Scioperi spontanei in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo e Campania
La Cgil non cade nella trappola tesa da Berlusconi
SCIOPERO GENERALE IL 5 APRILE

Cisl e Uil accettano di negoziare nonostante che il governo non abbia stralciato l'art.18 Mentre la Confindustria vuole cancellare il contratto nazionale di lavoro
L'insidiosa e infame strategia del governo del neoduce Berlusconi, finalizzata a dividere il fronte sindacale e più esattamente ad isolare la Cgil, evitare lo sciopero generale e, in una maniera o nell'altra, imporre la modifica dell'art.18 dello "Statuto dei lavoratori'' per permettere i licenziamenti senza "giusta causa'', era già evidente col "patto segreto'' tra il vicepresidente del consiglio, il fascista Gianfranco Fini, e il segretario generale della Cisl Savino Pezzotta, siglato in una saletta dell'Hotel romano de Russie, che ha portato all'accordo bidone sul pubblico impiego del 4 febbraio e alla revoca dello sciopero generale della categoria, fissato per il 15 dello stesso mese, con manifestazione a Roma.
A questo punto, andavano dicendo pubblicamente il cavaliere piduista di Arcore e i suoi ministri, i sindacati non potranno rifiutarsi di trattare su tutti i punti della legge delega, compreso quello sui licenziamenti facili. Ed ecco che per mercoledì 20 febbraio Berlusconi convoca a Palazzo Chigi, attorno a uno stesso tavolo, i leader di Cgil, Cisl e Uil, i dirigenti della Confindustria e delle altre associazioni padronali, oltre a una folta schiera di rappresentanti del governo e, come un giocatore di poker, butta giù le sue carte che ritiene vincenti. Lungi dall'annunciare lo stralcio dell'art.18 dalla legge delega sul "mercato del lavoro'', già approvata dal governo e in attesa di esser discussa in parlamento e confermando una volta di più la volontà di modificare strutturalmente questa normativa fondamentale per la difesa dei diritti dei lavoratori, formula la seguente proposta: le "parti sociali'', cioè i sindacati e le associazioni padronali, hanno due mesi di tempo al massimo, per discutere tra loro e per trovare un accordo da tradurre in legge. Ma anche in caso di mancata intesa il governo procederebbe ugualmente per via legislativa. Nel frattempo la trattativa sulle altre parti della legge delega dovrà riprendere e svolgere il suo iter.

ISOLARE E PIEGARE LA CGIL
Come da regia, si dichiarano d'accordo gli industriali e i segretari di Cisl e Uil, con in testa Pezzotta, rimane da piegare la Cgil che ribadisce di non essere disponibile ad andare al tavolo della trattativa sul "mercato del lavoro'' se prima non vengono esplicitamente escluse le modifiche all'art.18. Berlusconi, uscendo dalla riunione infatti dice: "Abbiamo ricevuto un largo consenso da parte di tutti i partecipanti, con l'eccezione della Cgil''. Con una faccia di bronzo senza pari, sostiene che il governo ha "dato prova di umiltà'', si dice certo che la trattativa "darà buoni frutti: altrimenti il governo proseguirà sulla sua strada''.
Berlusconi e il presidente della Confindustria, Antonio D'Amato, che operano di concerto, Fini e Pezzotta, anch'essi lavorano di concerto per interessi comuni tra AN e la Cisl, avendo fatto una proposta alla quale secondo loro non si può dire di no, pensano di avere partita vinta. E invece il nuovo direttivo nazionale della Cgil, eletto nel recente XIV congresso confederale di Rimini, durante il quale Cofferati aveva minacciato lo sciopero generale qualora il governo non avesse ritirato le leggi delega, specie l'art.18 e la riduzione dei contributi previdenziali alle aziende in materia pensionistica, riunitosi nei giorni successivi il suddetto incontro, non è caduto nella trappola tesa da Berlusconi, non ha ceduto alle pressioni esercitate sulla Cgil, ha tenute ferme, almeno per il momento, le posizioni prese unitariamente con le altre confederazioni in difesa delle quali sono stati effettuati importanti e partecipati scioperi generali regionali in tutta Italia e, cosa molto importante, ha rilanciato un programma di lotte con due date di mobilitazione generale: sabato 23 marzo una grande manifestazione nazionale a Roma; venerdì 5 aprile sciopero generale di tutte le categorie di 8 ore, indetto dalla sola Cgil.
Un rottura così grave tra le confederazioni sindacali non avveniva dai tempi di Craxi, nel 1984, sul decreto che tagliava la scala mobile. Per la proclamazione dello sciopero generale da parte di una sola confederazione si deve risalire addirittura al 1969.

