La lista Prodi non si oppone
La Camera nera proroga l'occupazione italiana dell'Iraq
I deputati di tutti i gruppi in piedi applaudono i militari italiani in Iraq
Strada: "Gli astenuti sono delinquenti politici"
Lo squallido copione del "non voto" della lista Prodi già recitato il 18 febbraio al Senato, si è ripetuto in fotocopia il 10 marzo alla Camera, che ha dato il via libera definitivo al rifinanziamento fino al 30 giugno delle missioni militari italiane all'estero, con in testa quelle in Iraq e Afghanistan.
Anche stavolta, dunque, DS, Margherita e SDI, pur di non chiedere l'immediato rientro delle nostre truppe dall'Iraq, come richiesto loro a gran voce dal movimento per la pace, e continuare a fornire la loro copertura aperta o di fatto alla missione "Antica Babilonia" (per le altre, Afghanistan compreso, il loro consenso è sempre stato esplicito) sono ricorsi al penoso espediente del "non voto", dopo aver tentato inutilmente altre strade che gli consentissero di salvare la faccia. Come ad esempio l'accordo interno che riguardava la presentazione di un emendamento per la soppressione dell'articolo 2, in modo che scorporando "Antica Babilonia" la lista Prodi potesse votare sì al rifinanziamento di tutte le altre missioni militari all'estero. In mancanza di ciò ci sarebbe stato il "non voto", esattamente come al Senato. "E' la dimostrazione che l'Ulivo è unito contro la missione italiana in Iraq", dichiarava il capogruppo dei deputati diessini, Violante, che però si affrettava ad aggiungere: "Ma questo non vuol dire che vogliamo l'immediato ritiro dei militari". E avanzava la seguente proposta: "Individuiamo un terreno per una svolta in Iraq. Se il governo non si muoverà in questo modo, bisognerà stabilire il ritiro delle truppe".
La proposta di Violante si è poi concretizzata in un ordine del giorno diessino, sostenuto dal listone, che poneva al 30 giugno il termine scaduto il quale, in assenza di una "svolta", la richiesta di un ritiro delle truppe dall'Iraq sarebbe diventata inevitabile. Un espediente ridicolo per rinviare a tutti i costi un pronunciamento chiaro e immediato contro la missione, dal momento che guarda caso il 30 giugno era anche la data di scadenza del rifinanziamento della missione stessa, per cui l'approvazione dell'odg non avrebbe cambiato di una virgola il risultato pratico, a parte fornire una foglia di fico ai DS e al listone per coprire le proprie vergogne. Talmente ridicolo che quando l'emendamento è stato messo ai voti è stato respinto non solo com'era scontato dalla casa del fascio, ma anche da Verdi, PdCI e Rifondazione, e perfino il "correntone" DS non se l'è sentita di votarlo e non ha partecipato al voto.
Prima della votazione finale c'era stato un altro episodio simile a sottolineare lo scollamento interno al partito della Quercia e alla Margherita, quando un emendamento del "correntone" che chiedeva il ritiro immediato delle truppe da Nassiriya ha raccolto 70 voti, di cui 40 DS (4 in più del "correntone") e 7 della Margherita. La votazione finale ha poi confermato la spaccatura, quando il decreto di proroga delle missioni è stato definitivamente approvato con 281 sì, tutti della casa del fascio, e 64 no, provenienti da Verdi, PdCI e Rifondazione, più 39 dai DS (3 in più del "correntone") e uno anche dalla Margherita. La maggioranza dei DS, la Margherita e lo SDI, come si è già detto, non hanno partecipato al voto pur restando in aula. Le astensioni sono state 12, di cui 9 da parte di un gruppo facente formalmente parte della coalizione di "centro-sinistra", l'AP-UDEUR di Martinazzoli e Mastella. Quest'ultimo ha anche tenuto a precisare che il suo gruppo non ha votato a favore solo per rispetto alla "logica della coalizione".
Com'era già successo al Senato, anche la Camera nera ha voluto inoltre sottolineare, al di là dei diversi schieramenti politici, il suo sostegno unanime e "bipartisan" ai soldati italiani in Iraq, con un applauso di tutta l'aula in piedi. Lo aveva sollecitato il presidente Casini, rivolgendosi al ministro della Difesa, Martino: "Abbiamo avuto sul decreto opinioni diverse, ma ora è giusto far giungere ai soldati italiani il nostro applauso più sentito".
Anche per questo non c'è da farsi illusioni che anche chi ha votato no al decreto abbia inteso esprimere coerentemente e fino in fondo una posizione antimilitarista e antimperialista. C'è infatti chi ha votato no pur essendo favorevole al proseguimento di tutte le altre missioni militari, compresa quella in Afghanistan, la cui unica differenza rispetto all'Iraq è di avere i timbri dell'Onu e della Nato. C'è poi chi chiede il ritiro delle truppe italiane da Nassiriya, ma sarebbe favorevole a rimandarcele sotto l'ombrello dell'Onu, della Ue o perfino della Nato. E c'è chi, come Bertinotti, chiede il ritiro in nome puramente e semplicemente della non violenza e dell'avversione a "tutte le guerre", quindi anche quelle di resistenza e di liberazione dall'occupante straniero come appunto in Iraq, Palestina, Afghanistan ecc. Così l'imbroglione trotzkista si è espresso infatti nel suo intervento alla Camera, quando ha ridotto l'aggressione imperialista all'Iraq e la sua occupazione a una sopraffazione dei "mezzi che contraddicono i fini" (la cacciata di Saddam, ndr), presentando ciò come addirittura una "lezione di tutta la storia contemporanea", e ha individuato la "ragione etica di fondo" della richiesta di ritiro del contingente italiano nella volontà di "trasformare il tema della guerra in tabù".
Diciamo questo per far chiarezza tra i sinceri anticapitalisti e antimperialisti, affinché non si lascino trascinare nel pantano riformista, liberale, anticomunista e pacifista di stampo wojtyliano in cui si è messo a sguazzare ultimamente l'opportunista Bertinotti, ma è chiaro che in questo momento lo spartiacque è tra chi chiede il ritiro immediato delle truppe dall'Iraq e chi per un motivo o per un altro è favorevole al proseguimento della missione.
A questo riguardo quella parte della "sinistra" borghese che non ha votato no al rifinanziamento della missione in Iraq non ha scusanti e non può che meritarsi indignazione, discredito ed infamia. Come giustamente ha espresso il medico di Emergency, Gino Strada, che ha bollato i parlamentari che non hanno votato no come "gentaglia che deve andare a casa" e "delinquenti politici che rinnovando la presenza italiana nella missione Antica Babilonia si assumono la responsabilità di esporre l'Italia al rischio terrorismo". Parole che alla luce dei tragici attentati di Madrid del giorno successivo assumono purtroppo un valore più che reale.
17 marzo 2004