Un colpo durissimo al vertice dei principali Paesi imperialisti
GRANDIOSA MANIFESTAZIONE
INTERNAZIONALE A GENOVA CONTRO IL G8
Berlusconi reagisce col
terrore da dittatura fascista aperta. Ucciso il giovane Carlo Giuliani, almeno 560 feriti,
288 arrestati, rastrellamenti di massa, blitz nella sede del Gsf
LA DELEGAZIONE DEL PMLI TIENE ALTE LE BANDIERE DELL'ANTIMPERIALISMO E
DELL'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO
Dal nostro inviato speciale
Ricorderemo sempre il vertice degli otto governanti dei principali Paesi imperialisti che
si è svolto a Genova dal 20 al 22 luglio per lo straordinario successo della
mobilitazione nazionale e internazionale degli antimperialisti che hanno sferrato un
durissimo colpo ai signori del G8 e rimandato la memoria alle storiche battaglie
antimperialiste del Sessantotto e del Settantasette. La miglior risposta di massa al
terrore da dittatura fascista aperta sparso da Berlusconi nel capoluogo ligure.
Nei giorni 16, 17 e 18 luglio il Genoa Social Forum (Gsf), l'organismo che raccoglie circa
1.200 organizzazioni contrarie al G8, tra cui il PMLI che ha aderito ufficialmente, aveva
promosso incontri di discussione sui temi della lotta contro la globalizzazione e
predisposto l'accoglienza per i manifestanti italiani e stranieri che aumentavano col
passare dei giorni e l'avvicinarsi del primo appuntamento di piazza fissato per giovedì
19 in occasione del corteo dei migranti. Una grande, colorata e combattiva manifestazione
principalmente animata da immigrati dal Terzo mondo di tutte le età, di entrambi i sessi
e rappresentanti i cinque continenti oppressi dalla "globalizzazione".
Erano almeno 50mila, forse anche 70-80mila, comunque un grandissimo corteo che ha riscosso
solidarietà e aperta simpatia dai genovesi "superstiti", coloro che sono
rimasti in città nonostante la soffocante militarizzazione in primo luogo della
cosiddetta "zona rossa", la fortezza recintata dalle grate alte 4 metri, dai
blocchi di cemento e dai container nel cuore cittadino che faceva da teatro della riunione
in cui gli 8 "grandi" erano intenti a concordare i piani politici ed economici
per tenere ancora sottomessi i Paesi del Terzo mondo al dominio imperialista e capitalista
sul mondo.
Già in occasione di questo primo grande corteo di massa, sia pure senza che si
registrassero scontri particolari, i manifestanti avevano dovuto cacciare due
"anarchici" che tentavano di imbastire provocazioni, mentre sopra un blindato un
carabiniere orientava la mitragliatrice orientata verso il pacifico corteo.
É venerdì 20, tuttavia, che il terrore fascista sfocia nell'uccisione a metà pomeriggio
del 23enne Carlo Giuliani.
Fin dalla tarda mattinata sono previste iniziative per assediare simbolicamente la
"zona rossa" e in vari punti si svolgono rumorose ma pacifiche proteste a
ridosso della famigerate grate. Già la mattina le "forze dell'ordine" appaiono
comandate a intimorire i manifestanti, per prima cosa bersagli dei lanci d'acqua degli
idranti. Qua e là la "zona rossa" viene violata da alcuni antiG8 che
"sconfinano" a braccia alzate per qualche metro, peraltro seguendo un programma
largamente annunciato.
Senza motivo reale, dopo che l'iniziativa si va sciogliendo, partono le prime cariche e da
lì in poi ogni zona in cui agiscono i manifestanti diventa luogo di violentissime
aggressioni poliziesche. Entrano così in scena le "tute nere" (i cosiddetti
"anarchici insurrezionalisti" dell'ormai famigerato black block,) e così
polizia e carabinieri, scatenati come non accadeva da molti anni nel nostro Paese e anche
aizzati da specifico addestramento e dalle campagne criminalizzatrici montate ad arte
contro gli oppositori della "globalizzazione", hanno il pretesto che mancava per
sferrare un tentativo di devastante attacco all'intero movimento sceso in piazza e cercare
il bagno di sangue anche tra i pacifisti più imbelli, tra gli anziani, i ragazzini e
coloro che alzano le mani in segno di resa. Vengono malmenati medici con tanto di
pettorina di riconoscimento, sindacalisti, giornalisti, operatori tv e fotografi, finanche
alcuni parlamentari.
