1883 - 14 marzo - 2004. 121° Anniversario della morte del grande maestro del proletariato internazionale. Un importante articolo di Engels sul suo stretto compagno d'armi
MARX HA DATO UNA BASE SCIENTIFICA AL SOCIALISMO E AL MOVIMENTO OPERAIO
Marx è attuale
Nel momento in cui la classe dominante borghese in camicia nera con alla testa il neoduce Berlusconi dà libero sfogo al suo delirio di megalomania e onnipotenza pensando di potere estirpare per sempre dalla mente della classe operaia le radici della concezione proletaria del mondo e con essa quasi due secoli di esperienza storica del proletariato nazionale e internazionale; nel momento in cui i rinnegati dirigenti diessini, dei comunisti italiani e dei e "rifondatori del comunismo", per ottenere la benevolenza della classe borghese italiana ed europea, arrivano a relegare il marxismo nel museo delle "teorie ottocentesche" e rilanciano a livello di massa le più bieche e inverosimili calunnie sulla gloriosa storia del socialismo realizzato in Urss sotto la guida di Lenin e Stalin, e in Cina sotto la guida di Mao, per i marxisti-leninisti del terzo millennio, per i sinceri comunisti, anticapitalisti, antimperialisti, antifascisti e progressisti si fa acuto il bisogno di conoscere a fondo i grandi maestri del proletariato internazionale per tenerne vivi gli insegnamenti e applicarli nella realtà
E non poteva essere altri che Friedrich Engels, il suo più stretto compagno d'armi, a guidarci alla scoperta della vita e dell'opera di Marx con lo scritto che pubblichiamo qui di seguito. Ne viene fuori un quadro della straordinaria ed esemplare biografia di Marx come studioso, teorico, politico, combattente, dirigente, educatore e organizzatore del movimento operaio internazionale, nonché una brillante sintesi della sua opera immortale che ancora oggi illumina la strada dei marxisti-leninisti e del proletariato.
Con spiegazioni incisive e comprensibili alle masse, Engels ci indica due delle principali scoperte teoriche "grazie alle quali Marx ha scritto per sempre il suo nome nella storia della scienza": la concezione materialistica della storia e la scoperta dell'origine del plusvalore, il nocciolo della contraddizione tra lavoro salariato e capitale. Due elementi base che consentono ai proletari, ai rivoluzionari, alle ragazze e ai ragazzi che li assimilano di comprendere la storia, il capitalismo, la lotta di classe e le differenze ideologiche e culturali tra il proletariato e la borghesia, di sottrarsi all'influenza della borghesia e dei suoi servi, di individuare e combattere le idee errate e controrivoluzionarie e di trasformare il mondo e se stessi.
Nel raccontare la repressione poliziesca, il bavaglio della censura e gli esili forzati di Marx, Engels ci dà anche una idea delle condizioni in cui questo gigante del pensiero e dell'azione rivoluzionari ha svolto la sua battaglia per dare al proletariato la coscienza di essere la classe più rivoluzionaria della storia dell'umanità ed una organizzazione partitica corrispondente al suo compito storico: abbattere il capitalismo e lo Stato borghese con la rivoluzione socialista, conquistare il potere politico per emancipare se stesso e l'intera umanità dal millenario sfruttamento dell'uomo sull'uomo e dalla divisione in classi.
A questo scopo Marx ha svolto una lotta titanica per smascherare e sconfiggere sia le concezioni borghesi dei revisionisti, dei riformisti e dei pacifisti, sia quelle piccolo-borghesi settarie e avventuristiche, basandosi sempre sull'analisi concreta della situazione concreta.
Quando il proletariato parigino insorse, Marx lo invitò senza mezzi termini a rispondere "con la violenza alla violenza" mentre all'indomani della controrivoluzione che affogò la Comune di Parigi, il primo potere proletario della storia dell'umanità e il primo grande tentativo del proletariato di rovesciare la borghesia e instaurare la dittatura del proletariato, prese la decisione di sciogliere la Prima internazionale, di intraprendere cioè una lungimirante ritirata tattica che annunciava una offensiva rivoluzionaria su di una scala più profonda e più vasta, un'offensiva che toccherà il punto più alto tra il 1949 e il 1956 quando il sole rosso del socialismo risplendeva su di un quarto dell'umanità.