LA PROTESTA NELLE FABBRICHE
Immediata, forte, diffusa e in via di ulteriore sviluppo la reazione di lotta degli operai e dei lavoratori nelle fabbriche, negli uffici, nei luoghi di lavoro in genere anzitutto nel Nord e a seguire nel Centro e nel Sud del Paese. Ancora una volta sono i metalmeccanici e le grandi aziende a guidare la protesta, ma non ci sono solo loro, i dipendenti del commercio e della grande distribuzione, così come quelli di altre categorie si sono fatti sentire con forza. Nei giorni 22 e 23 febbraio, in particolare, sono esplose mobilitazioni spontanee che hanno interessato il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, l'Emilia Romagna, la Toscana, l'Abruzzo e la Campania.
Una valanga di ordini del giorno delle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie aziendali) hanno inondato le sedi sindacali per chiedere alle tre confederazioni sindacali di: non dividersi; non accettare le condizioni imposte dal governo alla trattativa; non recedere di un passo dalla difesa dell'art.18; non rinunciare alla richiesta del ritiro di tutte le leggi delega sul lavoro, la previdenza, il fisco e la scuola; di ritenere giusta, necessaria e matura la proclamazione dello sciopero generale nazionale, possibilmente unitario o, altrimenti della sola Cgil. Scioperi di una-due ore, con assemblee, o con cortei improvvisati, sono stati effettuati in una miriade di aziende, cui hanno partecipato anche tanti lavoratori iscritti alla Cisl e alla Uil, accanto a quelli della Cgil. Troppo lungo l'elenco per citarle una per una. Vale però la pena di evidenziare lo sciopero di due ore alla Fiat Mirafiori di Torino con una partecipazione, secondo le stime della Fiom, dell'80-90 per cento. Lo sciopero alla Pirelli Bicocca e all'Alfa Romeo di Arese. La mobilitazione nelle principali aziende bresciane ed emiliane. La fermata del lavoro alla Gkn di Firenze e alla Sammontana di Empoli.
Importante la presa di posizione unitaria delle segreterie vicentine di Fiom, Fim, Uilm per proclamare assemblee e scioperi in tutte le aziende e invitare le confederazioni sindacali a "ripartire insieme'' per guidare la lotta fino allo sciopero generale "se non ci sarà il ritiro definitivo della delega sull'art.18 e le modifiche su pensioni e fisco''. Considerando che allo stesso tempo la Confindustria vicentina ha comprato pagine di giornali locali, invaso le bacheche delle aziende e persino messo nelle buste paga dei lavoratori un comunicato per "negare'', mentendo, che la modifica dell'art.18 voglia dire libertà di licenziamento.

PEZZOTTA E ANGELETTI IN DIFFICOLTA'
Le mobilitazioni spontanee, alle quali, ripetiamo, hanno partecipato anche molti lavoratori, delegati e sindacalisti aziendali e territoriali di Cisl e Uil, hanno messo in difficoltà non poco i rispettivi segretari generali Pezzotta e Angeletti i quali, per non perdere il controllo della loro base, pur non facendo marcia indietro sulle posizioni assunte nella riunione con Berlusconi e pur ribadendo la loro disponibilità a proseguire la trattativa, hanno dovuto dire che di fronte a un atto unilaterale del governo sull'art.18, lo sciopero generale si renderebbe inevitabile.
Una posizione ipocrita, indifendibile e smaccatamente filogoverntiva, la loro, anche alla luce delle ultime novità. La prima di Berlusconi che, di fronte alla riunione del consiglio nazionale di Forza Italia, ha tirato fuori dal cappello l'ennesima misera e assolutamente inaccettabile proposta sull'art.18 consistente in un indennizzo di 24 mesi di stipendio a un lavoratore ingiustamente licenziato, in sostituzione del reintegro nel posto di lavoro (nel "Libro bianco'' di Maroni i mesi indicati erano 15). L'altra è la proposta che, di fatto, la Confindustria ha avanzato nella sua riunione svoltasi a Torino, anch'essa assolutamente inaccettabile, consistente nel modificare profondamente il sistema contrattuale vigente, riducendo molto l'importanza del contratto nazionale, a favore di quello decentrato e, dando la "libertà'' (sic!) ai singoli lavoratori di contrattare le proprie condizioni in deroga dai Ccnl.
Noi marxisti-leninisti appoggiamo calorosamente la mobilitazione dei lavoratori e sindacale che sale dal basso; auspichiamo che si sviluppi, si intensifichi e si traduca in scioperi provinciali e regionali, in preparazione e per il successo della manifestazione nazionale del 23 marzo e dello sciopero generale del 5 aprile. Questo è il solo modo vincente per "convincere'' i vertici di Cisl e Uil a lasciare la via perdente della trattativa sulle leggi deleghe e a unirsi alla lotta di piazza e per battere la politica economica, finanziaria, fiscale, sociale, scolastica e sindacale del governo Berlusconi e sconfiggere le pretese confindustriali da liberismo selvaggio.
Sempre di più la difesa dei diritti dei lavoratori e delle masse popolari concidono con la necessità di buttare giù questo governo neofascista dalla testa ai piedi che, con il suo programma, ha restaurato il fascismo sotto forme nuove, nuovi metodi e nuovi vessilli.
Quindi, tutti a Roma il 23 marzo. Tutti coloro che vorranno partecipare alla manifestazione promossa dalla Cgil sotto le bandiere dei maestri e del PMLI saranno i benvenuti tra di noi.

27 febbraio 2002