Mentre le "tute nere", di nome e di fatto, che accendono incidenti un po'
dappertutto, vengono sostanzialmente lasciate agire indisturbate. Numerose e articolate
testimonianze, visive e fotografiche, circa gli "strani" rapporti tra dirigenti
delle "forze dell'ordine" e soggetti in tuta nera, sembrano spiegare il perché
del trattamento "privilegiato" loro riservato.
In questo quadro, dopo ore di aggressioni poliziesche in mezza Genova e di autentica
caccia al manifestante, si consuma la tragedia di piazza Alimonda.
Un paio di jeep dei carabinieri che rientrano dopo l'ennesima carica messa a segno vengono
fatte oggetto di un assalto da parte di un gruppo di manifestanti. In particolare, un
mezzo dell'Arma va a cacciarsi in un angolo e si arresta. Un carabiniere dall'interno fa
fuoco in direzione di un giovane che si appresta a scagliare un estintore verso la jeep.
Prende la mira e spara proprio sotto l'occhio freddando all'istante Carlo Giuliani che
cade a terra in un lago di sangue. Il carabiniere assassino spara un altro colpo (senza
conseguenze, pare) mentre la jeep fa manovra passando sul corpo del giovane e riuscendo ad
allontanarsi.
Appena compreso il gravissimo accaduto i manifestanti accusano le "forze
dell'ordine" di aver assassinato Carlo, ma un dirigente di polizia si scaglia contro
gli accusatori sostenendo che il giovane è morto per "un sasso" da loro stessi
lanciato. Per fortuna, sia le foto dell'agenzia internazionale Reuter, sia alcuni filmati,
dimostrano inequivocabilmente che Giuliani è stato volutamente ucciso dal carabiniere: il
governo e i suoi lacché che cercavano di uscirne "puliti" allora si buttano
sulla "legittima difesa", tesi che farà da sfondo alle dichiarazioni del
ministro di polizia in camicia nera Scajola e del vicecapo del governo Fini, il quale
abbandona il doppiopetto a fatica indossato negli ultimi anni e torna a mostrare
apertamente il suo radicato fascismo.
Piazza Alimonda diventa mèta del rispettoso omaggio di tanti antimperialisti e
antifascisti profondamente colpiti da questo assassinio durante una manifestazione, un
evento che non si ripeteva da 23 anni, dall'epoca dell'uccisione a Roma di Giorgiana Masi.
Il terrore berlusconiano calato su Genova è un doloroso e amaro frutto dell'imperante
regime neofascista di seconda repubblica, in via di completamento, e dei piani per il G8
stabiliti dal "centro-sinistra" che peraltro ha materialmente nominato gli
uomini che ancora dirigono polizia, carabinieri e servizi segreti nei suoi cinque anni di
governo. Non a caso i leader dell'Ulivo, a cominciare da Rutelli hanno finito col
rovesciare le responsabilità dei fatti di Genova. Certo è che il neoduce ha comunque
concretamente attuato tali piani e li ha portati alle estreme conseguenze.
Dopo l'assassinio di Giuliani e la messa a ferro e fuoco di Genova qualcuno fa circolare
ipotesi di annullamento del grande appuntamento di piazza di sabato 21 luglio. I rinnegati
alla testa dei DS ritirano l'adesione precedentemente data al corteo lasciando
disorientati e in molti casi concretamente senza mezzi di trasporto diversi loro
sostenitori, specie di Roma. Ma l'ennesimo tradimento della Quercia, che il G8 a Genova
fortissimamente volle e magnificò a suo tempo, non inficierà affatto il risultato di
piazza. E tanti suoi iscritti saranno protagonisti della manifestazione.
In una città ancora scossa per i tragici avvenimenti del giorno precedente ha dunque
luogo il "Corteo internazionale di massa". L'appuntamento ufficiale è per le
ore 14 ma l'arrivo incontenibile dei manifestanti da tutta Italia e da molte parti
d'Europa e del mondo costringe ad anticipare la partenza prima alle ore 13 e infine alle
ore 12.
