Crac della Cirio
Indagato il presidente di Capitalia
Geronzi accusato di concorso in bancarotta preferenziale e truffa aggravata
Dopo il finanziere Sergio Cragnotti finito nel registro degli indagati della procura di Roma nei mesi scorsi con l'accusa di corruzione, bancarotta pluriaggravata reiterata e false comunicazioni sociali, il 5 dicembre anche il presidente di Capitalia Cesare Geronzi ha ricevuto un avviso di garanzia per bancarotta preferenziale e truffa nell'ambito della medesima inchiesta aperta dalla procura di Roma per fare luce sul crac del colosso agro-alimentare Cirio.
Insieme a Geronzi sono indagati altri quattro ex funzionari della Banca di Roma (tra cui Pietro Locati, ex direttore generale) e il reato di bancarotta fraudolenta è contestato in concorso con Sergio Cragnotti e un'altra ventina di amministratori della Cirio.
La polizia giudiziaria ha eseguito una serie di perquisizioni in diverse città d'Italia presso le sedi di Capitalia, della Banca popolare di Lodi, Mediocredito e negli uffici di San Paolo Imi per acquisire materiale sul losco affare della Cirio. Un vero terremoto che investe in pieno il mondo economico e dell'alta finanza dagli esiti al momento imprevedibili ma che ha già ridotto sul lastrico gli oltre 35 mila risparmiatori beffati da Cragnotti, Geronzi e dal gruppo di banche coinvolte.
L'indagine muove da un assunto: la Banca di Roma (inserita nel gruppo Capitalia dal luglio del 2002) sarebbe riuscita a rientrare nei crediti con la Cirio prima del fallimento. In sostanza Geronzi è accusato di aver incassato dai risparmiatori dei soldi vendendo loro le obbligazioni emesse dalla Cirio pur conoscendo lo stato di dissesto finanziario dell'azienda e ha utilizzato quel denaro per ripianare le esposizioni debitorie nei confronti delle banche. Gli investigatori sono convinti che la situazione di dissesto finanziario del gruppo era ben conosciuta dai vertici della Banca di Roma, proprio perché socia sin dal 2002 della "Cragnotti&Par-tners''. Questa la "corsia preferenziale'' seguita dagli inquirenti e che ha portato allo sviluppo delle ultime indagini.
Sotto accusa anche il ruolo del governo e in particolare il ruolo di controllo delle authority a cominciare da Bankitalia, Tesoro, Cicr (Comitato per il credito e il risparmio) e Consob che non hanno mosso un dito per difendere i piccoli risparmiatori. Non a caso il coinvolgimento di Geronzi nell'inchiesta ha innescato una serie di reazioni a catena. Non solo perché il presidente di Capitalia è uno degli uomini più influenti nel sistema bancario italiano, ma anche per la sua amicizia di lunga data con il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. Il quale si trascina dietro una polemica con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, proprio sul ruolo di vigilanza svolto dalla Banca d'Italia sul sistema creditizio. In un discorso in parlamento del 30 luglio scorso Tremonti aveva detto che i bond Cirio, ceduti a circa 30.000 risparmiatori, erano emissioni formalmente sull'euromercato ma sostanzialmente italiane "importate in Italia in forme probabilmente elusive della normativa in materia di prospetto di raccolta di offerta e di sollecitazione''.
Sul piede di guerra i consumatori: "Le indagini della magistratura relative alla vicenda Cirio devono essere estese a tutti gli istituti di credito coinvolti nel crac'', ha fatto sapere il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. Il quale aggiunge: "invitiamo tutti i risparmiatori danneggiati dal crac a rivolgersi al Codacons, i cui legali daranno assistenza per la costituzione di parte offesa''.
Il tracollo finanziario della Cirio comincia a venire fuori nel novembre del 2002 con un prestito obbligazionario di 150 miliardi mai rimborsato. Subito dopo il Trustee di Londra, l'organo che tutela gli obbligazionisti, dichiara formalmente l'insolvenza di Sergio Cragnotti che produce un effetto domino su tutte le società controllate dal gruppo.
