GLI AGGRESSORI IMPERIALISTI ANGLO-AMERICANI OCCUPANO TUTTO L'IRAQ
Ora nel loro mirino c'è la Siria
Dal quartier generale di Doha in Qatar il portavoce delle forze americane impegnate nell'aggressione all'Iraq ha annunciato il 14 aprile che le "operazioni militari più consistenti sono alla fine", restano quelle per distruggere definitivamente le capacità di "offesa" irachene; come resta l'impegno finora vano della ricerca delle armi di distruzione di massa. Con la conquista di Baghdad il 9 aprile e in successione quelle di Mosul e Kirkuk nel nord del paese era rimasta libera solo la regione centrale di Tikrit dove i marines sono arrivati il 14 aprile. Con la presa di Tikrit gli aggressori imperialisti angloamericani hanno occupato tutto l'Iraq e dichiarano finita la fase delle grandi battaglie.
I militari sorvegliano saldamente solo i pozzi petroliferi mentre per il controllo delle città hanno iniziato a rimettere in piedi la polizia in attesa dell'insediamento dell'amministrazione provvisoria nominata dalla Casa Bianca. I compiti e la composizione dell'esecutivo provvisorio sono già stati definiti da Bush ma l'insediamento e la ricerca di appoggio tra le formazioni irachene che si opponevano a Saddam si sta dimostrando più difficile del previsto; il Pentagono punta sulle formazioni degli esuli all'estero costruite col sostegno dei dollari americani e in particolare su quella di Ahmed Chalabi, un ex banchiere che nel suo curriculum ha anche una condanna a 28 anni per frode in Giordania, e sulle due formazioni curde del Pdk e dell'Udk che hanno partecipato ai combattimenti nel nord dell'Iraq. A una amministrazione diretta dagli Usa si oppongono varie organizzazioni che rappresentano la maggioranza della popolazione sciita dell'Iraq, tra le quali il Consiglio supremo per la rivoluzione islamica in Iraq (Sciri).
Un tentativo di mettere insieme queste formazioni è la riunione convocata per il 15 aprile a Nassiriya presieduta dal designato governatore militare dell'Iraq, il generale Franks, dal responsabile dell'amministrazione provvisoria, l'ex generale Garner, e da Zalmay Khalilzad, l'inviato speciale di Bush che ha già lavorato alla formazione del governo fantoccio in Afghanistan. Al momento in cui scriviamo non conosciamo l'esito della riunione che è stata boicottata dallo Sciri e accolta da una manifestazione di protesta; almeno 20 mila persone, in maggioranza sciiti, hanno protestato gridando "via gli americani", "via gli inglesi", "sì alla libertà, no all'America e a Saddam".
La manifestazione di Nassiriya è una delle prime della popolazione irachena contro gli occupanti e non è l'unica. Ci sono state proteste della popolazione a Najaf contro il governatore insediato dagli angloamericani; nella città che è una delle capitali religiose per gli sciiti i "liberatori" americani hanno ucciso 700 persone nella battaglia durata 48 ore per espugnarla. Si moltiplicano anche a Baghdad le proteste contro gli americani, piccoli cortei che gridano "Bush torna a casa", e per la mancanza di acqua da due settimane.
L'Hitler della Casa Bianca non ha ancora finito di normalizzare l'Iraq occupato che già alza il tiro e mette nel mirino la Siria, già inserita tra i paesi del cosiddetto "asse del male". A conferma che l'obiettivo dell'aggressione imperialista all'Iraq è non solo il controllo del petrolio del paese ma anche il primo passo di una normalizzazione imperialista del Medio Oriente. I primi attacchi erano venuti dal segretario alla difesa Donald Rumsfeld e dal vice presidente Dick Cheney che accusavano Damasco di aver offerto protezione ai membri del governo iracheno in fuga da Baghdad, di aver fornito armi all'Iraq e di aver facilitato il passaggio alla frontiera tra i due paesi dei volontari che volevano combattere gli aggressori angloamericani.
Il 13 aprile Bush affermava che la Siria possedeva armi chimiche sulla base di una indagine della Cia. Il giorno seguente toccava al segretario di Stato Powell rincarare la dose; bollava il governo di Damasco come "regime autoritario e repressivo" e sponsor del terrorismo e lo ammoniva a "rivedere le sue azioni e il suo comportamento, non solo nei confronti del problema delle armi di sterminio ma anche nel sostegno al terrorismo". Powell concludeva l'accusa annunciando che Washington avrebbe "esaminato possibili misure diplomatiche, economiche e di altra natura". Il portavoce della Casa Bianca Fleischer aggiungeva che Damasco doveva imparare dalla "lezione irachena". A dar man forte alle minacce americane alla Siria correvano i sionisti israeliani che incitavano la Casa Bianca a passare dalle parole ai fatti.
Regime dittatoriale, possesso di armi di distruzione di massa, sostegno al terrorismo; l'identikit costruito per giustificare la guerra imperialista all'Iraq è tirato fuori nuovamente per minacciare la Siria. Il governo di Damasco ha respinto con fermezza le accuse americane, si è dichiarato disposto a ospitare ispettori internazionali per verificare che non dispone di armi chimiche e denunciato che "in Medio Oriente c'è un paese che ha armi biochimiche e nucleari ed è Israele". La "colpa" della Siria secondo gli imperialisti americani e sionisti è non solo quella di essersi opposta all'Onu all'aggressione all'Iraq ma anche di appoggiare le organizzazioni palestinesi che resistono all'occupazione israeliana come Hamas, la Jihad e il Fronte popolare e l'organizzazione libanese degli Hezbollah. Organizzazioni che gli Usa e Israele considerano "terroriste" perché si oppongono ai loro progetti di dominio sulla Palestina.