Attaccando ferocemente la protesta messa in atto dai tranvieri
Il governo minaccia inasprimenti sul diritto di sciopero
Lottiamo per la piena libertà di sciopero e per l'abolizione di ogni regolamentazione
Il successo plebiscitario, con adesioni record senza precedenti vicine al 100 per cento, dello sciopero nazionale di otto ore dei lavoratori del trasporto pubblico, autobus, tram, metropolitane (120 mila addetti), del 1 dicembre scorso, proclamato dai sindacati di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti ha mandato letteralmente in bestia il governo del neoduce Berlusconi. La fermata generalizzata degli auferrotranvieri era stata organizzata per ottenere il rinnovo del contratto di lavoro relativo al secondo biennio economico, scaduto da due anni nel corso dei quali sono stati attuati ben otto scioperi nazionali senza che la controparte si sia resa disponibile a siglare l'accordo. Alla richiesta sindacale di 106,39 euro di aumento salariale mensile, peraltro avanzato sulla base delle norme stabilite nella "politica dei redditi'' del 23 luglio 1993 è stata offerta la ridicola e offensiva cifra di 12 euro.
Ma ciò che ha fatto perdere le staffe alla casa del fascio e ai ministri berlusconiani è stata la forte ed eclatante protesta attuata dai tranvieri milanesi; i quali spontaneamente in assemblea hanno deciso unanimemente di ampliare lo sciopero per l'intera giornata. All'arroganza, alla chiusura, alla sordità e alla provocazione del governo occorreva dare una risposta non ordinaria, possente, che scuotesse la situazione e così hanno fatto. "Ci dispiace per i cittadini - hanno detto il giorno successivo - ma se abbiamo deciso di scavalcare i sindacati e gli utenti vuol dire che la situazione è veramente grave. Ieri sono rimasti a piedi anche i nostri figli e le nostre mogli. Lo sciopero ha toccato anche le nostre famiglie''. Non è stato, dunque, solo un atto di esasperazione, per quanto questa possa esserci, ma una scelta di una forma di lotta dettata dall'inasprirsi della vertenza che noi comprendiamo e appoggiamo.
Apriti cielo. Sui mass-media di regime (televisioni Rai e Mediaset e quasi tutti i quotidiani) strumentalizzando e pompando ad arte gli inevitabili disagi provocati alla popolazione, si è scatenata la canea forcaiola degli esponenti del "centro-destra'', ma anche in una certa misura e nella sostanza da quegli del "centro-sinistra'', che hanno attaccato ferocemente i lavoratori in lotta, ricoprendoli di insulti e di improperi, e hanno invocato ulteriori limitazioni al diritto di sciopero, già regolamentato per legge con la 146/90 e la 83/2000.
Si sono distinti in questo attacco infame il leghista Roberto Maroni e l'ex craxiano e ora berlusconiano Maurizio Sacconi, rispettivamente ministro e viceministro del welfare, promotori del famoso "libro bianco'' sul lavoro e dell'attacco all'art.18 dello "Statuto dei lavoratori''. Maroni ha invocato sanzioni "più adeguate'' per colpire chi viola le regole sugli scioperi nei "servizi pubblici essenziali''. "Non escludo - ha detto - l'ipotesi di un intervento legislativo per modificare la normativa attuale al fine di dare maggiori certezze e di prevedere più adeguate sanzioni''. Sacconi, dal canto suo, aveva affermato che "Bisogna modificare la legge: bisogna prevedere l'obbligo del singolo lavoratore del servizio di pubblica utilità di comunicare preventivamente l'adesione allo sciopero in modo da avere la mappa della carta dei servizi che funzionano e in modo da individuare con certezza le responsabilità''. Una sorta di schedatura intimidatoria di chi sciopera e uno strumento per alimentare il crumiraggio. Nel frattempo era scattata la precettazione del prefetto e la "Commissione di garanzia sul diritto di sciopero'' che, a nome del governo, vigila sull'applicazione del regolamento sugli scioperi ha aperto un procedimento sui fatti di Milano "al fine di accertare le effettive responsabilità''.
