Su richiesta del prefetto Ferrante e su pressione del sindaco Albertini
Denunciati 4mila tranvieri milanesi
Solerti la Digos e la magistratura. I lavoratori rischiano pesanti sanzioni penali e amministrative. Albertini li vorrebbe licenziare. A Genova mille multe da 250 euro
Per aver difeso inflessibilmente i loro diritti e aver lottato senza il morso liberticida della legge antisciopero migliaia di tranvieri milanesi rischiano di finire anche sotto processo per "interruzione di pubblico servizio'', e "inosservanza di un ordine delle autorità'', reati punibili con pene da 15 giorni a un anno di carcere per gli scioperanti e da 1 a 5 anni per i promotori e gli organizzatori, il primo reato e con "l'arresto fino a tre mesi o un'ammenda fino a 206,5 euro'' il secondo. Ma c'è chi come il neofascista e neopodestà di Milano Albertini, invoca addirittura il licenziamento ai termini del "codice disciplinare'' aziendale.
A imprimere il giro di vite fascista alla vertenza è stato il prefetto di Milano Bruno Ferrante. Il quale su pressione di Albertini - e anticipando il diktat del braccio destro di Maroni, Sacconi, che gli intimava a prendere provvedimenti immediati contro i lavoratori "ribelli'' - dapprima chiedeva ad Atm l'elenco dei lavoratori che il 12 e 13 gennaio avevano ignorato la precettazione e aderito allo sciopero indetto dai Cobas per il contratto integrativo, e poi presentava un esposto alla procura.
Per Atm è stato come un invito a nozze per uscire allo scoperto e invocare la repressione dei lavoratori. "Gli scioperanti hanno minato la credibilità delle istituzioni - ha tuonato l'avvocato Giampiero Biancolella - fin dall'inizio Atm ha collaborato con i magistrati'', e in men che non si dica la lista degli oltre 4 mila tranvieri che non si erano presentati al lavoro era già sul tavolo del pm Alfredo Robledo, titolare dell'indagine. Così il materiale acquisito è andato a integrare il fascicolo già aperto dalla procura sulle fermate spontanee del 1• dicembre. Per di più la procura si è dimostrata particolarmente zelante dando ad intendere che per i "ribelli'' non ci saranno sconti, annunciando che nel giudicare i lavoratori si dovrà tenere conto pure della "reiterazione dei fatti'', ossia già si pensa di portarli in giudizio con le aggravanti. Ma poiché i tempi del penale sono lunghi, in procura si consolano col fatto che a dare una prima punizione esemplare ai lavoratori saranno sicuramente le sanzioni amministrative. Infatti sarebbe quasi pronta la "sentenza'' della Commissione di garanzia per punire chi aderì allo sciopero del 1• dicembre: una multa pari a 4 ore di retribuzione o la sospensione per un periodo compreso tra 1 e 10 giorni. Stando ad alcune indiscrezioni anche la Digos starebbe preparando un dossier sui lavoratori in sciopero.
Ma al sindaco Albertini tutto questo non basta. Egli vuole la resa incondizionata dei tranvieri, che serva da perenne monito per tutti i lavoratori della pubblica amministrazione, minacciando addirittura il licenziamento per chi, nonostante la precettazione, si è rifiutato di tornare al lavoro nei giorni dei blocchi. "Se lo sciopero è illegittimo perché vietato - minaccia il neopodestà di Milano - l'assenza è ingiustificata. Quindi l'azienda può avere e secondo me deve avere tutto il rigore necessario per applicare anche il codice disciplinare''. E, ha pure rimarcato che non ci sarà alcuna possibilità di sanatoria per i lavoratori "ribelli'' perché "chi ha violato la legge deve risponderne''. Ora staremo a vedere che piega prenderà la vicenda. Certo è che se la repressione giudiziaria o aziendale andrà avanti i lavoratori dovranno essere difesi a ogni costo.
Sono invece già arrivate mille multe da 250 euro indirizzate ad altrettanti autisti della società del trasporto pubblico di Genova ordinate dal prefetto Giuseppe Romano, per lo sciopero del 22 dicembre. Il prefetto li aveva pure denunciati alla magistratura per interruzione di pubblico servizio ma i giudici sostengono che non ci sono gli estremi per procedere e i fascicoli sono stati inviati al gip con la richiesta di archiviazione.
Nell'esprimere la nostra piena solidarietà ai coraggiosi e esemplari lavoratori milanesi e genovesi, ribadiamo che la loro lotta era ed è stata giusta (e giusti sono stati i metodi di lotta) perché essa si è mossa nell'interesse di tutta la categoria e dell'intero movimento dei lavoratori e sindacale. Col loro esempio hanno dimostrato che senza lotta di classe i lavoratori non possono far valere i loro diritti a breve e a lungo termine e inoltre, seppure temporaneamente e non avendone piena coscienza, hanno dato vita dal basso a quel grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori basato sulla democrazia sindacale che il PMLI sostiene con forza da oltre dieci anni.