A dicembre 2002, dopo una prima ipotesi di intervento del banchiere milanese Guido Roberto Vitale, Umberto Livolsi e il gruppo Rothschild iniziano a studiare un piano di salvataggio.
A gennaio 2003 le banche intervengono con un prestito ponte di 25 milioni di euro. Cragnotti lascia la presidenza della Lazio calcio e la carica di presidente della Cirio ma resta nel Cda. Vengono nominati il nuovo presidente, Gianni Fontana, e due amministratori delegati, Gianfranco Cianci e Roberto Colavolpe.
A febbraio vengono rese note le perdite del gruppo pari a 144 milioni di euro, circa 278 miliardi di lire, che a fine anno arriva a sfiorare i 700 milioni di euro, quasi 1.355 miliardi di lire.
A maggio Livolsi e il gruppo Rotschild mettono a punto il piano di salvataggio e il Cda della Cirio lo assume come proprio. Per ognuna delle emissioni non onorate vengono proposte diverse percentuali di recupero del capitale investito (per i bond Cirio Holding ai sottoscrittori viene proposto di rinunciare all'86,5% dell'investimento).
A giugno la Consob approva il prospetto per l'operazione di salvataggio con conversione dei titoli obbligazionari in partecipazione azionaria ma la procura di Monza avvia un'indagine sulla base della denuncia di un risparmiatore.
A luglio, mentre si raccolgono le deleghe per l'assemblea degli obbligazionisti prevista dal regolamento dei prestiti, spunta l'ipotesi del gruppo finanziario turco Cukurova che, in accordo con Cragnotti, dichiara di essere pronto a intervenire nel salvataggio di Cirio. Un'ipotesi che però gli advisor giudicano "poco realistica''. Il 28 luglio l'assemblea degli obbligazionisti boccia il piano di ristrutturazione del debito. Il 29, il cda chiede il rinvio dell'assemblea degli azionisti. Il 31 l'assemblea degli azionisti chiede la liquidazione.
Intanto la Procura di Roma affida una serie di consulenze tecniche-finanziarie, contabili bancarie per fare luce su tutta la situazione amministrativa del gruppo Cirio a partire dal 1998. Tutto questo si aggiunge alle indagini già in corso su Cragnotti per false comunicazioni sociali e concorso in truffa.
Ad agosto si decide la strada dell'amministrazione straordinaria: un salvagente, assicurato dalla legge "Prodi bis'', che consente di evitare il fallimento. L'obiettivo è quello della vendita della società o del gruppo (tempo massimo 15 mesi) oppure il risanamento della società (tempo massimo 2 anni). Il ministero delle Attività produttive indica tre commissari: per la parte legale Attilio Zimatore, per gli aspetti industriali Mario Resca e per le questioni finanziarie Emmanuele Emanuele. Il Tribunale di Roma non aderisce però completamente alla richiesta del dicastero. Uno dei commissari indicati dal ministro, Emanuele, presidente dell'Ente Cassa di Risparmio di Roma, viene sostituito a fronte di un potenziale conflitto di interesse in quanto l'ente è socio di Capitalia, uno degli istituti più esposti nei confronti del gruppo Cirio. Al suo posto viene nominato Luigi Farenga. I commissari giudiziali hanno trenta giorni di tempo per redigere una relazione sulla società. Alla scadenza, il tribunale, sentite entro 10 giorni le osservazioni del governo, ha un altro mese di tempo per valutare la relazione e dare avvio alla vera e propria amministrazione straordinaria con la nomina dei commissari straordinari.
