Intervista esclusiva al presidente dell'Anpi di Forlì-Cesena
"Questo governo si sta comportando esattamente come il regime fascista ai suoi esordi"
"La Resistenza italiana fu un grande movimento di popolo e non un 'secondo risorgimento'"
Dal corrispondente della Cellula "G. Stalin" di Forlì
Venerdì 10 ottobre la Cellula "G. Stalin" di Forlì del PMLI si è recata presso la locale sede dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani per intervistare il presidente dell'Anpi di Forlì-Cesena, Leo Matteucci, che, come concordato, ha gentilmente risposto alle domande poste dal compagno Denis Branzanti.
Purtroppo, per ragioni di spazio, possiamo pubblicare solo estratti della lunga e interessante intervista concessa dall'Anpi, che rimane comunque integralmente a doverosa documentazione.
La lotta di Liberazione contava a Forlì su 6.795 partigiani-patrioti, 501 i morti, 1.000 i feriti e mutilati, 5 le formazioni partigiane: l'Ottava Brigata Garibaldi, la ventinovesima Gap, le Sap, il Battaglione Corbari, il Gruppo Mazzini.
Matteucci entrò nelle formazioni della Resistenza a poco più di 18 anni, catturato dai tedeschi riesce a scappare e si unisce alle squadre che operano a Forlì, milita nell'Anpi da 22 anni, da due anni ne è il presidente a livello provinciale.
In che cosa consiste attualmente il ruolo dell'Anpi?
Credo che il nostro ruolo principale sia quello di trasmettere la nostra memoria storica a chi ha avuto la fortuna di nascere dopo di noi. Svolgendo questa attività all'interno delle scuole lo scorso anno abbiamo raggiunto oltre 1.200 studenti.
Cerchiamo di fare in modo che i principi della nostra Costituzione, che furono ispiratori della Repubblica siano ricordati dai giovani in modo che sappiano come sono stati conquistati e come conservarli.
Qual è la sua posizione rispetto all'affermazione del presidente del Consiglio del 27 agosto scorso secondo cui: "Mussolini non ha mai ucciso nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino"?
O il presidente del Consiglio è in malafede, o ignora storicamente come si sono svolti i fatti.
Il periodo fascista viene ricordato soprattutto per i fatti minori come l'olio di ricino, qualche calcio nel sedere e le divise che lo facevano sembrare una carnevalata ma non dimentichiamo che alla fine della seconda guerra mondiale si sono contati 50 milioni di morti che sono stai la conseguenza della guerra scatenata dal nazismo e dal fascismo.
Il PMLI ha denunciato la natura neofascista di questo governo fin dal suo insediamento, ora però sembra che in molti abbiano aperto gli occhi, lei come definisce questo governo?
Il fascismo è nato per la difesa degli interessi della borghesia e, se andiamo a vedere quello che sta facendo questo governo, ad esempio gli attacchi allo Stato sociale, allo Stato di diritto e alla magistratura per farne uno strumento di parte e di difesa personale, l'attacco alla scuola, la proprietà dell'informazione, dimostrano che questo governo si sta comportando esattamente come il regime fascista ai suoi esordi.
In particolare negli ultimi anni stiamo assistendo ad una rivalutazione storica di chi ha combattuto per il fascismo e ad una criminalizzazione dei partigiani che vi si sono opposti anche a costo della propria vita, quale crede sia lo scopo di questa campagna?
La Resistenza viene presentata solo come uno scontro tra fascisti e partigiani mentre a differenza delle altre, la resistenza italiana è stata un grande movimento di popolo e non un "secondo risorgimento" come viene erroneamente definita da molti; infatti lo scopo era quello di liberare il territorio dagli occupanti e la nazione dal fascismo, perché considerando che quando Hitler andò al potere, Mussolini governava ormai da 11 anni, il fascismo è stato il genitore del nazismo e del franchismo, quindi questo modo di presentare le cose, secondo me è un tentativo di rivalutazione del movimento fascista e della sua ideologia politica e questo sarebbe estremamente pericoloso.
