Verifica della maggioranza governativa
Il governo rilancia la controriforma costituzionale
Nel programma anche devolution, "riforma" delle pensioni e dell'ordinamento giudiziario. Fini coordinerà la "cabina di regia"
BERLUSCONI: "IL GOVERNO GODE OTTIMA SALUTE. CAMBIEREMO IL PAESE"
"Godiamo di ottima salute, io e tutta la maggioranza abbiamo superato le prove cliniche". Così Berlusconi ha commentato da Cernobbio, dove ha aperto la conferenza europea sull'e-Government, la chiusura della verifica della maggioranza governativa. "Per la prima volta dopo 50 anni - ha sottolineato nel suo discorso ufficiale - abbiamo una grande maggioranza in parlamento e contiamo di avere cinque anni di tempo per cambiare il paese".
Quella di Berlusconi non è una promessa, ma una realtà e una minaccia. "Cambiare il paese", infatti, per il neoduce, significa portare a compimento quella "Grande Riforma" che il suo sodale Craxi lanciò nel settembre 1979 dalle colonne dell'"Avanti!", mutuandola direttamente dal "piano di rinascita democratica" e dallo "Schema R" redatti nel 1975-76 dalla P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi.
"Cambiare il paese" entro la legislatura significa dunque che per Berlusconi è giunta l'ora di abbattere i residui istituzionali e costituzionali della prima Repubblica democratica borghese e antifascista com'è da sempre nei progetti della destra della classe dominante borghese e legittimare e santificare la seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista.

Un programma neofascista
La verifica si è infatti conclusa con l'approvazione da parte di tutti i partiti della coalizione di un documento che definisce l'"Agenda del governo" per i prossimi sei mesi e il cui punto più qualificante è il rilancio della controriforma costituzionale.
Nel documento il governo si impegna a presentare e far votare al parlamento entro la legislatura (e possibilmente senza dover ricorrere al referendum confermativo) un disegno di legge di modifica costituzionale che in un unico testo, ossia in un sol colpo, comprenda l'istituzione del Senato delle Regioni, la Corte costituzionale federale, la devoluzione e il "rafforzamento della forma di governo", ossia l'istituzione del premierato. L'obiettivo è quello di imprimere dei forti caratteri presidenzialisti e federalisti, al limite del secessionismo, all'assetto istituzionale, statale e governativo. Il premierato che vuole Berlusconi, infatti, è un premierato forte, che non comprende solo l'elezione diretta del capo del governo, ma anche l'attribuzione di poteri straordinari quali quello di sciogliere le camere, nominare e revocare ministri senza crisi di governo e senza dibattito parlamentare. Poteri che in genere non vengono attribuiti neanche nelle forme di presidenzialismo puro, come quello statunitense, ma che assomigliano assai più al potere assoluto ottenuto ed esercitato da Mussolini nel ventennio fascista.
Accanto alla controriforma costituzionale, non a caso, il governo pone la "riforma" dell'ordinamento giudiziario e del codice di procedura penale che mira alla separazione netta delle carriere dei magistrati inquirenti e giudicanti e l'abrogazione dell'obbligo dell'azione penale, ossia mira al completo asservimento e assoggettamento della magistratura e dei PM all'esecutivo, vecchio pallino della P2. Misure che se sommate ai vari provvedimenti già attuati come la "legge Cirami", il golpe istituzionale della legge salva-Berlusconi, la legge sulle rogatorie, ecc. conferiscono al neoduce e ai suoi compari mano libera e impunità.
L'"Agenda" (che pubblichiamo a parte) contiene anche le linee guida per la definizione del DPEF (che verrà varato entro metà luglio) e della legge finanziaria. Due provvedimenti che si annunciano gravidi di misure neofasciste, antipopolari e antisociali. Il governo pone al loro centro la "competitività" delle imprese, che evidentemente si tradurrà in maggiori spostamenti di risorse verso di esse a scapito della spesa sociale e previdenziale e di una ulteriore precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro.
Il primo risultato è che il governo torna a parlare di "riforma" delle pensioni. Su questo punto le posizioni sono diversificate. C'è chi spinge per mettere mano subito e in modo ancor più pesante sulla "riforma". Chi ci va più cauto pensando di aspettare un pronunciamento europeo in materia. C'è infine, è il caso della Lega, ritiene che sia sufficiente il disegno di legge delega proposto da Maroni, e già approvato alla Camera in febbraio e in attesa del giudizio del Senato, che peraltro rappresenta già la tomba mortale della previdenza pubblica.
Nel documento c'è spazio anche per assicurare "maggiori investimenti nella sicurezza e contro l'immigrazione clandestina", ossia per la fascistizzazione e la militarizzazione del Paese.
Con il documento programmatico viene istituito poi il "Consiglio di coalizione" (la cosiddetta "cabina di regia") e attribuito a Gianfranco Fini il ruolo di "coordinamento e integrazione delle politiche sociali, produttive, economiche", di cui faranno parte vari ministri interessati. In questo modo Berlusconi ha tatticamente accontentato le pretese del segretario di AN che è stato il principale promotore della verifica.