Per colpa dei rinnegati revisionisti il proletariato ha perso quel potere, ma lo può riconquistare se impugnerà di nuovo le grandi bandiere rosse di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e se darà tutta la sua forza al PMLI.
 

L'uomo che per primo ha dato al socialismo e, quindi, a tutto il movimento operaio dei nostri giorni una base scientifica, Carlo Marx, nacque a Treviri nel 1818. Studiò dapprima il diritto a Bonn e a Berlino, ma ben presto si consacrò quasi esclusivamente allo studio della storia e della filosofia, e nel 1842 stava per farsi docente di filosofia, quando il movimento politico sviluppatosi dopo la morte di Federico Guglielmo III lo spinse in un'altra direzione. Con la sua collaborazione i capi della borghesia liberale renana, i Camphausen, Hansemann, ecc., avevano fondato a Colonia la "Rheinische Zeitung" ["Gazzetta renana"], e Marx, le cui critiche dei dibattiti della Dieta provinciale renana avevano fatto la più grande impressione, venne chiamato nell'autunno 1842 a dirigere il giornale. La "Rheinische Zeitung" era, naturalmente, sottoposta alla censura, ma la censura non ebbe ragione di essa.(1) La "Rheinische Zeitung" riusciva quasi sempre a far passare gli articoli che considerava necessari; si inviavano dapprima al censore da rivedere le cose meno importanti, sino a che egli si arrendeva, oppure era costretto a capitolare dalla minaccia che il giorno dopo il giornale non sarebbe apparso. Una decina di giornali che avessero avuto il coraggio della "Rheinische Zeitung", e i cui editori non avessero badato a un paio di centinaia di talleri in più di spese di composizione, - e la censura sarebbe stata resa impossibile in Germania già nel 1843. Ma i proprietari dei giornali tedeschi erano dei filistei meschini e pieni di paura, e la "Rheinische Zeitung" condusse la lotta da sola. Essa logorò un censore dopo l'altro, e si finì per imporle una censura duplice, cosicché dopo la prima censura il prefetto doveva censurarla ancora una volta definitivamente. Nemmeno ciò non servì a niente. All'inizio del 1843 il governo dichiarò che non era possibile domare questo giornale e lo soppresse senz'altro.
Marx, che nel frattempo aveva sposato la sorella del futuro ministro reazionario von Wesphalen, si trasferì a Parigi e quivi pubblicò insieme con A. Ruge, i "Deutch-Französische Jahrbücher" ["Annali franco-tedeschi"], in cui aprì la serie dei suoi scritti socialisti con una "Critica della filosofia del diritto di Hegel". Indi pubblicò insieme a F. Engels "La sacra famiglia. Contro Bruno Bauer e consorti", critica satirica di una delle ultime forme assunte dall'idealismo filosofico tedesco di quei tempi.
Lo studio dell'economia politica e della storia della Grande rivoluzione francese lasciava ancora a Marx il tempo di attaccare, all'occasione, il governo prussiano. Questo si vendicò ottenendo nella primavera del 1845 dal ministero Guizot, - il signor Alessandro Humboldt deve essere stato il mediatore, - la sua espulsione dalla Francia. Marx portò il suo domicilio a Bruxelles ed ivi pubblicò in francese nel 1847: "Miseria della filosofia", critica della "Filosofia della miseria" di Proudhon, e nel 1848 un "Discorso sul libero scambio". In pari tempo trovò l'occasione di fondare a Bruxelles un'Associazione degli operai tedeschi, e in questo modo entrò nell'agitazione pratica. Questa acquistò per lui un'importanza ancora più grande dopo che egli e i suoi amici politici furono entrati, nel 1847, nella "Lega dei Comunisti", società segreta esistente da molti anni. Tutta l'organizzazione venne trasformata; l'associazione, che fino allora aveva più o meno avuto il carattere d'una setta di congiurati, si trasformò in una semplice organizzazione di propaganda comunista, segreta per necessità, - nella prima organizzazione del Partito socialdemocratico tedesco. La Lega esisteva dappertutto dove esistevano associazioni di operai tedeschi; in Inghilterra, in Belgio, in Francia e nella Svizzera quasi tutte queste associazioni, e in Germania molte di esse erano dirette da membri della Lega, e la partecipazione di questa al movimento operaio tedesco nascente era molto importante. Inoltre la nostra Lega fu la prima che dette rilievo al carattere internazionale del movimento operaio nel suo complesso e ne fornì delle prove pratiche, ché ebbe tra i suoi membri degli inglesi, dei belgi, degli ungheresi, dei polacchi, ecc., e in particolare organizzò a Londra delle assemblee operaie internazionali.