Cosa pensa delle adunate fasciste che si svolgono ritualmente a Predappio, dei musei, dei negozi mussoliniani e della sostanziale accondiscendenza delle giunte di "centro-sinistra" di Forlì e Predappio?
Nel fatto che ci siano le manifestazioni fasciste e che vengano tollerate, si ravvisano responsabilità ben precise degli organi governativi e di polizia, perché la legge che vieta l'apologia del fascismo c'è ancora, e non è una legge comunista; è stata proposta e varata quando il ministro degli Interni era Scelba, il che è tutto dire.
Il museo di Predappio non è un "museo fascista", il problema è la conservazione di questo stabile, di cui io avrei fatto volentieri a meno anche perché chi va in visita alla "casa natale di Mussolini" pur non essendo veramente dei nostalgici ma giovani che non hanno vissuto il fascismo e non lo conoscono, sono comunque di ideologia fascista.
Per me la colpa dell'amministrazione comunale, non è di avere conservato lo stabile, ma di come viene gestito. Ritengo biasimevoli pure le adunate al cimitero con i loro riti fascisti come i saluti romani, il cambio della guardia, le divise e le insegne fasciste; ma tutto questo rientra nell'ordine pubblico.
Per quanto riguarda Villa Carpena è stata comprata da un gruppo milanese che vi ha aperto un museo privato, quindi il comune di Forlì ha potuto solo prendere atto di questo passaggio di proprietà dalla famiglia Mussolini a questa società indubbiamente di stampo fascista.
Per la merce in vendita nei negozi di Predappio questo si può definire elemento di turbativa, si potrebbe intervenire anche perché i commercianti danno scandalo litigando fra loro.
Qualche tempo fa Gianfranco Fini ha chiesto scusa agli ebrei, a nome degli italiani, per le leggi razziali, discolpando di fatto il fascismo, qual è la sua posizione a riguardo?
Come giustamente lei menziona, le leggi razziali non sono responsabilità del popolo italiano, bensì del regime fascista, quindi Fini non doveva scusarsi a nome degli italiani, che nelle camere a gas ci sono andati come gli altri, ma a nome del partito fascista.
Ci racconta brevemente un episodio della Resistenza nel forlivese in vista del prossimo 9 novembre, giorno in cui si celebra il 59• anniversario della Liberazione?
Nella nostra provincia vi sono state molte rappresaglie, come quella in via Seganti, vicino al campo di aviazione, e poi le fucilazioni. La prima fu quella di 5 giovani renitenti alla leva, il 27 marzo del 1944, alla caserma "Ferdinando di Savoia" in via della Ripa. In quell'occasione ne avrebbero dovuto essere fucilati altri 10 che furono salvati grazie alla mobilitazione delle donne.
Apro una parentesi per sottolineare il ruolo determinante delle donne nella lotta di liberazione della nostra terra; basti pensare che solo nella provincia di Forlì contavamo 604 donne militanti nelle formazioni armate, delle quali 16 cadute, una decorata con Medaglia d'oro.
Quella mattina, le donne della zona, quando seppero che stavano per fucilarne altri dieci, d'accordo con il comitato difesa delle donne e con il Cln, organizzarono uno sciopero generale e si misero d'accordo per uscire dalla fabbrica alle 10 precise. Scese in strada si diressero verso la caserma, a loro si unirono tantissime donne incontrate lungo il percorso, fino a riempire la strada antistante la caserma. I militi spararono sulle donne ferendone una, le altre, invece di fuggire, restarono ferme sul posto. Da esse si staccò solo una rappresentanza che andò nel palazzo della prefettura, dove aveva sede il tribunale fascista, riuscendo a far commutare la pena di morte in ergastolo.
I dieci furono poi liberati alla fine della guerra.
Altri episodi possono essere l'impiccagione di 6 a San Tomè e di 4 in via Minarda, la strage della famiglia Benedetti di Vecchiazzano che offriva asilo agli sfollati e che la notte prima della Liberazione venne sterminata dai tedeschi che legarono loro le mani, gli spararono alla testa e li gettarono nel pozzo. Questo fu l'ultimo crimine dei nazifascisti a Forli.