Le contraddizioni nella maggioranza
Si inizia a parlare di verifica infatti dopo il primo turno delle amministrative del 25 e 26 maggio che da una parte penalizzano la casa del fascio e in particolare il partito di Fini che paga la poca visibilità concessa da Berlusconi al suo partito, e dall'altra, evidenziano una crescita da parte dell'UDC, specie in Sicilia, che si sente autorizzata a rivendicare un maggior spazio. Nei giorni seguenti tutti i partiti della coalizione avanzano proprie richieste e tentano un braccio di ferro. Fini giunge a dirsi pronto a lasciare la vicepresidenza del consiglio se non fossero state accolte le richieste di "collegialità sull'economia". Il 2 luglio il gruppo di AN boccia il decreto di vendita degli immobili statali votando in blocco un emendamento del PRC e, intanto, a Strasburgo, Fini e il segretario dell'UDC Follini non nascondono le proprie perplessità di fronte all'intervento di Berlusconi contro il parlamentare tedesco Schulz.
Ma Berlusconi non si è scomposto e giovedì 3 luglio ha riunito fino a notte tarda nella sua residenza romana Fini, Buttiglione, Bossi, Tremonti e Letta per giungere a un accordo sulla base del documento programmatico. Documento che è stato poi ratificato nei giorni successivi dalle segreterie dei partiti che compongono il governo, pur permanendo diversità di opinioni sui modi, i tempi, le priorità e in alcuni casi nel merito dei vari provvedimenti stabiliti.
Bossi per ora si è accontentato delle rassicurazioni di Berlusconi che gli ha promesso una lettera con il calendario delle scadenze dei singoli punti del programma. L'UDC, che nell'immediato ottiene un posto nella "cabina di regia", lavora per un rimpasto di governo all'inizio dell'anno prossimo, a conclusione del semestre italiano della Ue, con l'obiettivo di strappare altri ministeri.
Fini ed AN contano di acquisire maggiore potere e visibilità attraverso la guida della "cabina di regia" dell'economia. Una concessione fatta a Fini che non significa affatto che sia stato scompaginato l'asse Berlusconi-Bossi-Tremonti. Tant'è vero che Berlusconi ha affermato che Tremonti ha avuto un "ruolo politico" fondamentale nella verifica e certamente è stato l'estensore, assieme al neoduce, del documento programmatico.

Il "centro-sinistra" sottovaluta
Ancora una volta lasciano sconcertati le reazioni da parte del "centro-sinistra". Esso si limita infatti a rilevare l'aspetto secondario di questa verifica, ossia le contraddizioni che vi sono fra i vari partiti della maggioranza, e ignora la sostanza, ossia che questa verifica si chiude con un documento gravissimo che accelera e detta i tempi della controriforma costituzionale neofascista, presidenzialista e federalista.
Per Pierluigi Castagnetti, capogruppo della Margherita alla Camera, la verifica è stata un "bluff": "E questa sarebbe una verifica? Hanno verificato che continuano ad essere in disaccordo su tutto", ha sostenuto. Per il segretario dei DS, Piero Fassino, il documento è "desolante e sconcertante. Due paginette di frasi banali e intenti generici. Si sono riuniti per decidere che per fare la pasta bisogna mettere l'acqua a bollire". "l'Unità", portavoce della "sinistra" DS, titola il fondo del condirettore Antonio Padellaro del 5 luglio: "Il governicchio Berlusconi".
Come all'atto del suo insediamento il "centro-sinistra" continua a snobbare e sottovalutare la reale natura e gli scopi del governo del neoduce. In questo modo continua a coprirlo opportunisticamente nascondendone non solo la pericolosità, ma i danni che ha già arrecato al Paese e al nostro popolo. Proprio come la sinistra borghese sottovalutò e in questo modo spianò la strada a Mussolini.
Per noi marxisti-leninisti è invece chiaro come il sole che il governo del neoduce Berlusconi va buttato giù. Prima sarà, meglio sarà.