi interni Bush ha ignorato la crescita a 9,5 milioni dei disoccupati ufficiali, a 44 milioni della popolazione priva di assistenza medica e del buco sempre più grosso nel bilancio pubblico causato anche dalla crescita delle spese militari e dai regali fiscali ai contribuenti più ricchi; ha tenuto invece a garantire ai capitalisti la conferma delle riduzioni fiscali a loro vantaggio e il contributo federale alle organizzazioni assistenziali religiose.
Non sono mancati nel suo discorso appelli accorati in difesa "della santità del matrimonio'' che sarebbe "minacciato'' da alcune sentenze di tribunali di vari Stati che hanno dichiarato legittime coppie gay e lesbiche. Se altri giudici "insisteranno nell'imporre lùa loro arbitraria volontà sulla gente'', ha minacciato Bush, "la sola alternativa che la gente avrà sarà il processo costituzionale'', ovvero l'avvio di un procedimento per votare un emendamento costituzionale che metta in chiaro come il matrimonio sarebbe solo l'unione fra un uomo e una donna. "Dio, patria e famiglia'' è il motto del nuovo Hitler della Casa Bianca.