Via libera definitiva del parlamento alla controriforma del sistema televisivo ( sintesi della legge )
La legge Gasparri regala a Berlusconi il monopolio dell'informazione

Il 2 dicembre, con 155 voti a favore e 128 contrari, il Senato ha approvato in via definitiva la legge Gasparri per il "riassetto'' del sistema radiotelevisivo. Una legge scritta dal ministro fascista delle Comunicazioni direttamente sotto dettatura dello studio Previti, che non solo sancisce l'illegale monopolio assoluto dell'etere acquisito da Berlusconi grazie a Craxi e alla P2, ma lo rafforza e lo estende ulteriormente, permettendo a Mediaset di raddoppiare i già vertiginosi proventi pubblicitari, salvando Rete 4 e mettendo la Rai privatizzata sotto il controllo diretto del governo.
Alla convention di Mediaset a Montecarlo, il presidente del gruppo Fedele Confalonieri e i figli di Berlusconi, Marina e Piersilvio, hanno brindato alla notizia dell'approvazione della legge. Sicuramente, in qualche salone della sua villa Wanda, avrà brindato anche Licio Gelli, vedendo compiersi anche quest'altro caposaldo del suo "piano di rinascita democratica'', che prevedeva il dissolvimento del monopolio radiotelevisivo pubblico e la presa di controllo del sistema mediatico da parte della P2, attraverso l'appoggio alle tv private del piduista Berlusconi da parte dell'allora governo Craxi e la sua crescita fino alle dimensioni attuali.
La legge Gasparri, infatti, è una legge cucita addosso a Berlusconi e al suo impero mediatico per regalargli il monopolio legale dell'informazione, in barba alla Costituzione e alle stesse regole della democrazia borghese, formalmente fondata sul "pluralismo'', la "concorrenza'' e le "pari opportunità'' tra i soggetti operanti nel campo dei media. A questo scopo i meccanismi escogitati dalla Gasparri sono molteplici. Il primo consiste nel gonfiamento della torta pubblicitaria. Si tratta di una torta già attualmente enorme, tenuto conto che in Italia la pubblicità televisiva rappresenta quasi il 59% del totale, contro il 29% della media europea. Di questa ricca torta i due terzi sono appannaggio delle tv Mediaset.
Ebbene, ora questa torta è stata addirittura innalzata alla cifra record di 32 miliardi di euro. In questo modo, pur stabilendo che ogni soggetto pubblico o privato non può aggiudicarsene una quota superiore al 20%, si permette a Mediaset, che già realizza un fatturato pubblicitario di 3,5 miliardi, di crescere fino a ben 6 miliardi di euro (12 mila miliardi di vecchie lire!). Poco importa che ciò valga anche per la Rai, dal momento che è controllata anch'essa dal neoduce e lo sarà ancor di più con le nuove regole. Per gonfiare artificialmente la torta pubblicitaria fino a 32 miliardi si fa riferimento non alle trasmissioni radiotelevisive in senso stretto, che arrivano più o meno alla metà della cifra, ma al cosiddetto Sistema integrato delle comunicazioni (Sic), nel quale è stato fatto rientrare di tutto, dal canone Rai ai biglietti dei cinema, dalle vendite dei giornali alle Pagine gialle, ecc.