Gli autoferrotranvieri milanesi attaccati e minacciati pesantemente da parte governativa, non hanno trovato alcuna difesa da parte dei vari D'Alema, Fassino, Rutelli e Castagnetti. Gli stessi Epifani, Pezzotta e Angeletti, pur appoggiando le ragioni della protesta (ci mancherebbe altro!) hanno condannato esplicitamente la forma di lotta. Questo perché, allo stesso modo della destra del regime neofascista giudicano invalicabili le regole sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, che ne limitano molto l'agibilità e l'efficacia. Infatti, queste regole fissate nelle leggi succitate prevedono che: prima di incrociare le braccia ci sia l'obbligo di conciliazione; in caso di sciopero 1/3 del personale debba rimanere in servizio per garantire i "servizi minimi''; tra uno sciopero e l'altro deve intercorrere un certo tempo minimo; lo sciopero deve essere annunciato con un minimo di 10 giorni di anticipo; è vietata la proclamazione di scioperi nello stesso servizio e nello stesso periodo da parte di sindacati diversi; in alcuni periodi dell'anno, come le feste natalizie, è vietato scioperare; lo sciopero annunciato e revocato all'ultimo minuto può essere sanzionato da parte della "Commissione di garanzia''; la stessa Commissione può sanzionare altre "violazioni'' delle regole sugli scioperi.
Questa soffocante regolamentazione che, a suo tempo, fu paradossalmente approvata col consenso e il contributo attivo dei vertici sindacali collaborazionisti e che non ha eguali nei paesi dell'Unione europea, il governo vorrebbe ora modificarla in senso ulteriormente restrittivo. Ed è subito tornato alla carica dopo la sacrosanta rivolta dei tranvieri all'accordo bidone sottoscritto dai vertici dei sindacati confederali. D'altronde, già all'inizio di settembre la già citata "Commissione di garanzia'' aveva inviato una lettera alle maggiori organizzazioni sindacali per annunciare una delibera per irreggimentare le modalità della proclamazione degli scioperi generali in modo da renderne assai più difficile il ricorso.
Questo attacco liberticida va risolutamente respinto da parte di tutti i lavoratori, di tutti i sindacati e di tutti i democratici e gli antifascisti. Ma non basta. Noi marxisti-leninisti pensiamo che ci si debba battere per eliminare ogni limitazione allo sciopero. Lo sciopero è sciopero. Salvo alcuni bisogni di straordinaria necessità, ad esempio il pronto soccorso ospedaliero, oppure la vigilanza su macchinari a ciclo continuo che gli stessi lavoratori interessati possono gestire utilizzando lo sciopero in orari diversificati, esso deve essere libero per essere un diritto pieno ed effettivo, perciò nessuna legge deve regolamentarlo. Per questo noi chiediamo, come indica il Programma d'azione il PMLI, l'abrogazione delle leggi 146/90 e 83/2000 che limitano il diritto di sciopero nei cosiddetti "servizi pubblici essenziali'' e la cancellazione dei codici di autoregolamentazione dello sciopero di natura contrattuale.
Il PMLI si è sempre battuto per impedire la regolamentazione per legge o per contratto del diritto di sciopero. Ed è stato protagonista di una strenua e determinata battaglia per difendere il diritto di sciopero fin dal 1987, quando furono presentate le prime proposte di legge e i vertici sindacali si preparavano alla capitolazione verso il governo e il padronato col varo dei primi codici di autoregolamentazione.
Tale battaglia vide in prima fila i sindacalisti marxisti-leninisti che si profusero nella costituzione dei Comitati per la difesa del diritto di sciopero e nella raccolta di firme in calce a una petizione promossa dal Partito che raccolse nel giro di poche settimane oltre 7 mila firme. E costò il posto in Cgil a un sindacalista marxista-leninista che fu defenestrato dai suoi incarichi sindacali nella categoria perché "reo'' di essersi impegnato per il successo della campagna in difesa del diritto di sciopero promossa dal Partito.