La trasformazione della Lega venne compiuta in due congressi tenuti nel 1847; il secondo di essi decise di raccogliere e rendere pubblici i principi del partito in un manifesto da redigersi da Marx ed Engels. Così sorse il "Manifesto del Partito comunista", che fu pubblicato la prima volta nel 1848, poco prima della rivoluzione di febbraio, e in seguito tradotto in quasi tutte le lingue europee.
La "Deutsche Brüsseler Zeitung" ["Giornale tedesco di Bruxelles"], a cui Marx collaborava, e in cui si smascheravano senza pietà le delizie del patrio regime poliziesco, aveva nuovamente spinto il governo prussiano a far pressione per ottenere l'espulsione di Marx; ma invano. Quando però la rivoluzione di febbraio provocò anche a Bruxelles dei movimenti popolari e sembrava imminente un cambiamento di regime nel Belgio, il governo belga arrestò senz'altro Marx e lo espulse. Nel frattempo il governo provvisorio della Francia lo aveva fatto invitare, da Flocon, a ritornare a Parigi, e Marx accettò l'invito.
A Parigi egli prese prima di tutto posizione contro le smargiassate dei tedeschi ivi residenti, che volevano organizzare gli operai residenti in Francia in legioni armate, per introdurre in Germania la rivoluzione e la repubblica. Da un lato, la Germania doveva fare essa stessa la propria rivoluzione; d'altro lato, i Lamartine del governo provvisorio avrebbero denunciato in anticipo al governo da rovesciare ogni legione rivoluzionaria che si venisse formando in Francia, come effettivamente avvenne nel Belgio e nel Baden.
Dopo la rivoluzione di marzo Marx si recò a Colonia e ivi fondò la "Neue Rheinische Zeitung" ["Nuova gazzetta renana"] che visse dal 1° giugno 1848 sino al 19 maggio 1849, - l'unico giornale che in seno al movimento democratico di quel tempo difese le posizioni del proletariato, il che esso già fece schierandosi senza riserve dalla parte degli insorti del giugno 1848 a Parigi, cosa che fece perdere al giornale tutti i suoi azionisti. Invano la "Kreuzzeitung" ["Gazzetta della Croce"], denunciò "la insolenza alta come il Cimborazzo" con la quale "Neue Rheinische Zeitung" attaccava ogni cosa sacra, dal Re e dal reggente sino al gendarme, e ciò in una fortezza prussiana che aveva allora 8.000 uomini di guarnigione. Invano si dettero da fare i filistei liberali renani, subitamente diventati reazionari. Invano lo stato d'assedio proclamato a Colonia nell'autunno del 1848 sospese per un lungo periodo di tempo la pubblicazione del giornale. Invano il ministro della giustizia del Reich a Francoforte denunziava al procuratore di Colonia un articolo dopo l'altro esigendo un processo. Il giornale continuò ad essere redatto e stampato tranquillamente, in faccia al corpo di guardia principale; la sua diffusione e la sua fama crebbero a misura che i suoi attacchi al governo e alla borghesia diventavano più violenti. Quando si produsse in Prussia il colpo di Stato del novembre 1848, la "Neue Rheinische Zeitung", con un appello pubblicato in testa a ogni numero invitava il popolo a rifiutarsi di pagare le imposte e a rispondere alla violenza con la violenza. Nella primavera del 1849, inviato davanti ai giurati per questo appello e per un altro articolo, il giornale venne due volte assolto. Infine, quando le insurrezioni del maggio 1949 a Dresda e nella province renane furono schiacciate, e la campagna prussiana contro l'insurrezione del Baden e del Palatinato venne incominciata con la concentrazione e mobilitazione di un numero considerevole di soldati, il governo si credette forte abbastanza per sopprimere con la violenza la "Neue Rheinische Zeitung". L'ultimo numero, stampato in rosso, apparve il 19 maggio.