"Salvata'' Rete 4
Un altro trucco è quello delle telepromozioni: le tv non possono trasmettere la pubblicità oltre certi limiti orari. La Gasparri stabilisce però che le telepromozioni dei divi della tv non soggiacciono a tali limiti, facendosi beffe di ben due sentenze del Consiglio di Stato in questa materia. C'è poi la questione di Rete 4, per salvare la quale si è raggiunto il grottesco. La tv di Fede, infatti, doveva già da tempo essere trasferita sul satellite per liberare frequenze a cui avrebbero diritto altri soggetti, ma a forza di rinvii si era arrivati alla data ultimativa del prossimo 31 dicembre, data stabilita da una sentenza definitiva della Corte Costituzionale del 2002 (da qui la corsa ad approvare in tempo utile la Gasparri, ndr). Ebbene, la Gasparri salva l'abusiva Rete 4 beffando la Consulta, perché "prevede'' che a partire dal 2004 le nuove tecnologie digitali permetteranno a chiunque di trasmettere sul territorio nazionale, grazie al cosiddetto "piano per il digitale terrestre'' che sarebbe completato entro il 2006. In pratica la legge costruisce artificialmente un nuovo regime di sospensiva apposta per Rete 4, in base alla "promessa'' di un nuovo sistema di trasmissione, aperto a tutti, che ancora non c'è, e che gli esperti calcolano sia pronto non prima del 2010-2012.
Ma non è ancora tutto. A partire dal 1° gennaio 2009 saranno aboliti tutti i limiti per i proprietari di più reti televisive di fare acquisizioni nel campo della carta stampata o aprire altre reti. Berlusconi potrà così comprarsi tutti i giornali che vuole senza nemmeno bisogno di intestarli ai suoi parenti prossimi o a prestanome, come avviene adesso. Quanto alla Rai sarà privatizzata entro il 31 gennaio 2004, e per il 28 febbraio 2004 è previsto il rinnovo dell'attuale Consiglio di amministrazione. Quest'ultimo salirà da 5 a 9 membri, di cui 7 scelti dalla Commissione parlamentare di vigilanza, cioè dai partiti, e due, tra cui il presidente, dal ministero del Tesoro, cioè direttamente dal governo. Nel frattempo l'azienda si dovrà dissanguare assicurando la copertura del 50% del territorio nazionale con il digitale terrestre entro il 1° gennaio 2004, e il 70% della popolazione entro il 1° gennaio 2005, prima di essere svenduta sul mercato a pezzetti dell'1%.

Come nel ventennio mussoliniano
Questa legge, insomma, realizza una concentrazione dell'informazione nelle mani di una sola persona che non ha uguali in Europa e nel mondo intero, e non ha precedenti nella nostra storia se non riandando al ventennio nero di Mussolini, quando pressoché tutta l'informazione era asservita al fascismo, al governo e allo Stato fascisti. Di ciò si sono accorti in tanti: operatori del settore dell'informazione, come il presidente della Fnsi Serventi Longhi, che ha definito la Gasparri "una delle pagine nere nella storia della comunicazione e della democrazia''; giornalisti e attori della televisione, come l'attrice Sabina Guzzanti, che si è vista cancellare un suo programma satirico su Rai 3 e colpire da una querela miliardaria da Mediaset; insigni giuristi come i 50 firmatari di un appello dell'associazione "Articolo 21'' contro la Gasparri, che vi avevano individuato almeno quattro motivi gravi di incostituzionalità. Per non parlare delle decine di migliaia di cittadini dei "girotondi'' che sono tornati in piazza per protestare contro lo scandaloso provvedimento e chiedere a Ciampi di non firmarlo, dimostrandosi coerente con il messaggio che inviò alle Camere a luglio raccomandando di salvaguardare il "pluralismo'' dell'informazione.
Quanto alla "sinistra'' parlamentare, che nei cinque anni che è stata al governo non ha avuto il coraggio né la volontà di risolvere una volta per tutte con le buone o le cattive il conflitto di interessi di Berlusconi, lasciando che crescesse come un bubbone perché doveva trescare con lui per la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione, ora piange sul latte versato e si appella a Ciampi, che ha un mese di tempo per controfirmare la legge, affinché non lo faccia e la rinvii alle Camere. Un appello, oltretutto, senza neanche molta convinzione, visto che il rincoglionito Fassino esorta a "non tirare Ciampi per la giacca''. Neanche dopo questa amara lezione la "sinistra'' borghese rinuncia al suo fallimentare opportunismo, del tutto simile a quello che negli anni '20 spianò la strada all'ascesa al potere di Mussolini.
In ogni caso è un'illusione sperare nell'inquilino del Quirinale, che come Vittorio Emanuele III faceva con Mussolini, firma e copre regolarmente tutte le porcherie del neoduce. Non per nulla Berlusconi ostenta sicurezza e dice di aver ricevuto rassicurazioni dal Quirinale. E ad ogni buon conto ha messo le mani avanti facendo capire a Ciampi che cosa lo aspetterebbe se decidesse di non firmare: rispondono infatti a questo scopo sia la carota della sordina messa dalla Casa del fascio al caso Telekom Serbia, sia il bastone delle minacce affacciate in un editoriale de "Il Foglio'', secondo cui un no di Ciampi aprirebbe "un clima di asprezza inaudita'' a livello istituzionale, e il capo dello Stato "deve sapere che cosa sceglie sul piano politico e personale''.