Calabria all'ultimo posto
In Italia oltre 7 milioni di poveri
L'11% delle famiglie italiane vive al di sotto della soglia di povertà. 6 milioni di lavoratori "a rischio''
Il Sud è quattro volte più povero del Nord
Mentre il neoduce Berlusconi nel suo vomitevole spot (conferenza di fine anno) ha cercato di vendere agli italiani la favola che il nostro è il paese del Bengodi dove "tutto va bene'' e la "famiglia Italia deve essere ottimista nonostante le difficoltà'', le masse popolari italiane si scoprono sempre più povere. Ormai è emergenza povertà: non c'è studio, non c'è rilevazione statistica che non denunci il crescente disagio economico che sta allargandosi a fette sempre più importanti della popolazione. E così alla povertà tradizionalmente intesa, quella dei senza dimora, degli emarginati, si affianca una nuova povertà, quella dei lavoratori che hanno perso il posto, quella delle famiglie cosiddette "normali'' monoreddito che non riescono più ad arrivare alla fine del mese.
Le statistiche Istat del 2002, illustrate il 17 dicembre scorso dal suo presidente Luigi Biggeri, non lasciano dubbi su questa drammatica realtà: sono ben 2 milioni e 456 mila le famiglie in stato di povertà relativa, l'11% del totale. Complessivamente sono poveri 7 milioni e 140 mila di persone, il 12,4% della popolazione residente.
Va ricordato che per l'Istat povero è colui che spende meno della metà di un italiano medio. Essendo stata nel 2002 la spesa mensile per consumi pro-capite di 823,45 euro, è povera una famiglia di due persone che ha speso mensilmente meno di tale somma.
Ma è proiettando i dati lungo la penisola che la situazione da drammatica si fa tragica, e mette in luce le distanza siderale che separa il nostro martoriato Meridione dove si concentra il 66,3% delle famiglie povere, dalle "ricche'' regioni del Nord. In termini assoluti al Sud sono poveri ben 1 milione e 629 mila nuclei familiari e 4 milioni e 886 mila individui. A fronte di una media nazionale dell'11%, nel Sud 2 famiglie su 10 (il 22,4%) vivono in condizioni di povertà mentre al Nord tale rapporto si riduce a una famiglia su 20 (pari al 5%). La Campania, con 453.584 famiglie povere, totalizza da sola quasi lo stesso numero di situazioni critiche presenti in tutto il Nord: 537.254. Ma è la Calabria la regione che sta peggio di tutti: sono poveri il 29,8% dei nuclei familiari, praticamente 3 su 10. Seguono la Basilicata, col 26,9%, il Molise, il 26,2%, la Campania, il 23,5%. Per contro è la Lombardia dove si registra il minor numero di famiglie "povere'', appena il 3,7%, seguito a ruota dal Veneto con il 3,9%.
Uno dei criteri utilizzati dall'indagine Istat è quello dell'"inten-sità'' della povertà, che misura quanto la spesa media delle famiglie povere si discosta dalla soglia di povertà. Nella maggior parte delle regioni del Centro e del Nord l'intensità della povertà è inferiore al 20%. Nelle regioni meridionali invece il dato supera ampiamente il 22%, con un record negativo nel Molise (25%) e con l'eccezione della Puglia (20,5%).
L'Istat, questa volta, dà conto anche delle difficoltà quotidiane che devono affrontare le famiglie per pagare le bollette dell'acqua e del gas (l'8.9%), sostenere le spese mediche (il 6%), acquistare il cibo (il 3,9%). Anche in questo caso sono quelle meridionali le più in difficoltà: ben il 16% delle famiglie siciliane, calabresi, molisane e campane sono in sofferenza a pagare le bollette. E sono sempre le famiglie povere ad avere maggiori problemi ad utilizzare i servizi pubblici. Nel 2002 il 10% delle famiglie ha avuto difficoltà ad accedere al pronto soccorso (il 12,7% al Sud), il 16,4% a usufruire degli asili nidi e delle scuole materne.
Tra coloro che hanno poco, stanno peggio chi ha figli a carico. Le difficoltà ad acquistare cibo, pagare un medico o una bolletta salgono al 20,7% nelle famiglie con un figlio, al 21,1% per chi ha due figli e addirittura al 33,9% per chi ha tre figli. Tra le famiglie classificate "non povere'', ma con lo stesso numero di figli, le difficoltà sono rispettivamente del 6,5%, dell'8,5% e del 14,1%.
L'Istat distingue anche tra "sicuramente poveri'', il 5,1%, "appena poveri'', il 5,9%, e "quasi poveri'', che sono l'8% del totale delle famiglie. Questi ultimi sono quelli che hanno livelli di spesa mensile assai prossimi alla linea di povertà, non superandola per non oltre il 20%. I "quasi poveri'' sono 1 milione e 772 mila nuclei familiari che devono essere aggiunti ai precedenti 2 milioni e 456 mila statisticamente già considerati poveri. Nel Sud sommando le famiglie "quasi povere'', che rappresentano il 12,8% del totale, a quelle "sicuramente povere'' e "quasi povere'', il totale delle famiglie con sofferenze economiche più o meno drammatiche arriva al 35,2%. Una situazione allarmante che ha spinto il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, a paragonare il Sud al nostro Terzo Mondo.
Non ci vuole molto per sfondare quella sottile linea di confine che fa scivolare una famiglia nella povertà. La perdita del lavoro di uno dei componenti familiari. Una separazione, un lutto. La nascita di un secondo figlio. "La probabilità di impoverimento delle classi medio basse, scrivono gli analisti dell'Istat, si è fatta ancora più marcata negli ultimi anni e la linea di demarcazione tra i poveri si è fatta sempre più indistinta''.
Una tesi che esce confermata dallo studio dell'Ires-Cgil sui salari che trattiamo in un articolo a parte. Aumentano gli strati di popolazione le cui buste paga non superano i 600-800 euro mensili. Cosicché è facile immaginare, se ci sono figli a carico, non basta più neppure avere due stipendi, per mettersi al riparo dai rischi della povertà.