Marx si recò di nuovo a Parigi, ma già poche settimane dopo la manifestazione del 13 giugno 1849 venne posto dal governo francese davanti all'alternativa di trasportare il suo domicilio in Bretagna o di lasciare la Francia. Preferì lasciar la Francia e si trasferì a Londra, dove resiedette da allora in poi.
Un tentativo di continuare la pubblicazione del "Neue Rheinische Zeitung" (1850) sotto forma di rivista (ad Amburgo) dovette essere abbandonato dopo un po' di tempo, causa la violenza sempre più grande della reazione. Subito dopo il colpo di Stato del dicembre 1851 in Francia Marx pubblicò il "18 Brumaio di Luigi Bonaparte" (Boston 1852; seconda edizione, Amburgo 1869, poco prima della guerra). Nel 1853 scrisse le "Rivelazioni sul processo dei comunisti a Colonia" (pubblicato prima a Basilea, poi a Boston, e di nuovo recentemente a Lipsia).
Dopo la condanna dei membri della Lega dei comunisti a Colonia Marx si ritirò dall'agitazione politica. Da un lato si dedicò per dieci anni allo studio dei ricchi tesori che la biblioteca del Museo britannico offriva per le ricerche di economia politica, dall'altro lato collaborò alla "New York Tribune", che sino allo scoppio della guerra civile americana pubblicò non solo le corrispondenze firmate da lui, ma anche numerosi suoi articoli editoriali sulla situazione dell'Europa e dell'Asia. I suoi attacchi contro lord Palmerston, basati su uno studio approfondito di documenti ufficiali inglesi, vennero ripubblicati a Londra come opuscoli polemici.
Primo frutto dei suoi studi economici di parecchi anni fu lo scritto: "Per la critica dell'economia politica. Fascicolo primo", pubblicato nel 1859 (Berlino, Duncker). Questo scritto contiene la prima esposizione sistematica della teoria marxista del valore, compresa la teoria del denaro. Durante la guerra italiana Marx nel giornale tedesco di Londra, "Das Volk" ["Il Popolo"], combatté tanto il bonapartismo, che si dava allora delle arie da liberale e posava a liberatore dei popoli oppressi, quanto la politica prussiana di allora, che sotto il mantello della neutralità cercava di pescare nel torbido. In questa occasione, si dovette attaccare anche al signor Carlo Vogt, che per in carico del principe Napoleone (Plon-Plon), e agli stipendi di Luigi Bonaparte faceva dell'agitazione per la neutralità, anzi per una posizione favorevole alla Germania. Fatto oggetto da Vogt delle calunnie più infami e consapevolmente false, Marx gli rispose con lo scritto "Il signor Vogt", Londra 1860, in cui Vogt e gli altri signori della banda dei falsi democratici servitori dell'Impero venivano smascherati, e Vogt veniva convinto, con prove estrinseche e intrinseche, di essere stato comprato dall'Impero di dicembre. La conferma la si ebbe esattamente dieci anni più tardi: nella lista degli agenti agli stipendi di Bonaparte, trovata nelle Tuilleries nel 1870 e pubblicata dal governo di settembre, si trovò alla lettera V. la nota seguente: "Vogt - in agosto 1859 versatigli ...Fr. 40.000".
