Elezioni regionali dell'8-9 giugno
Il Friuli-Venezia Giulia in mano all'anticomunista industriale del caffè
Riccardo Illy sostenuto da "centro-sinistra" e PRC batte la leghista Guerra.
Astensionismo al 38,3%. Il neogovernatore eletto solo dal 32,8% dell'elettorato
L'8 e 9 giugno si è votato per l'elezione del governatore e il rinnovo del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia. Un test importante non solo per gli elettori coinvolti (poco meno di un milione e centomila), ma perché il Friuli, una regione autonoma dagli ampi poteri, è divenuta strategica per la penetrazione dell'imperialismo italiano verso i paesi dell'Europa dell'est e i balcani.
Il "centro-sinistra" è riuscito a strappare il Friuli-Venezia Giulia al "centro-destra" facendo eleggere, grazie anche al sostegno di Rifondazione, l'anticomunista e antioperaio industriale del caffè Riccardo Illy che è riuscito a catalizzare consensi persino nell'elettorato dell'altro schieramento. Non ci stupisce.
Chi meglio di Illy può interpretare le smanie espansioniste ed egemoniche della borghesia friulana e italiana? Lui che fu il primo, appena eletto a Trieste nel '93, a parlare di città-azienda e a dichiararsi più amministratore che sindaco. Lui che coltiva il progetto di un'"Euroregione" che comprenda "Friuli-Venezia Giulia, Carinzia, l'Istria croata e la Slovenia".
Altro che "Friuli, laboratorio dell'altra Europa" come delirano i dirigenti di Rifondazione che evidentemente si sono completamente bevuti il cervello, forse inebriati dalla promessa di un assessorato nel governo friulano. Quale altra Europa può nascere da una regione guidata da un capitalista, neoliberista, imperialista come Illy?
Illy, 48 anni, per due mandati sindaco di Trieste e poi eletto deputato nel 2001, grazie al "centro-sinistra", ma iscritto nel gruppo misto, è, infatti, un neoliberista e un antioperaio a 18 carati: colui che intende condurre in porto la privatizzazione della Fincantieri di Trieste e che appena eletto ha dichiarato che non sarebbe andato a votare al referendum sull'art. 18 perché "sbagliato". Illy è il deputato che si è solo astenuto sulla guerra all'Iraq. Che promette "autonomia vera", ossia più federalismo, e una nuova controriforma elettorale in senso maggioritario, ossia più presidenzialismo.
E se non bastasse c'è il suo anticomunismo viscerale testimoniato dal suo "sogno" di essere l'artefice di un "grande gesto di riconciliazione", che, come spiega, dovrebbe realizzarsi "invitando assieme nei luoghi simbolo delle barbarie dei totalitarismi, che hanno insanguinato queste terre, i presidenti italiano, croato e sloveno", che dovrebbero "inginocchiarsi sulle foibe".
Non a caso di Illy si parla già come futuro ministro o addirittura come possibile leader nazionale del "centro-sinistra". Lui non si sbilancia ma nemmeno si tira indietro. "Per ora ho una bicicletta e pedalo... poi si vedrà", dichiara sornione.
Illy comunque la bicicletta l'ha avuta da una minoranza dell'elettorato friulano. Infatti, pur sostenuto da Ulivo, PRC, Italia dei Valori, Partito pensionati, dalla sua lista civica "Cittadini per il presidente", Udeur, solo il 32,8% degli elettori che ne avevano diritto l'hanno votato, anche se sui soli voti validi equivalgono al 53,2%.
Una fetta assai consistente dell'elettorato non si è fatta incantare né dalla destra né dalla "sinistra" borghese ed ha in massa disertato le urne. L'astensionismo totale (chi ha disertato le urne, votato nullo o bianco) è attestato al 38,3% ed è ancora il primo "partito" regionale. Nel '98 era stato del 40,2% e quindi registra un calo dell'1,9%, ma è comunque un risultato enorme, se si considera che solo 10 anni fa i non votanti in questa regione non arrivavano al 20%.
Quest'anno inoltre per la prima volta è stata adottata anche in Friuli la nuova legge elettorale che prevede l'elezione diretta del presidente e ciò ha richiamato una parte di elettori, specie del "centro-destra", che in particolare si sono riversati sul nome di Illy. I voti alle liste (496.882) sono stati infatti assai inferiori rispetto a quelli per i candidati a presidente (673.809) con uno scarto di ben 176.927 voti in gran parte andati a Illy. Egli infatti che ottiene 358.591 voti, ne prende ben 109.835 in più rispetto alla sua coalizione ferma a 249.756.
La leghista Alessandra Guerra, la candidata (per imposizione di Berlusconi e del duo Bossi-Tremonti) battuta della Casa del fascio, ottiene invece il 26,6% sugli aventi diritto (43,2% sui voti validi) con 291.012 voti e solo 57.909 preferenze in più rispetto ai voti della sua coalizione che ne prende 233.103. Il terzo candidato battuto, l'ex Forza Italia Giuseppe Saro, raccatta invece 24.206 voti presentandosi con la sua lista Libertà e autonomia che ne ottiene invece 14.023.
In sostanza, le due coalizioni di "centro-sinistra" e "centro-destra" quasi si equivalgono e a fare la differenza è stata la candidatura dell'industriale del caffè che è riuscito a pescare voti a destra e a manca.
La Casa del fascio paga il prezzo più pesante. La Lega Nord, che nel '93 era il primo partito col 19,9% dell'elettorato e nel '98 era ancora al 10,4%, ora è piombata al 4,2%. Forza Italia perde 28.571 voti rispetto al '98 quando si presentò col CCD. L'UDC di questi ne intercetta solo 21.478. AN perde quasi 30 mila voti e passa dall'8% al 5,3% degli elettori.
La "sinistra" borghese non ha comunque di che ridere. I DS perdono 18 mila voti passando dal 9,2% al 7,6%. La Margherita è l'unico partito che guadagna un pugnello di voti e uno striminzito 0,1%.
Per il PRC una vera e propria batosta: rispetto al '98 quasi dimezza i suoi voti passando da 44.485 (4%) a 24.904 (2,3%). Un calo non giustificabile con la presenza quest'anno del PdCI che si ferma a 7.533 voti, pari allo 0,7%. Anche i Verdi si squagliano passando dai 32.392 voti del '98 agli attuali 7.117 voti. Evidentemente, seppure le illusioni elettoraliste, parlamentariste e governative sono assai dure a morire, c'è una parte di elettorato di sinistra che non se l'è proprio sentita di votare un candidato come Illy che rappresenta solo l'altra faccia del regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista.