Nuovo infame attacco alle pensioni
Il CRUMIRO COFFERATI SI SCHIERA COL GOVERNO SUL SISTEMA CONTRIBUTIVO
NO ALL'UTILIZZO DELLE LIQUIDAZIONI PER FINANZIARE LE PENSIONI INTEGRATIVE

C'era da aspettarsi che il governo del rinnegato D'Alema non avrebbe rinunciato a lanciare l'ennesimo attacco alle pensioni. Prima delle ferie, come si ricorderà, per bocca del ministro del Tesoro Giuliano Amato, aveva persino paventato un atto d'imperio per inserire delle misure nella Finanziaria finalizzate ad accelerare l'applicazione a regime della controriforma Dini del '95 (come la eliminazione definitiva delle pensioni di anzianità, l'entrata in vigore per tutti del sistema di calcolo contributivo, ecc.); senza nemmeno aspettare il 2001 data prevista per la verifica sull'andamento dei conti della spesa pensionistica. Una posizione questa che non poteva essere accettata da parte dei vertici sindacali confederali, specie nel metodo, in quanto li avrebbe messi in duro conflitto con la loro base e con i lavoratori tutti e avrebbe fatto saltare palesemente il sistema della concertazione. Tanto è vero che arrivarono persino ad agitare lo sciopero generale.
Ebbene, già alla fine di agosto e soprattutto all'inizio di settembre, in vista appunto della presentazione della Finanziaria e della ripresa delle trattative tra il ministro del Lavoro, Cesare Salvi, i sindacati e le associazioni padronali su materie che riguardano lo "stato sociale" (la "riforma" degli ammortizzatori sociali, misure per l'occupazione giovanile, ecc.) è partito in crescendo un lavorio per riproporre, sia pure in forma diversa e mascherata provvedimenti per colpire le pensioni. Lo spunto lo ha fornito la Corte dei conti che ha reso pubbliche cifre allarmistiche e falsate sulla crescita della spesa pensionistica fino a paventare l'insolvenza da parte dello Stato. La Confindustria ha colto la palla al balzo per tornare a chiedere al governo tagli pesanti e strutturali.
Dopo un primo intervento del presidente dell'Inps, Massimo Paci, in tempi serrati (e magari in modo concordato?) sono usciti allo scoperto il segretario dei DS, Walter Veltroni, D'Alema e Salvi per il governo e, con un colpo di scena, anche il segretario della Cgil, Sergio Cofferati, con una proposta quasi fotocopia che riguarda il sistema di calcolo contributivo per le pensioni e l'utilizzo di tutto il Tfr (trattamento di fine rapporto lavoro) per il finanziamento e la generalizzazione dei fondi di pensione integrativi.
Veltroni, in rapida successione, rilascia due interviste pubblicate con grande risalto rispettivamente dal Corriere della Sera e da l'Unità per dire che occorre intervenire subito sulla previdenza, senza aspettare il 2001, poiché ci sarebbe questa "gobba" della spesa pensionistica paventata per il 2005-2006 da prevenire: estendendo il sistema contributivo "pro-rata" per il calcolo della pensione anche per coloro che al tempo della "riforma" Dini avevano superato i 18 anni di anzianità di lavoro conservando il sistema retributivo più vantaggioso; destinando tutto il Tfr per far decollare le pensioni integrative. Una proposta questa spacciata per "riformismo sociale di sinistra" da realizzare con il consenso del sindacato.
Subito e in modo sospetto gli fa eco il crumiro Cofferati con un'intervista a la Repubblica il quale a "titolo personale", cioè senza minimanente concordare una posizione né con gli organi dirigenti della Cgil e delle altre confederazioni e men che mai con i lavoratori, sposa la posizione di Veltroni e del governo, ossia l'estensione del sistema contributivo per tutti, l'erogazione in busta paga delle liquidazioni per finanziare le pensioni integrative, l'estensione della previdenza complementare per tutte le categorie di lavoratori, dipendenti pubblici compresi. Con un colpo solo il segretario della Cgil fa saltare il vincolo, previsto della controriforma del '95, che vietava ogni altro intervento fino al 2001 data prevista per svolgere una verifica dei risultati; apre una breccia per far passare l'attacco del governo e della stessa Confindustria che, proprio in questi giorni riunita a Cernobbio, ha colto l'occasione per rivendicare anche l'immediata cancellazione delle pensioni di anzianità; divide il fronte di lotta sindacale; disarma la propria stessa base. Le spaccature provocate dall'uscita di Cofferati sono evidenti sia in Cgil che con gli altri sindacati. Esponenti di primo piano della segreteria e delle categorie, metalmeccanici in testa, hanno espresso la loro netta contrarietà; per non parlare dei dissensi avanzati da D'Antoni e da Larizza, strumentali e volti a catturare consensi senza mettere in discussione la sostanza ma solo l'opportunità di preferire una ricetta antioperaia all'altra. Da registrare invece la posizione dell'opportunista, revisionista e trotzkista Cossutta favorevole alla proposta Veltroni-Cofferati.