Finalmente nel 1867 apparve ad Amburgo "Il Capitale.Critica dell'economia politica. Primo Volume", - l'opera principale di Marx, che espone le basi delle sue concezioni economiche socialiste e le linee fondamentali della sua critica della società attuale, del modo di produzione capitalistico e delle sue conseguenze. La seconda edizione di questo libro che fa epoca venne pubblicata nel 1872; l'autore sta lavorando al secondo volume.
Frattanto il movimento operaio si era di nuovo così rafforzato in parecchi paesi dell'Europa, che Marx poté pensare a realizzare un sogno che egli nutriva da molto tempo: la fondazione di una associazione operaia che, abbracciando i paesi più progrediti dell'Europa e dell'America, incarnasse, tanto per gli operai stessi quanto per i borghesi e per i governi, il carattere internazionale del movimento socialista, - per dare al proletariato coraggio e forza, e incutere terrore ai suoi nemici. Una riunione popolare tenuta il 28 settembre 1864 a Londra, a Saint Martin's Hall, a favore della Polonia, che nuovamente aveva sofferto di recente la repressione Russa, offrì l'occasione di fare la proposta, che venne accolta con entusiasmo. L'Associazione internazionale degli Operai era fondata. L'assemblea elesse un Consiglio generale provvisorio con sede a Londra, e l'anima di questo come di tutti i Consigli generali che lo seguirono, sino al Congresso dell'Aja, fu Marx.. Da lui vennero redatti quasi tutti i documenti pubblicati dal Consiglio generale dell'Internazionale, dall'Indirizzo inaugurale del 1864 sino all'Indirizzo sulla guerra civile in Francia nel 1871. Descrivere l'attività di Marx nell'Internazionale vorrebbe dire fare la storia di questa associazione, che è ancora viva nella memoria degli operai europei.
La caduta della Comune di Parigi mise l'Internazionale in una situazione impossibile. Essa venne spinta sulla scena della storia europea nel momento in cui le veniva tolta dappertutto la possibilità d'una qualsiasi azione pratica efficace. Gli avvenimenti che avevano fatto di essa la settima grande potenza le impedivano in pari tempo di mobilitare le sue forze combattenti e di farle entrare in azione, sotto pena di una sconfitta inevitabile e del regresso del movimento operaio per decenni. Inoltre si facevano avanti da diverse parti degli elementi che a scopo di vanità o di ambizione personale cercavano di sfruttare la fama così rapidamente acquistata dall'Associazione, senza conoscere la situazione reale dell'Internazionale o senza tener conto di essa. Si doveva prendere una decisione eroica; e ancora una volta fu Marx che la prese e la fece approvare al Congresso dell'Aja. L'Internazionale, con una risoluzione solenne, respinse ogni responsabilità per le mene dei bakunisti, che erano il punto attorno a cui si raccoglievano tutti quegli elementi loschi e insensati. Quindi, di fronte alla impossibilità di soddisfare, a causa della reazione generale, le maggiori esigenze che gli si ponevano, e di continuare in pieno la propria attività se non a costo di una serie di sacrifici che avrebbero dissanguato il movimento operaio, - di fronte a questa situazione l'Internazionale si ritirò temporaneamente dalla scena trasferendo il Consiglio generale in America. I fatti successivi hanno dimostrato quanto fosse giusta questa decisione, - allora e in seguito spesso criticata. Da un lato, si spuntarono per sempre tutti i tentativi di abbandonarsi, in nome dell'Internazionale, a degli inutili colpi di mano, mentre dall'altro lato gli stretti rapporti che continuarono a esistere tra i partiti operai socialisti dei diversi paesi fornirono la prova che la coscienza dell'uguaglianza di interessi e della solidarietà del proletariato di tutti i paesi, destata dall'Internazionale può farsi valere anche senza il legame formale, momentaneamente diventato una catena, di una associazione internazionale.
Dopo il Congresso dell'Aja Marx ritrovò infine la calma e il tempo necessari per riprendere i suoi lavori di carattere teorico e tra non molto tempo, speriamo, potrà dare alle stampe il secondo volume del "Capitale".