Il 26 settembre arriva il sì dei commissari giudiziali alla Prodi Bis per la Cirio. Il giudizio è contenuto nella relazione di 234 pagine inviata al tribunale di Roma. "I commissari giudiziali - si legge - esprimono una valutazione sicuramente favorevole all'ammissione delle società insolventi alla procedura di amministrazione straordinaria''. "Le analisi e le considerazioni svolte in questa relazione -sottolineano i tre commissari- consentono di affermare che le attività imprenditoriali esercitate dalle società insolventi (ed in specie dalla società operativa Cirio del Monte Italia) possono rapidamente recuperare un soddisfacente equilibrio economico, ripristinando un rapporto fisiologico tra costi e ricavi e mantenendo una posizione di grande rilievo nel mercato agro-alimentare''. Inoltre, si può prevedere ragionevolmente che "il recuperato equilibrio costi/ricavi sia suscettibile di ulteriore miglioramento attraverso gli interventi descritti nelle pagine precedenti, con la prospettiva di conseguire sempre più ampi margini di redditività''.
Ad ottobre il ministero delle Attività produttive dà il parere favorevole all'amministrazione straordinaria. Nel frattempo si allarga l'inchiesta: per Sergio Cragnotti arriva una nuova ipotesi di reato per bancarotta fraudolenta reiterata. Oltre al finanziere romano, sarebbero stati iscritti sul registro degli indagati altri 23 manager compresi i tre figli dell'ex presidente del gruppo, Elisabetta, Andrea e Massimo. Per stilare la lista degli indagati, i magistrati avrebbero passato al vaglio tutti i verbali delle riunioni dei cda. Il 30 ottobre si tiene il vertice alla Procura di Roma. Dura quasi cinque ore l'incontro tra i magistrati che si stanno occupando dell'inchiesta. Vi prendono parte oltre al sostituto procuratore Achille Torre e all'aggiunto Tiziana Cugini, titolari dell'indagine a Roma, anche il procuratore di Avellino Aristide Mario Romano e il sostituto Vittorio Santoro, il sostituto Tommaso Coletta di Firenze, il procuratore di Monza Walter Mapelli, il sostituto Luigi Orsi di Milano e il magistrato incaricato delle indagini a Torino. Al termine l'annuncio. Sarà la Procura di Roma ad occuparsi del filone della bancarotta nell'inchiesta sulla holding Cirio, mentre il reato di truffa derivato dalla non corresponsione dei bond verrà esaminato nelle singole Procure dove sono state presentate le denunce dagli obbligazionisti (le persone cui non sono stati corrisposti i bond sono 35 mila, ma solo alcuni hanno presentato denunce).
Il 3 novembre viene annunciata una consulenza tecnico-contabile sui documenti sequestrati il 22 ottobre durante le 38 perquisizioni eseguite dal Nucleo regionale della polizia tributaria e disposte dalla magistratura romana coordinata dal procuratore Achille Toro. Ad eseguirla gli stessi periti ai quali, nel luglio scorso, era stato affidato l'incarico di ricostruire la situazione amministrativa della Cirio dal '98 ad oggi. Le carte, in ambiente giudiziario, sono ritenute di grande importanza per ricostruire i collegamenti tra la società principale e le altre del gruppo.
L'inchiesta si allarga sempre più. Il 4 novembre a Monza nuova raffica di interrogatori e provvedimenti giudiziari nei confronti di dirigenti legati al mondo bancario. Gli sviluppi investigativi sul collocamento dei bond Cirio, portano all'iscrizione nel registro degli indagati di Fabio Arpe, il primo banchiere (ex amministratore delegato di Abaxbank) a finire nell'indagine curata dal sostituto procuratore Walter Mapelli.
Il 9 novembre si presenta presso la Procura di Roma Cragnotti per rendere dichiarazioni spontanee ai magistrati.
Il 27 novembre scatta una nuova ipotesi di reato per Cragnotti, già indagato dalla Procura di Roma per bancarotta fraudolenta e truffa nell'ambito dell'inchiesta sul dissesto della Cirio. Il procuratore aggiunto Achille Toro, avvia una nuova indagine sulla base di elementi emersi dall'esame di documenti sequestrati nell'ambito dell'indagine principale. L'ipotesi è che Cragnotti possa aver versato somme di denaro a pubblici funzionari.
Il 5 dicembre infine entra nell'inchiesta anche il presidente di Capitalia Cesare Geronzi assieme ad altri banchieri.