Intervento di Bush all'Assemblea generale dell'Onu
ULTIMATUM DEL CAPOFILA DELL'IMPERIALISMO ALL'IRAK
Berlusconi: "l'Italia farà la sua parte a fianco degli Usa''. Il governo di Baghdad accetta il ritorno degli ispettori Onu
Il governo iracheno ha formalmente comunicato al segretario dell'Onu Kofi Annan la decisione di acconsentire al ritorno degli ispettori senza condizioni per rimuovere ogni dubbio sul fatto che l'Irak possieda armi di istruzione di massa. La lettera firmata dal ministro degli Esteri iracheno Naji Sabri e consegnata a Annan il 17 settembre ribadisce che tale decisione deve rappresentare un passo importante verso l'abolizione delle sanzioni imposte al paese al termine della guerra del 1991 e per il mantenimento dell'impegno dell'Onu di rispettare la sovranità, l'integrità territoriali e l'indipendenza dell'Irak.
Annan convocava il Consiglio di sicurezza e dava mandato al capo delegazione degli ispettori Hans Blix di cominciare a organizzare le ispezioni in Irak. La decisione del governo iracheno era etichettata come una "manovra tattica'', un diversivo per guadagnare tempo, dal portavoce di Bush e da quello di Blair; in sintonia con i due capicordata imperialisti si trovava il ministro degli Esteri israeliano, il laburista Shimon Peres, che sottolineava come "l'impegno assunto dagli Stati Uniti è ampio, molto chiaro, e non vedo come possano tornare indietro''. L'obiettivo dichiarato dall'imperialismo americano e inglese è infatti la rimozione di Saddam, la questione degli ispettori è solo una scusa per ricompattare il fronte imperialista dietro l'aggressione militare guidata dagli Usa come nel 1991.
Gli ispettori erano stati cacciati dall'Irak nel 1998 perché una parte di loro in realtà erano spie al servizio degli Usa. Il governo di Baghdad inoltre chiedeva la fine dell'embargo respinta dall'Onu su pressione degli Usa. La questione era rimasta in sordina negli anni successivi finché Bush non l'aveva riesumata inserendo l'Irak fra i paesi dell'"asse del male'' nell'ambito della guerra al terrorismo.
I colloqui tra la delegazione irachena e il segretario dell'Onu sul ritorno degli ispettori in successivi incontri a Vienna tra il marzo e il luglio scorsi si concludevano con un nulla di fatto per il rifiuto di Annan di togliere l'embargo mentre l'imperialismo americano si preparava all'aggressione. L'obiettivo degli Usa diventava esplicitamente la cacciata di Saddam e l'instaurazione a Baghdad di un regime fantoccio, simile a quello creato in Afghanistan, per controllarne direttamente le importanti risorse petrolifere.
Per raggiungere questo obiettivo Bush lanciava l'ultimatum nell'intervento all'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 12 settembre: o il governo di Baghdad si piegava ai diktat americani o scattava l'aggressione. Il capofila dell'imperialismo aveva anche sollecitato l'Onu ad approvare entro breve tempo una risoluzione che "legalizzi'' e dia il via libera all'attacco. Al segretario dell'Onu, Kofi Annan, che nell'aprire i lavori dell'assemblea aveva sottolineato la necessità di un'azione concordata e decisa congiuntamente in sede di Consiglio di sicurezza rispondeva che gli Usa avrebbero proceduto anche da soli, o meglio con gli alleati che già si erano detti disposti a partecipare: Blair, Berlusconi e Aznar.
L'intervento di Bush era un misto di minacce e di accuse ipocrite all'Irak costruite per giustificare l'intervento militare. Il presidente americano affermava che l'Irak non aveva rispettato le decisioni Onu, il che non è esattamente vero, e che il Consiglio di sicurezza non poteva tollerare che le sue risoluzioni fossero per dieci anni "gettate in un angolo senza conseguenze''. A dire il vero i sionisti israeliani da sempre non le rispettano ma loro sono protetti dagli Usa. Bush ha accusato Baghdad di avere armi chimiche e biologiche sulla base di "prove schiaccianti'' e ha avuto persino la faccia di bronzo di rinfacciare a Saddam l'attacco all'Iran, l'aggressione alla Repubblica islamica iraniana commissionato dall'imperialismo americano e occidentale e dalla Russia.
Le argomentazioni del capofila imperialista hanno trovato un sostenitore in Berlusconi che definiva quello di Bush "un discorso rigoroso e equilibrato'' e nell'intervento del 13 settembre all'assemblea ripeteva di ritenere "indispensabile una risposta per salvaguardare la comunità internazionale dal pericolo costituito da un accumulo di armi non convenzionali di sterminio di massa'' come indicato "in maniera molto precisa da George Bush: affrontare l'oltraggio ripetuto di Saddam Hussein alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale''. "Se non vi sarà un cambiamento sostanziale - concludeva Berlusconi - bisognerà agire nel quadro delle Nazioni Unite per salvaguardare la scurezza internazionale da una minaccia effettiva''. L'Onu secondo il neoduce si deve muovere in base ai desideri di Bush, e in questo quadro ripeteva che l'Italia è pronta a fare la sua parte, a partecipare all'aggressione imperialista all'Irak. "Al momento opportuno l'Italia prenderà sicuramente la decisione giusta'' garantiva Berlusconi, "aspettiamo e vediamo''; a scanso di equivoci però dopo il colloquio del 13 settembre con Bush confessava che "il nostro obiettivo è di raggiungere sempre una posizione comune con gli Stati Uniti''.
L'ultimatum di Bush all'Irak e all'Onu perché si desse una mossa erano appoggiati da Blair, cui spettava il compito di preparare la risoluzione per il Consiglio di sicurezza, e da Chirac; lo spagnolo Aznar è per la guerra e non riteneva indispensabili né l'avallo dell'Onu né prove certe contro Saddam. Fra le grandi potenze alleate solo la Germania ribadiva il suo no alla guerra; Putin era favorevole all'azione sotto il cappello dell'Onu chiedendo in cambio il via libera per aggredire la Georgia accusata di proteggere gli indipendentisti ceceni. Una mano agli Usa veniva anche dall'Arabia Saudita che accettava di mettere a disposizione le basi americane sul suo territorio se l'azione venisse avallata dall'Onu.
Solo un mese fa sembrava che Bush fosse accompagnato solo da Blair nella decisione di attaccare l'Irak; il lavoro diplomatico della presunta "colomba'' dell'amministrazione Usa, il segretario di Stato Colin Powell, e l'accelerazione dei preparativi di guerra con lo spostamento del Comando centrale americano da Tampa, in Florida, alla nuova base nel Qatar hanno fatto cadere le riserve europee e di molti paesi arabi. I maggiori paesi imperialisti vogliono partecipare alla spartizione del controllo del futuro Irak.
I termini dell'ultimatum erano ripetuti da Bush il 16 settembre allorché intimava anche al Congresso americano di approvare il bilancio della difesa che prevede per il 2003 spese per 387 miliardi di dollari, la cifra più alta dalla fine della "guerra fredda'', e a prepararsi a votare a favore dell'intervento armato nel caso in cui Saddam non accettasse il ritorno degli ispettori dell'Onu.

18 settembre 2002