Tra le molte importanti scoperte, grazie alle quali Marx ha scritto il suo nome nella storia della scienza, ne possiamo rilevare qui soltanto due.
La prima è la rivoluzione da lui compiuta in tutta la concezione della storia mondiale. La concezione della storia si basava sino ad ora sull'idea che le cause ultime di tutti i cambiamenti storici devono essere ricercate nelle mutevoli idee degli uomini, e che, fra tutti i mutamenti storici, i più importanti, che dominano tutta la storia sono i mutamenti politici. Non ci si era chiesto, però, donde vengono agli uomini le idee, e quali siano le forze motrici dei cambiamenti politici. Solo la nuova scuola degli storici francesi e in parte anche inglesi, era arrivata a convincersi che, per lo meno a partire dal Medioevo, la forza motrice della storia europea era stata la lotta della borghesia in sviluppo contro la nobiltà feudale, per il dominio sociale e politico. Orbene, Marx dimostrò che tutta la storia svoltasi sino ad ora è una storia di lotte di classe che in tutte le lotte politiche, siano esse semplici o complicate, si tratta soltanto del dominio sociale e politico di classi sociali, della difesa di questo dominio da parte delle classi vecchie, e della conquista di esso da parte delle nuove classi che si presentano sulla scena. Ma donde nascono e da che cosa sono costituite queste classi? Nascono e sono costituite di volta in volta dalle condizioni materiali, percepibili in modo puramente sensibile, nelle quali la società di un'epoca determinata produce e scambia i suoi mezzi di sussistenza. Il regime feudale del Medioevo era basato sulla economia di piccole comunità contadine sufficienti a sé stesse, che producevano quasi tutto ciò che era necessario ai loro bisogni, ignoravano quasi completamente lo scambio, e a cui la bellicosa nobiltà assicurava protezione dallo straniero e conferiva una unità nazionale, o per lo meno, politica. Quando sorsero le città e con esse una industria artigiana indipendente e un commercio dapprima all'interno di ogni paese e poi internazionale, la borghesia urbana si sviluppò e, lottando contro la nobiltà, si conquistò ancora nel Medioevo un posto, come ceto privilegiato, dentro all'ordinamento feudale. Ma la scoperta dei paesi estraeuropei a partire dalla metà del secolo XV fornì alla borghesia un campo molto più ampio di operazioni commerciali e quindi un nuovo stimolo per la sua industria. Nelle branche principali l'artigianato fu soppiantato dalla manifattura già organizzata su una base di fabbrica; questa a sua volta fu soppiantata dalla grande industria, resa possibile dalle grandi scoperte del secolo passato, specialmente dalla macchina a vapore; e la grande industria reagì sul commercio, in quanto soppiantò nei paesi arretrati il vecchio lavoro a mano e nei paesi più sviluppati introdusse nuovi mezzi di comunicazione, macchine a vapore, ferrovie, telegrafi elettrici, ecc. Così la borghesia concentrava sempre più nelle sue mani le ricchezze sociali e il potere sociale, mentre rimaneva ancora per lungo tempo esclusa dal potere politico, che si trovava nelle mani della nobiltà e della monarchia che si appoggiava sulla nobiltà. Ma ad un certo punto, - in Francia a partire dalla Grande rivoluzione, - la borghesia conquistò anche il potere politico e a sua volta divenne classe dominante, opponendosi al proletariato e ai piccoli contadini. Secondo questo modo di vedere tutti i fenominei storici, se si ha in ogni momento una conoscenza sufficiente della situazione economica della società, - cosa che però manca completamente ai nostri storici di professione, - si spiegano nel modo più semplice. Allo stesso modo le concezioni e le idee di ogni epoca storica si spiegano nel modo più semplice con le condizioni della vita economica e coi rapporti sociali e politici dell'epoca, che a loro volta dipendono da queste condizioni. Per la prima volta la storia veniva collocata sulla sua base reale. Il fatto evidente, ma prima completamente trascurato, che gli uomini anzitutto devono mangiare, bere, avere un'abitazione e dei vestiti, e quindi lavorare, prima di poter lottare per il potere, prima di potersi occupare di politica, di religione, di filosofia, ecc., - questo fatto evidente vedeva infine riconosciuti i propri diritti storici.