Macché proposta equa! La verità è che con l'estensione del sistema contributivo anticipato per tutti si tradisce la fiducia di quei lavoratori con più di 18 anni di lavoro nel dicembre del '95 ai quali era stato promesso di mantenere (fino ad esaurimento) il sistema retributivo per "alleggerire" le altre misure della "riforma" come l'elevazione dell'età pensionabile a 65 anni e la cancellazione progressiva della pensione di anzianità; si attua un pesante taglio al valore delle pensioni di questi lavoratori, specie per coloro con meno anzianità, per una cifra che tra il 2005 e il 2010 raggiungerà ben 17 mila miliardi (vedi l'articolo esplicativo pubblicato in questa stessa pagina); si marcia più speditamente verso quel sistema pensionistico di stampo neoliberista fondato su una copertura da parte dello Stato sempre più ridotta, la crescita dei fondi di pensione privati e lo sgravio contributivo per le aziende. E non è affatto vero che le perdite saranno compensate con utilizzo del Tfr per le pensioni integrative, dal momento che i lavoratori più vicini alla pensione non fanno in tempo a farsi la pensione complementare.
Proprio l'utilizzo degli accantonamenti del Tfr in busta paga sembra essere il grimaldello demagogico per far ingoiare il "rospo" ai lavoratori. La questione è di grande rilievo. Si parla di 300 mila miliardi circa di soldi accantonati per pagare le liquidazioni, con un flusso annuo di 25-27 mila miliardi utilizzati in larghissima parte dalle aziende per il loro autofinanziamento. Sono soldi dei lavoratori, una sorta di "salario differito" da percepire alla fine del rapporto di lavoro. Soldi che per D'Alema, Veltroni e Cofferati dovrebbero andare tutti o quasi nei fondi di pensione privati, un business che fa gola al grande capitale finanziario. E infatti l'opposizione degli industriali all'utilizzazione del Tfr è solo di facciata e comunque riguarda solo gli accantonamenti esistenti, non quelli successivi e i tempi di applicazione. Lo ha detto chiaramente la vicepresidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, e l'ex presidente, Luigi Lucchini, che ha commentato con un "Bravo Cofferati meglio tardi che mai: forse ha capito come stanno le cose". Alla domanda se fa effetto una Cgil che abbassa la guardia sulle garanzie sociali, aggiunge: "Non lo nego affatto e anzi ripeto: bravo Cofferati".
Le pensioni integrative, istituite con le precedenti controriforme, esistono già in alcune categorie di lavoratori. Ma sono volontarie. è chiaro che con queste ulteriori misure di riduzione della pensione pubblica si vuole di fatto o per legge rendere obbligato il ricorso alla previdenza privata.
Non c'è tempo da perdere. Occorre chiudere tempestivamente la breccia aperta da Cofferati e riaprire la discussione tra gli iscritti del sindacato e i lavoratori nei luoghi di lavoro sulla linea da tenere verso il governo. Occorre respingere anche con la mobilitazione e con la lotta, compreso lo sciopero, la proposta del governo sull'estensione del sistema contributivo e l'utilizzazione del Tfr per le pensioni integrative, che vorrebbe inserire se non proprio nella Finanziaria almeno nel collegato. Occorre rivendicare, caso mai, l'attuazione degli impegni presi e non attuati come la separazione tra previdenza e assistenza nei conti Inps, passando quest'ultima alla fiscalità generale dello Stato. Proprio considerando l'alto tasso di disoccupazione strutturale esistente, la difficoltà per le nuove generazioni ad avere un lavoro fisso, continuativo e a salario pieno è importante caso mai ripristinare il sistema di calcolo retributivo per tutti e le precedenti norme per andare in pensione di anzianità a 35 anni di lavoro e di vecchiaia a 60 anni di età per gli uomini e 55 per le donne. Occorre riproporre con forza la questione degli aumenti salariali dei lavoratori dei vari settori, rimasti al palo in questi anni mentre i profitti capitalistici sono andati alle stelle, questione che non può certo essere risolta con la destinazione di parte del Tfr in busta paga. Questo naturalmente non significa che non si possa e non si debba affermare il diritto dei lavoratori al prelievo anticipato della loro liquidazione maturata per bisogni personali e familiari. Tutt'altro!