Bush pronto ad aggredire l'Irak
L'Onu, Germania e Inghilterra contrari. Vertice a Washington dell'opposizione irachena
SADDAM: "GLI AGGRESSORI TORNERANNO NELLE BARE''

Il presidente americano Bush dopo il "consiglio di guerra'' sui preparativi dell'aggressione all'Irak, tenuto nel suo ranch texano il 21 agosto, ha promesso che "l'America non farà nulla senza consultare gli alleati''. Una promessa che non vuol dire nulla, che è servita al neoduce Berlusconi per pavoneggiarsi dalla tribuna del meeting ciellino per dire che appena Bush avrà deciso glielo comunicherà per telefono; una promessa che dice che l'imperialismo americano vuole procedere comunque con o senza l'approvazione degli alleati. La levata di scudi dei paesi arabi contro l'intervento armato americano, il dissenso aperto della Germania e financo la marcia indietro dell'Inghilterra hanno spinto l'amministrazione americana a cambiare i toni delle uscite pubbliche sull'attacco annunciato a inizio anno già per questa estate. Ciò non vuol dire che la Casa Bianca abbia riposto i piani nel cassetto, Bush si appresta ad aggredire l'Irak e a "liberare il mondo'' dalla presunta minaccia di Saddam.
Il presidente iracheno aveva risposto alle minacce americane con un discorso alla televisione l'8 agosto dove aveva affermato che gli aggressori dell'Irak torneranno a casa nelle bare; "le forze del male (Usa e Inghilterra, ndr) sono destinate a scavarsi da sole la fossa, a morire in disgrazia, a trascinarsi nella tomba l'arroganza e l'avidità'', aveva affermato Saddam ammonendo gli aggressori che "qualsiasi nazione che attaccherà l'Irak, o il mondo arabo o quello musulmano, finirà nel cestino della storia''.
La campagna propagandistica americana a favore dell'intervento militare contro l'Irak era partita in grande stile nel gennaio scorso col discorso di Bush al Congresso Usa, allorché il presidente americano collocò il paese arabo nell'asse del male con Iran e Corea del Nord accusandolo di sostenere il terrorismo internazionale. L'avvio dello studio dei piani d'attacco era annunciato poco dopo dal segretario di Stato Powell, considerato una delle "colombe'' dell'amministrazione americana, che subito affermava l'intenzione degli Usa di scatenare la guerra anche da soli se gli alleati non ci stavano, mentre il vicepresidente Cheney, ministro della Difesa nella precedente guerra del Golfo, partiva in missione nelle capitali mediorientali per addomesticare i paesi arabi che si erano dichiarati contrari all'intervento contro l'Irak.
Le notizie sui preparativi militari erano affidate dalla Casa Bianca alle veline che puntualmente uscivano sui quotidiani americani, compreso l'obiettivo di essere in grado di colpire in questa estate. Prima della pausa estiva era stato lo stesso Bush a tornare sull'argomento nel discorso tenuto alla Borsa di New York il 9 luglio quando aveva sottolineato che gli Usa si vogliono sbarazzare di Saddam Hussein: "è il nostro obiettivo strategico e useremo ogni mezzo per riuscirci''. Poco prima, il 5 luglio a Vienna, era fallito l'incontro sul ritorno degli ispettori in Irak per verificare la distruzione delle armi di sterminio di massa tra il segretario dell'Onu Annan e il ministro degli Esteri iracheno Sabri. La trattativa si era chiusa con un nulla di fatto perché Annan aveva risposto picche alle richieste di Baghdad di permettere l'arrivo degli ispettori in cambio della fine delle ingiuste sanzioni imposte al paese dopo la guerra del '91 e delle minacce americane di rovesciare il governo iracheno.
Per Bush era la prova che Baghdad nasconderebbe armi di distruzione di massa e tanto basterebbe per rendere leggittimo l'intervento militare Usa; "abbiamo il dovere di non permettere ai peggiori leader del pianeta di costruire e usare armi di distruzione di massa per ricattare e sottomettere le nazioni libere'', ripeteva nella sua dichiarazione di guerra il presidente americano ai primi di agosto. A parte che il paese che possiede armi di distruzione di massa e ricatta, minaccia e sottomette Stati sovrani è l'America di Bush e non l'Irak di Saddam, il presidente americano ignorava volutamente una lettera di pochi giorni prima del governo iracheno che invitava il capodelegazione degli ispettori Onu a Baghdad per riprendere la discussione e un contemporaneo invito del presidente del parlamento iracheno a una delegazione di parlamentari americani a visitare i luoghi indicati come depositi delle armi. L'iniziativa del governo di Baghdad era apprezzata dal segretario dell'Onu Annan che invitava il Consiglio di sicurezza ad accoglierla; Cina, Russia e Francia erano d'accordo, Usa e Inghilterra contrari.
è evidente l'intenzione dell'imperialismo americano, dopo che ha riportato la bandiera a stelle e striscie a sventolare su Kabul, di ripetere l'operazione a Baghdad e allargare il suo controllo diretto sulle riserve petrolifere irachene.
Ne è una ulteriore prova la convocazione a Washington il 9 agosto dei rappresentanti di sei gruppi dell'opposizione irachena per ottenere da loro l'appoggio all'attacco e per preparare un futuro governo fantoccio sul modello di quello afghano di Karzai. Il ministro della Difesa americano Donald Rumsfeld si è detto soddisfatto dell'incontro e ha fissato per tutti un nuovo appuntamento per una conferenza da tenere in Europa, forse a Londra, che potrebbe servire anche per coinvolgere gli alleati riottosi all'intervento.
Fra i quali vi è la Germania di Scroeder che il 5 agosto ha aperto la sua campagna elettorale ripetendo che non appoggerà l'intervento armato contro l'Irak. Il presidente francese Chirac ha detto che un intervento contro l'Irak sarebbe possibile solo con un mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu e dopo che sia avviata a soluzione la crisi palestinese; una posizione alla quale si è avvicinato Blair dopo che in Inghilterra sono cresciute le prese di posizione contro la guerra da parte di parlamentari, sindacati e le Chiese. Il ministro della Difesa canadese dichiarava il 21 agosto che il suo paese non avrebbe partecipato a nessun attacco all'Irak mentre Tokyo affermava che non avrebbe partecipato né pagato il conto della guerra come nel '91.
Contrari i paesi arabi. L'ultima presa di posizione è del presidente egiziano Mubarak che il 27 agosto ha ribadito che nessun paese arabo parteciperà alla guerra perché non la vuole o perché "nessun governo arabo sarà in grado di controllare l'esplosione di collera delle masse''. Dopo Giordania, Arabia Saudita e Bahrein anche il Qatar ha annunciato che gli Usa non potranno usare le basi sul suo territorio.
"Nettamente contrario alla guerra'' si è detto il turco Ecevit che però con la scusa di combattere la guerriglia curda ha già occupato militarmente una zona nel nord dell'Irak; secondo fonti curde ci sono in Irak almeno 5 mila soldati turchi che tra l'altro hanno occupato ai primi di agosto anche l'aeroporto di Bamerna.
Alla crescita dell'opposizione contro l'aggressione all'Irak Bush ha risposto col consiglio di guerra del 21 agosto, ha affermato di non avere fretta e alle solite veline giornalistiche ha passato la prossima possibile data dell'attacco, tra ottobre e novembre.

29 agosto 2002