Per la concezione socialista questo nuovo modo di intendere la storia era della più grande importanza. Esso dimostrava che tutta la storia svoltasi sino ad ora si risolve in antagonismi di classe e in lotte di classe, che sono sempre esistite classi dominanti e classi dominate, classi sfruttatrici e classi sfruttate, e che la grande maggioranza degli uomini è sempre stata condannata a un duro lavoro e a pochi godimenti. Perché ciò? Unicamente perché in tutti i gradi precedenti dello sviluppo della umanità la produzione era ancora così poco sviluppata che la evoluzione storica poteva compiersi soltanto in questa forma contraddittoria, che il progresso storico era affidato, in sostanza, all'attività di una piccola minoranza privilegiata, mentre la grande massa rimaneva condannata a produrre col proprio lavoro i suoi scarsi mezzi di sussistenza, e inoltre quelli sempre più abbondanti dei privilegiati. Ma queste stessa concezione della storia, che in questo modo spiega come cosa naturale e razionale il dominio di classe esistito sinora, che altrimenti si potrebbe spiegare soltanto con la perfidia degli uomini, conduce pure alla convinzione che grazie all'enorme sviluppo attuale delle forze produttive viene a mancare, almeno nei paesi più sviluppati, anche l'ultima pretesto di una divisione degli uomini in dominanti e dominati, sfruttatori e sfruttati; che la grande borghesia dominante ha adempiuto la propria missione storica; ch'essa non soltanto non è più capace di dirigere la società, ma è persino diventata un ostacolo allo sviluppo della produzione, come dimostrano le crisi commerciali e specialmente l'ultimo grande crollo e lo stato di depressione dell'industria in tutti i paesi; che la direzione storica è passata al proletariato, una classe che per tutta la sua posizione sociale può liberale sé stessa soltanto sopprimendo ogni dominio di classe, ogni schiavitù e ogni sfruttamento in generale; e che le forze produttive sociali, le quali sono cresciute tanto che sfuggono alle mani della borghesia, aspettano soltanto la presa di possesso da parte del proletariato associato per creare una situazione tale che permetterà a ogni membro della società non solo di partecipare alla creazione, ma anche alla ripartizione e all'amministrazione delle ricchezze sociali, una situazione in cui, grazie alla gestione di tutta la produzione secondo un piano, le forze produttive sociali e il loro prodotto aumenteranno in modo tale da assicurare il soddisfacimento di tutti i bisogni razionali in misura sempre crescente.
La seconda grande scoperta di Marx consiste nell'avere dato una spiegazione definitiva dei rapporti tra capitale e lavoro, in altre parole, di aver dimostrato come nella società odierna, nell'attuale modo di produzione capitalistico, si compie lo sfruttamento dell'operaio da parte del capitalista. Dal momento che l'economia politica aveva stabilito che il lavoro è la fonte di ogni ricchezza e di ogni valore, era inevitabile si ponesse la domanda: - Come si concilia con questa tesi il fatto che l'operaio salariato non riceve tutta la quantità di valore creata dal suo lavoro, ma deve cederne una parte al capitalista? Tanto gli economisti borghesi quanto i socialisti si erano sforzati invano di dare a questa domanda una risposta scientificamente corretta, sino a che Marx presentò la soluzione. La soluzione è la seguente: - l'odierno modo di produzione capitalistico ha come sua premessa l'esistenza di due classi sociali, da un lato i capitalisti che sono in possesso dei mezzi di produzione e di sussistenza, e dall'altro lato i proletari, che, esclusi da questo possesso, hanno una sola merce da vendere, la loro forza-lavoro, e perciò sono costretti a vendere questa loro forza-lavoro per entrare in possesso dei mezzi di sussistenza. Ma il valore di una merce viene determinato dalla quantità di lavoro socialmente necessario tanto per la sua produzione quanto