Nei pressi di via Caprera, dove era fissato il ritrovo, sono già in tanti fin da metà
mattinata. Tra questi, militanti e simpatizzanti campani del PMLI, organizzati dalla
Cellula "Vesuvio Rosso" di Napoli (che dal finestrino del treno aveva esposto la
bandiera del PMLI, salutata a pugno chiuso alle stazioni e dalle spiagge), che
immediatamente si dispongono con le insegne del Partito e via via si collegano al resto
dei componenti la Delegazione del nostro Partito che ha come capo il compagno Simone
Malesci e come vicecapi i compagni Denis Branzanti e Antonella Casalini, ed è composta da
militanti e simpatizzanti di Biella, Pray, Varallo Sesia, Milano, Padova, Modena, Forlì,
Cesena, Prato, Firenze, Fucecchio, Rufina, Vicchio, provincia di Ascoli Piceno, Riardo,
Napoli e Lecce. Il nostro spezzone di corteo è visibilmente il più rosso, è entusiasta
e fortemente combattivo ed è veramente motivo di orgoglio proletario rivoluzionario
esserci dentro. Al nostro passaggio riceviamo incoraggiamenti e anche applausi. Un giovane
del PRC ci elogia perché abbiamo il coraggio di portare in piazza i maestri e fra questi
Stalin. Fin dal concentramento si realizza nella lotta un'unità antimperialista che ci
porta a lanciare slogan e a cantare canzoni con altri settori del corteo, con manifestanti
italiani e stranieri, lavoratori e anche con militanti di base di Rifondazione.
Le nostre compagne e i nostri compagni, tra cui si distinguono diverse giovanissime che
non temono il caldo, la fatica e i sacrifici al pari dei "veterani" del Partito,
sono vestiti di rosso dalla testa ai piedi e dentro ai corpetti espongono la parola
d'ordine antiG8 riprodotta nella pagina manifesto de Il Bolscevico n°23/01. Sventolano
alte le bandiere dei cinque maestri e del PMLI, innalzano grandi cartelli col manifesto
che recita: "Abbasso il G8 e l'imperialismo. Libertà ai popoli. Guerra totale al
governo del neoduce Berlusconi. Per l'Italia unita, rossa e socialista". Una parola
d'ordine che fa chiarezza e costituisce il faro rosso per chi vuol sviluppare la battaglia
contro la globalizzazione, l'imperialismo e i loro servi. Vengono indossate anche le
spille dei maestri e del Partito e delle strisce che riproducono lo slogan suddetto.
Le parole d'ordine e la canzone del PMLI contro il G8 (cfr. Il Bolscevico n°28/01) sono
distribuite sotto forma di volantino e ripetutamente lanciate. Si gridano anche due slogan
aggiunti dopo i fatti del giorno prima: "Dal governo assassino di Berlusconi,
vogliamo, subito, le dimissioni" e "Carlo vive!" in onore al martire
antimperialista di piazza Alimonda. La canzone sull'aria di "Bella ciao"
riscuote apprezzamenti, "Bandiera Rossa" è ripresa da larghi settori, in
generale si riesce a tenere alta la bandiera dell'antimperialismo e dell'internazionalismo
proletario.
Spontaneamente vengono richieste dai manifestanti le spille dei maestri e del PMLI,
nonché i corpetti antiG8, mentre si vendono copie de Il Bolscevico, la qual cosa era
avvenuta anche il giorno prima al sit-in pacifico di piazza Dante.
Il nostro spezzone costituisce davvero motivo d'attrazione politica e organizzativa per
tutti (peraltro veniamo continuamente inquadrati da fotografi e telelcamere), diversi si
uniscono a noi strada facendo e ciò fa prospettare una seconda parte di manifestazione
molto interessante all'insegna di una ancor più forte unità antimperialista, coscienti
che "un altro mondo è possibile" solo se si abbatte il vecchio mondo
imperialista e si instaura ovunque il socialismo.
Puntuale, però, torna il terrore fascista imposto da Berlusconi con la complicità di
Ciampi, mirante a stroncare sul nascere il movimento e colpirne anzitutto le sue parti
più avanzate. Riecco in azione la "guerriglia urbana" delle "tute
nere" che offrono anche stavolta il pretesto per scatenare la più selvaggia
repressione poliziesca.
Il grandioso corteo, che ormai ha raggiunto le 300mila unità e si sviluppa per
chilometri, viene aggredito violentemente, smembrato e letteralmente diviso in due o tre
tronconi tant'è che per molti manifestanti resterà un sogno raggiungere la conclusiva
piazza Ferraris.
Svoltando dal lungomare, tra corso Marconi e via Rimassa, intorno alle 14,30
improvvisamente gli scontri tra "forze dell'ordine" e "tute nere", fin
lì apparentemente un po' distanti, sbarcano nel bel mezzo del corteo e la polizia
(stavolta i carabinieri agiscono non dalla prima fila per evidenti ragioni di
opportunità) spara verso i manifestanti, in quantità industriale e ad altezza d'uomo, i
lacrimogeni a base di micidiali gas con peperoncino e, mentre finge di inseguire qualche
"tuta nera", inizia un vero e proprio massacro generalizzato che si concluderà
solo a notte fonda con il raid nazista alla sede del Gsf di cui ci occupiamo in un altro
servizio.