per la sua riproduzione. Il valore della forza-lavoro di un uomo medio per la durata di un giorno, un mese, un anno, viene dunque determinato dalla quantità di lavoro incorporato nella quantità di mezzi di sussistenza necessari per mantenere questa forza-lavoro durante un giorno, un mese, un anno. Poniamo che i mezzi di sussistenza dell'operaio per un giorno richiedano per la loro produzione sei ore di lavoro, oppure, il che è la stessa cosa, che il lavoro contenuto in essi rappresenti una quantità di lavoro di sei ore. Il valore della forza-lavoro per un giorno sarà espresso da una somma che incorporerà in sé stessa, ugualmente, sei ore di lavoro. Poniamo, poi, che il capitalista in quale dà lavoro al nostro operaio gli dia come paga questa somma, cioè il valore completo della sua forza-lavoro. Se l'operaio, in questo caso, lavora per il capitalista sei ore al giorno, egli rimborsa completamente le spese del capitalista: sei ore di lavoro per sei ore di lavoro. In questo caso però non rimarrebbe niente per il capitalista, e questi ragiona quindi in modo del tutto diverso: - Io ho comprato la forza-lavoro di questo operaio, egli dice, non per sei ore, ma per un giorno intero; e di conseguenza fa lavorare l'operaio, secondo le circostanze, 8, 10, 12, 14 ore e più, cosicché il prodotto delle ore settima, ottava e delle successive è prodotto di un lavoro non pagato e va senz'altro nelle tasche del capitalista. Così l'operaio che è al servizio dei capitalisti non produce soltanto il valore della sua forza-lavoro che gli viene pagata, ma produce inoltre un plusvalore, di cui si impadronisce innanzi tutto il capitalista e che in seguito si ripartisce fra tutta la classe dei capitalisti secondo leggi economiche determinate, ed è la fonte da cui sgorgano la rendita fondiaria, il profitto, l'accumulazione del capitale, in una parola, tutte le ricchezze che vengono divorate o accumulate dalle classi non lavoratrici. In questo modo è stato dimostrato che l'acquisizione di ricchezze da parte degli odierni capitalisti consiste nell'appropriazione di lavoro altrui non pagato, analoga alla acquisizione di ricchezze del proprietario di schiavi o del signore feudale che sfruttava lavoro servile, e che tutte queste forme di sfruttamento sono differenti l'una dall'altra unicamente per la diversità dei modi e delle forme in cui ci si appropria di lavoro non pagato. Ma così è stata pure tolta l'ultima base alle frasi ipocrite delle classi possidenti, secondo le quali nell'attuale ordinamento sociale regnerebbero il diritto e la giustizia, l'uguaglianza dei diritti e dei doveri e l'armonia generale degli interessi. L'odierna società borghese viene smascherata, al pari di tutte quelle che la hanno preceduta, come una gigantesca istituzione per lo sfruttamento della enorme maggioranza del popolo da parte di una minoranza che diventa sempre più piccola.
Su questi due fatti importanti si basa il socialismo moderno, scientifico. Nel secondo volume del "Capitale" queste e altre scoperte scientifiche non meno importanti relative al sistema sociale capitalistico verranno ulteriormente sviluppate, e così' verranno completamente sovvertite anche quelle parti dell'economia politica che non sono ancora state toccate nel primo volume. Possa Marx essere in grado di dare presto alle stampe questo secondo volume. 


Note

1. Il primo censore della "Rheinische Zeitung" fu il consigliere di polizia Dolleschall, lo stesso che soppresse una volta, nella "Kölnische Zeitung" ("Gazzetta di Colonia"), l'annuncio della traduzione della "Divina Commedia" di Dante del Filalete (il futuro re Giovanni di Sassonia) con l'osservazione: - Non si deve far commedie con cose divine. Nota di Engels.
Scritto da F. Engels in tedesco. Pubblicato la prima volta nel "Volkskalender" ("Calendario popolare"), Brunswick 1978.
In: Scritti scelti, vol. I, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1943