Anche la Delegazione del PMLI viene raggiunta dai lacrimogeni e finisce col trovarsi
schiacciata tra due schieramenti di "forze dell'ordine" pronte a colpire con
manganelli e quant'altro. Le nostre compagne e i nostri compagni cercano di rimanere
compatti ma vengono spinti verso un muro, in un'autentica trappola evidentemente studiata
a tavolino da Scajola e dai suoi squadristi in divisa che avevano lo scopo di provocare,
intimidire e spezzare le gambe ai marxisti-leninisti.
Assieme a decine di manifestanti ormai intontiti dai lacromigeni e proprio mentre sembra
inevitabile subire le manganellate dei poliziotti, qualche compagno indica una via di fuga
e ce la facciamo a guadagnare una salitella laterale che ci allontana dai massacratori.
Una volta recuperati, ricompattati e rimessi in sesto tutti i membri della Delegazione, ci
muoviamo assieme ad altri manifestanti cantando "Fischia il vento".
Occorre valutare il da farsi in questa situazione per molti aspetti inedita e che comunque
finirà per arricchire il bagaglio di tutti e di ciascuno di un'esperienza fondamentale,
sia pure non ricercata.
Lungo il percorso del corteo polizia e carabinieri attaccano indiscriminatamente i
manifestanti non solo dove compaiono gli assaltatori in tuta nera. Rientrare è davvero
rischioso e la decisione diventa sempre più difficile, mentre vicino a noi vediamo
sbucare manifestanti che loro malgrado lasciano il corteo. Giunge la notizia che la
manifestazione è di fatto conclusa (il primo grande troncone di corteo da un paio d'ore
era a piazza Ferraris) e si stabilisce di non mettere in alcun modo a repentaglio
l'incolumità della Delegazione del Partito, un bene troppo prezioso per il futuro della
lotta antimperialista e anticapitalista. Come tanti altri settori di manifestanti, siamo
dunque costretti, a malincuore ma inevitabilmente, a rinunciare a rientrare nel corteo.
Raggiungiamo piazzale Marassi dopo un lungo giro, sempre "inseguiti" dagli
elicotteri delle "forze dell'ordine" che hanno fatto da sgradita colonna sonora
ai Tre giorni di Genova e su cui erano appostati i tiratori scelti. Lungo la strada, dalle
finestre, dei genovesi antifascisti ci regalano delle graditissime bottiglie d'acqua e ci
spiegano da dove passare. Stessa cosa accade ad altri gruppi di manifestanti in diverse
zone della città.
Intanto, in molte strade anche assai al di fuori del tragitto del corteo le "forze
dell'ordine" attuano una sistematica caccia al manifestante che si conclude con
rastrellamenti di stampo nazista, nuove sanguinarie cariche, arresti, fermi e
perquisizioni. Non c'è rifugio sicuro nemmeno in spiaggia perché i corpi repressivi
speciali accerchiano i "fuggitivi" muovendosi con imbarcazioni da cui
sorvegliano ogni tratto di mare in un largo raggio intorno al Porto Antico. Persino i
luoghi di raduno dei pullman e la stazione di Brignole verranno trasformati in autentici
campi di battaglia e l'irrespirabile odore dei lacrimogeni finirà coll'ammorbare tutta
Genova fino a sera.
Il bilancio conclusivo ufficiale parla di un morto, 560 feriti e 288 arresti, tra cui un
delegato Fiom-Cgil che indossava una maglietta con una frase di Mao. Senza contare i
feriti e i fermati nel porto di Ancona quando, mercoledì 18, vennero aggrediti e poi
rispediti nel loro Paese oltre cento manifestanti "indesiderati" provenienti
dalla Grecia e con essi diversi italiani che avevano solidarizzato al loro arrivo nel
capoluogo marchigiano, tappa di avvicinamento a Genova.
Berlusconi ha insomma gettato l'ipocrita maschera del "dialogante" per mostrare
il suo vero volto mussoliniano e dare un esplicito avvertimento su come agirà d'ora in
poi il suo esecutivo nonché per lanciare una sfida al crescente movimento
antiglobalizzazione che è stato piegato ma non spezzato. Tutt'altro!
Lo dimostra il significativo successo delle manifestazioni tenutesi nei giorni
immediatamente successivi ai fatti di Genova e in specie quelle di martedì 24 luglio.
Iniziative di lotta che hanno visto l'attiva partecipazione dei generosi e coraggiosi
militanti e simpatizzanti del PMLI in numerose città (vedere servizi a parte), tra cui
Firenze dove la compagna Claudia Del Decennale dal palco degli organizzatori ha letto la
posizione del Partito con la richiesta di dimissioni del governo assassino.
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